Valida la notifica eseguita presso lo studio “secondario” del difensore di fiducia

È valida, nel caso di elezione di domicilio, la notifica eseguita al difensore di fiducia presso uno studio diverso da quello indicato nell’atto di elezione, in quanto ciò che rileva a tal fine è l’individuazione della persona del domiciliatario e non la sede di uno degli studi professionali di quest’ultimo in cui egli svolge, comunque, la propria attività professionale.

Lo ha affermato la Suprema Corte con la sentenza n. 6927/20 depositata il 21 febbraio. La vicenda. Ricorrendo innanzi alla Corte di cassazione, un’imputata ha dedotto vizio della motivazione quanto al rigetto dell’eccezione di nullità, qualificata a regime intermedio, della notifica dell’avviso ex art. 415-bis c.p.p. in quanto eseguita a mezzo fax presso lo studio secondario del legale situato in Milano, ove l’indagata era domiciliataria, e non presso lo studio principale del difensore sito in provincia di Como. Lamenta la ricorrente che il luogo della notifica non sarebbe coincidente con il domicilio eletto. Inoltre, lamenta la ricorrente che la nullità della notifica deriva anche dal fatto che è stata consegnata una sola copia per il difensore e l’indagato. Valida la notifica. Ritenendo infondato il ricorso, la Cassazione ribadisce il principio secondo cui è valida, nel caso di elezione di domicilio, la notifica eseguita al difensore di fiducia presso uno studio diverso da quello indicato nell’atto di elezione, in quanto ciò che rileva a tal fine è l’individuazione della persona del domiciliatario e non la sede di uno degli studi professionali di quest’ultimo in cui egli svolge, comunque, la propria attività professionale . Inoltre, è sufficiente la notifica di una sola copia al difensore, che la riceva anche per l’imputato. Infatti, le cause di nullità previste nell’art. 171 c.p.p. sono tassative e la consegna di una sola copia non rientra tra queste. Precisa la Suprema Corte che la spedizione di due copie allo stesso destinatario va a concretizzare un inutile aggravio che non trova nessuna giustificazione nel diritto di difesa, pienamente esercitabile poiché la parte è messa in pieno al corrente dei diritti nascenti dall’atto notificato. Infatti, non è nulla, ma meramente irrituale, la notificazione nella specie, a mezzo fax avvenuta mediante consegna al difensore di fiducia domiciliatario di un’unica copia dell’atto da notificare, con l’espressa indicazione in esso dei destinatari specificamente individuati nell’imputato e nel difensore. Questo, chiarisce la Cassazione, è stato ribadito anche nel caso di notificazione di un'unica copia a mezzo PEC al difensore, sia in tale qualità sia in quanto domiciliatario dell’imputato. Fatte queste specificazioni, il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 dicembre 2019 – 21 febbraio 2020, n. 6927 Presidente Lapalorcia – Relatore Semeraro Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza del 28 Marzo 2019 la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Busto Arsizio del 22 dicembre 2017, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di P.A. in ordine al reato di cui al capo 1d , perché estinto per prescrizione, ed ha rideterminato la pena per il reato di cui al capo 1e , D.Lgs. n. 74 del 2000, ex art. 2, in un anno ed otto mesi di reclusione, concedendo la sospensione condizionale della pena e la non menzione ha revocato la confisca diretta e per equivalente, confermando nel resto la sentenza di primo grado. 2. Avverso la sentenza della Corte di appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore di P.A. . 2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 148 c.p.p., ed il vizio della motivazione quanto al rigetto dell’eccezione di nullità, qualificata a regime intermedio, della notifica dell’avviso ex art. 415-bis c.p.p., perché eseguita a mezzo fax presso lo studio secondario del legale in Milano, ove l’indagata era domiciliataria, e non presso lo studio principale del difensore in Brienno Como il luogo della notifica non sarebbe coincidente con il domicilio eletto. Si ritiene nulla la notifica anche per la consegna di un’unica copia per il difensore e l’indagata. 2.2. Con il secondo motivo si deduce l’erronea applicazione dell’art. 220 disp. att. c.p.p. e art. 234 c.p.p. ed il vizio della motivazione quanto alla risposta al motivo di appello con cui si contestò l’acquisizione a fini di prova del processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza e non quanto all’attività amministrativa, estranea al procedimento penale. Si invoca poi l’applicazione dell’art. 220 disp. att. c.p.p. la Guardia di Finanza non avrebbe avvisato i destinatari dell’accertamento della facoltà di avvalersi delle garanzie difensive previste dal codice penale, eseguendo perquisizioni e sequestri. Si eccepisce poi l’inutilizzabilità della testimonianza del maresciallo della Guardia di Finanza di Gallarate avendo egli riferito de relato. Il processo verbale di constatazione relativo alla SNC sarebbe nullo perché eseguito in assenza del legale rappresentante della società, sicché i documenti acquisiti non sarebbero utilizzabili nel processo. L’acquisizione del processo verbale di constatazione relativo alla Pavimenti 2P s.r.l. sarebbe avvenuta con l’opposizione della difesa, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di appello. 2.3. Con il terzo motivo, si deduce l’omessa risposta al motivo di appello relativo al mancato esercizio dei poteri ex art. 507 c.p.p., per procedere all’esame di due testi sulle attività lavorative prestate da costoro, quali prove decisive ai fini del giudizio. Quanto alle fatture del 2010, gli indizi non sarebbero nè gravi nè precisi nè concordanti, in presenza di prove dell’avvenuta esecuzione dei lavori. I fatti indicati nella sentenza impugnata sarebbero estranei alla ricorrente, relativi ad altre società su cui non avrebbe potuto esercitare alcun controllo. Non sarebbero stati valutati i testi della difesa. 2.4. Con il quarto motivo si deducono i vizi di violazione di legge e della motivazione sul dolo specifico che sarebbe stato ritenuto in re ipsa e fondato solo sull’esiguità del prezzo di acquisto della merce rispetto a quello corrente. 2.5. Con il quinto motivo si deduce la violazione dell’art. 133 c.p., per l’omessa indicazione dei criteri di determinazione della pena tra il minimo ed il massimo sarebbe stata inflitta una pena eccessiva e sproporzionata. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è manifestamente infondato. 1.1. Il difensore non afferma di non aver ricevuto la notifica, ma di averla ricevuta presso lo studio secondario ed in unica copia. Sul punto, la decisione della corte territoriale è del tutto corretta mentre la tesi difensiva è contraria al costante orientamento della giurisprudenza i cui principi devono qui essere ribaditi. 1.2. Secondo Sez. 5, n. 21000 del 18/04/2014, Poggi, Rv. 260578 - 01, è valida, nel caso di elezione di domicilio, la notifica eseguita al difensore di fiducia presso uno studio diverso da quello indicato nell’atto di elezione, in quanto ciò che rileva a tal fine è l’individuazione della persona del domiciliatario e non la sede di uno degli studi professionali di quest’ultimo in cui egli svolge, comunque, la propria attività professionale. 1.3. Secondo l’ormai costante orientamento della giurisprudenza, è sufficiente la notifica al difensore, che la riceva anche per l’imputato, di una sola copia non vi è nessuna sanzione per l’inosservanza dell’art. 54 disp. att. c.p.p. per altro riferito all’ufficiale giudiziario , a fronte della tassatività delle cause di nullità. La consegna di una sola copia non rientra tra le nullità previste nell’art. 171 c.p.p La spedizione di due copie allo stesso destinatario - persona fisica - concretizza un inutile aggravio che non trova nessuna giustificazione nel diritto di difesa, pienamente esercitabile poiché la parte è messa in pieno al corrente dei diritti nascenti dall’atto notificato cfr. in tal senso Sez. 1, n. 14012 del 07/03/2008, Petrisor, Rv. 240138 - 01 , Cfr. anche Sez. 2, n. 38058 del 18/07/2014, El Hachmi, Rv. 260853 - 01, per cui non è nulla, ma meramente irrituale, la notificazione nella specie, a mezzo fax avvenuta mediante consegna al difensore di fiducia domiciliatario di un’unica copia dell’atto da notificare, con l’espressa indicazione in esso dei destinatari specificamente individuati nell’imputato e nel difensore. Il principio è stato di recente ribadito anche con riferimento alla notifica a mezzo p.e.c. cfr. Sez. 2, n. 8887 del 17/01/2019, Sabattini, Rv. 276528 - 01, che ha affermato, in tema di notificazione al difensore mediante posta elettronica certificata c.d. pec , che l’invio dell’atto da notificare in un’unica copia al difensore, sia in tale qualità sia in quanto domiciliatario dell’imputato non dà luogo a nullità Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso incentrato sull’omessa notifica al difensore di fiducia della comunicazione di un rinvio dell’udienza di appello per legittimo impedimento, eseguita mediante l’invio in unica copia dell’ordinanza e del cd. biglietto di cancelleria, nel quale era specificato che destinatari della comunicazione dovevano intendersi sia il difensore, che l’imputato domiciliato presso di lui ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4 . 2. Il secondo motivo è manifestamente infondato. 2.1. La Corte di appello ha ritenuto la questione dedotta irrilevante perché le prove sono costituite dalle prove testimoniali, acquisite mediante l’esame dibattimentale del personale della Guardia di Finanza. 2.2. La questione proposta sulla inutilizzabilità delle dichiarazioni de relato del teste è manifestamente infondata in diritto. È errata la lettura sulla inutilizzabilità della testimonianza de relato ex art. 195 c.p.p L’art. 195 c.p.p., prevede il valore probatorio della testimonianza indiretta. Una volta che sia stata resa una testimonianza de relato, la parte può chiedere l’esame del teste diretto ed il giudice in tal caso è tenuto a disporre l’esame del teste. È la violazione di tale obbligo che rende la testimonianza indiretta inutilizzabile, salvo che l’esame sia impossibile per morte, infermità o irreperibilità. Il ricorrente non ha neanche rappresentato di aver richiesto la citazione della fonte diretta. 2.3. Il motivo è anche del tutto generico in quanto non si indicano quali siano state le parti del processo verbale di constatazione adoperate ai fini di prova nelle sentenze di merito e le specifiche parti di cui si dovrebbe valutare l’inutilizzabilità. 2.4. Del tutto generico è poi il richiamo all’art. 220 disp. att. c.p.p., perché, in materia di attività ispettive di vigilanza di natura amministrativa, il momento a partire dal quale, nel corso di tale attività, sorge l’obbligo di rispettare le garanzie del codice di procedura penale è quello nel quale è possibile attribuire rilevanza penale al fatto, emergendone tutti gli elementi costitutivi, anche se ancora non possa essere ascritto a persona determinata. Sez. 3, n. 31223 del 04/06/2019, Di Vico, Rv. 276679 - 01, in tema di verifica fiscale, ha ritenuto utilizzabili nel processo penale le dichiarazioni etero - accusatorie rese alla Guardia di Finanza dalla persona soggetta all’accertamento amministrativo senza l’osservanza degli artt. 63 e 64 c.p.p., perché, al momento in cui erano state rese, non risultava ancora accertato il superamento della soglia di punibilità del reato tributario. Dunque, l’inutilizzabilità non riguarda l’accertamento fiscale nella sua complessità ma i singoli atti processuali con il motivo ci si lamenta dell’esecuzione di atti di perquisizione e sequestro, cioè di atti procedimentali tipici. Non risulta neanche indicata poi la norma che prevederebbe la nullità dedotta per l’assenza del legale rappresentante. 2.5. Quanto alla mancata opposizione all’acquisizione del processo verbale, riportata nelle sentenze di merito, nel motivo non si indica da quale atto processuale risulterebbe il contrario. 3. Il terzo motivo è inammissibile perché con l’atto di appello, cfr. a pagina 10, non si impugnò l’ordinanza di rigetto della richiesta istruttoria ex art. 507 c.p.p., ma si dette solo atto del rigetto e di conseguenza della preclusione alla verifica delle dichiarazioni dei testi non può ritenersi essere stato articolato alcun motivo di appello sul punto. Ne consegue che la questione è stata dedotta per la prima volta con il ricorso per cassazione e con riferimento alla sentenza di primo grado, con conseguente inammissibilità del motivo ex art. 609 c.p.p 4. Il quarto motivo è manifestamente infondato, avendo la Corte di appello esplicitamente e correttamente motivato sul dolo specifico a pagina 6 della sentenza impugnata con tale argomentazione il ricorso in realtà non si confronta ed è pertanto anche privo del requisito della specificità estrinseca. 5. Il quinto motivo sulla pena è manifestamente infondato. 5.1. La Corte di appello ha applicato una pena base di 2 anni e 6 mesi di reclusione, ritenendola congrua e proporzionata, poi ridotta per le circostanze attenuanti generiche a un anno ed otto mesi di reclusione ha dunque applicato una pena prossima al minimo edittale e comunque non superiore al medio edittale la pena per il reato de quo, tenuto conto del tempus commissi delicti, era la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. 5.2. Va ribadito il costante orientamento della giurisprudenza per cui l’uso del potere discrezionale del giudice, nella graduazione della pena, è insindacabile nei casi in cui la pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, essendo sufficiente in tali casi richiamare criteri di adeguatezza, congruità, non eccessività, di equità e simili. Ciò dimostra che il giudice ha considerato, sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 c.p., ed anche quelli specificamente segnalati con i motivi d’appello Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283 In tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 c.p. . 6. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 6.1. In ogni caso, va rilevato che non è decorso il termine di prescrizione poiché il reato è stato commesso il omissis per effetto del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 17, il termine ordinario di prescrizione è di 8 anni, ed il termine massimo è di 10 anni inoltre, si deve considerare anche il periodo di sospensione della prescrizione tra il 2 maggio 2017 ed il 16 ottobre 2017 per il rinvio dell’udienza per l’adesione dei difensori all’astensione proclamata dagli organismi forensi. 6.2. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., si condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, si condanna altresì I ricorrente al pagamento della somma di Euro 2.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.