Autista a pagamento per alcune ‘lucciole’: condannato

Responsabilità piena per un uomo, beccato dagli agenti della Polizia a fungere da autista a pagamento per numerose prostitute. Irrilevante la sua parziale incapacità di intendere e di volere. A inchiodarlo il fatto che egli abbia sempre svolto adeguatamente il proprio compito, percependo un compenso concordato con le prostitute.

Punito per favoreggiamento della prostituzione” l’automobilista che si ‘reinventa’ autista per alcune ‘lucciole’. Cassazione, sentenza n. 5910/20, sez. III Penale, depositata il 14 febbraio . In auto. Scenario della vicenda è la provincia leccese. Lì gli agenti della Polizia, durante alcuni appostamenti in strada, in una zona che di solito ospita numerose prostitute, notano la strana presenza di un uomo. Col passare dei giorni è possibile osservare che quell’uomo funge da autista a pagamento per le ‘lucciole’, accompagnandole in auto fino ai luoghi dove loro esercitano il meretricio e poi andandole a riprendere per riaccompagnarle a casa. Tutto ciò dietro il pagamento di un corrispettivo in denaro, ovviamente. Tutti gli elementi raccolti fanno finire l’uomo sotto processo, e sono poi ritenuti sufficienti dai giudici, prima in Tribunale e poi in Appello, per arrivare a una condanna per favoreggiamento della prostituzione”. Compito. La pronuncia di secondo grado viene ovviamente contestata dall’uomo, che tramite il proprio avvocato propone ricorso in Cassazione. Il legale si sofferma in particolare sul fatto che il suo cliente è stato riconosciuto parzialmente incapace di intendere e di volere” con una maturità preadolescenziale”. Obiettivo della linea difensiva è mettere in dubbio la possibilità per l’uomo di rendersi conto di avere posto in essere un’azione mirante allo sfruttamento o al favoreggiamento del meretricio altrui”, anche perché, aggiunge il legale, si può dubitare anche del fatto che egli si fosse reso conto che le donne da lui accompagnate in auto” erano delle prostitute. A depotenziare le obiezioni proposte dall’avvocato sono innanzitutto le dichiarazioni rilasciate da alcune ‘lucciole’, dichiarazioni con cui è stato chiarito che l’uomo, nonostante la parziale incapacità di intendere e di volere”, era consapevole del loro mestiere. Per giunta, poi, i Giudici sottolineano anche il comportamento logico” da lui tenuto, prestandosi come autista per diverse prostitute, svolgendo adeguatamente il proprio compito”, anche a seguito di accordi telefonici” e non mancando di farsi puntualmente remunerare secondo le tariffe convenute” con le ‘lucciole’. Sacrosanta, quindi, la condanna per favoreggiamento della prostituzione”, concludono i Giudici della Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 dicembre 2019 – 14 febbraio 2020, n. 5910 Presidente Sarno – Relatore Reynaud Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con sentenza del 1. marzo 2019, la Corte d'appello di Lecce, accogliendo l'appello dell'imputato con riguardo alla concessione delle circostanze attenuanti generiche ed alla conseguente rideterminazione del trattamento sanzionatorio, ha nel resto confermato la sua affermazione di penale responsabilità, resa all'esito del giudizio abbreviato, per il reato di cui all'art. 3, primo comma, n. 8 legge 20 febbraio 1958, n. 75, per aver sfruttato o comunque favorito la prostituzione di alcune donne, accompagnandole in auto e andandole poi a riprendere sui luoghi ove esse esercitavano il meretricio ovvero talvolta attendendole nei pressi , verso corrispettivo. 2. Avverso la sentenza di appello, ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, deducendo con unico motivo il vizio di motivazione in relazione a due profili. In primo luogo quanto all'elemento soggettivo del reato, rispetto alla cui sussistenza la sentenza impugnata non recherebbe motivazione, limitandosi a rilevare che l'imputato è stato riconosciuto parzialmente incapace di intendere e di volere senza accertare se un soggetto in quelle condizioni - che secondo il perito aveva una maturità preadolescenziale - potesse rendersi conto di aver posto in essere un'azione mirante allo sfruttamento o favoreggiamento del meretricio altrui e, ancor prima, se le donne da lui accompagnate in auto fossero delle prostitute. In secondo luogo, si lamenta che sia stata attribuita credibilità alle due donne escusse nel procedimento, nella parte in cui avevano riferito che l'imputato sapeva che esse si prostituivano, senza vagliare la loro attendibilità con il rigore richiesto dalla giurisprudenza con riguardo alle dichiarazioni delle persone offese, tenendo anche conto dell'interesse che esse avevano nel rendere quella deposizione. 3. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza. I giudici di merito - con doppia decisione conforme - hanno ritenuto attendibili le due donne escusse le cui restanti dichiarazioni neppure il ricorrente contesta anche nella parte in cui esse hanno riferito che l'imputato sapeva che esse si prostituivano. La doglianza circa l'interesse - in alcun modo specificato -che le persone offese avrebbero avuto nel rendere al proposito una falsa dichiarazione è francamente incomprensibile, non risultando che esse avessero del risentimento nei confronti dell'imputato e non essendovi stata costituzione di parte civile. Non v'era, dunque, ragione di dubitare della loro attendibilità e il ricorso - sul punto generico - non ne indica alcuna. La sentenza impugnata, inoltre, ha logicamente argomentato circa la conoscenza da parte dell'imputato dell'attività di meretricio svolta dalle donne poiché, nei servizi di osservazione di polizia, egli fu visto non solo lasciarle sui marciapiedi ove le stesse si prostituivano, ma anche attenderle talvolta nei pressi per poi riaccompagnarle a casa al termine dell'attività. La sentenza attesta altresì che l'imputato - pur ritenuto dal perito parzialmente incapace di intendere e di volere in quanto affetto da un ritardo mentale di grado medio-grave - teneva un comportamento del tutto logico, prestandosi come autista non soltanto per le due donne escusse, ma anche per altre prostitute e svolgendo adeguatamente il suo compito, non mancando di farsi puntualmente remunerare secondo le tariffe convenute. L'imputato disponeva di un'autovettura, che regolarmente guidava, ed effettuava trasporti giornalieri di diverse ragazze, anche a seguito di accordi telefonici. Non si comprende, pertanto, il senso della doglianza, essendo ricavabile dalla motivazione della sentenza la sussistenza di quei requisiti di rappresentazione e volizione del fatto di reato che costituiscono elementi costitutivi del dolo generico richiesto dalla fattispecie incriminatrice contestata, quantomeno nella prospettiva del favoreggiamento della prostituzione. Ed invero, il reato si perfeziona con qualunque attività che sia idonea a procurare più facili condizioni per l'esercizio del meretricio e che venga posta in essere con la consapevolezza di facilitare l'altrui attività di prostituzione, senza che abbia rilevanza il movente o il fine di tale condotta Sez. 3, n. 15502 del 15/02/2019, L, Rv. 275843 Sez. 1, n. 39928 del 04/10/2007, Eia e aa., Rv. 237871 . Quanto al fatto che l'imputato avesse capacità d'intendere e di volere grandemente scemata, la sentenza ne ha tenuto conto e ha ritenuto che la diminuita imputabilità non valesse ad escludere il dolo, in ciò conformandosi al consolidato orientamento secondo cui, in tema di accertamento dell'elemento soggettivo del reato, l'indagine sulla colpevolezza di un soggetto che sia stato riconosciuto seminfermo di mente va effettuata con gli stessi criteri adottabili nei riguardi di persona pienamente capace, potendo la ridotta capacità di intendere e di volere avere influenza solo nei casi contraddistinti da un particolare dolo specifico Sez. 1, n. 16141 del 24/01/2017, dep. 2018, Bergamini, Rv. 272700 Sez. 3, n. 13996 del 25/10/2017, dep. 2018, C, Rv. 273170 Sez. 6, n. 9202 del 17/10/2000, dep. 2001, Riva, Rv. 218410 4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, tenuto conto della sentenza Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186 e rilevato che nella presente fattispecie non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., oltre all'onere del pagamento delle spese del procedimento anche quello del versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma equitativamente fissata in Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.