Furto in ospedale: aggravante esclusa perché la sottrazione è avvenuta all’interno dei locali privati dell’impresa di pulizie

La qualificazione dello stabilimento pubblico è determinata esclusivamente dal fine di pubblico interesse o utilità a cui detto complesso è destinato, indipendentemente dal fatto che esso appartenga a privati o sia da essi gestito, ed è irrilevante che vi abbia o meno accesso il pubblico ovvero che non sia gestito direttamente dalla pubblica amministrazione.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con sentenza n. 51105/19 depositata il 18 dicembre. Il caso. La Corte d’Appello di Roma riformava parzialmente la sentenza con cui il Tribunale aveva affermato la responsabilità dell’imputato per il reato di furto aggravato di un telefono cellulare sottratto, mediante forzatura di un cassetto, all’interno del container adibito a uffici della ditta incaricata delle pulizie presso i locali dell’ospedale. L’imputato ricorre per cassazione lamentando violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’aggravante di cui all’art. 625, comma 7, c.p. e alla recidiva aggravata. Stabilimento pubblico. La Corte di legittimità afferma che la circostanza aggravante di cui all’art. 625, comma 7, c.p. sussiste sia nel caso in cui la cosa sottratta sia stata esposta a pubblica fede, sia nel caso in cui la sottrazione sia avvenuta in uno stabilimento pubblico. Quest’ultima fattispecie è proprio quella contestata nel caso in esame e secondo un risalente indirizzo giurisprudenziale, la qualificazione dello stabilimento pubblico è determinata esclusivamente dal fine di pubblico interesse o utilità a cui detto complesso è destinato, indipendentemente dal fatto che esso appartenga a privati o sia da essi gestito, ed è irrilevante che vi abbia o meno accesso il pubblico ovvero che non sia gestito direttamente dalla pubblica amministrazione . Pertanto, ai fini della sussistenza dell’aggravante, l’ufficio deve essere qualificato come pubblico in ragione della natura dell’attività che viene svolta e del fatto che il pubblico vi sia o meno ammesso. Infatti, ufficio pubblico è soltanto quello destinato all’estrinsecazione di una funzione di pubblico interesse o di pubblica utilità che lo Stato o altro ente pubblico persegua, in modo diretto o indiretto, indipendentemente dal fatto che esso appartenga a privati o sia da esso gestito. Nel caso di specie, la sottrazione è avvenuta all’interno di locali privati, quali quelli della ditta incaricata delle pulizie presso la struttura ospedaliera, pertanto, l’aggravante in parola è stata erroneamente ravvisata dai Giudici di merito e, dunque, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e annulla la sentenza senza rinvio limitatamente a tale profilo.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 3 ottobre – 18 dicembre 2019, n. 51105 Presidente Vessichelli – Relatore Belmonte Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Roma ha parzialmente riformato, solo correggendo l’errore commesso nella determinazione della pena, la sentenza del Tribunale di Civitavecchia, che aveva riconosciuto O.M. colpevole del reato di furto aggravato di cose sottratte, mediante forzatura di un cassetto, all’interno del container adibito a uffici della ditta incaricata delle pulizie nei locali dell’ospedale di Civitavecchia, nel cui piazzale esso era allocato, ritenendo, altresì, la recidiva di cui all’art. 99 c.p., comma 4. 2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione O. , con il ministero del difensore abilitato, il quale articola un solo motivo, deducendo violazione di legge e correlato vizio della motivazione con riferimento alla aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7 e alla recidiva aggravata. Espone che la cosa sottratta un telefono cellulare si trovava all’interno di un container di proprietà privata e, quanto alla recidiva, che la sentenza impugnata non ha adeguatamente assolto al relativo onere motivazionale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei limiti di cui si dirà. 2. La circostanza aggravante del furto delineata dall’art. 625 c.p., n. 7 sussiste sia nel caso in cui la cosa sottratta sia stata esposta alla pubblica fede per necessità o consuetudine , sia nel caso in cui la sottrazione avvenga in uno stabilimento pubblico, fattispecie, quest’ultima, contestata nel caso qui in esame, come si legge dall’imputazione. Secondo il risalente e mai smentito indirizzo Sez. 2, n. 274 del 09/02/1970 Rv. 117007 la qualificazione dello stabilimento pubblico che va inteso come qualsiasi complesso di opere e attrezzature attualmente destinato alla estrinsecazione di una funzione di pubblico interesse o di pubblica utilità che lo stato od altro ente pubblico persegue direttamente o indirettamente è determinata esclusivamente dal fine di pubblico interesse o utilità a cui detto complesso è destinato, indipendentemente dal fatto che esso appartenga a privati o sia da essi gestito, ed è irrilevante che vi abbia o meno accesso il pubblico ovvero che non sia gestito direttamente dalla pubblica amministrazione. Sez. 1, n. 74 del 20/01/1970, Rv. 114604 . Ai fini dell’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7 è, quindi, pubblico lo stabilimento o l’ufficio appartenente alla pubblica amministrazione o destinato alla realizzazione dei pubblici interessi che quest’ultima, sia pure indirettamente, persegue a mezzo di concessioni a persone o ad enti privati. Sez. 2, n. 1235 del 13/05/1968 Rv. 109378 . 2.1. In più occasioni nella giurisprudenza di legittimità si è affermato che sussiste la circostanza aggravante del fatto commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, nel caso in cui il furto sia commesso in un ospedale, inserito nel servizio nazionale e, pertanto, stabilimento pubblico così Sez. 5, n. 29023 del 20/04/2012, Rv. 253323 nonché Sez. 4, n. 17391 del 21/02/2018 Rv. 272648 con riferimento a una sottrazione avvenuta nel reparto di un ospedale pubblico . Si è altresì detto che integra il reato di furto aggravato, ai sensi dell’art. 625 c.p., comma 1, n. 7, l’impossessamento di assegni e carte di credito sottratti dai locali delle Poste italiane , attualmente costituenti S.p.A., in quanto il servizio postale ha conservato natura pubblicistica, in ragione dell’interesse squisitamente pubblico che continua a perseguire, con la conseguenza che i locali nei quali detto servizio si svolge assumono la qualifica di ufficio o stabilimento pubblico in vista della loro destinazione, concernente attività di indiscutibile interesse pubblico , Sez. 4, n. 2333 del 28/11/2017 Rv. 271756 , per i fini sociali che persegue, i quali impongono alla stessa società il raggiungimento di obiettivi che superano gli interessi di natura privatistica e guardano agli interessi generali Sez. 4, n. 39257 del 20/09/2011, Rv. 251435 . Sulla stessa scia si colloca la già citata Sez. 2, n. 1235/1968 che ha considerato sussistente l’aggravante de qua anche nell’ipotesi in cui il furto sia commesso in un ufficio dell’Istituto Nazionale di Assicurazione, essendo la natura pubblicistica di detto istituto caratterizzata dall’interesse di preminente interesse generale che a suo mezzo persegue lo Stato. 2.2. Proprio considerando che, ai fini della qualificazione di un ufficio come pubblico , rileva esclusivamente la sua destinazione allo svolgimento di una funzione di pubblico interesse o di pubblica utilità perseguita, direttamente o indirettamente, dallo Stato o da altro ente pubblico, si è escluso che un istituto bancario possa considerarsi quale stabilimento pubblico, trattandosi di un ente privato che esercita un’attività commerciale destinata alla produzione di un servizio Sez. 5, n. 13067 del 28/10/2015, Rv. 266183 . Nell’ambito di tale perimetro, dal momento che, ai fini della sussistenza della fattispecie aggravante di furto di cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, l’ufficio deve essere qualificato come pubblico in ragione della natura dell’attività che viene svolta al suo interno, e non in ragione del fatto che il pubblico vi sia o meno ammesso, ufficio pubblico è soltanto quello destinato all’estrinsecazione di una funzione di pubblico interesse o di pubblica utilità che lo Stato o altro ente pubblico persegua, in modo diretto o indiretto, indipendentemente dal fatto che esso appartenga a privati o sia da essi gestito N. 1235 del 1968 Rv. 109378, N. 74 del 1970 Rv. 114604, N. 274 del 1971 Rv. 117007 . In linea con tale approdo, si è esclusa la sussistenza dell’aggravante con riguardo al furto di un capo di vestiario perpetrato all’interno di un locale del palazzo di giustizia adibito a spogliatoio degli avvocati, escludendosi che detto locale potesse qualificarsi come pubblico perché la pubblicità che deve caratterizzare l’ufficio id est il luogo in cui si svolge una determinata attività si riferisce alla natura dell’attività che nel luogo stesso si esplica, mentre è indifferente che il pubblico vi sia o no ammesso . Sez. 4, n. 20022 del 16/04/2008, Rv. 239981 . 2.3. Alla luce di tali coordinate ermeneutiche, si rivela non adeguato al caso in scrutinio il precedente Sez. 5, n. 13099 del 04/03/2008 Rv. 239390 citato dalla sentenza impugnata, poiché in quella vicenda si trattava del furto di un telefono cellulare sottratto da una tasca del soprabito che la persona offesa, dovendo conferire con un funzionario pubblico, aveva lasciato nella sala d’attesa dell’ufficio al quale il funzionario era addetto. La sottrazione si era, dunque, consumata all’interno di un pubblico ufficio, sicché, correttamente, era stata ritenuta l’aggravante in parola, la quale ricorre non solo se le cose appartengono ai predetti uffici e stabilimenti o ai dipendenti degli stessi, ma anche se esse sono di proprietà privata di altri e si trovano per qualunque motivo in detti luoghi così Sez. 2, n. 2213 del 30/09/1983 Rv. 163088 conf. Sez. 4, n. 39096 del 23/06/2009 Rv. 245120, in un caso in cui il furto aveva avuto ad oggetto un portamonete sottratto dall’interno di una borsa che la persona offesa aveva appoggiato sul proprio tavolo di lavoro, presso gli uffici dell’agenzia del demanio nonché Sez. 5, n. 51195 del 21/11/2013, Rv. 258680, in un caso in cui il furto aveva avuto ad oggetto un portafogli lasciato incustodito da una impiegata all’interno di un ospedale . In tutti tali casi, il furto è avvenuto all’interno di un ufficio pubblico. 2.4. Nel caso in scrutinio, invece, le cose sono andate diversamente, perché la sottrazione è avvenuta all’interno di locali privati, quelli della ditta incaricata delle pulizie presso la struttura ospedaliera, e, sebbene il container fosse allocato nel piazzale dell’ospedale, deve escludersi che esso mutuasse, da una struttura del Servizio Sanitario Nazionale, la natura pubblicistica della relativa funzione, difettando tale connotazione nella attività che vi si svolgeva, in quanto non destinata all’estrinsecazione di una funzione di pubblico interesse o di pubblica utilità, e ciò indipendentemente dal fatto di appartenere a privati o che fosse da essi gestito Cass., n. 20022 del 16/4/2008 Rv. 239981, n. 1235/1968 N. 74/1970 N. 274/ 1971, tutte già citate . L’aggravante in parola è stata, pertanto, erroneamente ravvisata nella fattispecie in scrutinio dai giudici di merito. 3. È infondato, invece, il motivo di ricorso nella parte in cui attinge la motivazione della sentenza impugnata con riferimento al riconoscimento della recidiva, poiché, contrariamente a quanto dedotto, la Corte territoriale l’ha valutata, replicando al motivo di appello, considerando i numerosi e specifici precedenti penali, rilevando che ben cinque condanne erano state riportate nel quinquennio antecedente al dies commissi delicti - elementi da cui ha tratto il convincimento che il furto in questione aveva costituito manifestazione della notevole capacità a delinquere del ricorrente - così condividendo il riconoscimento della aggravante in parola, già operato dal primo giudice. Ne viene, peraltro, un ampliamento dei termini di prescrizione, dovendosi tenere tenuto conto – rispetto alla pena di anni dieci prevista per la presenza della aggravante della violenza sulle cose, ai sensi dell’art. 625 c.p. - dell’ulteriore aumento di un terzo, ai sensi dell’art. 63 c.p., comma 4, per la presenza della seconda aggravante a effetto speciale, costituita dalla recidiva di cui all’art. 99 c.p., comma 4. 4. All’esito del presente vaglio di legittimità, la sentenza impugnata va, dunque, annullata senza rinvio, solo con riferimento alla aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7, che deve essere esclusa. Per la rideterminazione della pena, in conseguenza della eliminazione della aggravante suddetta - attività discrezionale sottratta al vaglio della Corte di Cassazione - deve disporsi il rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Nel resto il ricorso è infondato e va rigettato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla circostanza aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7, circostanza che esclude, e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Roma per la rideterminazione della pena. Rigetta nel resto il ricorso.