Sequestro: il riesame può esperirsi soltanto avverso un provvedimento giurisdizionale

Nel caso di sequestro, il riesame può essere proposto soltanto nei confronti del provvedimento di convalida dello stesso, risultando invero inammissibile l'impugnazione proposta contro gli atti esecutivi di un decreto di perquisizione emesso dal PM, il quale abbia demandato alla Polizia Giudiziaria operante la scelta dei beni da sequestrare.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 8866/20, depositata il 5 marzo. Perquisizione e sequestro. E' una coppia di istituti che, com'è noto, cammina a braccetto dalla prima, se – per dirla col gergo poliziesco – ha esito positivo, discende il secondo. In questo modo si innesca la catena dei rimedi che l'interessato non sempre né necessariamente coincidente con l'indagato può mettere in atto per tentare di riottenere il bene sottoposto a vincolo. Nel caso che ci occupa, la vicenda che ha originato la sentenza in commento è piuttosto delicata si tratta di una perquisizione eseguita presso lo studio di un difensore sospettato di favoreggiamento personale, all'esito della quale veniva sequestrato l'intero server della posta elettronica. Il riesame veniva proposto contro la fase esecutiva del decreto emesso dal P.M.” ed era dichiarato inammissibile dal Tribunale della libertà poiché l'impugnazione proposta aveva ad oggetto un provvedimento di natura non giurisdizionale. Il sequestro è disposto dal PM, ma l'esecuzione è atto di P.G Il primo rilievo che viene sollevato dagli Ermellini contiene in realtà una sorta di promemoria di carattere generale secondo un pacifico indirizzo giurisprudenziale, confermato fino al 2013, non è impugnabile il decreto di perquisizione del PM che lasci alla discrezionalità della polizia l'individuazione delle cose da sequestrare. Ciò perché, in questi casi, l'atto riesaminabile è il provvedimento di convalida del sequestro stesso l'unico proveniente da un giudice, in buona sostanza . A questo punto ci si chiede quando, invece, il sequestro è riferibile interamente al PM? Il presupposto generale è che il bene da assoggettare a vincolo di indisponibilità sia compiutamente individuato non basta, a questo proposito, una descrizione generica e categoriale”, perché in questa ipotesi l'individuazione di ciò che verrà sequestrato è comunque sempre demandata alla P.G I rimedi. Ecco che, a questo punto, ci si chiede come ci si possa difendere di fronte ad un sequestro operato dalla P.G. su delega del PM. La risposta è nelle norme del codice di rito occorrerà attendere il provvedimento di convalida del giudice per le indagini preliminari, avverso il quale sarà esperibile il riesame. La proposizione di questo rimedio impugnativo nei confronti di un atto esecutivo di provenienza non giurisdizionale, invece, provoca la inammissibilità dell'impugnazione. Il sequestro del corpo del reato e della cosa pertinente al reato. Un altro aspetto interessante è quello della corretta individuazione di ciò che può legittimamente sequestrarsi perché ritenuto corpo del reato” o cosa pertinente al reato”. Sappiamo tutti che in queste definizioni rientrano tutte le cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, ovvero le cose che ne sono il prodotto o il profitto. E' necessario che il p.m. abbia previamente individuato questi beni per poterli legittimamente sequestrare? La risposta è nell'interpretazione prevalente della giurisprudenza di legittimità, che ritiene sufficiente l'individuazione del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato attraverso il riferimento alla natura del reato per il quale si procede. In casi del genere, il provvedimento di convalida del sequestro operato dalla PG all'esito della perquisizione disposta dal pubblico ministero sarà necessario soltanto con riguardo ad eventuali beni sequestrati che non rientrino in quelle due nozioni e che non siano, quindi, implicitamente ricompresi nel decreto di perquisizione .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 19 febbraio – 5 marzo 2020, n. 8866 Presidente Piccialli – Relatore Pavich Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale del Riesame di Genova, in data 25 ottobre 2019, ha dichiarato inammissibile, perché relativo a provvedimento non giurisdizionale, il gravame proposto nell’interesse dell’avv. F.F. ed avente ad oggetto il sequestro del server di posta elettronica dello studio legale A. omissis del quale l’avv. F.è socio e amministratore in relazione ad imputazione provvisoria di favoreggiamento ascritta al F., il quale secondo l’accusa avrebbe fornito apparati disturbatori, idonei a impedire le intercettazioni ambientali, a M.V. a vari soggetti di SPEA. Giova premettere che il sequestro predetto interveniva a seguito di decreto di perquisizione e sequestro emesso dalla Procura della Repubblica di Genova presso il predetto studio legale, e di successiva autorizzazione alla perquisizione emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova perquisizione in occasione della quale la P.G. incaricata, alla presenza del Procuratore aggiunto della Repubblica di Genova, procedeva al sequestro dell’intero server di posta elettronica dello studio, unitamente a quanto doveva occorrere per l’effettuazione della selezione da remoto delle comunicazioni rilevanti per le indagini di ciò veniva dato atto in apposito verbale. Subito dopo, come segnalato telefonicamente all’avv. F. , la procedura di selezione da remoto risultava tecnicamente impraticabile, di tal che veniva trattenuto in sequestro tutto il materiale rinvenuto in occasione delle operazioni di acquisizione del server. Nessuna ulteriore comunicazione delle successive operazioni di acquisizione delle e.mail veniva notificata nè all’avv. F. , nè all’avv. A. Di tanto si doleva l’avv. F. proponendo riesame avverso il predetto sequestro, onde sollecitare una verifica della legittimità delle operazioni riportate a verbale e di quelle successive tali da incidere sull’intera corrispondenza dello studio e certamente non solo su comunicazioni di possibile interesse per le indagini in corso , soprattutto alla luce delle garanzie assicurate dall’art. 103 c.p.p., per quanto concerne le perquisizioni e i sequestri presso uno studio legale. Il Collegio adito, come dianzi indicato, ha dichiarato inammissibile il gravame, sul rilievo che esso non aveva ad oggetto un provvedimento giurisdizionale. 2. Avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame ricorre l’avv. F. , deducendo violazione di legge processuale in riferimento al fatto che il Collegio adito, con il provvedimento impugnato, si è trincerato dietro la mancata emissione di un provvedimento giurisdizionale pur a fronte di evidenti violazioni dell’art. 103 c.p.p. e delle garanzie ivi previste in relazione, fra l’altro, al divieto di acquisizione di documenti relativi all’oggetto della difesa, salvo che non costituiscano corpo del reato nonché al divieto di qualsiasi attività di ispezione, perquisizione e sequestro da parte della P.G. anche se delegata, con conseguente riserva di dette attività all’Autorità giudiziaria . Ed in effetti si trattava, nella specie, di sequestro eseguito personalmente dal Procuratore aggiunto della Repubblica di Genova, di tal che alcun successivo provvedimento di convalida sarebbe intervenuto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. In via di fatto il gravame interposto dall’odierno ricorrente aveva ad oggetto la fase esecutiva del decreto emesso dal P.M. e del pedissequo provvedimento del G.i.p. piuttosto che il decreto medesimo di tal che correttamente il Tribunale genovese ha escluso l’ammissibilità di un gravame non avente ad oggetto un provvedimento avente natura giurisdizionale. Del resto, secondo quanto pacificamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, non è soggetto ad impugnazione il decreto di perquisizione del P.M. che rimetta alla discrezionalità degli organi di polizia la individuazione di cose da sottoporre a sequestro, dovendo, in tale ultimo caso, intervenire il decreto di eventuale convalida del sequestro che è il solo provvedimento soggetto a riesame. Sez. 2, n. 51867 del 20/11/2013, Gaeta e altri, Rv. 258074 Sez. 6, Sentenza n. 23101 del 21/04/2004, Fornari e altri, Rv. 229958 Sez. 3, Sentenza n. 1734 del 16/04/1997, Zagato, Rv. 208688 . Occorre al riguardo considerare che il decreto di perquisizione e sequestro, emesso dal P.M. e seguito dal provvedimento del G.I.P. che ne autorizzava l’esecuzione, recava la specifica indicazione della delega dell’esecuzione medesima agli Ufficiali/Agenti della Polizia giudiziaria, sebbene sia vero che tali operazioni, presso uno studio legale, dovessero essere compiute direttamente dal P.M., stante il disposto di cui all’art. 103 c.p.p., comma 4. In base a quanto descritto nel successivo processo verbale, il presupposto da cui muove il Collegio adito, secondo il quale le operazioni presso lo studio legale ivi descritte erano state di fatto svolte dalla P.G., deve pertanto ritenersi corretto. In sostanza, occorre avere riguardo all’esatta sequenza del subprocedimento in esame esso trae origine dal predetto decreto del Pubblico ministero, nel quale si dispone che, in occasione della perquisizione, venga eseguita l’ estrazione di copia delle mail collegate ai rapporti con soggetti SPEA interessati alle indagini e copia dei supporti informatici contenenti documenti rilevanti per le indagini , con successivo sequestro, in copia o in originale, ovunque essa si trovi, della documentazione sopraindicata rinvenuta e/o esibita, comprensiva di note, appunti di qualunque tipo, anche se contenuta in supporti informatici pendrive, hard disk portable ecc. . A tale oggetto della disposta acquisizione fa riferimento anche il decreto di autorizzazione da parte del G.i.p. ma risulta evidente che l’individuazione di quanto doveva essere sottoposto a sequestro era generica e categoriale, dovendo trovare successiva specificazione in fase esecutiva. La sola presenza alle operazioni del Procuratore aggiunto non consente peraltro di ritenere che dette operazioni siano a lui concretamente e direttamente riferibili ma, a parte ciò e soprattutto, il verbale delle operazioni medesime non contiene alcuna specificazione dei documenti e dei supporti informatici sequestrati, tanto più che vi si fa espresso rinvio alle successive operazioni di acquisizione e alla successiva individuazione di quanto verrà sottoposto a sequestro ai sensi dell’art. 252 c.p.p. . Quindi, non risulta effettuata una specifica individuazione dell’oggetto del sequestro da parte del P.M. ciò non solo nel provvedimento che dispone la perquisizione e il successivo sequestro l’indicazione ivi inserita era, come si è detto, generica e categoriale e lasciava pertanto spazio alle successive attività esecutive ai fini dell’individuazione dei documenti, files e supporti informatici da sequestrare ma neppure nel verbale de quo. Oltretutto, in quest’ultimo atto si fa espresso rinvio al fatto che, con separato verbale, i tecnici, in contraddittorio, daranno atto delle operazioni di volta in volta compiute ciò in quanto l’individuazione ed estrazione dei files di interesse investigativo si palesava fin da allora di non immediata esecuzione. In via di fatto, anche in base al suddetto processo verbale la compiuta individuazione di quanto dev’essere sottoposto a sequestro risulta rimandata a un momento successivo. Da ciò consegue che, contrariamente a quanto asserito dal ricorrente, lo sviluppo successivo delle operazioni di individuazione, acquisizione e sequestro postula necessariamente l’emissione di un provvedimento di convalida, pur nell’ambito di una fattispecie formalmente ascrivibile a quella di cui all’art. 103 c.p.p., comma 4, rispetto alla quale peraltro non risultano in alcun modo sminuite le garanzie difensive, posto che il complesso delle operazioni si è svolto nel contraddittorio fra le parti. È qui pertinente il richiamo a un condivisibile passaggio della citata sentenza Sez. 2, n. 51867 del 20/11/2013, Gaeta Nel caso di ricerca di cose non determinate, secondo l’orientamento di questa Corte Cass., Sez. 2, n. 40657 del 09 ottobre 2012, dep. 17 ottobre 2012, Azzariti Fumaroli, rv. 253679 che il Collegio condivide, ai fini della legittimità del sequestro di cose ritenute corpo di reato o pertinenti al reato effettuato dalla polizia giudiziaria all’esito di perquisizione disposta dal pubblico ministero, non è richiesto che le cose anzidette siano preventivamente individuate, dovendosi al contrario ritenere sufficiente che alla loro individuazione possa pervenirsi mediante il riferimento sia alla natura del reato in relazione al quale la perquisizione è stata disposta, sia alle nozioni normative di corpo di reato e cosa pertinente al reato cfr., Cass., Sez. 1, sent. n. 1953 del 10 marzo 1997 dep. 30 aprile 1997, rv. 207430 . 9. Quando invece la polizia giudiziaria abbia individuato e sequestrato cose non indicate nel decreto o il cui ordine di sequestro non sia desumibile dalle nozioni di corpo di reato o di cose pertinenti al reato, in relazione ai fatti per i quali si procede, l’autorità giudiziaria dovrà procedere alla convalida del sequestro, ovvero ordinare la restituzione delle cose non ritenute suscettibili di sequestro v. Cass., Sez. 5, sent. n. 5672 del 25 novembre 1999 dep. 13 gennaio 2000, rv. 215566, secondo cui, in tema di sequestro, qualora il pubblico ministero, delegando la polizia giudiziaria alla esecuzione di una perquisizione, abbia disposto il sequestro, oltre che degli oggetti e/o documenti esplicitamente indicati, anche di quanto rinvenuto ed, in ogni caso, ritenuto utile a fini di indagine , egli è tenuto a provvedere alla convalida relativamente al sequestro avente ad oggetto cose non specificate nel provvedimento. Invero, poiché la indeterminatezza della indicazione rimette al giudizio della polizia giudiziaria operante - sempre che non si tratti di beni soggetti a confisca obbligatoria l’individuazione del presupposto fondamentale del sequestro e poiché, dunque, il relativo accertamento non può che avere natura provvisoria, è necessario il tempestivo controllo da parte della autorità giudiziaria, che lo esercita ai sensi dell’art. 355 c.p.p. . L’ascrizione dei beni a determinate categorie, quando genericamente indicate, implica ugualmente che l’individuazione dei beni da sequestrare avvenga nella fase esecutiva, con conseguente necessità - anche in tal caso - di un successivo provvedimento di convalida. Peraltro va osservato che l’interessato, a tutela delle sue ragioni, può in simili ipotesi richiedere la restituzione delle cose al P.M. ed esperire l’opposizione al G.i.p. in caso di diniego sul punto cfr. Sez. 6, n. 39040 del 02/05/2013, Massa, Rv. 256327 . Rimane il fatto che nella specie il riesame - come correttamente rilevato dal Collegio adito - verteva su un provvedimento di sequestro non giurisdizionale, in quanto non ancora specificato nel suo contenuto e non convalidato dall’Autorità giudiziaria ed era, per ciò stesso, inammissibile. 2. Da ciò discende che il ricorso va rigettato segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.