Si dichiara conducente del veicolo che ha causato il sinistro ma poi nega in dibattimento: evidente lo stato di ebbrezza

La dichiarazione di essere il conducente del mezzo incidentato, proveniente da un soggetto che non ha ancora assunto la qualità di persona indagata per guida in stato di ebbrezza, non consente di essere interpretata quale indizio del reato stesso. La verifica della conduzione del mezzo costituisce però atto preliminare affinché gli operatori possano procedere agli accertamenti di cui all’art. 186, comma 4, c.d.s., dai cui esiti può ricavarsi la notizia di reato.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5791/20, depositata il 14 febbraio. Il caso. La Corte d’Appello di Torino conferma la condanna di prime cure inflitta ad un imputato per il reato di cui all’art. 186, commi 2, lett. c e 2- bis , c.d.s. per aver guidato il proprio veicolo in stato di ebbrezza alcolica da cui era conseguito un sinistro stradale. L’uomo si era dichiarato conducente del veicolo nel modulo di contestazione amichevole del sinistro, come appreso personalmente dagli agenti verbalizzanti, ma aveva successivamente negato tale circostanza in sede dibattimentale. Tale elemento, unitamente agli altri indici sintomatici, sono stati considerati dalla Corte d’Appello come dimostrazione del rilevantissimo superamento della soglia di riferimento del tasso di ebbrezza 2,2 g/l a fronte del limite di 1,5 g/l . Il difensore ha proposto ricorso per la cassazione della pronuncia. Individuazione del conducente. Ritenendo infondato il ricorso, il Collegio sottolinea che l’annotazione dei verbalizzanti concernente l’identificazione del soggetto coinvolto nel sinistro stradale risulta da un documento avente valore fidefacente. Aggiunge inoltre la Corte che la dichiarazione di conduzione del mezzo incidentato proveniente dal soggetto che non ha ancora assunto la qualità di persona sottoposta alle indagini in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza non consente di essere interpretata quale indizio del reato in contestazione, ma semmai la verifica della conduzione del mezzo costituisce atto preliminare affinchè gli operatori possano procedere alla sequenza di accertamenti di cui all’art. 186, comma 4, c.d.s., dai cui esiti avrebbe potuto ricavarsi la notizia di reato . Risulta invece inammissibile la doglianza relativa all’esame del contenuto del modello di contestazione amichevole caduto sotto la diretta percezione degli agenti verbalizzanti. Il giudice di merito ha fornito una motivazione logica e coerente circa la portata delle dichiarazioni ivi contenute, unitamente agli elementi sintomatici rappresentati dai medesimi verbalizzanti e dal rilevantissimo superamento delle soglie di punibilità della condotta contravvenzionale che consente di riconoscere rilevanza causale ad una tale, macroscopica, assenza di lucidità psicofisica del prevenuto sul determinismo del sinistro quantomeno in termini di concorrenza colposa . In conclusione, il ricorso viene dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 4 dicembre 2019 – 14 febbraio 2020, n. 5791 Presidente Di Salvo – Relatore Bellini Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Torino confermava la decisione del Tribunale di Cuneo che aveva riconosciuto B.F. colpevole del reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2 lett. c e comma 2 bis, per avere guidato il veicolo di sua proprietà in omissis in stato di ebbrezza alcolica da cui era conseguito un sinistro stradale. In relazione alle doglianze dell’imputato rappresentava come la identificazione del B. come conducente del veicolo non fosse intervenuta in violazione del divieto di testimonianza indiretta, atteso che i verbalizzanti avevano indicato nello stesso verbale di identificazione l’odierno imputato come conducente del veicolo e tale egli stesso si era dichiarato nel modulo di constatazione amichevole del sinistro, circostanza questa appresa personalmente dagli agenti verbalizzanti, successivamente riversata in sede dibattimentale mediante la testimonianza. Tale circostanza valeva altresì a dimostrare, in unione agli esiti dell’esame alcolimetrico, che indicavano un rilevantissimo superamento della soglia di riferimento 1,5 g/l , e agli indici sintomatici pure rilevati, l’influenza della condizione di ebbrezza sulla lucidità della condotta di guida del ricorrente e pertanto sul determinismo del sinistro. 3. Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, la quale ha articolato due motivi di ricorso. 3.1 Con il primo motivo, deduce violazione di legge in relazione alla corretta applicazione degli artt. 63, 191 e 350 c.p.p., rilevando che i verbalizzanti non avrebbero potuto deporre sul contenuto indiziante delle ammissioni rese dall’indagato sul fatto che, gli fosse alla guida del veicolo incidentato, in ragione della inutilizzabilità delle suddette informazioni rese prima di essere assistito da un difensore. Con una seconda articolazione, lamentava la inutilizzabilità delle informazioni contenute nel modello di constatazione amichevole di sinistro in quanto in parte provenivano dalla persona indagata, per cui vigeva un divieto di utilizzazione, parte e in parte provenivano dal terzo conducente che non era stato esaminato in dibattimento e per il quale pertanto vigeva il divieto di testimonianza indiretta. Ritenuto in diritto 1. Il ricorso è assolutamente infondato e va dichiarato inammissibile. Quanto al primo motivo di ricorso la informazione di chi fosse alla guida del veicolo di proprietà B. è stata tratta dall’annotazione dei verbalizzanti concernente la identificazione del soggetto coinvolto ne? sinistro stradale e pertanto da un documento, avente valore fidefacente, che è preliminare alla formulazione di qualsiasi ipotesi di reato, non emergendo neppure dagli atti processuali, nè il ricorrente vi ha fatto riferimento ai fini dell’autosufficienza del ricorso, se dal sinistro fossero conseguite lesioni personali a carico di terzi soggetti. D’altro canto la dichiarazione di conduzione del mezzo incidentato proveniente dal soggetto che non ha ancora assunto la qualità di persona sottoposta alle indagini in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza non consente di essere interpretato, quale indizio del reato in contestazione, ma semmai la verifica della conduzione del mezzo costituisce atto preliminare affiché gli operatori possano procedere alla sequenza di accertamenti di cui all’art. 186 C.d.S., comma 4, dai cui esiti avrebbe potuto ricavarsi la notizia di reato. 2. Parimenti inammissibile è secondo motivo di ricorso, in relazione all’esame del contenuto del modello di constatazione amichevole di sinistro stradale caduto sotto la diretta percezione degli agenti verbalizzanti, come correttamente e logicamente evidenziato nella decisione di appello. Invero il ricorso non si confronta con il tenore delle corrette argomentazioni logico-giuridiche sviluppate dal giudice distrettuale, secondo cui nella specie non si pone alcuna violazione del divieto di verbalizzazione o di utilizzazione delle dichiarazioni indizianti dell’indagato ovvero di inosservanza del divieto di testimonianza indiretta del terzo soggetto coinvolto nel sinistro laddove, una volta accertato che il ricorrente era alla guida del veicolo incidentato, la prova della ricorrenza della circostanza aggravante di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2 bis, non deriva dall’ammissione di responsabilità, a fini civili, dei soggetti coinvolti in un sinistro stradale. Essa al contrario consegue, come correttamente spiegato dalla Corte di Appello di Torino, da un articolato ragionamento logico giuridico che prende spunto innanzi tutto dagli elementi sintomatici rappresentati dagli stessi verbalizzanti forte alito vinoso e dal rilevantissimo superamento delle soglie di punibilità della condotta contravvenzionale 2,20 g/l a fronte del limite di 1,5 g/l che consente di riconoscere rilevanza causale ad una tale, macroscopica, assenza di lucidità psicofisica del prevenuto sul determinismo del sinistro quantomeno in termini di concorrenza colposa così come rappresentato dalla giurisprudenza di legittimità sez. 4, 24.10.2017, Fabris, Rv 271557 11.1.2019, Gritti, Rv.275712 . 4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000 , alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.