Affidamento in prova al servizio sociale: illegittimo il “no” causato dalla mancanza di un lavoro

Riprende vigore la richiesta presentata da un detenuto di oltre 70 anni. Smentita la visione adottata dal Tribunale di sorveglianza. Per i Giudici della Cassazione, difatti, è marginale il dato relativo all’assenza di un’attività lavorativa.

La mancanza di un’attività lavorativa è dettaglio secondario e non sufficiente per rigettare a priori la richiesta di affidamento in prova” del detenuto. Ciò che conta, invece, secondo i giudici, è il riferimento alla valutazione in concreto del suo possibile reinserimento sociale Cassazione, sentenza n. 2453/20, sez. I Penale, depositata oggi . Affidamento. Riflettori puntati su un uomo – di oltre 70 anni di età – che è in carcere con una pena fissata in sedici mesi di reclusione”, o, meglio, sulla sua richiesta di affidamento in prova al ‘Servizio sociale’”. Dal Tribunale di sorveglianza arriva una risposta negativa. Decisiva, viene spiegato, è la mancanza di una attività lavorativa o risocializzante che impedisce l’ammissione al beneficio”. E questo dato è considerato prevalente rispetto ad altri dettagli favorevoli all’uomo, cioè l’assenza di procedimenti penali in corso, l’idoneità del domicilio e l’assenza di elementi da cui desumere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzati”, dettagli che difatti hanno permesso l’applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare, richiesta in via subordinata” rispetto all’ipotesi dell’ affidamento in prova”. Lavoro. La prospettiva adottata dal Tribunale di sorveglianza viene però fortemente messa in discussione dai giudici della Cassazione, i quali definiscono marginale” il dato della assenza di una attività lavorativa” rispetto al probabile reinserimento sociale dell’uomo”. Ridiventa concreta, quindi, la possibilità dell’ affidamento in prova al ‘Servizio sociale’”. Ciò perché i magistrati ribadiscono che la disponibilità di un lavoro non rientra tra i requisiti per la concessione della misura”, anche perché il condannato può usufruire del beneficio pur quando non riesca a reperire un lavoro ma si impegni in attività utili”. Tirando le somme, per la concessione dell’affidamento in prova al ‘Servizio sociale’” lo svolgimento di un’attività lavorativa è soltanto uno degli elementi idonei a concorrere alla formazione del giudizio prognostico favorevole al reinserimento sociale del condannato, ma non può rappresentare”, chiosano i giudici, una condizione ostativa di accesso alla misura”, a maggior ragione quando egli non possa prestare tale attività per ragioni di età o di salute”.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 8 – 22 gennaio 2020, n. 2453 Presidente Di Tommasi – Relatore Santalucia Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di sorveglianza di L'Aquila ha rigettato la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale proposta da Ma. Sa. in relazione alla pena della reclusione di anni uno e mesi quattro di reclusione, inflittagli per i reati di cui agli articoli 2 L. n. 638 del 1983 e 10 D.Lgs. n. 74 del 2000, commessi tra il 2006 e il 2011. Ha rilevato che la mancanza di attività lavorativa o risocializzante impedisce l'ammissione al beneficio ma ha al contempo valutato favorevolmente l'assenza di procedimenti penali in corso, l'idoneità del domicilio e l'assenza di elementi da cui desumere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata e ha così applicato la misura alternativa della detenzione domiciliare, richiesta in via subordinata. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto il ricorso il difensore di Ma. Sa., che ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. Il Tribunale di sorveglianza, in forza di un inaccettabile automatismo, ha fatto discendere il rigetto della domanda soltanto dalla constatazione dell'assenza di un'attività lavorativa, che non è requisito posto dalla legge, pur ricorrendo le condizioni per una prognosi favorevole di reinserimento sociale, costituiti dal limite di pena espianda, dalla non gravità dei reati per i quali è condanna, dall'assenza di procedimenti penali in corso, dall'assenza di elementi da cui desumere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, oltre che dall'età avanzata e dalla patologia invalidante di cui il ricorrente è affetto. Peraltro, avendo dato un tale rilievo al requisito dell'attività lavorativa, il Tribunale avrebbe dovuto disporre i necessari accertamenti circa la collaborazione del ricorrente con l'attività lavorativa dei figli. 3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto l'annullamento con rinvio. Considerato in diritto 1. Il ricorso merita accoglimento perché la motivazione della impugnata ordinanza è carente. 2. Il Tribunale di sorveglianza ha dato conto del diniego della misura più favorevole dell'affidamento in prova al servizio sociale adducendo un solo argomento di fatto, ossia la mancanza di prova circa lo svolgimento di un'attività lavorativa da parte del richiedente. Ha così trascurato di considerare che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, la disponibilità di una attività lavorativa è elemento che ha una rilevanza soltanto marginale ed eventuale ai fini della concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale a differenza di quanto previsto per la semilibertà , sicché la relativa mancanza non può da sola precludere l'applicazione dell'istituto in questione - Sez. 1, n. 2422 del 23/03/1999, Donnini S, Rv. 213865 v. anche Sez. 1, n. 26789 del 18/06/2009, Gennari, Rv. 244735, per la quale non rientra tra i requisiti per la concessione della misura dell'affidamento in prova al servizio sociale la prospettiva di un lavoro stabile per il condannato, che può usufruire del beneficio pur quando non riesca a reperire un lavoro ma si impegni in attività utili e, infine, Sez. 1, n. 1023 del 30/10/2018, dep. 2019, Fusillo, Rv. 274869, che ha ulteriormente precisato che ai fini della concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale, lo svolgimento di un'attività lavorativa è soltanto uno degli elementi idonei a concorrere alla formazione del giudizio prognostico favorevole al reinserimento sociale del condannato, ma non può rappresentare una condizione ostativa di accesso alla misura qualora lo stesso non possa prestare tale attività per ragioni di età o di salute . 3. Il Tribunale ha dato atto della ricorrenza di altri indici di favore, quali l'assenza di procedimenti penali in corso, la lontananza temporale dei precedenti penali e l'assenza di elementi da cui dedurre l'attualità di legami con la criminalità organizzata, ma non ha fatto intendere come il solo marginale dato dell'assenza di attività lavorativa possa avere un'incidenza così decisiva sulla prognosi circa il probabile reinserimento sociale. 4. L'ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio al Tribunale di sorveglianza per nuovo esame. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di L'Aquila.