Inammissibilità del ricorso e pagamento della sanzione pecuniaria

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto è condannata al pagamento delle spese del procedimento ed inoltre al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una equa e congrua somma.

Sul tema torna ad esprimersi la Corte di Cassazione con sentenza n. 2016/20, depositata il 20 gennaio. Il caso. Il Tribunale di Lucca applicava all’imputato la pena di due anni e tre mesi di reclusione e 2000 euro di multa in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990. Avverso tale decisione l’imputato ricorre in Cassazione lamentando violazione dell’art. 99 c.p., determinante l’illegalità della pena. Infatti, dopo che era stato precedentemente condannato, nel 2016, alla pena di 1 anno di reclusione e 3000 euro di multa in relazione allo stesso reato, lamentava illegalità dell’aumento della pena applicatogli per effetto della recidiva specifica. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato, vista l’illegalità della pena applicata all’imputato. Pagamento della sanzione pecuniaria. Il ricorso è inammissibile ex art. 591, comma 1, lett. d , c.p.p., vista l’intervenuta rinuncia al ricorso da parte del ricorrente personalmente, con atto sottoscritto, dallo stesso proveniente e depositato in cancelleria prima dell’udienza camerale. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una equa e congrua somma a favore della Cassa delle ammende. A tal proposito, il Supremo Collegio dà continuità all’orientamento espresso già in precedenza dagli stessi giudici, non condividendo l’altro, secondo cui, qualora il ricorso per cassazione sia dichiarato inammissibile per le ragioni indicate nell’art. 591 c.p.p., non si applicherebbe la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 616 c.p.p., poiché tale previsione riguarda solo i casi in cui l’inammissibilità sia dichiarata ai sensi dell’art. 606, comma 3, c.p.p Invero, tale orientamento appare in contrato con la lettera dell’art. 616 c.p.p. il quale, non distingue affatto tra le varie possibili cause di inammissibilità. Del resto, vista la peculiarità del mezzo di impugnazione, non è illogico che anche le ordinarie cause di inammissibilità, di cui all’art. 591 c.p.p., diano luogo ad una sanzione che non trova invece applicazione quando esse riguardano un’impugnazione di diverso tipo.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 13 dicembre 2019 – 20 gennaio 2020, n. 2016 Presidente Izzo – Relatore Liberati Ritenuto in fatto Con sentenza del 12 luglio 2019 il Tribunale di Lucca ha applicato a M.I. , su sua richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p., la pena di due anni e tre mesi di reclusione e 2.000,00 Euro di multa, in relazione al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, commesso il omissis . Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo, mediante il quale ha lamentato la violazione e l’erronea applicazione dell’art. 99 c.p., determinante l’illegalità della pena. Dopo aver premesso di essere stato precedentemente condannato, con sentenza del 23 dicembre 2016, alla pena di un anno di reclusione e 3.000,00 Euro di multa per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, ha lamentato l’illegalità dell’aumento di pena applicatogli per effetto della recidiva specifica e nel quinquennio, pari a un anno e quattro mesi di reclusione, dunque superiore al cumulo delle pene inflittegli con le condanne precedenti, in violazione di quanto stabilito dall’art. 99 c.p., comma 6. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato, in considerazione della illegalità della pena applicata all’imputato, evidenziando che l’aumento di pena disposto per la recidiva specifica nel quinquennio è stato determinato in un anno e quattro mesi di reclusione, benché il ricorrente fosse in precedenza stato condannato, con sentenza divenuta irrevocabile il 23 dicembre 2016, alla pena di un anno di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa in relazione al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 , cosicché il suddetto aumento risultava in contrasto con quanto stabilito dall’art. 99 c.p.p., comma 6, secondo cui l’aumento di pena conseguente alla recidiva non può mai superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. d , attesa l’intervenuta rinuncia al ricorso da parte del ricorrente personalmente, con atto dallo stesso proveniente, con sottoscrizione autenticata dal difensore, depositato nella cancelleria di questa Corte in data 11 dicembre 2019, prima dell’udienza camerale fissata per la decisione del ricorso. Alla declaratoria d’inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente, al versamento, a favore della Cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 500,00. In proposito il Collegio ritiene di dover dare continuità all’orientamento espresso da altra Sezione di questa Corte Sez. 5, n. 18978 del 28/01/2014, Chiapponi, Rv. 259838 Sez. 3, n. 26477 del 30/04/2014, Martellotta, Rv. 259193 Sez. 5, n. 36372 del 13/06/2013, Rosati, Rv. 256953 , non condividendo l’altro orientamento, espresso in talune pronunce di questa Corte Sez. 6, n. 31435 del 24/04/2012, Ighune, Rv. 253229 , secondo cui, qualora il ricorso per cassazione sia dichiarato inammissibile per taluna delle cause indicate nell’art. 591 c.p.p., non si applicherebbe la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 616 c.p.p., riguardando tale previsione soltanto i casi in cui l’inammissibilità sia dichiarata ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3. Ed invero, tale ultimo orientamento appare in contrasto con il letterale tenore del citato art. 616 c.p.p., il quale, nello stabilire l’applicazione di detta sanzione se il ricorso è dichiarato inammissibile , non distingue affatto tra le varie possibili cause di inammissibilità. D’altra parte, stante la peculiarità del mezzo di impugnazione, non appare affatto illogico che anche le ordinarie cause di inammissibilità, quali previste dall’art. 591 c.p.p., diano luogo ad una sanzione che non trova, invece, applicazione quando esse riguardino un’impugnazione di diverso tipo, dovendosi semmai riguardare come difficilmente giustificabile, sul piano logico, che, a parità di rimproverabilità alla parte privata dell’avvenuta proposizione del ricorso rivelatosi inammissibile, la stessa parte sia o non sia soggetta al pagamento della sanzione a seconda che la causa di inammissibilità sia riconducibile alle previsioni di cui all’art. 606 c.p.p., comma 3 o a quelle di cui all’art. 591 c.p.p P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.