La morte dell’imputato prima dell’irrevocabilità della condanna fa cadere anche le statuizioni civili

La morte dell’imputato dopo la sentenza di condanna al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese in favore della parte civile ma prima dell’irrevocabilità della stessa, determina la caducazione delle statuizioni civili e ne impedisce la conferma nel successivo grado di giudizio.

Sul tema è intervenuta la sentenza n. 5425/20, depositata dalla Corte di Cassazione l’11 febbraio. La vicenda. Il Tribunale di Vicenza aveva condannato due imputati per le contravvenzioni di cui agli artt. 103, 137, comma 5 e 11, d.lgs. n. 152/2006. La Corte d’Appello di Venezia riformava la decisione di prime cure, dichiarando non doversi procedere nei confronti di uno degli imputati deceduto durante il procedimento e dell’altra per intervenuta prescrizione. Venivano revocate anche le statuizioni civili posto che la sentenza di primo grado aveva condannato solo l’imputato deceduto al risarcimento del danno a favore della parte civile. Quest’ultima ha proposto ricorso per cassazione dolendosi della violazione dell’art. 198 c.p. in quanto la Corte territoriale, accertato il decesso dell’imputato, ha erroneamente ritenuto estinte anche le statuizioni civili. Conseguenze della morte dell’imputato. L’art. 198 c.p. invocato dal ricorrente stabilisce che l’estinzione del reato e della pena non determina anche l’estinzione delle obbligazioni civili che derivano. Tale norma trova applicazione anche nel caso di morte dell’imputato prima della condanna cui consegue ex art. 150 c.p. l’estinzione del reato. Ciò tuttavia – si legge nella sentenza – non implica anche la permanenza del rapporto processuale civile inserito nel processo penale, sicchè le eventuali statuizioni civilistiche restano caducate ex lege e non richiedono una apposita dichiarazione da parte del giudice penale la quale, peraltro, nel caso di specie vi è stata , pur restando ferma la possibilità, per i soggetti danneggiati dal reato, di rinnovare le eventuali pretese restitutorie e risarcitorie dinanzi al giudice civile nei confronti degli eredi . Concludendo, il Collegio ribadisce il principio secondo cui la morte dell’imputato sopravvenuta alla sentenza di condanna al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese in favore della parte civile, non ancora divenuta irrevocabile, determina la caducazione delle statuizioni civili e ne impedisce la conferma nel successivo grado del giudizio . Per questi motivi, la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 – 11 febbraio 2020, n. 5425 Presidente Izzo – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Venezia, con sentenza del 26 ottobre 2017 ha riformato la decisione emessa il 27 febbraio 2013 dal Tribunale di Vicenza, appellata da A.L. e A.N. , imputati entrambi per le contravvenzioni di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 103, art. 137, commi 5, prima parte ed art. 11, dichiarando non doversi procedere nei confronti del primo per morte dell’imputato e della seconda per essere i reati a lei ascritti estinti per prescrizione e revocando le statuizioni civili, avendo il giudice di primo grado condannato il solo A.L. al risarcimento del danno in favore della parte civile Legambiente Volontariato Veneto Onlus in persona del legale rappresentante pro-tempore. Avverso tale pronuncia la predetta associazione propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. c.p.p 2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 198 c.p., lamentando che la Corte di Appello avrebbe, nell’accettare il decesso dell’imputato, erroneamente ritenuto che ciò comportasse anche la cessazione del rapporto civile, con conseguente revoca delle statuizioni civili nonostante la menzionata disposizione codicistica stabilisca che l’estinzione del reato o della pena non comporta l’estinzione delle obbligazioni civili derivanti da reato. Per tali ragioni insiste per l’annullamento della sentenza impugnata nella sola parte in cui revoca le statuizioni civili. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Occorre precisare che, all’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale, pur affermando la penale responsabilità di entrambi gli imputati in relazione ai reati loro ascritti, aveva condannato al risarcimento del danno in favore della parte civile, liquidato in via equitativa ed alla rifusione delle spese di costituzione di parte civile il solo A.L. e ciò in accoglimento delle richieste conclusive della medesima parte civile, riferite esclusivamente a detto imputato. Di tale circostanza viene dato atto nella sentenza di secondo grado, facendo altresì rilevare come, in assenza di appello avverso tale decisione, la Corte territoriale fosse impossibilitata a procedere alla liquidazione dei danni nei confronti della coimputata. I giudici del gravame, dunque, preso atto del decesso di A.L. , dichiaravano, quale ulteriore conseguenza, la cessazione del rapporto civile, revocando le statuizioni civili. 3. Le conclusioni cui è pervenuta la Corte di appello, censurate dall’associazione ricorrente, sono corrette. Invero, l’art. 198 c.p., richiamato dalla ricorrente, stabilisce che l’estinzione del reato e della pena non determina l’estinzione delle obbligazioni civili che derivano dal reato, tenendo evidentemente conto, come osservato in dottrina, delle diverse esigenze, valutazioni dell’ordinamento e conseguenze che caratterizzano, differenziandoli, i due illeciti. L’ambito di operatività della disposizione in esame comprende, ovviamente, anche l’ipotesi della morte dell’imputato avvenuta prima della condanna, cui consegue, ai sensi di quanto stabilito dall’art. 150 c.p., l’estinzione del reato. Ciò, tuttavia, non implica anche la permanenza, del rapporto processuale civile inserito nel processo penale, sicché le eventuali statuizioni civilistiche restano caducate ex lege e non richiedono una apposita dichiarazione da parte del giudice penale la quale, peraltro, nel caso di specie vi è stata , pur restando ferma la possibilità, per i soggetti danneggiati dal reato, di rinnovare le eventuali pretese restitutorie e risarcitorie dinanzi al giudice civile nei confronti degli eredi dell’imputato deceduto prima del passaggio in giudicato della sentenza di condanna. In tal senso si è ripetutamente espressa la giurisprudenza di questa Corte Sez. 3, n. 47894 del 23/3/2017, P.C. in proc. Modica, Rv. 271160 Sez. 3, n. 5870 del 2/12/2011 dep. 2012 , E, Rv. 251981 Sez. 2, n. 11073 del 17/2/2009, P.G. in proc. Leonardi e altro, Rv. 243865 Sez. 4, n. 49457 del 8/1/2003, Paolillo, Rv. 227069 Sez. 4, n. 58 del 8/11/2000 dep. 2001 , Pitruzzella, Rv. 219149 , con argomentazioni che il Collegio condivide. 4. Deve conseguentemente riaffermarsi il principio secondo cui la morte dell’imputato sopravvenuta alla sentenza di condanna al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese in favore della parte civile, non ancora divenuta irrevocabile, determina la caducazione delle statuizioni civili e ne impedisce la conferma nel successivo grado del giudizio. 5. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 duemila in favore della Cassa delle ammende.