Riforma Orlando: le norme sull’ammissibilità dell’impugnazione non sono retroattive

La nuova disciplina di cui all’art. 581, lett. d , c.p.p. – inserito dall’art. 1, comma 55, l. n. 103/2017 ed in base al quale l’impugnazione si propone con atto scritto nel quale sono indicati il provvedimento impugnato, la data del medesimo e il giudice che lo ha emesso, con l’enunciazione specifica, a pena di inammissibilità d dei motivi, con l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta” - è inapplicabile agli appelli presentati prima della sua entrata in vigore.

È il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 843/20, depositata il 13 gennaio. Il caso. Il Tribunale di Enna condannava l’imputato, all’esito del giudizio abbreviato, alla pena di 4 mesi di reclusione e 100 euro di multa per il reato di violazione aggravata di sigilli. La Corte d’Appello dichiarava inammissibile l’impugnazione proposta dall’imputato per difetto di specificità intrinseca ed estrinseca delle ragioni. Il difensore di fiducia di quest’ultimo ha dunque proposto ricorso per cassazione. L’unico motivo di gravame deduce la violazione degli artt. 581 e 591, comma 2, c.p.p In particolare, il ricorrente lamenta l’erronea declaratoria di inammissibilità dell’appello in quanto l’atto avrebbe adeguatamente esposto i motivi dell’impugnazione, inoltre il giudice pur dichiarando inammissibile l’impugnazione avrebbe espresso un giudizio di manifesta infondatezza dell’appello, che non può consistere in una causa di inammissibilità. Il ricorrente sostiene infine che la Corte territoriale avrebbe fatto applicazione della nuova disciplina di cui alla l. n. 103/2017 c.d. riforma Orlando , entrata in vigore successivamente sia alla sentenza di primo grado che alla proposizione dell’appello. Il principio. Il Collegio sottolinea in primo luogo l’errore in cui è incorsa la Corte territoriale nel ritenere applicabile retroattivamente la riforma delle impugnazioni di cui alla l. n. 103/2017. Deve infatti applicarsi il principio già affermato dalla medesima Corte di legittimità secondo cui ai fini dell’applicabilità dell’art. 608, comma 1- bis , c.p.p. – inserito dalla c.d. riforma Orlando - deve farsi riferimento, in assenza di una disciplina transitoria, alla data di presentazione del ricorso. Applicando tale principio anche alla parte della novella del 2017 che ha interessato i presupposti per la declaratoria di inammissibilità delle impugnazioni, il Collegio cristallizza il principio di diritto secondo cui ai fini dell’applicabilità dell’art. 581, lett. d , c.p.p. – inserito dall’art. 1, comma 55, l. n. 103/2017 ed in base al quale l’impugnazione si propone con atto scritto nel quale sono indicati il provvedimento impugnato, la data del medesimo e il giudice che lo ha emesso, con l’enunciazione specifica, a pena di inammissibilità d dei motivi, con l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta” – deve farsi riferimento, in assenza di una disciplina transitoria, alla data di presentazione dell’atto di appello, che costituisce il momento in cui matura l’aspettativa dell’appellante alla valutazione di ammissibilità dell’impugnazione, sicché la nuova disciplina è inapplicabile agli appelli presentati prima della sua entrata in vigore . In conclusione, il ricorso trova accoglimento e la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata disponendo la trasmissione degli atti alla Corte d’Appello di Caltanissetta per il giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 novembre 2019 – 13 gennaio 2020, n. 843 Presidente Di Nicola – Relatore Scarcella Ritenuto in fatto 1. Con sentenza 11.12.2018, la Corte d’appello di Caltanissetta dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’O. avverso la sentenza del tribunale di Enna 16.03.2016. Giova precisare, per migliore intelligibilità dell’impugnazione, che l’allora appellante era stato condannato, in esito al rito abbreviato richiesto, alla pena di 4 mesi di reclusione ed Euro 100,00 di multa, per il reato di violazione aggravata di sigilli, con il concorso di attenuanti generiche equivalenti ala contestata aggravante. 2. Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, iscritto all’Albo speciale previsto dall’art. 613 c.p.p., articolando un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p 2.1. Deduce, con tale unico motivo, violazione di legge in relazione all’art. 581 c.p.p., art. 591 c.p.p., comma 2. In sintesi, deduce il ricorrente l’erroneità della declaratoria di inammissibilità dell’appello, in quanto nell’impugnazione sarebbero state indicate le ragioni per le quali era stato proposto appello, attraverso quattro specifici e distinti motivi, riguardanti l’affermazione di responsabilità dell’imputato, l’erronea valutazione e comparazione delle circostanze nonché l’entità della pena inflitta. Ciò sarebbe agevolmente rilevabile dalla stessa lettura dei motivi, emergendo la specifica correlazione con le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della sentenza. Peraltro, conclude il ricorrente, il giudice di appello nel dichiarare inammissibile l’impugnazione, avrebbe espresso di fatto un giudizio di manifesta infondatezza dell’appello, che non può consistere in una causa di inammissibilità dell’impugnazione. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, Dott. Orsi Luigi, con requisitoria scritta depositata presso la cancelleria di questa Corte in data 18.10.2019, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. In sintesi, osserva il PG, dopo aver descritto i fatti per cui è intervenuta condanna, che nell’atto di appello era stata chiesta l’assoluzione con formula piena perché il fatto non costituisce reato essendo il fatto riconducibile all’illecito amministrativo di cui all’art. 213 C.d.S., in subordine instando per l’assoluzione con formula dubitativa con la medesima formula terminativa o per non aver commesso il fatto. L’appellante, peraltro, si era doluto, in subordine, per il mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sull’aggravante contestata nonché, in ulteriore subordine, per l’eccessività della pena. I giudici di appello hanno dichiarato inammissibile l’appello per difetto di specificità intrinseca ed estrinseca delle ragioni, in quanto, con riferimento al primo motivo, l’appellante si sarebbe limitato a sostenere la mancanza del sigillo apposto sul ciclomotore e la mancanza di prova sul momento di rimozione del sigillo e sull’autore della violazione. Quanto al secondo motivo, per aver lamentato genericamente l’appellante l’applicazione della pena ex art. 99 c.p. e, infine, quanto al terzo ed al quarto motivo, per aver dedotto generiche censure in ordine all’entità della pena inflitta. Tanto premesso, il PG ha condiviso il giudizio di inammissibilità dell’impugnazione della Corte territoriale, richiamando giurisprudenza di questa Corte a sostegno. 4. In data 7.10.2019, infine, la difesa ha depositato presso la cancelleria di questa Corte atto contenente nuovi motivi, con cui deduce violazione di legge in relazione agli artt. 568, 581 c.p.p., art. 591 c.p.p., comma 2. In sintesi, il ricorrente sostiene che la Corte territoriale, nel dichiarare inammissibile l’appello, avrebbe fatto applicazione della nuova disciplina entrata in vigore successivamente alla sia alla sentenza di primo grado che alla proposizione dell’atto di appello. L’impugnazione, pertanto, non avrebbe potuto essere dichiarata inammissibile facendo applicazione della L. n. 103 del 2017, in quanto alla data di presentazione dell’atto di appello non era ancora entrata in vigore. Considerato in diritto 5. Il ricorso è fondato. 6. L’atto di appello è stato dichiarato inammissibile in quanto, secondo i giudici territoriali, l’appello era inammissibile per difetto di specificità intrinseca ed estrinseca delle ragioni, atteso che, con riferimento al primo motivo, l’appellante si sarebbe limitato a sostenere la mancanza del sigillo apposto sul ciclomotore e la mancanza di prova sul momento di rimozione del sigillo e sull’autore della violazione quanto al secondo motivo, per aver lamentato genericamente l’appellante l’applicazione della pena ex art. 99 c.p. laddove tale aggravante non aveva formato oggetto di contestazione e, infine, quanto al terzo ed al quarto motivo, per aver dedotto generiche censure in ordine all’entità della pena inflitta anche con riferimento al giudizio di comparazione. I giudici di appello, ritenuta ratione temporis applicabile la disciplina introdotta dalla L. n. 103 del 2017, hanno peraltro rilevato che la riforma era stata sostanzialmente anticipata dal decisum delle Sezioni Unite n. 8825/2017, che ne aveva solcato il percorso innovativo, risolvendo il contrasto sul requisito della specificità estrinseca dell’appello. Concludeva, pertanto, la Corte d’appello per l’inammissibilità in base al rilievo che la specificità dei motivi è divenuta elemento essenziale per un atto di appello che non può limitarsi alla rivalutazione di argomentazioni sulle quali il primo giudice si è già espresso, ovvero ad una mera ricostruzione dei fatti in oggetto, senza l’indicazione delle fonti di prova da cui si deduce la differente ricostruzione. 7. Deve, anzitutto, rilevarsi l’errore di diritto in cui è incorsa la Corte d’appello nel ritenere applicabile retroattivamente la riforma delle impugnazioni introdotta con la L. n. 103 del 2017. Ed invero, è pacifico che la sentenza di primo grado venne emessa in data 16.03.2016 e che l’atto di appello venne proposto dalla difesa dell’imputato in data 30.03.2016, dunque in data antecedente alla riforma Orlando , entrata in vigore in data. Trova quindi applicazione il principio, già affermato a questa Corte per le modifiche processuale attinenti ai poteri di impugnazione del PM, secondo cui ai fini dell’applicabilità dell’art. 608 c.p.p., comma 1-bis, - inserito dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 69 ed in base al quale il pubblico ministero, nel caso di c.d. doppia conforme assolutoria , può proporre ricorso per cassazione solo per i motivi di cui alle all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. a , b e c , - deve farsi riferimento, in assenza di una disciplina transitoria, alla data di presentazione del ricorso, che costituisce il momento in cui matura l’aspettativa del ricorrente alla valutazione di ammissibilità dell’impugnazione, sicché la nuova disciplina è inapplicabile ai ricorsi presentati prima della sua entrata in vigore Sez. 5, n. 4398 del 02/10/2017 - dep. 30/01/2018, Ercoli e altri, Rv. 272440 . 8. Trattasi di principio condivisibile che trova applicazione, attesa l’identità di ratio, anche per quella parte della novella del 2017 L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 55 che ha interessato la modifica della disciplina delle impugnazioni, e segnatamente, i presupposti per la declaratoria di inammissibilità di cui all’art. 581 c.p.p., lett. d , richiedendosi a pena di inammissibilità l’enunciazione specifica dei motivi, con l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta . 8.1. Deve, pertanto, affermarsi il seguente principio di diritto Ai fini dell’applicabilità dell’art. 581 c.p.p., lett. d , - inserito dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 55 ed in base al quale l’impugnazione si propone con atto scritto nel quale sono indicati il provvedimento impugnato, la data del medesimo e il giudice che lo ha emesso, con l’enunciazione specifica, a pena di inammissibilità d dei motivi, con l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta - deve farsi riferimento, in assenza di una disciplina transitoria, alla data di presentazione dell’atto di appello, che costituisce il momento in cui matura l’aspettativa dell’appellante alla valutazione di ammissibilità dell’impugnazione, sicché la nuova disciplina è inapplicabile agli appelli presentati prima della sua entrata in vigore . 9. Tanto premesso, al fine di fornire soluzione al ricorso proposto, occorre dunque muovere dall’arresto giurisprudenziale a Sezioni Unite con cui questa Corte, nel risolvere un contrasto venutosi a determinare nelle decisioni della sezioni semplici, ha affermato il principio per cui l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016 - dep. 22/02/2017, Galtelli, Rv. 268822 . Fondamentale è, al fine di chiarire l’ambito del potere cognitivo del giudice d’appello nella valutazione preliminare di ammissibilità dell’impugnazione, la precisazione per cui i motivi, per indirizzare realmente la decisione di riforma, devono contenere, seppure nelle linee essenziali, ragioni idonee a confutare e sovvertire, sul piano strutturale e logico, le valutazioni del primo giudice. Per le Sezioni Unite, dunque, solo attribuendo tali connotazioni al requisito di specificità dei motivi di appello, in definitiva, il giudice dell’impugnazione può dirsi efficacemente investito dei poteri decisori di cui all’art. 597 c.p.p., comma 2, lett. b , nonché legittimato a verificare tutte le risultanze processuali e a riconsiderare anche i punti della sentenza di primo grado che non abbiano formato oggetto di specifica critica, senza essere vincolato alle alternative decisorie prospettate nei motivi di appello. A ciò va aggiunto l’ulteriore rilievo per cui se, nel giudizio d’appello, sono certamente deducibili questioni già prospettate e disattese dal primo giudice, l’appello, in quanto soggetto alla disciplina generale delle impugnazioni, deve essere connotato da motivi caratterizzati da specificità, cioè basati su argomenti che siano strettamente collegati agli accertamenti della sentenza di primo grado. 10. Così descritto il quadro normativo e giurisprudenziale, ritiene il Collegio che il ricorso è fondato. 10.1. Ed invero, l’impugnazione proposta articolata su quattro motivi, con cui era stata richiesta, in tesi, l’assoluzione con formula piena perché il fatto non costituisce reato essendo il fatto riconducibile all’illecito amministrativo di cui all’art. 213 C.d.S., in subordine instando per l’assoluzione con formula dubitativa con la medesima formula terminativa o per non aver commesso il fatto l’appellante, peraltro, sì era doluto, in subordine, per l’insussistenza dell’aggravante della recidiva in ulteriore subordine per il mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti contestate nonché per l’eccessività della pena , è stata risolta dalla Corte territoriale senza tenere adeguatamente conto di quanto esposto nell’atto di impugnazione, in cui l’allora appellante aveva sostenuto, in particolare, la tesi della necessità di una diversa qualificazione giuridica del fatto, ritenendo ravvisabile la diversa ipotesi di cui all’art. 213 C.d.S Se, invero, può ritenersi che, nel resto, l’atto di appello potesse ritenersi generico nella parte in cui aveva sostenuto la mancanza del sigillo apposto sul ciclomotore e la mancanza di prova sul momento di rimozione del sigillo e sull’autore della violazione ancora, nella parte in cui si era lamentato genericamente dell’insussistenza dell’aggravante ex art. 99 c.p., laddove tale aggravante non aveva formato oggetto di contestazione infine, nella parte in cui aveva dedotto generiche censure in ordine all’entità della pena inflitta anche con riferimento al giudizio di comparazione , diversamente è a dirsi quanto al motivo di impugnazione sulla diversa qualificazione giuridica del fatto nell’ipotesi dell’art. 213 C.d.S., comma 4, su cui la Corte d’appello avrebbe dovuto pronunciarsi, non potendo dichiarare inammissibile l’appello soprattutto in considerazione del fatto che il primo giudice non si era occupato della questione giuridica, limitandosi a ritenere sussistente l’art. 349 c.p., senza affrontare il tema giuridico evocato invece nell’atto di appello dalla difesa dell’O. . Non è quindi condivisibile l’assunto della Corte d’appello che, pur ritenendo articolato il ricorso nella sua formulazione, lo ha qualificato come inammissibile, per non aver indicato le specifiche ragioni per le quali non poteva ritenersi condivisibile la decisione del primo giudice per la quale la condotta del reo era stata ritenuta integrante il reato ascrittogli. Ragioni, invece, con riferimento alla diversa qualificazione giuridica del fatto avrebbero imposto alla Corte territoriale di valutare la questione, non legittimando la declaratoria di inammissibilità dell’atto di impugnazione. 11. Il ricorso, pertanto, deve essere accolto, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e trasmissione degli atti alla Corte territoriale per il giudizio. P.Q.M. La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Caltanissetta per il giudizio.