Notifica personale all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini non significa “a mani” dello stesso

È legittima la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari al difensore nell’ipotesi in cui l’imputato non risulti all’indirizzo originariamente dichiarato.

Lo ribadisce la sentenza della Cassazione n. 4139/20, depositata il 31 gennaio. La vicenda. La Corte d’Appello confermava la decisione di primo grado che condannava l’imputata alla pena di giustizia per aver, in concorso con un altro soggetto, fatto conseguire al figlio minore un indennizzo assicurativo denunciando un sinistro non avvenuto e utilizzando false dichiarazioni rese da una terza persona. L’imputata propone così ricorso in Cassazione sostenendo che l’informazione di garanzia non sia stata personalmente notificata ad ella, unitamente all’omessa notifica dell’avviso di conclusione delle indagini, determinando così una nullità assoluta dell’intero procedimento. Notifica personale all’indagato. L’art. 369 c.p.p. dispone che il PM invii l’informazione di garanzia all’imputato solo quando debba compiere un atto al quale il difensore ha il diritto di assistere, circostanza questa non dedotta nel ricorso. Inoltre, la notifica personale all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari e del decreto di citazione a giudizio non comporta che essa avvenga a mani” dello stesso vale, infatti, la regola prevista dall’art. 161, comma 1, c.p.p. relativa alla notifica presso il domicilio dichiarato in occasione di un atto compiuto dalla polizia giudiziaria con l’intervento della persona sottoposta ad indagini o già imputata. E siccome, nel caso in esame, vi è stato un primo contatto tra l’indagata e la polizia, la notifica va eseguita secondo la previsione di cui al suddetto art. 161 c.p.p. ed inoltre, l’avviso è stato notificato al difensore in quanto l’imputata non risultava all’indirizzo indicato. Essendo, dunque, un caso di inidoneità originaria del domicilio dichiarato, legittima è la notifica al difensore. Il ricordo è dunque inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 18 ottobre 2019 – 31 gennaio 2020, n. 4139 Presidente Cervadoro – Relatore D’Agostini Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 4/10/2018 la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza emessa il 6/2/2017 con la quale il Tribunale di Palermo aveva riconosciuto M.S. colpevole del reato previsto dall’art. 642 c.p., comma 2, e l’aveva condannata alla pena di otto mesi di reclusione, condizionalmente sospesa, oltre al risarcimento del danno in favore della Allianz s.p.a., costituitasi parte civile. Secondo l’ipotesi accusatoria, recepita dai giudici di merito, l’imputata, in concorso con altro soggetto non impugnante, al fine di far conseguire al proprio figlio minore un indennizzo assicurativo, aveva denunciato un sinistro mai avvenuto, utilizzando false dichiarazioni rese da una terza persona. 2. Ha proposto ricorso M.S. , a mezzo del proprio difensore di fiducia, chiedendo l’annullamento della sentenza di appello per i seguenti motivi. 2.1. Violazione della legge processuale e mancanza di motivazione in relazione al disposto dell’art. 369 bis del codice di rito. La sentenza è priva di motivazione in ordine a quanto previsto dalla stessa norma circa la necessità che l’informazione di garanzia sia notificata personalmente all’imputato, circostanza non verificatasi nel caso di specie, considerato che, all’atto della identificazione del 15 marzo 2013, M.S. elesse domicilio senza che le fosse notificato detto atto. La Corte di appello, pertanto, ha erroneamente richiamato la disciplina ex art. 161 c.p.p., comma 2, in luogo di quella del comma 1 dello stesso articolo, che consente la notifica al difensore solo nei casi in cui la elezione di domiciliò manchi, sia insufficiente od inidonea e non anche quando la notificazione divenga impossibile. L’omessa notifica della informazione di garanzia, unitamente all’avviso di conclusione delle indagini, ha determinato una nullità assoluta dell’intero procedimento e, pertanto, di entrambe le sentenze di merito. 2.2. Violazione della legge processuale per omessa citazione dell’imputata nel giudizio di primo grado. Diversamente da quanto indicato nel verbale di udienza del 9/12/2015, il decreto di citazione a giudizio fu notificato, per l’imputata, al suo difensore il 10/3/2015 , e non già a mani della stessa il 13/3/2015 . L’omessa citazione dell’imputata ha determinato una nullità assoluta insanabile. 2.3. Violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alla ritenuta validità della querela, presentata da soggetti non identificati da parte dell’autorità che ricevette l’atto, privi di una valida procura conferita con una delibera assembleare con l’indicazione dello specifico oggetto. 2.4 Violazione della legge processuale per omessa citazione dell’imputata nel giudizio di appello. Richiamando quanto esposto con il primo motivo in ordine alla erronea applicazione dell’art. 161 c.p.p., comma 2, e, conseguentemente, del comma 4 dello stesso articolo, il ricorrente deduce la nullità della notificazione dell’avviso dell’udienza effettuata al difensore, poiché quella al domicilio era divenuta impossibile e non era mancante, insufficiente o inidonea . Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi manifestamente infondati, reiterativi di quelli già correttamente disattesi dalla Corte territoriale. 2. L’art. 369 c.p.p. dispone che il pubblico ministero invii l’informazione di garanzia all’imputato solo quando debba compiere un atto al quale il difensore ha il diritto di assistere, circostanza non dedotta nel ricorso e neppure nella memoria allo stesso allegata, presentata nel giudizio di primo grado. La notifica personale all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari e del decreto di citazione a giudizio non comporta affatto - come pare adombrare il ricorrente - che essa avvenga a mani dello stesso valgono, infatti, le regole previste dall’art. 157 e ss., compresa quella ex art. 161 c.p.p., comma 1, richiamata dalla stessa difesa, relativa alla notificazione presso il domicilio dichiarato od eletto in occasione di un atto compiuto dall’autorità giudiziaria o dalla polizia giudiziaria con l’intervento della persona sottoposta alle indagini o già imputata essendovi stato un primo contatto fra l’indagato e l’A.G. o la P.G., vanno seguite direttamente le forme previste dall’art. 161 c.p.p., come ribadito dalle Sezioni unite nella pronuncia pure richiamata nel ricorso Sez. U, n. 58120 del 22/06/2017, Tuppi, Rv. 271772, in motivazione . Nel caso di specie risulta che l’avviso ex art. 415 bis c.p.p. fu notificato al difensore di M.S. in quanto in data 25/2/2014 la stessa non risultava all’indicato indirizzo trattasi di un caso di inidoneità originaria del domicilio dichiarato, che rendeva legittima la notifica al difensore art. 161 c.p.p., comma 4 ovvero di una sopravvenuta impossibilità di notificazione nel luogo dichiarato, che pure comportava la medesima modalità di notifica al difensore, in assenza della comunicazione da parte dell’indagata del mutamento del domicilio dichiarato art. 161 c.p.p., comma 1 . Allo stesso difensore di fiducia, pertanto, furono legittimamente notificati i successivi decreti di citazione per il giudizio di primo grado e per quello di appello. 3. È manifestamente infondata anche l’eccezione in tema di invalida presentazione della querela, avuto specifico riguardo alla inesistenza della procura speciale. La querela, infatti, fu depositata presso la Procura il 25 luglio 2012 dal difensore avv. Marina Cassarà, soggetto ben identificato, che aveva provveduto ad autenticare le firme dei rappresentanti legali che le sottoscrissero la procura speciale, essendo del tutto irrilevante conoscere la data in cui questo avvenne. Lo statuto della società - come ricordato nella sentenza impugnata - ha conferito ai legali rappresentanti della stessa di presentare denunce-querele o rilasciare procure speciali per la presentazione di denunce-querele nel caso di specie detti legali rappresentanti che tali erano al momento del rilascio della procura, a nulla rilevando che si trattasse di un momento successivo al fatto-reato rilasciarono al difensore una procura speciale ritualmente conferita ex art. 122 c.p.p., con la precisa indicazione dell’oggetto al quale essa si riferiva. Va ricordato, inoltre, che l’art. 37 disp. att. c.p.p. consente che la procura speciale di cui all’art. 122 c.p.p. possa essere rilasciata in via preventiva per l’eventualità in cui si verifichino i presupposti per il compimento dell’atto al quale la procura si riferisce. Con tale norma, il legislatore, consapevole delle difficoltà di attivare nelle strutture complesse le procedure necessarie per pervenire al rilascio di una procura speciale, ha previsto una semplificazione, conferendo al titolare del diritto la possibilità di rilasciare procure speciali in via preventiva. In proposito si è affermato che nel caso di persone giuridiche o di enti, la procura speciale preventiva, ove rilasciata per la proposizione di querele, può contenere l’indicazione delle tipologie dei reati in presenza dei quali attivare la condizione di procedibilità in questione. Siffatta indicazione, però, non è necessariamente richiesta, dovendosi ritenere che, laddove la procura speciale preventiva preveda semplicemente il potere di presentare querele, tale potere sia implicitamente devoluto per tutti i reati desumibili dall’oggetto sociale della persona giuridica o dell’ente Sez. 2, n. 1878 del 09/12/2016, dep. 2017, Dindi, Rv. 268769 in senso conforme v. Sez. 2, n. 42947 del 01/10/2014, Baucina, Rv. 260859 Sez. 2, n. 24754 del 16/04/2010, Orlando, Rv. 247748 Sez. 5, n. 28595 del 06/07/2007, Grancea, Rv. 237594 . Nel caso di specie, dunque, i legali rappresentanti della compagnia assicuratrice, in forza della disposizione statutaria, avevano certamente la possibilità di presentare querela o di conferire procura speciale, come avvenuto nel caso di specie per il reato di frode assicurativa. 4. Alla inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro duemila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.