Mancata dichiarazione di estinzione per intervenuta prescrizione: è errore percettivo che legittima il ricorso straordinario

Se la prescrizione è già maturata al momento del ricorso per cassazione dichiarato infondato, deve essere dichiarata l’estinzione per intervenuta prescrizione in caso contrario, la sentenza che nulla esprima al riguardo può essere oggetto di ricorso straordinario per cassazione per errore di fatto.

Così la Corte di legittimità con la sentenza n. 10417/20, depositata il 20 marzo. Il caso. La Corte di Cassazione rigettava l’impugnazione proposta dall’imputato avverso la sentenza della corte d’appello che aveva parzialmente confermato la sentenza del tribunale ed avente ad oggetto un’imputazione per lesioni personali, unitamente a contravvenzioni in ordine alla violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Il nuovo ricorso alla Cassazione si connotava per essere straordinario si sosteneva che, alla data della deliberazione del rigetto della precedente impugnazione, i reati contravvenzionali erano già estinti per prescrizione e, dunque, in relazione a questi, l’imputato doveva essere prosciolto. Il rimedio del ricorso straordinario. Lo strumento del ricorso straordinario per errore materiale o di fatto consente di rimediare all’eventuale adozione di decisioni in sede di legittimità viziate da errore di fatto o da errore materiale. L’errore. La giurisprudenza di legittimità ha precisato che l’errore materiale consiste nella mancata rispondenza tra la volontà provvedimentale, correttamente formatisi, e la sua estrinsecazione grafica determinato da una svista, da un lapsus espressivo che, senza incidere sul processo logico e volitivo della decisione giudiziale, determina un divario tra la volontà del giudice e la materiale rappresentazione grafica della stessa, in altri termini tra il pensiero” e la sua estrinsecazione formale” . L’errore di fatto consiste in una svista o in un equivoco incidenti sugli atti interni al giudizio di legittimità, il cui contenuto viene percepito in modo difforme rispetto a quello effettivo. L’errore di fatto non pertiene alla manifestazione grafica del provvedimento bensì inerisce direttamente al processo di formazione della volontà del giudice indirizzandola in una direzione oppure in un’altra e, pertanto, influendo in modo decisivo sul contenuto della statuizione del giudice che, senza tale errore, sarebbe stata differente. Sono estranei a quest’ultima categoria e, quindi, inoppugnabili con tale strumento gli errori di valutazione o di giudizio dovuti ad una non corretta interpretazione degli atti del processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all’inesatta ricostruzione del significato delle norme sostanziali e processuali. Errore di fatto se non è dichiarata la prescrizione Nell’ipotesi in verifica, è pacifico che i reati contravvenzionali si sono consumati in data certa in occasione del mancato apprestamento, da parte dell’imputato, delle opportune misure antinfortunistiche dunque è evidente l’errore di fatto della corte di cassazione che non ne ha dichiarato l’intervenuta prescrizione. se però il ricorso è inammissibile. Il Collegio precisa che, per costante giurisprudenza, quando la prescrizione è maturata successivamente alla sentenza di appello, la prescrizione, quale causa estintiva del reato, non è suscettibile di essere fruttuosamente denunciata alla corte di cassazione, quando il ricorso proposto sia stato dichiarato inammissibile. Al contrario, la causa di estinzione deve essere dichiarata nel caso in cui questa sia maturata dopo la sentenza di appello ma anteriormente alla sentenza emessa dalla corte di cassazione, quando si sia costituito il rapporto processuale con riferimento al capo di imputazione avente ad oggetto il reato in ordine al quale è maturata la prescrizione ad esempio quando il ricorso è definito con sentenza di rigetto e ciò sia quando tale reato sia stato direttamente investito dal motivo di ricorso sia quando lo stesso fosse inscindibilmente legato ai reati immediatamente investiti dal ricorso da un essenziale rapporto di connessione logico-giuridico. Nel caso concreto il legame è indubbiamente riconducibile al fatto che la condotta colposa ascritta all’imputato relativamente al reato di lesioni era appunto consistita, tra l’altro, nell’aver omesso di osservare le norme antinfortunistiche la cui violazione ha altresì formato oggetto dell’imputazione riguardante i reati contravvenzionali. Indirizzi contrastanti. Due sono gli indirizzi emersi nella giurisprudenza di legittimità in merito alla possibilità di far valere, attraverso il ricorso straordinario, l’errore commesso allorché, pur dichiarata l’infondatezza e non la inammissibilità, dell’impugnazione proposta in sede di legittimità, la corte non abbia rilevato la di già intervenuta prescrizione del reato per cui era intervenuta condanna. Errore valutativo Secondo un orientamento la mancata rilevazione della prescrizione del reato nel corso del processo di cassazione non è riconducibile all’errore materiale o di fatto. Si è in proposito osservato che integra un errore di ordine valutativo, di diritto, non suscettibile di formare oggetto di ricorso straordinario, l’omesso esame, da parte del giudice di legittimità, della questione della prescrizione del reato, non dedotta nel gravame di merito né nel ricorso per cassazione. o errore percettivo? Di contro, secondo altro orientamento, preferito dal Collegio giudicante, integra un errore di fatto di natura percettiva, che legittima la proposizione del ricorso straordinario, l’omesso esame, da parte della corte di cassazione, della questione della prescrizione del reato, causato dalla mancata rilevazione del tempus commissi delicti . Inoltre, secondo la corte di cassazione, integra un errore materiale, che legittima la proposizione del ricorso straordinario per errore di fatto, la mancata rilevazione della prescrizione del reato nel precedente giudizio di cassazione non conclusosi con dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Mero errore percettivo se manca una valutazione. Nel caso esaminato, il Collegio aderisce a tale orientamento ritenendo di considerare emendabile, con il rimedio del ricorso straordinario, l’omessa pronuncia di estinzione del reato per prescrizione da parte della Corte di Cassazione, quando non solo il ricorrente, attraverso il ricorso straordinario, abbia prospettato la questione come derivante da un mero errore percettivo dell’organo giudicante, ma anche in quanto emerga chiaramente che la valutazione operata dal predetto organo non costituisca il frutto di un autonomo percorso decisorio, sia pure errato, che coinvolga il compimento di specifiche valutazioni giuridiche. Secondo la Suprema Corte in tale ipotesi l’avvenuta valutazione di carattere giuridico, quale che ne possa essere stata la correttezza o meno, si pone in condizione di logica antinomia con la nozione di errore materiale o di fatto, costituendo un insormontabile ostacolo all’applicazione del rimedio de quo . Nel caso di specie la corte non ha compiuto alcuna valutazione di carattere giuridico in ordine alla maturazione o meno della prescrizione dei reati contravvenzionali contestati, essendosi in tale occasione limitata ad omettere – per pura svista – di considerare che, stante il non discusso momento in cui gli stessi erano stati commessi, nel momento in cui la corte ha dichiarato l’infondatezza e non l’inammissibilità dell’impugnazione proposta dall’imputato relativamente alla sentenza con cui la responsabilità per tali reati era stata confermata, erano già ampiamente estinti per effetto della prescrizione. In conclusione, la sentenza di cassazione deve essere revocata ma va confermata circa l’infondatezza dell’impugnazione proposta limitatamente alla condanna per lesioni personali in relazione alla quale il ricorso va rigettato deve essere annullata senza rinvio, invece, la sentenza in relazione all’affermazione della responsabilità penale quanto ai reati contravvenzionali perché estinti per prescrizione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 25 febbraio – 20 marzo 2020, n. 10417 Presidente Sarno – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Con sentenza n. 19391 del 16 aprile 2019, depositata il successivo 8 maggio 2019, la Quarta Sezione penale di questa Corte di cassazione ha rigettato la impugnazione proposta da T.S. avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste n. 52 del 15 gennaio 2018, depositata il successivo 29 gennaio 2018, con la quale era solo parzialmente confermata la precedente sentenza del Tribunale di Udine del 13 giugno 2016, avente ad oggetto la imputazione di T.S. in relazione alla violazione dell’art. 590 c.p., commi 1, 2 e 3, D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 148 e art. 159, comma 1, lett. a , art. 18, comma 1, lett. c e art. 55, comma 4, lett. c e art. 251, comma 1, lett. b e art. 262, comma 1, lett. a . Mentre con la sentenza del giudice di primo grado il T. - dichiarata la sua penale responsabilità per tutti i reati a lui contestati, unificati quelli contravvenzionali sotto il vincolo della continuazione, e ritenuta la attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, equivalente alla aggravante contestata quanto al reato di lesioni personali colpose - era stato condannato alla pena di mesi 2 di reclusione, quanto al reato sub a della rubrica, ed a quella di Euro 5.000,00 di ammenda quanto ai restanti reati, con la sentenza emessa dal giudice del gravame, confermata la penale responsabilità del prevenuto, era stata disposta la conversione della pena detentiva in quella pecuniaria di Euro 15.000,00 di multa, mentre per il resto, ivi compresa la irrogazione della pena di Euro 5.000,00 di ammenda per i reati contravvenzionali, la decisione del giudice di prime cure era stata confermata. Come detto, con la citata sentenza del 16 aprile 2019 la Quarta Sezione della Corte di cassazione ha rigettato il ricorso proposto avverso la ricordata sentenza della Corte territoriale dal T. . Con ricorso del 25 luglio 2019 il T. , rappresentato dal proprio difensore fiduciario, ha interposto ricorso ai sensi dell’art. 625-bis c.p.p. avverso la citata sentenza n. 19381 del 16 aprile 2019 con la quale questa Corte, come dianzi evidenziato, aveva rigettato, ritenendolo infondato, il ricorso dal medesimo proposto nei confronti della ricordata sentenza della Corte di appello di Trieste. Nel ricorrere avverso la sentenza della Corte di legittimità il difensore del T. ha osservato che, essendo stati commessi i reati a lui ascritti in data 19 giugno 2013, alla data del 16 aprile 2019, in cui è stato deliberato il rigetto della sua impugnazione della decisione della Corte di appello di Trieste, i reati contravvenzionali già erano estinti per prescrizione e, pertanto, in relazione ad essi il prevenuto doveva essere prosciolto. Alla udienza del 15 ottobre 2019, rilevata la non manifesta inammissibilità del ricorso, la sua trattazione è stata fissata, ai sensi dell’art. 127 c.p.p., per la odierna camera di consiglio. Considerato in diritto Il ricorso proposto è fondato e, pertanto, lo stesso deve essere accolto con le conseguenti statuizioni. Devono preliminarmente ribadirsi i limiti entro i quali va commisurata la ammissibilità del rimedio giurisdizionale offerto, avverso la sentenza di legittimità, dall’art. 625-bis c.p.p Come è stato in diverse occasioni rilevato da questa Corte, peraltro in piana applicazione del dettato normativo, lo strumento in questione consente di rimediare alla eventuale adozione di decisioni in sede di legittimità viziate da un errore di fatto ovvero da un errore materiale. Nel fissare la nozione di tali due tipologie di vizio della sentenza la giurisprudenza di legittimità ha rilevato che l’errore materiale e l’errore di fatto, indicati dall’art. 625-bis c.p.p. come motivi di possibile ricorso straordinario avverso provvedimenti della Corte di cassazione, consistono, rispettivamente, il primo nella mancata rispondenza tra la volontà provvedimentale, correttamente formatasi, e la sua estrinsecazione grafica il secondo in una svista o in un equivoco incidenti sugli atti interni al giudizio di legittimità, il cui contenuto viene percepito in modo difforme da quello effettivo, sicché rimangono del tutto estranei all’area dell’errore di fatto - e sono, quindi, inoppugnabili anche con tale strumento - gli errori di valutazione e di giudizio dovuti ad una non corretta interpretazione degli atti del processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all’inesatta ricostruzione del significato delle norme sostanziali e processuali Corte di cassazione, Sezione V penale, 25 giugno 2018, n. 29240 idem Sezione III penale, 13 ottobre 2017, n. 47316 . Nel caso in questione, ritiene il Collegio che, pacifico essendo il dato secondo il quale i reati contravvenzionali ascritti al T. , si sono tutti consumati, attesa la loro comune natura di reati istantanei, alla data del 19 giugno 2013, in occasione del mancato apprestamento da parte dell’imputato delle opportune misure antinfortunistiche, per evidente errore di fatto la Corte di cassazione, che pure, con la citata sentenza n. 19391 del 2019, ha affermato la non inammissibilità del ricorso proposto dal T. , non ne ha dichiarato la intervenuta prescrizione alla data del 5 luglio 2018, risultante dal decorso del relativo termine massimo ordinario, in presenza di fattori interruttivi della prescrizione, pari a cinque anni, ulteriormente prolungato di altri 16 giorni per effetto della sospensione del detto termine dal 9 marzo a 25 marzo 2016 periodo afferente ad un rinvio nella trattazione del giudizio di primo grado richiesto dalla difesa del prevenuto . Onde chiarire le ragioni della presente decisione ritiene questa Corte consapevole della esistenza di un contrasto giurisprudenziale sul punto relativo alla possibilità di considerare la sentenza impugnata siccome viziata ai sensi dell’art. 625-bis c.p.p. e prima di prendere posizioni in ordine a siffatto contrasto - di dovere preventivamente precisare che, per costante giurisprudenza di questa Corte, laddove la prescrizione sia maturata, come nel caso presente, successivamente alla pronunzia della sentenza di appello, la predetta causa estintiva del reato non è suscettibile di essere fruttuosamente denunziata a questa Corte di legittimità ogniqualvolta il ricorso proposto di fronte ad essa sia stato dichiarato inammissibile Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 25 marzo 2016, n. 12602 , mentre la stessa causa estintiva deve essere, per converso, dichiarata, nel caso in cui questa sia pur maturata dopo la sentenza di appello ma anteriormente alla sentenza emessa dalla Corte di cassazione, tutte la volte in cui si sia costituito il rapporto processuale con riferimento al capo di imputazione avente ad oggetto il reato in ordine al quale è maturata la prescrizione, come si verifica laddove il ricorso proposto di fronte ad essa sia stato definito con pronunzia di rigetto si veda al riguardo Corte di cassazione, Sezione III penale, 29 maggio 2015, n. 23259 , e ciò sia ove tale reato sia stato direttamente investito dal motivo di ricorso sia ove lo stesso fosse inscindibilmente legato ai reati immediatamente investiti dal ricorso da un essenziale rapporto di connessione logico giuridica Corte di cassazione, Sezione V penale, 28 giugno 2019, n. 28328 . Legame, si osserva, fin d’ora, che nel caso in esame è indubbiamente riconducibile al fatto che la condotta colposa ascritta all’imputato relativamente al reato di lesioni era appunto consistita, fra l’altro, nell’aver omesso di osservare la norme antinfortunistiche la cui violazione ha, altresì, formato oggetto della imputazione riguardante i reati contravvenzionali. Fatta questa premessa, si rileva, come dianzi accennato, che la giurisprudenza di questa Corte ha espresso due differenti indirizzi in ordine alla possibilità di far valere, attraverso lo strumento processuale di cui all’art. 625-bis c.p.p., l’errore commesso allorché, pur dichiarata la infondatezza, e non la inammissibilità, della impugnazione proposta in sede di legittimità, la Corte non abbia rilevato la di già intervenuta prescrizione del reato per cui era intervenuta condanna. Secondo un certo orientamento, infatti, la mancata rilevazione della prescrizione del reato nel corso del processo di cassazione non è riconducibile all’errore materiale o di fatto di cui all’art. 625-bis c.p.p. Corte di cassazione, Sezione VI penale, 11 marzo 2009, n. 10781 . Si è, infatti, al riguardo osservato - facendo leva sull’estensione logica del concetto di errore di fatto, legittimante il ricorso allo strumento sostanzialmente impugnatorio di cui sopra - che integra un errore di ordine valutativo, di diritto, non suscettibile di formare oggetto di ricorso straordinario previsto dall’art. 625-bis c.p.p., l’omesso esame, da parte del giudice di legittimità, della questione della prescrizione del reato, non dedotta nel gravame di merito nè nel ricorso per cassazione Corte di cassazione, Sezione I penale, 9 febbraio 2011, n. 4783 . A tale impostazione se ne è opposta un’altra - che a questo Collegio appare preferibile, sia pure con le precisazioni che seguiranno - secondo la quale integra un errore di fatto di natura percettiva, che legittima la proposizione del ricorso straordinario previsto dall’art. 625-bis c.p.p., l’omesso esame, da parte della Corte di cassazione, della questione della prescrizione del reato, causato dalla mancata rilevazione del tempus commissi delicti Corte di cassazione, Sezione III penale, 23 marzo 2010, n. 15683 . Analogamente si è espressa questa Corte allorché ha sostenuto che integra errore materiale, che legittima la proposizione di ricorso straordinario per errore di fatto a norma dell’art. 625-bis c.p.p., la mancata rilevazione della avvenuta prescrizione del reato nella specie, maturata dopo la sentenza di appello nel precedente giudizio di cassazione non conclusosi con dichiarazione di inammissibilità del ricorso Corte di cassazione, Sezione I penale, 30 ottobre 2009, n. 41918 . Ritiene la Corte di dovere aderire a tale secondo indirizzo, in accordo peraltro con la più recente giurisprudenza manifestatasi al riguardo, e di considerare, pertanto, emendabile con il rimedio di cui all’art. 625-bis c.p.p. l’omessa pronunzia di estinzione del reato per prescrizione da parte di questa, Corte ogni qualvolta non solo il ricorrente ex art. 625-bis cod. proc. pen. abbia prospettato la questione come derivante da una mero errore percettivo dell’organo giudicante, ma anche in quanto emerga chiaramente che la valutazione operata dal predetto organo non costituisca il frutto di un autonomo percorso decisorio, sia pure errato, che coinvolga il compimento di specifiche valutazioni giuridiche Corte di cassazione, Sezione I penale, 12 dicembre 2019, n. 50489 . È, infatti, evidente che in una tale ipotesi l’avvenuta valutazione di carattere giuridico, quale che ne possa essere stata la correttezza o meno, si pone in condizione di logica antinomia con la accolta e sopra descritta nozione di errore materiale o di fatto, costituendo, pertanto, ciò un insormontabile ostacolo all’applicazione dello strumento giuridico di cui si tratta. Tanto rilevato, si osserva che, quanto al caso di specie, la Corte di cassazione con la ricordata sentenza n. 19391 del 2019 non ha compiuto alcuna valutazione di carattere giuridico in ordine alla maturazione o meno della prescrizione dei reati contravvenzionali contestati al T. , essendosi in tale occasione essa limitata ad omettere, per mera svista, di considerare che, stante il non discusso momento in cui gli stessi erano stati commessi, essi, allorché la Corte ha dichiarato la infondatezza non la inammissibilità della impugnazione proposta di fronte ad essa dall’imputato relativamente alla sentenza con cui la responsabilità del T. per tali reati era stata confermata, erano già ampiamente estinti per effetto della prescrizione. La sentenza viziata deve essere, pertanto, revocata. Tuttavia va confermata - per le ragioni già ampiamente illustrate da questa Corte con la detta sentenza n. 19391 del 2019 e che qui debbono intendersi condivise e ripetute - la infondatezza della impugnazione proposta dal T. avverso la sentenza emessa a suo carico dalla Corte di appello di Trieste n. 52 del 2018, limitatamente alla condanna di quello per il reato di lesioni personali di cui al capo a della rubrica a lui a suo tempo contestata, in relazione alla quale, pertanto, il suo ricorso va rigettato, mentre deve essere annullata senza rinvio la predetta sentenza della Corte territoriale limitatamente alla affermazione sia della penale responsabilità del T. quanto ai reati contravvenzionali di cui alla rubrica elevata a suo carico e sia quanto alla sanzione di Euro 5.000,00 di ammenda a suo danno irrogata relativamente ad essi, essendo i medesimi alla data della più volte citata sentenza di questa Corte già estinti per prescrizione la pena irrogata per essi deve essere, di conseguenza, eliminata, residuando a carico del T. la sola pena pecuniaria, così come quantificata tramite la conversione operata in sede di gravame della originaria pena detentiva, di Euro 15.000,00 di multa. P.Q.M. Revoca la sentenza rgn 30319/2018 emessa dalla IV Sezione penale alla udienza del 16 aprile 2019 nei confronti di T.S. ed annulla senza rinvio la sentenza della Corte di appello di Trieste limitatamente alle contravvenzioni di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 148 e art. 159, comma 1, lett. a , art. 18, comma 1, lett. c , art. 55, comma 4, lett. c , art. 251, comma 1, lett. b e art. 262, comma 1, lett. a , per essere tali reati estinti per prescrizione. Elimina la pena di Euro 5.000,00 di ammenda e ridetermina la pena finale, come convertita, in Euro 15.000,00 di multa, confermando le rimanenti statuizioni. Motivazione semplificata.