Cocaina, hashish e marijuana trovate a casa dell’imputato: come qualificare la condotta?

In caso di contestuale detenzione di diverse tipologie di sostanze stupefacenti, non può essere esclusa in astratto l’ipotesi che possa scindersi la qualificazione giuridica del fatto.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 114/20 depositata il 7 gennaio. La vicenda. La Corte d’Appello di Roma confermava la pena inflitta in prime cure ad un imputato ex art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309/1990 per aver illecitamente detenuto presso la propria abitazione delle sostanze stupefacenti grammi 50 di cocaina suddivisa in 10 involucri, grammi 10 di hashish e grammi 3 di marijuana . Avverso la pronuncia il difensore ha proposto ricorso in Cassazione, dolendosi per il mancato riconoscimento dell’uso personale con riferimento alle sostanze diverse dalla cocaina rinvenute nella disponibilità dell’imputato e oggetto di sequestro. Qualificazione della condotta. Il Collegio ritiene che la sentenza impugnata abbia correttamente escluso la configurabilità di un uso personale delle sostanze in base a diversi elementi, tra cui il rilevante quantitativo della predetta sostanza, da cui potevano trarsi 213 dosi, l’elevato grado di purezza pari al 75,5% , il frazionamento dello stupefacente in singoli involucri e l’accertata presenza nell’abitazione del ricorrente di un bilancino di precisione . Allo stesso modo, viene esclusa la fondatezza della doglianza con cui si invoca la configurabilità dell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990. Tale fattispecie può infatti essere riconosciuta solo laddove sia riscontrabile una minima offensività penale della condotta v. SS.UU. n. 274076/18 . Risulta invece fondato il motivo di ricorso relativo alla fattispecie di cui al comma 4 dell’art. 73 cit Come si legge nella sentenza infatti la motivazione contenuta in sentenza sulla esclusione della possibilità che lo stupefacente caduto in sequestro fosse destinato ad un uso personale e che fosse riconducibile alla fattispecie di cui al d.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, si attaglia al quantitativo di cocaina, ma non alla droga leggera , la quale, come lamentato dalla difesa, non solo era presente nell’abitazione in un quantitativo non particolarmente rilevante, ma non era frazionata in dosi, come la cocaina . Per questi motivi, la Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente all’imputazione in continuazione relativa al d.P.R. n. 309/1990, art. 73, comma 4 ed al conseguente trattamento sanzionatorio e rinvia sul punto ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 1 ottobre 2019 – 7 gennaio 2020, n. 114 Presidente Ciampi – Relatore Bruno Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 8/1/2019, la Corte di appello di Roma ha confermato la pena inflitta a N.A. per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 4, per avere illecitamente detenuto, nella propria abitazione, grammi 50 di sostanza stupefacente del tipo cocaina suddivisa in 10 involucri, grammi 10 di hashish e grammi 3 di marijuana. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato a mezzo del difensore, che ha articolato i seguenti motivi di doglianza. I Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 533 c.p.p., comma 1, art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e, D.P.R. n. 309 del 1990, art. 75. Si duole la difesa del mancato riconoscimento dell’uso personale con riferimento alle sostanze diverse dalla cocaina rinvenute nella disponibilità del ricorrente. Si evidenzia come le argomentazioni riguardanti il valore ponderale ed il frazionamento in dosi non possano valere per l’hashish e la marijuana caduti in sequestro, che avevano un peso molto modesto e non erano confezionate in dosi. Tale elemento renderebbe evidente l’erroneità e l’illogicità del ragionamento svolto dalla Corte di merito in relazione all’affermazione di responsabilità del ricorrente per le sostanze diverse dalla cocaina. Gli argomenti e i dati offerti a sostegno della colpevolezza dell’imputato e della esclusione dell’utilizzo per uso personale dello stupefacente sarebbero insoddisfacenti anche in relazione alla detenzione della sostanza del tipo cocaina, non avendo la Corte adeguatamente valutato il comprovato stato di tossicodipendenza del N. , l’esiguità della somma rinvenuta nell’appartamento, abitato soltanto dal ricorrente, l’assenza di sostanze da taglio o di altri strumenti idonei al confezionamento in dosi, nonché l’assenza di qualsivoglia condotta di spaccio. II Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5. Con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto, la difesa sostiene che, considerate le peculiarità della condotta, non dovrebbe trovare applicazione il principio stabilito dalla recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte in ordine alla valutazione unitaria da operarsi in relazione alla fattispecie di cuì al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5. Dato il modesto valore ponderale delle sostanze diverse dalla cocaina e le modalità della condotta, sarebbe consentito porre in essere una valutazione differenziata rispetto alle varie sostanze cadute in sequestro. Illogica e inadeguata sarebbe la motivazione offerta dalla Corte territoriale con riferimento alla detenzione della sostanza stupefacente diversa dalla cocaina. Considerato il peso di tali ultime sostanze sequestrate, pur volendo escludere che esse fossero destinate esclusivamente all’uso personale, i Giudici avrebbero dovuto pervenire ad un inquadramento sub comma 5 del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, anche tenuto conto dell’accertato consumo di tali sostanze da parte del ricorrente. Considerato in diritto 1. I motivi di doglianza risultano parzialmente fondati, pertanto la sentenza impugnata dovrà essere annullata alle condizioni di seguito precisate. 2. La questione attinente all’uso personale della sostanza stupefacente del tipo cocaina caduta in sequestro è stata adeguatamente valutata dai Giudici di merito che hanno escluso tale possibilità sulla base di argomentazioni corrette sotto il profilo logico e giuridico. Il rilevante quantitativo della predetta sostanza, da cui potevano trarsi 213 dosi, l’elevato grado di purezza pari al 75,5% , il frazionamento dello stupefacente in singoli involucri e l’accertata presenza nell’abitazione del ricorrente di un bilancino di precisione, hanno indotto la Corte di merito a ritenere dimostrata la destinazione al commercio di tale sostanza ed il ragionamento sotteso all’affermazione di responsabilità sul punto non manifesta le criticità evidenziate dalla difesa nel ricorso. Parimenti infondato è il rilievo difensivo secondo il quale la Corte di merito avrebbe erroneamente mancato di inquadrare tale condotta nell’ambito della previsione di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5. Il dato quantitativo e qualitativo, il frazionamento in dosi e le modalità di detenzione, opportunamente valorizzate dai Giudici di merito, denotano, secondo quanto correttamente osservato in sentenza, che si debba escludere la lieve entità del fatto. La giustificazione fornita in sentenza risponde ai criteri di valutazione da tempo affermati in sede di legittimità, in base ai quali la fattispecie in questione può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, la quale deve essere tratta, come recentemente ribadito dalle Sezioni Unite Murolo Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Rv. 274076 - 02 , da una valutazione complessiva degli indici rivelatori normativizzati dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5. 3. È fondato tuttavia il motivo che attiene alla insufficienza della valutazione espressa dalla Corte di merito in relazione alla fattispecie di cuì al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 4. La motivazione contenuta in sentenza sulla esclusione della possibilità che lo stupefacente caduto in sequestro fosse destinato ad un uso personale e che fosse riconducibile alla fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, si attaglia al quantitativo di cocaina, ma non alla droga leggera , la quale, come lamentato dalla difesa, non solo era presente nell’abitazione in un quantitativo non particolarmente rilevante, ma non era frazionata in dosi, come la cocaina. Come si legge nella motivazione della sentenza Murolo, in precedenza richiamata, sebbene l’esito più comune, nel caso di contestuale detenzione di sostanze stupefacenti di diversa qualità, conduca in concreto ad una valutazione unitaria del fatto, non è in astratto da escludersi l’ipotesi che tale valutazione possa portare in alcuni casi a scindere la qualificazione giuridica del fatto, inducendo il Giudice a riconoscere che una delle violazioni registrate debba essere ricondotta nell’ambito del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5. Deve quindi pervenirsi all’annullamento della sentenza impugnata limitatamente all’imputazione di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 4 ed al trattamento sanzionatorio adottato relativamente a tale ipotesi, con rinvio alla Corte di appello di Roma, altra sezione, per nuovo esame sul punto. In sede di rinvio la Corte di appello valuterà gli aspetti evidenziati dalla difesa - negletti nella sentenza cassata che ha incentrato la sua motivazione su aspetti della vicenda attinenti esclusivamente alla droga pesante - illustrando le ragioni poste a fondamento dell’inquadramento da effettuarsi relativamente alla detenzione delle cosiddette droghe leggere e provvedendo eventualmente ad una rideterminazione della pena. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’imputazione in continuazione relativa al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 4 ed al conseguente trattamento sanzionatorio e rinvia sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Roma. Rigetta il ricorso nel resto.