Sequestro conservativo e pena sospesa: non è possibile la conversione in pignoramento

Il sequestro conservativo è convertibile in pignoramento se la sentenza di condanna ad una pena pecuniaria sia eseguibile pertanto, in ipotesi di sospensione condizionale della pena il sequestro conservativo non può ritenersi legittimo e non è convertibile in pignoramento.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5451/20, depositata l’11 febbraio. Il caso. Un avvocato, imputato per il reato di appropriazione indebita ai danni di una cliente, era stato destinatario di un decreto penale di condanna, poi opposto, in relazione al quale, il giudice per le indagini preliminari aveva autorizzato il sequestro conservativo di un immobile di sua proprietà. Il decreto di sequestro era contestuale all’emissione del decreto penale di condanna e fino alla concorrenza della pena pecuniaria inflitta, a garanzia del credito erariale relativo alla pena pecuniaria, alle spese e ad ogni altra somma dovuta allo Stato. A seguito dell’opposizione del decreto penale e alla sua revoca, il procedimento si era concluso con la condanna dell’imputato alla pena, detentiva e pecuniaria, condizionalmente sospesa. Il collegamento tra decreto penale di condanna e il sequestro conservativo. Secondo il ricorrente, la revoca del decreto penale di condanna a seguito dell’opposizione, avrebbe comportato la caducazione del sequestro, non più convertibile in pignoramento perché geneticamente nullo. Sul punto la Corte di Cassazione chiarisce che il sequestro conservativo integra un istituto sistematicamente dotato di piena autonomia che non presuppone, dal lato dello sviluppo cronologico del procedimento, l’emanazione di una pronuncia di condanna, ma soltanto l’esercizio dell’azione penale tale esercizio, emesso il decreto di condanna, era avvenuto. Nel caso di specie, benché il sequestro fosse stato disposto contestualmente al decreto penale di condanna, non traeva da questo la sua legittimità che invece è correlata al fumus del reato commesso e al pericolo che, in relazione alla sentenza, emanata o emananda, e anteriormente alla sua irrevocabilità, si disperdessero le garanzie del credito neppure dalle sorti del decreto penale dipendeva la persistente efficacia della misura reale. L’opposizione al decreto penale non costituiva, di per sé, ragione necessariamente destinata ad elidere l’esigenza cautelare del periculum in mora presupposto del sequestro conservativo, anche perché il giudice dell’opposizione ben può irrogare una pena diversa e più grave di quella fissata in sede monitoria. In ogni caso, la parte interessata, progredendo il processo e ritenendo cessata o ridotta l’esigenza cautelare, avrebbe potuto domandare al giudice competente l’adozione delle corrispondenti statuizioni. La determinazione dell’entità del sequestro. Tacciato di genericità, in realtà, il decreto di sequestro indicava in modo puntuale l’importo della pena pecuniaria già irrogata anche se non irrevocabile nonché i crediti accessori espressamente menzionati comprendenti le spese del procedimento e ogni altra somma dovuta all’Erario dello Stato. Il sequestro conservativo determinatezza. Il codice consente di disporre la misura cautelare reale del sequestro conservativo, in funzione di garanzia delle obbligazioni derivanti dal reato, senza pretendere l’esatta specificazione della loro entità, ed essendone invece sufficiente la determinabilità, intesa come indicazione di un presumibile ammontare, che può essere indicato con criterio di approssimazione. Lo scopo è duplice valutare l’adeguatezza di un’eventuale offerta di cauzione sostitutiva e giustificare l’entità dei beni da sottoporre a sequestro. Conversione del sequestro in pignoramento La conversione del sequestro conservativo in pignoramento non consegue automaticamente alla sola sentenza di condanna perché è necessario che la sentenza abbia ad oggetto la pena pecuniaria oppure, nel caso di sequestro disposto a beneficio della parte civile, il risarcimento del danno in favore della stessa . La conversione non è invece prevista in relazione ai soli crediti accessori quali le spese processuali o la somma dovuta in favore della cassa delle ammende , non dipendenti da una condanna al pagamento della pena pecuniaria. necessarietà della eseguibilità della pena pecuniaria. La pena pecuniaria deve essere eseguibile perché, per la conversione in pignoramento è necessario che il credito sia certo, liquido ed esigibile, tale da costituire titolo esecutivo. La pena condizionalmente sospesa non può dunque annoverarsi tra quelle eseguibili. La condanna a pena pecuniaria sospesa, infatti, non produce a favore dell’Erario un diritto di credito, e quindi un obbligo a carico del condannato, ma semmai un’aspettativa, destinata a trasformarsi in diritto con il realizzarsi della condizione. Invero anche l’aspettativa è una situazione giuridica soggettiva, per la quale possono essere disposti atti conservativi, ma a tale tutela, strumentale al soddisfacimento del futuro diritto di credito, può ricorrersi quando vi sia una situazione che renda attuale la possibilità dell’avveramento della condizione. Tuttavia, il giudice, concedendo la sospensione condizionale della pena, presume che il condannato si asterrà dal commettere ulteriori reati. Si è pertanto di fronte a una presunzione che la condizione di cui si parla non sarà avverata tale situazione rende incompatibile l’adozione o il mantenimento della misura cautelare. Nel caso di specie, dunque, il perdurare del sequestro conservativo non era più consentito già a seguito della sentenza di primo grado che, nel condannare l’imputato a pena detentiva e pecuniaria ne aveva ordinato la sospensione condizionale. In sintesi, dunque, alla data di irrevocabilità della sentenza il sequestro conservativo non poteva ritenersi ancora legittimo e non era suscettibile di convertirsi in pignoramento.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 22 novembre 2019 – 11 febbraio 2020, n. 5451 Presidente Mazzei – Relatore Centofanti Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Cagliari respingeva l’opposizione proposta ex art. 667 c.p.p., comma 4, e per l’effetto confermava il provvedimento con cui, in sede esecutiva, era stata accertata la conversione in pignoramento, ai sensi dell’art. 320 c.p.p., del sequestro conservativo di un immobile, appartenente all’avvocato P.L. , in relazione al procedimento penale in cui questi era imputato di appropriazione indebita ai danni di una cliente. Il sequestro era stato eseguito dietro decreto di autorizzazione adottato dal G.i.p. nel corso del procedimento, contestualmente all’emissione del decreto penale di condanna e sino alla concorrenza della pena pecuniaria ivi inflitta 40.800 Euro di multa , a garanzia del credito erariale relativo alla pena pecuniaria stessa, alle spese e a ogni altro somma allo Stato dovuta. Il decreto penale era stato quindi opposto dall’imputato, e conseguentemente revocato. Il procedimento penale si era infine concluso con la condanna dell’avvocato P. alla pena, condizionalmente sospesa, di un anno e tre mesi di reclusione e 700 Euro di multa, pronunciata dalla Corte di appello di Cagliari con sentenza 14 marzo 2017, considerata irrevocabile dall’8 maggio 2018, data della dichiarata inammissibilità del ricorso per cassazione. L’imputato aveva di seguito proposto ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625 bis c.p.p., dichiarato esso stesso inammissibile da questa Corte il 4 marzo 2019. 2. Avverso la menzionata ordinanza P. , con rituale ministero difensivo, propone ricorso per cassazione, sulla base di cinque motivi. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione della legge processuale. Egli rammenta che la difesa, nel corso del procedimento esecutivo, aveva invitato all’astensione i tre membri del collegio giudicante, per gravi ragioni di convenienza e in relazione ad incompatibilità determinate da atti già compiuti nel procedimento. Nessuno dei tre giudici aveva dato corso all’invito, ciascuno ritenendo che non vi fossero i presupposti per astenersi. Tale decisione sarebbe totalmente immotivata e contraria alla legge, trattandosi di ipotesi di astensione che - a fronte delle ragioni addotte, non contestate - si configurerebbe come doverosa. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge e vizio della motivazione. La sentenza di condanna, alla data dell’8 maggio 2018, non si sarebbe potuta considerare irrevocabile, alla stregua di una lettura costituzionalmente orientata delle disposizioni codicistiche, pendendo il termine per il ricorso straordinario, poi effettivamente proposto, avverso la decisione assunta in sede di legittimità. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge e vizio della motivazione. Egli osserva che il sequestro conservativo era stato disposto il 7 febbraio 2014, in pari data rispetto al decreto penale, poi revocato a seguito dell’opposizione avverso di esso proposta. La revoca del decreto penale avrebbe determinato la caducazione del sequestro stesso, dunque non più convertibile in pignóramento. Revocato il decreto, sarebbe inoltre venuto meno il credito da garantire, strettamente legato alla condanna in esso disposta. La questione sarebbe stata rilevabile d’ufficio, e comunque sarebbe stata sollevata con memoria perfettamente tempestiva. Con il quarto motivo, il ricorrente deduce violazione di legge e vizio della motivazione, ribadendo le ragioni a sostegno dell’intervenuta caducazione del sequestro e censurando l’omessa presa d’atto, da parte del giudice dell’esecuzione, di tale circostanza. Con il quinto motivo, il ricorrente deduce violazione di legge e vizio della motivazione, dolendosi dell’omessa pronuncia su un’ulteriore questione dedotta, ossia la genericità del decreto di sequestro, da cui sarebbe derivata la nullità del vincolo. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è inammissibile, perché non consentito dalla legge. In relazione alla mancata astensione dei giudici, per i quali sarebbero sussistite causa d’incompatibilità rilevanti ex art. 34 c.p.p., rispetto ad atti da loro già compiuti nel procedimento, vale il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità Sez. 1, n. 35216 del 19/04/2018, Illiano, Rv. 273852-01 Sez. 3, n. 285 del 26/11/1999, dep. 2000, D’Angeli, Rv. 215352-01 Sez. 1, n. 108 del 14/01/1993, Primerano, Rv. 193364-01 , da cui non vi è ragione di discostarsi, secondo cui l’inosservanza delle disposizioni di cui al citato art. 34 - le quali non attengono alla capacità del giudice ed esulano, quindi, dalle previsioni di cui all’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. a , - non è deducibile come motivo di nullità della decisione in sede di impugnazione, ma può solo costituire motivo di ricusazione del giudice, ai sensi dell’art. 37 c.p.p., comma 1, lett. a . Quest’ultima non fu per tempo proposta dall’interessato, e il tema da lui agitato non può essere utilmente scrutinato in questa sede. La medesima conclusione si impone, in relazione alla mancata astensione riconducibile alle gravi ragioni di convenienza , di cui all’art. 36 c.p.p., comma 1, lett. h . L’eventuale inosservanza, da parte del giudice, dell’obbligo di astensione in una tale evenienza non costituisce nemmeno motivo di ricusazione - come ripetutamente affermato Sez. 2, n. 19292 del 15/01/2015, Barbara, Rv. 263518-01 Sez. 2, n. 36365 del 07/05/2013, Braccini, Rv. 256872-01 Sez. 2, n. 10474 del 04/04/1997, Migliorisi, Rv. 210455-01 - nè comporta la nullità del provvedimento, non incidendo neppure essa sulla capacità del giudice e potendo unicamente, e semmai, rilevare sotto il profilo disciplinare. Tale assetto è manifestamente compatibile con la Costituzione, in quanto la mancata inclusione tra i casi di ricusazione della causa di astensione in discorso, che ha natura residuale, è giustificata dalla sua indeterminatezza, sicché la contraria interpretazione si porrebbe in contrasto con i principi costituzionali del giudice naturale e della ragionevole durata del processo, consentendo il proliferare di dichiarazioni di ricusazione pretestuose e strumentali Sez. 2, n. 27611 del 19/06/2007, Berlusconi, Rv. 239215-01 . 2. Il secondo motivo è inammissibile, perché manifestamente infondato. Il ricorso straordinario per errore di fatto, quale mezzo straordinario di impugnazione, costituisce un’eccezione all’inoppugnabilità delle decisioni della Corte di cassazione, giustificata dall’esistenza di vizi interni al relativo procedimento, di natura meramente percettiva e non valutativa, nonché connotati da decisività Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, Moroni, Rv. 26368501 Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221280-01 Sez. 2, n. 41782 del 30/09/2015, Cofano, Rv. 265248-01 Sez. 2, n. 2241 del 11/12/2013, Pezzino, Rv. 259821-01 Sez. 4, n. 6770 del 17/01/2008, Romano, Rv. 23903701 . L’accertamento di tali vizi eccezionalmente prevale, in ragione di superiori interessi di giustizia, sul valore della certezza e della stabilità delle situazioni giuridiche, correlato all’intervenuta formazione del giudicato, che costituisce ancora un valore essenziale per l’ordinamento e rappresenta uno dei principali scopi dell’attività giurisdizionale svolta dalla Corte di cassazione , come ricordato da Sez. U, n. 13199 del 21/07/2016, dep. 2017, Nunziata, Rv. 269788-01. Il rimedio di cui all’art. 625 bis c.p.p., sottende, dunque, il passaggio in giudicato della condanna Sez. 5, n. 15368 del 19/01/2016, Rv. 266565 e, infatti, presupposto imprescindibile per la legittimazione ad esperire l’impugnazione straordinaria è lo status di condannato, inteso come il soggetto che ha esaurito tutti i gradi del sistema delle impugnazioni ordinarie e rispetto al quale si è formato il giudicato in ordine alla decisione che lo riguarda Sez. U, n. 13188 del 2016, citata . La tesi del ricorrente risulta, pertanto, palesemente errata in diritto, prima ancora che priva - allo stato, e per effetto dell’intervenuta declaratoria d’inammissibilità dello stesso ricorso straordinario - di ogni pratica rilevanza. 3. I motivi terzo, quarto e quinto, tra loro connessi e da esaminare congiuntamente, sono fondati, nei soli limiti di seguito precisati. 3.1. La tesi della nullità genetica del vincolo, apposto con il sequestro conservativo, dipendente da vizi del relativo decreto, è destituita di fondamento. Il provvedimento emanato risultava, infatti, conforme al dettato normativo, poiché l’art. 316 c.p.p., comma 1, consente di disporre il sequestro conservativo, in funzione di garanzia delle obbligazioni derivanti dal reato, senza pretendere l’esatta specificazione della loro entità, ed essendone invece sufficiente la determinabilità, intesa come indicazione di un presumibile ammontare, che può essere indicato con criterio di approssimazione allo scopo sia di valutare l’adeguatezza o meno dell’eventuale offerta di cauzione sostitutiva, sia di giustificare l’entità dei beni da sottoporre a vincolo Sez. 5, n. 16750 del 30/03/2016, Barberini, Rv. 266702-01 Sez. 5, n. 35525 del 25/06/2010, Dal Pozzo, Rv. 248494-01 Sez. 5, n. 28268 del 08/05/2009, Turku, Rv. 244201-01 . Nella specie, il decreto di sequestro indicava, in modo puntuale, l’importo della pena pecuniaria allo stato - ancorché non irrevocabilmente - già irrogata, nonché i crediti accessori espressamente menzionati dall’art. 316, comma 1, c.p.p., comprendenti le spese del procedimento e ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato , legittimamente richiamate con formula generica. Esso si sottraeva pertanto alla formulata censura. 3.2. È poi errato postulare, come in ricorso, che la revoca del decreto penale, conseguente alla proposta opposizione, avrebbe comportato la perdita di efficacia della misura cautelare. Il sequestro conservativo integra un istituto sistematicamente dotato di piena autonomia. Esso non presuppone, dal lato dello sviluppo cronologico del procedimento, l’emanazione di una pronuncia di condanna, ma, secondo il chiaro disposto normativo, soltanto l’esercizio dell’azione penale e siffatto esercizio, emesso il decreto penale di condanna, era certamente avvenuto. Benché disposto contestualmente al decreto penale, il sequestro non traeva dunque da quest’ultimo la sua legittimità, viceversa correlata al fumus del commesso reato e al pericolo che, in relazione alla sentenza, emanata o emananda, e anteriormente alla sua irrevocabilità, si disperdessero le garanzie del credito Sez. U, n. 51660 del 25/09/2014, Zambito, Rv. 261118-01 nè, dalle sorti del decreto penale, dipendeva la persistente efficacia della misura reale. L’emissione del decreto penale, per il considerevole importo di 40.800 Euro di pena pecuniaria, aveva verosimilmente reso più stringente il periculum in mora nel caso di specie, ma l’opposizione proposta non costituiva, di per sé, ragione necessariamente destinata ad eliderlo, tenuto anche conto che l’art. 464 c.p.p., comma 4, consente al giudice, all’esito dell’opposizione, di irrogare una pena anche diversa e più grave di quella fissata in sede monitoria. E, in ogni caso, la parte interessata - la quale, in relazione al progredire del processo, avesse ritenuto cessata o ridotta l’esigenza cautelare - avrebbe potuto, e dovuto, domandare al giudice competente l’adozione delle corrispondenti statuizioni. 3.3. Vero è tuttavia - e qui è la vera ed esclusiva ragione, per la quale il ricorso merita accoglimento - che la conversione del sequestro conservativo in pignoramento non consegue ex lege alla sola sentenza di condanna, essendo anzitutto necessario, ai sensi dell’art. 320 c.p.p., comma 1, che quest’ultima abbia ad oggetto la pena pecuniaria ovvero, in caso di sequestro disposto a beneficio della parte civile, il risarcimento del danno in favore della parte stessa Sez. 1, n. 30308 del 31/03/2011, Fiorucci, Rv. 250889-01 . La conversione non è prevista, piuttosto, in relazione ai soli crediti accessori quali le spese processuali o la somma dovuta in favore della Cassa delle Ammende , non dipendenti da una condanna al pagamento della pena pecuniaria. Deve inoltre trattarsi di pena pecuniaria eseguibile, essendo indispensabile, per la conversione in pignoramento, l’esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile, che possa costituire titolo esecutivo a norma dell’art. 474 c.p.c. Sez. 4, n. 9851 del 19/01/2015, Biagini, Rv. 262439-01 . Eseguibile non può considerarsi, per definizione, la condanna a pena pecuniaria condizionalmente sospesa. Come ben evidenziato da Sez. 6, n. 40332 del 08/10/2003, Bellanova, Rv. 228422-01, la condanna a pena pecuniaria sospesa, in conformità ai principi generali sulle obbligazioni, non produce a favore dell’erario un diritto di credito, e cortelativamente un obbligo a carico del condannato, ma semmai un’aspettativa, destinata a trasformarsi in diritto con il realizzarsi della condizione. Di più. È vero che anche l’aspettativa sia una situazione giuridica soggettiva, per la quale possano essere disposti atti conservativi, ma a tale tutela, strumentale al soddisfacimento del futuro diritto di credito, può ricorrersi quando vi sia una situazione che renda attuale la possibilità dell’avveramento della condizione. Sennonché, col concedere la sospensione condizionale della pena, il giudice presume che il condannato si asterrà nel futuro dal commettere ulteriori reati. In questo caso, e in altri termini, s’è dinanzi ad una presunzione che la condizione di cui si parla non sarà avverata, situazione che rende incompatibile, in assenza di elementi sopravvenuti, l’adozione, o il mantenimento, della misura cautelare. Tali considerazioni inducono a ritenere che il perdurare del sequestro conservativo non fosse più consentito, nel processo di cui si discute, già a seguito della pronuncia della sentenza di primo grado in parte qua divenuta definitiva che, nel condannare l’imputato a pena congiunta, detentiva e pecuniaria, aveva ordinato la sospensione condizionale di entrambe. 4. Alla data di irrevocabilità della sentenza, dunque, nè il sequestro conservativo poteva ritenersi ancora legittimo, nè esso era suscettibile di convertirsi in pignoramento, alla stregua delle considerazioni dianzi esposte. L’ordinanza impugnata deve essere pertanto annullata senza rinvio e il sequestro conservativo deve essere revocato direttamente da questa Corte, ai sensi dell’art. 620 c.p.p., comma 1, lett. l . La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 626 c.p.p P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e revoca il sequestro conservativo disposto dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cagliari. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 c.p.p