La Cassazione torna sulla remissione della querela

In tema di atti persecutori, il regime di irrevocabilità della querela previsto dall’art. 612-bis, comma 4, ultima parte c.p., introdotto dalla l. n. 119/2013, non si applica ai fatti preesistenti, la cui perseguibilità e punibilità erano rimesse alla volontà della persona offesa.

Lo ha affermato la Cassazione con sentenza n. 3019/20 depositata il 24 gennaio. Il caso. L’imputato ricorre per cassazione avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Milano, nel confermare la decisione del Tribunale, riconosceva la sua responsabilità per il delitto di atti persecutori nei confronti dell’ex compagna. Tra i motivi di ricorso, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 612- bis c.p. e dell’art. 8 l. n. 38/2009, per non aver la Corte territoriale preso atto dell’improcedibilità del reato. Remissione di querela. Preso atto che la vittima aveva presentato querela nei confronti del ricorrente il 24 luglio 2013 e l’aveva rimessa il mese successivo, la Suprema Corte afferma che la l. n. 119/2013 ha previsto che la remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’art. 612, comma 2 . A tal proposito, afferma la Cassazione, costituisce principio di diritto quello secondo cui in tema di atti persecutori, il regime di irrevocabilità della querela previsto dall’art. 612- bis , comma 4, ultima parte, introdotto dal d.l. n. 93/2013, conv. con mod. dalla l. n. 119/2013, non si applica ai fatti preesistenti, la cui perseguibilità e punibilità erano rimesse alla volontà della persona offesa . Pertanto, precisa la Corte, il mutamento nel tempo del regime di procedibilità va positivamente risolto, ex art. 2 c.p., alla luce della natura sia sostanziale che processuale della querela, che costituisce al contempo sia condizione di procedibilità, sia di punibilità. Soluzione, quest’ultima, imposta dal principio del favor rei . Nella fattispecie resta incontestabile il fatto che l’ammonimento del questore, notificato all’imputato soltanto il 3 luglio 2013, comporta la procedibilità d’ufficio degli atti persecutori da lui commessi successivamente, risultando estinte, per remissione di querela, tutte le condotte commesse fino a quella data. Per tutti questi motivi, la Corte di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai fatti commessi fino al 2 luglio 2013.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 9 ottobre 2019 – 24 gennaio 2020, n. 3019 Presidente Vessichelli – Relatore Scordamaglia Ritenuto in fatto 1. C.D.G.M. ricorre in Cassazione, con il ministero del difensore, per chiedere l’annullamento della sentenza del 23 ottobre 2018 della Corte di appello di Milano, resa in integrale conferma di quella del Tribunale di quella stessa città, che, in data 27 gennaio 2016, l’aveva riconosciuto responsabile del delitto di atti persecutori, commessi, ancorché ammonito dal Questore, in danno di B.B. , con la quale aveva intrattenuto una relazione sentimentale, e, per l’effetto, l’aveva condannato alla pena di giustizia. 2. L’impugnazione è affidata a cinque motivi, che denunciano 2.1. la violazione degli artt. 234 e 603 c.p.p. la Corte di appello, non solo avrebbe omesso di tener conto del documento attestante l’accordo transattivo intervenuto tra l’imputato e la persona offesa, in ragione di ciò rispettoso del principio del contraddittorio, ma si sarebbe, altresì, sottratta all’obbligo di attivare i propri poteri di integrazione probatoria officiosa ove avesse dubitato delle dichiarazioni della persona offesa siccome cristallizzate nell’indicato accordo 2.2. la violazione dell’art. 612-bis c.p. e L. n. 38 del 2009, art. 8 la Corte di appello avrebbe omesso di prendere atto che il reato era in parte improcedibile, perché l’ammonimento del Questore era stato notificato all’imputato soltanto il 3 luglio 2013, con la conseguenza che questo atto non poteva riverberare i propri effetti sulle condotte commesse precedentemente 2.3. la violazione dell’art. 612-bis c.p. e il vizio di motivazione in punto di prova del delitto di atti persecutori 3 e 4 motivo la Corte territoriale, malamente interpretando le prove acquisite nonché il contenuto dell’accordo transattivo intercorso tra le parti, attestanti che la conduzione della relazione affettiva tra loro intercorsa, nei termini di un’altalenante sequela di litigi e riappacificazioni, costituiva l’espressione di un modus vivendi liberamente condiviso dai protagonisti della vicenda, aveva errato nel riportare il fatto siccome ricostruito allo schema del delitto di atti persecutori 2.4. la violazione dell’art. 62-bis c.p. la Corte territoriale aveva errato sia nel non concedere all’imputato le attenuanti generiche, ancorché si trovasse nelle condizioni di poterne beneficiare in quanto incensurato ed essendo addivenuto ad un accordo transattivo con la parte offesa, sia nel non concedergli la sospensione condizionale della pena. Considerato in diritto La sentenza impugnata deve essere annullata per le ragioni di seguito indicate. 1. Coglie nel segno il secondo motivo. 1.1. La Corte di appello ha dato atto che la vittima delle condotte persecutorie contestate al C. aveva presentato querela nei confronti di costui il 24 luglio 2013 e l’aveva rimessa il 24 agosto 2013. Ha, pure, evidenziato come all’imputato fosse stato notificato il 3 luglio 2013 l’ammonimento impartitogli dal Questore ai sensi della L. n. 38 del 2009, art. 8, comma 3. Illustrate queste circostanze, ha ritenuto che nessuna rilevanza potesse essere attribuita alla remissione di querela, atteso che, secondo la previsione dell’art. 612-bis c.p., comma 4, la querela è, comunque, irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’art. 612 c.p., comma 2 evenienza, questa, verificatasi nel caso concreto come attestato dal tenore di alcuni messaggi e e-mail inviate dall’imputato alla B. . 1.2. La rassegnata motivazione non tiene conto, tuttavia, del fatto che la norma di cui all’art. 612-bis c.p., comma 4, è stata introdotta dal D.L. 14 agosto 2013, n. 93, art. 1, conv. con modificazioni dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119, che, in sede di conversione, ha appunto inserito le parole La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’art. 612 c.p., comma 2”. Donde, occorre fare applicazione del principio di diritto, già affermato da questa Corte, secondo cui ” In tema di atti persecutori, il regime di irrevocabilità della querela previsto dall’art. 612-bis c.p., comma 4, ult. parte, introdotto dal D.L. 14 agosto 2013, n. 93, conv. con mod. dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119, non si applica ai fatti preesistenti, la cui perseguibilità e punibilità erano rimesse alla volontà della persona offesa dal reato Sez. 5, n. 44390 del 08/06/2015, R, Rv. 265999 . Il mutamento nel tempo del regime di procedibilità va, infatti, positivamente risolto, ai sensi dell’art. 2 c.p., alla luce della natura mista, sostanziale e processuale, dell’istituto della querela, che costituisce nel contempo condizione di procedibilità e di punibilità tale soluzione è, invero, imposta dal principio dell’applicazione della norma più favorevole al reo, che opera non soltanto al fine di individuare la norma di diritto sostanziale applicabile al caso concreto, ma anche in ordine al regime della procedibilità che inerisce alla fattispecie dato che è inscindibilmente legata al fatto come qualificato dal diritto Sez. 3, n. 2733 del 08/07/1997, P.M. in proc. Frualdo, Rv. 209188 . 1.3. Al lume di tale rilievo in diritto e dell’incontestato dato di fatto che l’ammonimento del Questore, comportante la procedibilità d’ufficio degli atti persecutori commessi dall’ammonito, ai sensi della L. n. 38 del 2009, art. 8, comma 3, era stato notificato all’imputato soltanto il 3 luglio 2013, va, dunque, riconosciuto che le condotte commesse dall’imputato fino al 3 luglio 2013 risultano estinte per remissione di querela, ritualmente accettata. 2. Non è possibile, invece, dubitare che le condotte persecutorie successive al 3 luglio 2013, espressamente contestate all’imputato fino al luglio 2013 - tale sintagma dovendo intendersi fino al 31 luglio 2013 – fossero improcedibili d’ufficio, per quanto dianzi spiegato. In riferimento ad esse, tuttavia, si rende necessario un supplemento del sindacato di merito, non evincendosi dalla sentenza impugnata nè il loro concreto atteggiarsi, sul piano dell’intimidazione o della molestia arrecata alla persona offesa, nè la loro reiterazione tale accertamento essendo, invero, imprescindibile onde verificare se, in tale arco temporale, l’imputato abbia realizzato una significativa intrusione nella vita privata della B. , tale da cagionarle, per la sua ripetitività, un perturbamento psichico ed esistenziale. 3. Alla stregua delle spiegate argomentazioni, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente ai fatti commessi fino al 2 luglio 2013, perché estinti per remissione di querela. Deve essere, invece, annullata in relazione ai fatti commessi dal 3 luglio 2013 fino al 31 luglio 2013, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Milano. In ragione della peculiarità dell’addebito mosso al ricorrente, la Corte ritiene altresì doveroso - ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52 - disporre l’omissione, in caso di diffusione del presente provvedimento, dell’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti del processo. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai fatti commessi fino al 2 luglio 2013, perché estinti per remissione di querela. Annulla la stessa sentenza in relazione ai fatti commessi dal 3 luglio 2013 fino al 31 luglio 2013, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Milano. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.