Tifoso con vari DASPO e sotto sorveglianza speciale, dovrà osservare anche l’obbligo di presentazione in Commissariato

In virtù dell’art. 2, comma 3, d.l. n. 122/1993, conv. in l. n. 205/1993, la prescrizione dell’obbligo di presentazione all’autorità di pubblica sicurezza può sommarsi al divieto di accesso allo stadio.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 50784/19, depositata il 16 dicembre. Il caso. Il GIP di Torino convalidava il provvedimento con cui il Questore aveva disposto in capo ad un tifoso l’obbligo di presentazione all’autorità di pubblica sicurezza presso il Commissariato dieci minuti prima dell’inizio di ogni partita di calcio della Juventus per la durata di 6 anni. Tale provvedimento è stato impugnato con ricorso per cassazione. DASPO e obbligo di presentazione. La Suprema Corte ricostruisce il contesto normativo applicabile nella vicenda in esame a partire dall’art. 2, comma 3, d.l. n. 122/1993, conv. in l. n. 205/1993 secondo il quale nel caso di persone denunciate o condannate per uno dei reati previsti dall’art. 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, per uno dei reati previsti dalla legge 9 ottobre 1967, n. 962, o per un reato aggravato ai sensi dell’art. 3 del presente decreto, nonché di persone sottoposte a misure di prevenzione perché ritenute dedite alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo la sicurezza o la tranquillità pubblica, ovvero per i motivi di cui all’art. 18, comma 1, n. 2- bis , legge 22 maggio 1975, n. 152, si applica la disposizione di cui all’art. 6 della legge 13 dicembre 1989 n. 401, e il divieto di accesso conserva efficacia per un periodo di 5 anni, salvo che venga emesso provvedimento di archiviazione, sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento o provvedimento di revoca della misura di prevenzione, ovvero se è concessa la riabilitazione ai sensi dell’art. 178 c.p.p. o dell’art. 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327 . Posto che l’art. 6 l. n. 401/1989 contempla, nella sua interezza, anche il divieto di accesso, la prescrizione dell’obbligo di presentazione all’autorità di pubblica sicurezza ben può sommarsi al divieto di accesso allo stadio. In conclusione, il GIP ha correttamente convalidato la misura dell’obbligo di presentazione all’autorità di pubblica sicurezza sulla base della misura di prevenzione della sorveglianza speciale ancora attiva in capo al ricorrente al momento della decisione e avuto riguardo ai precedenti provvedimenti di DASPO che avevano attinto il soggetto. Il ricorso viene quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 giugno – 16 dicembre 2019, n. 50784 Presidente Aceto – Relatore Macrì Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 9.2.2019 il Giudice per le indagini preliminari di Torino ha convalidato il provvedimento del Questore di Torino in data 30.1.2019 limitatamente all’obbligo di presentazione all’autorità di pubblica sicurezza, prescrivendo che M.G. si presentasse per 6 anni presso il Commissariato PS Barriera Nizza dieci minuti prima dell’inizio di ogni partita di calcio disputata dalla Juventus. 2. Il ricorrente censura il provvedimento sulla base di un unico motivo, per violazione di legge, di norme processuali e di vizio di motivazione. Espone che era stata convalidata la prescrizione di presentazione presso il commissariato, ai sensi della L. n. 401 del 1989, art. 6, comma 2, sebbene tale prescrizione non fosse contemplata dal D.L. n. 122 del 1993, art. 2, comma 3. Ed invero gli era stato applicato il divieto di accesso, non ai sensi della L. n. 411 del 1989, art. 6, comma 1, che richiedeva una denuncia o una condanna negli ultimi cinque anni, bensì sulla base di una pregressa misura di prevenzione ai sensi del D.L. n. 122 del 1993, art. 2, comma 3, conv. dalla L. n. 205 del 1993. Precisa che tale comma faceva riferimento all’applicazione dell’art. 6, con l’esplicita previsione che i divieto di accesso conservava efficacia per un periodo di cinque anni, senza nulla prevedere in ordine alla prescrizione della comparizione personale. Ricorda che il Giudice per le indagini preliminari aveva convalidato la prescrizione dell’art. 6, comma 2, asserendo che la stessa fosse obbligatoria ai sensi dell’art. 6, comma 5, terzo periodo, poiché già destinatario di DASPO con prescrizione di cui al provvedimento del Questore di Alessandria del 26.7.2006. Afferma che l’applicazione integrale dell’art. 6, comprensivo anche del comma 2 relativo alle prescrizioni, non era invece contemplata dal D.L. n. 122 del 1993, art. 2, comma 3, perché lo stesso comma richiamava esclusivamente la disposizione del divieto di accesso della L. n. 401 del 1989, art. 6, comma 1, prevedendone l’efficacia per un periodo di cinque anni e non anche quella della prescrizione del comma 2 di presentazione all’autorità di pubblica sicurezza. Aggiunge che le prescrizioni delle misure di prevenzione erano incompatibili con quella della presentazione all’autorità di pubblica sicurezza, perché le partite della Juventus, comprese le amichevoli estive che si disputavano in paesi con diversa longitudine dalla nostra, potevano disputarsi anche in orario italiano notturno con conseguente inesigibilità della condotta. Ricorda che si era trovato nella singolare posizione di essere stato attinto dalla misura di prevenzione perché colpito da DASPO e poi attinto da un successivo DASPO con prescrizione, per essere stato colpito da misura di prevenzione. Si era quindi innescato un corto circuito massimamente punitivo. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. Il D.L. 26 aprile 1993, n. 122, art. 2, comma 3, conv. con modificazioni dalla L. 25 giugno 1993, n. 205 stabilisce che nel caso di persone denunciate o condannate per uno dei reati previsti dalla L. 13 ottobre 1975, n. 654, art. 3, per uno dei reati previsti dalla L. 9 ottobre 1967, n. 962, o per un reato aggravato ai sensi dell’art. 3 del presente decreto, nonché di persone sottoposte a misure di prevenzione perché ritenute dedite alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo la sicurezza o la tranquillità pubblica, ovvero peri motivi di cui alla L. 22 maggio 1975, n. 152, art. 18, comma 1, n. 2-bis , si applica la disposizione di cui alla L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 6, e il divieto di accesso conserva efficacia per un periodo di cinque anni, salvo che venga emesso provvedimento di archiviazione, sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento o provvedimento di revoca della misura di prevenzione, ovvero se è concessa la riabilitazione ai sensi dell’art. 178 c.p. o della L. 3 agosto 1988, n. 327, art. 15 . Osserva il Collegio che la norma richiama la L. n. 401 del 1989, art. 6 nella sua interezza, senza distinguere tra i vari commi, e contempla anche il divieto di accesso. Nulla osta pertanto a che l’ulteriore prescrizione dell’obbligo di presentazione all’autorità di pubblica sicurezza si aggiunga al divieto di accesso allo stadio. L’estensione dell’applicazione del daspo alle categorie di soggetti specificamente individuati nel citato art. 2, comma 3, prescinde dal compimento di atti per ragioni o occasioni di manifestazioni sportive o in prossimità degli impianti sportivi. Il legislatore ha inteso infatti semplicemente individuare un nucleo di illeciti che denotano una specifica pericolosità in relazione alla sicurezza pubblica, realizzando così una tutela anticipata nei confronti di soggetti che manifestano una più evidente inclinazione a sfogare i propri impulsi antisociali in un contesto collettivo favorevole qual è quello che ruota intorno alle manifestazioni sportive Cass., Sez. 3, n. 17231 del 03/11/2016, dep. 2017, Barbarini, non massimata, dove il destinatario della misura aveva compiuto condotte informate all’odio ed alla discriminazione razziale, conforme al precedente della stessa Sezione n. 12351 del 02/10/2013, dep. 2014, Antonello, Rv. 259146, in un caso analogo . Nella specie la Corte d’appello di Torino, con decreto in data 19.1.2018, diventato irrevocabile a seguito di sentenza della Corte di cassazione, Sez. 6, n. 41603 del 27/06/2018, aveva confermato il decreto del Tribunale di Torino che in data 7.11.2017 aveva applicato al M. la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per anni 3, poiché era stato ritenuto socialmente pericoloso ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 4, lett. i , in quanto soggetto dedito alla commissione di reati che avevano messo in pericolo l’ordine e la sicurezza pubblica ovvero l’incolumità delle persone in occasione o a causa dello svolgimento di manifestazione sportive. In particolare, erano stato attinto da quattro daspo, quello di tre anni del Questore di Alessandria in data 26.7.2006, quello di un anno del Questore di Torino in data 16.9.2006, quello di un anno del Questore di Torino in data 21.3.2012, quello di cinque anni del Questore di Bergamo in data 12.11.2013, ed era stato accertato che, durante la vigenza di questi provvedimenti, aveva incontrato altri pregiudicati e destinatari di daspo e che era stato, in epoca di poco precedente all’applicazione dell’ultimo daspo, interlocutore privilegiato di esponenti della ‘ndrangheta, al fine di concordare l’ingresso di un nuovo gruppo di tifosi nello stadio, situazione questa che aveva reso manifesto il controllo del tifo da parte della criminalità organizzata ed aveva riscontrato il suo ruolo decisivo nell’organizzazione degli assetti all’interno della tifoseria. Pertanto, correttamente il Giudice per le indagini preliminari ha convalidato la misura dell’obbligo di presentazione all’autorità di pubblica sicurezza, sulla base della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, ancora attiva al momento della decisione, ed avuto riguardo a tutti i precedenti daspo. Non si è innescato alcun corto circuito massimamente punitivo, a differenza di quanto dedotto dalla difesa, perché il ricorrente, già destinatario di quattro daspo, è stato risottoposto nuovamente a daspo, in virtù dell’automatica l’applicazione della L. n. 401 del 1989, art. 6 nel caso dell’applicazione della misura della sorveglianza speciale ai sensi del D.L. 26 aprile 1993, n. 122, art. 2, comma 3, conv. con modificazioni dalla L. 25 giugno 1993, n. 205. Va rilevato che la prescrizione della comparizione presso il Commissariato è già stata modulata dal Giudice tenendo presente la concomitante misura di sicurezza in corso di esecuzione, mentre la doglianza del ricorrente sull’inesigibilità della condotta è stata dedotta in maniera generica e comunque non appare incompatibile con diverse e superiori esigenze di vita. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.