È abnorme l'ordinanza di rigetto della richiesta di incidente probatorio nei reati sessuali ai danni di un minorenne

E' affetta da abnormità l'ordinanza con cui il GIP rigetta la richiesta di incidente probatorio avanzata in un procedimento penale per atti sessuali con minorenne e, come tale, detto provvedimento è ricorribile per cassazione.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, con la sentenza n. 47572/19, depositata il 22 novembre. No all'incidente probatorio se il minore non è stato sentito a S.I.T Questa la ragione fondante il provvedimento di rigetto avverso il quale un ufficio di Procura ha dovuto presentare ricorso per cassazione, denunciandone l'illegittimità e l'abnormità. Il GIP, vistosi pervenire la richiesta di incidente probatorio nell'ambito di una brutta indagine a carico di un'insegnante accusata di atti sessuali con minorenne, ne decretava il rigetto sostenendo l'infondatezza della notizia di reato e, comunque, la necessità di una previa escussione a sommarie informazioni testimoniali della vittima minorenne. Nonostante la inoppugnabilità della decisione con cui il giudice decide delle sorti della richiesta di incidente probatorio – il codice nulla dice in proposito, ergo non sono previsti mezzi di impugnazione esperibili – il P.M. ha ritenuto di proporre ricorso per cassazione sostenendo la tesi dell'abnormità del provvedimento impugnato. Un assetto normativo finalizzato ad impedire la vittimizzazione secondaria”. La disciplina dell'incidente probatorio è stata più volte rimodellata fino a raggiungere la dimensione odierna allo scopo di adeguare il nostro sistema processuale all'attenzione – nazionale e sovranazionale – per la tutela della vittima da reato. La cosiddetta vittimizzazione secondaria deriva proprio dal dover rivivere, in uno schema processuale imperniato sull'oralità del dibattimento, le vicende dolorose oggetto del procedimento rispondendo alle domande prima in sede di indagini preliminari e, successivamente, dinanzi al giudice. Ecco, allora, che l'anticipazione dell'assunzione della testimonianza della vittima di alcuni gravi reati principalmente quelli a sfondo sessuale con lo strumento dell'incidente probatorio ben si presta sia a ridurre il numero delle volte in cui il vissuto drammatico andrà ripetuto, sia a garantire al tempo stesso l'accertamento dei fatti con le regole del contraddittorio. Tanto la persona offesa quanto l'indagato, quindi, potranno sentirsi pienamente tutelati dal proprio opposto punto di vista poiché la loro difesa sarà assicurata dall'impiego del più efficace degli schemi operativi la cross examination . Gli obblighi comunitari e sovranazionali in genere ci impongono questa direzione. Prima di accogliere la tesi della Procura ricorrente, affermando l'abnormità del provvedimento di rigetto della richiesta di incidente probatorio, gli Ermellini effettuano una rassegna rapida ma esaustiva di tutte le fonti normative convenzionali che hanno imposto all'ordinamento italiano di conformarsi al principio della tutela della persona offesa dal fenomeno della vittimizzazione secondaria direttive comunitarie, convenzioni quali quelle di Lanzarote e di Istanbul hanno nel tempo affermato questi principi. La risultante degli effetti di questi testi normativi è stata quella di prevedere l'assenza di ogni discrezionalità in capo al GIP nella decisione di ammissione o rigetto della richiesta di incidente probatorio nei casi tassativamente elencati dal codice fra i quali figura, ovviamente, quello degli atti sessuali con minorenne . Dopo il controllo sulla legittimazione alla formulazione della richiesta di incidente probatorio, invero, non vi è spazio alcuno per decidere se ammetterlo o rigettarlo andrà quindi disposto senza necessità di ulteriori accertamenti. Cambia l'orientamento sì al ricorso per cassazione nel caso di abnormità. Sul fronte dei rimedi, invece, registriamo con favore una novità eravamo abituati ad un assetto giurisprudenziale che non ammetteva la strada del ricorso per cassazione nemmeno nei casi di diniego dell'incidente probatorio al di fuori delle ipotesi classiche” di urgenza probatoria. Oggi, invece, la Suprema Corte rimedita il proprio orientamento e consente la strada del vaglio di legittimità sul rilievo secondo cui il provvedimento di rigetto della richiesta di incidente probatorio per quelle ipotesi in cui esso è funzionale a scongiurare la vittimizzazione secondaria rappresenta un caso di abnormità strutturale. Apprezzabile il progresso che registriamo, anche ad opera del giudice di legittimità, sull'innalzamento delle soglie di tutela delle vittime dei reati sessuali queste resterebbero di fatto sguarnite senza il rimedio che, invece, oggi, grazia a questa decisione, entra a far parte del diritto vivente.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 ottobre – 22 novembre 2019, n. 47572 Presidente Rosi – Relatore Reynaud Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 5 luglio 2019, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Tivoli ha rigettato la richiesta di incidente probatorio avanzata dal pubblico ministero per assumere la testimonianza di M.D. n. il omissis , persona offesa minorenne descritta come affetta da disturbo delle emozioni e del comportamento , in procedimento per il reato continuato di cui all’art. 609 quater c.p., comma 2, ipotizzato, per abuso dei poteri connessi alla qualità, nei confronti della sua insegnante di sostegno. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica, deducendo, in via principale, l’abnormità del provvedimento e, in via subordinata, la sua illegittimità, con richiesta di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 392 c.p.p., comma 1-bis e art. 398 c.p.p. nella parte in cui non prevedono la ricorribilità per cassazione - quantomeno per violazione di legge - nel caso in cui il giudice rigetti la richiesta di incidente probatorio avanzata ai sensi dell’art. 392 c.p.p., comma 1-bis, per contrasto con l’art. 117 Cost., comma 1, in relazione all’obbligo internazionale assunto dall’Italia di evitare la vittimizzazione secondaria della persona offesa minorenne ovvero maggiorenne dei reati in essa richiamati. Detto obbligo - rileva il ricorrente - sarebbe desumibile dagli artt. 3 e 4 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo ratificata con L. 27 maggio 1991, n. 176 , dagli artt. 13, 14 e 31 della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione dei minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007 ratificata con L. n. 172 del 2012 dagli artt. 12, 18, 20 e 22 della Direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012. Proprio in forza dei menzionati obblighi assunti dall’Italia - osserva il ricorrente - l’art. 392 c.p.p., comma 1-bis, prevede, per quanto qui interessa, che nei procedimenti per il reato di cui all’art. 609 quater c.p. si proceda con incidente probatorio, anche al di fuori delle ipotesi di cui al comma 1 di tale disposizione, all’assunzione della testimonianza della persona offesa minorenne, essendone presunta la vulnerabilità. In tal caso, a fronte della richiesta ritualmente avanzata dal pubblico ministero, sarebbe obbligatorio per il g.i.p. disporre l’incidente probatorio. Nella vicenda di specie - rileva il ricorrente - a fronte di un’istanza con cui, tra l’altro, si richiedeva che l’assunzione della testimonianza avvenisse con le modalità protette, trattandosi di minore affetto da deficit psicologico, l’ordinanza di rigetto, da un lato, esclude il fumus del reato ipotizzato omettendo di valutare con completezza gli atti di indagine e, in particolare, il riscontro oggettivo esterno alle dichiarazioni de relato della madre e di alcune compagne di scuola, rappresentato da una chat intercorsa tra il minore e l’indagata e, d’altro lato, erroneamente reputa pregiudiziale all’espletamento dell’incidente probatorio l’assunzione a s.i.t. del minore. Secondo il ricorrente, che cita un recente precedente reso da questa Corte con riguardo ad un analogo caso trattato dallo stesso ufficio g.i.p., il provvedimento impugnato - confermato senza ulteriore motivazione nonostante la successiva argomentata richiesta di revoca avanzata dal pubblico ministero in data 8 luglio 2019 - si pone al di fuori degli ordinari schemi processuali, è illegittimo per violazione dell’art. 392 c.p.p., comma 1-bis, e comporta una sostanziale stasi del procedimento, atteso che la sua prosecuzione in assenza di incidente probatorio farebbe sorgere la responsabilità del pubblico ministero e dello Stato nel verificarsi della vittimizzazione secondaria, in violazione degli obblighi internazionali più sopra richiamati. Di qui la sua abnormità, da considerarsi anche alla luce di un’interpretazione convenzionalmente e costituzionalmente orientata o, in via subordinata, la sua illegittimità, da dichiararsi previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale di cui sopra. 3. Con requisitoria scritta del 26 agosto 2019, il procuratore generale ha richiesto l’accoglimento del ricorso con riferimento alla principale doglianza circa l’abnormità del provvedimento impugnato. 4. Con memoria contenente motivi aggiunti depositata il 24 settembre 2019, il pubblico ministero ricorrente segnala che con istanza avanzata il 29 luglio 2019 si era rinnovata la richiesta di procedere ad incidente probatorio all’audizione del minore M.D. , richiamandosi le argomentazioni svolte da questa Corte nella sentenza Sez. 3, n. 34091 del 16/05/2019, che aveva annullato senza rinvio, per abnormità, il provvedimento con cui il g.i.p. del Tribunale di Tivoli, in caso analogo, aveva rigettato la richiesta di incidente probatorio avanzata per assumere la testimonianza della persona offesa, minorenne all’epoca dei fatti, del reato di violenza sessuale. Con successiva ordinanza del 5 settembre 2019, il g.i.p. aveva tuttavia nuovamente rigettato la richiesta. Il ricorrente - allegando la propria intenzione di proporre ricorso per cassazione anche avverso tale ultimo provvedimento - svolge nella memoria motivi aggiunti richiamando le argomentazioni spese nella citata sentenza di questa Corte e segnalando come le stesse si attaglino anche a sostegno della dedotta abnormità del provvedimento qui impugnato, essendo illegittima l’interpretazione addotta dal giudice circa la pretesa necessità della previa audizione a s.i.t. della persona offesa, quale presupposto dell’incidente probatorio volto all’assunzione della relativa prova testimoniale. 5. Con successiva memoria del 1 ottobre 2019, il procuratore generale ha richiamato le proprie precedenti conclusioni, ritenendo dirimenti le considerazioni svolte nella recente sentenza citata dal ricorrente nei motivi aggiunti. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato, condividendo il Collegio le argomentazioni svolte nella recente decisione assunta da questa sezione con sent. n. 34091 del 16/05/2019, richiamata dal ricorrente e dal Procuratore generale, quali di seguito riprodotte con ulteriori precisazioni necessarie alla luce delle specificità del caso oggi sub iudice. L’art. 392 c.p.p., comma 1-bis, - disposizione introdotta nel codice di rito dalla L. 15 febbraio 1996, n. 66 recante Norme contro la violenza sessuale , da ultimo sostituito dalla L. 1 ottobre 2012, n. 172 rubricata Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno - prevede che nei procedimenti relativi a taluni gravi reati, tra cui il delitto di atti sessuali con minorenne di cui all’art. 609 quater c.p., il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi del comma 1 . La disposizione - in questa parte integrata dal D.Lgs. 15 dicembre 2015, n. 212 recante Attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI - aggiunge che si procede allo stesso modo, in ogni caso , vale a dire, indipendentemente dal reato oggetto di indagine, all’assunzione della testimonianza della persona offesa che versa in condizione di particolare vulnerabilità . 1.1. La genesi della disposizione ed il progressivo ampliamento del suo campo di applicazione in ottemperanza ad obblighi pattizi assunti dallo Stato in convenzioni internazionali, ovvero discendenti dalla necessità di conformarsi all’ordinamento Eurounitario, mostrano con evidenza come la ratio della previsione - che resta comunque ancorata anche ad esigenze investigative ed all’opportunità, in reati in cui la prova a carico è spesso principalmente fondata sulle dichiarazioni della persona offesa, di assumerne quanto prima la testimonianza nel contraddittorio delle parti, al fine di garantirne la genuinità rispetto a possibili fattori di condizionamento esterni, oltre che al semplice passare del tempo - abbia indubbiamente assunto una marcata impronta di protezione della vittima di reati di violenza domestica, di condotte persecutorie, di gravi forme di aggressione della personalità e libertà che coinvolgono la sfera sessuale. La vulnerabilità che di regola connota la persona offesa di tali reati spesso, ma non sempre, minorenni - e, in ogni caso, la consapevolezza della sofferenza psicologica connessa alla reiterazione delle audizioni volte alla ricostruzione di fatti gravi subiti anche da altri, nel caso di testimoni minorenni che non siano persone offese , propria di un sistema processuale fondato sulla rigida distinzione tra la fase delle indagini e quella del giudizio, hanno indotto il legislatore, nelle situazioni descritte dall’art. 392 c.p., comma 1-bis, a derogare al principio secondo cui la prova si forma in dibattimento, nel contraddittorio delle parti ed avanti al giudice chiamato ad assumere la decisione. Nella versione vigente, cioè, la disposizione, da leggersi in combinato disposto con l’art. 190-bis c.p.p., comma 1-bis, mira soprattutto ad evitare il c.d. fenomeno della vittimizzazione secondaria , vale a dire - per usare le parole che si leggono in una recente sentenza della Corte costituzionale - quel processo che porta il testimone persona offesa a rivivere i sentimenti di paura, di ansia e di dolore provati al momento della commissione del fatto Corte Cost., sent. 21/02-27/04/2018, n. 92 . 1.2. L’importanza della tutela delle persone offese, in particolare dei reati suscettibili di arrecare conseguenze gravissime sul piano psicologico come la violenza sessuale ed il delitto di atti sessuali con minorenne, è da tempo avvertita e le riflessioni condotte in base ad un attento esame della realtà e con il supporto delle acquisizioni scientifiche hanno indotto le organizzazioni internazionali e gli Stati a promuoverne ed implementarne i livelli di generale protezione anche all’interno del processo penale con l’adozione di atti normativi vincolanti per i paesi membri e con la stipula di apposite convenzioni internazionali. Come si legge in una recente decisione della Sezioni unite di questa Corte, l’interesse per la tutela della vittima costituisce da epoca risalente tratto caratteristico dell’attività delle organizzazioni sovranazionali sia a carattere universale, come l’ONU, sia a carattere regionale, come il Consiglio d’Europa e l’Unione Europea, e gli strumenti in tali sedi elaborati svolgono un importante ruolo di sollecitazione e cogenza nei confronti dei legislatori nazionali tenuti a darvi attuazione. I testi normativi prodotti dall’Unione Europea in materia di tutela della vittima possono essere suddivisi in due categorie da un lato quelli che si occupano della protezione della vittima in via generale e dall’altro lato quelli che riguardano la tutela delle vittime di specifici reati particolarmente lesivi dell’integrità fisica e morale delle persone e che colpiscono di frequente vittime vulnerabili. Tra i primi assume un posto di assoluta rilevanza la Direttiva 2012/29 UE in materia di diritti, assistenza e protezione della vittima di reato, che ha sostituito la decisione-quadro 2001/220 GAI, costituente uno strumento di unificazione legislativa valido per tutte le vittime di reato, dotato dell’efficacia vincolante tipica di questo strumento normativo. Ad essa è stata data recente attuazione nell’ordinamento interno con il D.Lgs. 15 dicembre 2015, n. 212. Tra i testi incentrati su specifiche forme di criminalità e correlativamente su particolari tipologie di vittime, assumono particolare rilievo la Convenzione di Lanzarote del Consiglio d’Europa del 25 ottobre 2007, sulla protezione dei minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali, e la Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa dell’11 maggio 2011 sulla prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, entrambe incentrate sulla esigenza di garantire partecipazione, assistenza, informazione e protezione a particolari categorie di vittime. Come è stato osservato, la Direttiva 2012/29/UE, con il suo pendant di provvedimenti-satellite le Direttive sulla tratta di esseri umani, sulla violenza sessuale, sull’ordine di protezione penale, tra le altre e di accordi internazionali le Convenzioni di Lanzarote e Istanbul, in particolare , rappresenta un vero e proprio snodo per le politiche criminali, di matrice sostanziale e processuale, dei legislatori Europei Cass., Sez U, n. 10959 del 29/01/2016, C., Rv. 265893, in motivazione . 1.3. In tutti gli atti normativi internazionali evocati dalla decisione appena citata si afferma la necessità della tutela della persona offesa di reati di aggressione sessuale dalla vittimizzazione secondaria. Solo per citare le più rilevanti disposizioni in materia, con particolare riguardo a quelle attuate con il disposto di cui all’art. 392 c.p.p., comma 1-bis, si consideri l’art. 18 Direttiva 2012/29/UE fatti salvi i diritti della difesa, gli Stati membri assicurano che sussistano misure per proteggere la vittima e i suoi familiari da vittimizzazione secondaria e ripetuta l’art. 20 della stessa Direttiva prevede che fatti salvi i diritti della difesa e nel rispetto della discrezionalità giudiziale, gli Stati membri provvedono a che durante le indagini penali a l’audizione della vittima si svolga senza indebito ritardo dopo la presentazione della denuncia relativa a un reato presso l’autorità competente b il numero delle audizioni della vittima sia limitato al minimo e le audizioni abbiano luogo solo se strettamente necessarie ai fini dell’indagine penale sempre al fine di evitare la reiterazione delle audizioni, l’art. 24 della Direttiva aggiunge che se la vittima è un minore, gli Stati membri provvedono affinché nell’ambito delle indagini penali tutte le audizioni del minore vittima di reato possano essere oggetto di registrazione audiovisiva e tali registrazioni possano essere utilizzate come prova nei procedimenti penali sulla stessa linea, l’art. 35 della Convenzione di Lanzarote stabilisce, con riguardo alle audizioni processuali del minore vittima di sfruttamento o abusi sessuali, che ciascuna delle Parti adotta le misure legislative o di altra natura necessarie affinché il numero di audizioni sia limitato al minimo e allo stretto necessario per lo svolgimento del procedimento penale comma 1, lett. e e le audizioni della vittima o, ove necessario, di un minore testimone dei fatti, possano essere oggetto di una registrazione audiovisiva, e che tale registrazione possa essere ammessa quale mezzo di prova nel procedimento penale, conformemente alle norme previste dal proprio diritto interno comma 2 - l’art. 18 della Convenzione di Istanbul, tra gli obblighi generali a carico degli Stati pone quello di adottare le necessarie misure legislative o di altro tipo per proteggere tutte le vittime da nuovi atti di violenza comma 1 , al fine di proteggere e sostenere le vittime e i testimoni di ogni forma di violenza rientrante nel campo di applicazione della presente Convenzione comma 2 , accertandosi che le misure adottate mirino ad evitare la vittimizzazione secondaria comma 3 v. anche art. 56, comma 1, lett. a . 2. Ciò premesso, reputa il Collegio che l’art. 392 c.p.p., comma 1-bis, nel prevedere - per quanto qui interessa - che le parti possano chiedere al g.i.p. di procedere con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza della persona offesa, minorenne o maggiorenne, del reato di cui all’art. 609 quater c.p. anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1 vale a dire quelle in cui l’immediata assunzione della prova tradizionalmente si giustifica, salvi gli ampliamenti dovuti a successive integrazioni della norma sorrette da altre ragioni, per mere ragioni di urgenza modellate sul paradigma della testimonianza a futura memoria , escluda qualsiasi potere discrezionale da parte del giudice circa l’opportunità di accogliere la richiesta. Le uniche valutazioni consentite oltre a quella di cui più oltre si dirà e che discende dai principi generali in tema di ammissione della prova attengono alla sussistenza dei requisiti indicati dalla disposizione, vale a dire che l’istanza provenga da soggetto processuale legittimato il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, ovvero la persona sottoposta alle indagini il procedimento penda nella fase delle indagini preliminari ovvero in udienza preliminare cfr. Corte Cost., sent. 10 marzo 1994, n. 77 si stia procedendo per il reato di cui all’art. 609 quater c.p. o per altro dei reati indicati dalla norma, ovvero quando la persona offesa di altro reato versi in condizioni di particolare vulnerabilità la testimonianza di cui si richiede l’assunzione riguardi un minore di età anche se non trattisi di persona offesa ovvero la persona offesa maggiorenne. La conclusione si trae, innanzitutto, dal fatto che la disposizione non prevede alcun ulteriore - differente - criterio di valutazione da parte del giudice, non potendosi giungere ad altra interpretazione sulla base dei principi generali. In particolare, una volta che, nei casi considerati, il legislatore ha inteso evitare i fenomeni di vittimizzazione secondaria ritenendo detto interesse prevalente sul principio generale secondo cui la prova si forma in dibattimento, non sarebbe ragionevole invocare quest’ultimo valore, di carattere squisitamente processuale, per sacrificare il primo, di carattere sostanziale e giudicato ex lege preminente. In secondo luogo, la necessità di non conculcare la tutela dei diritti delle vittime che la disposizione all’evidenza fonda trova conforto proprio nel fatto che essa attua vincoli che lo Stato italiano è tenuto ad adempiere per la sua appartenenza all’Unione Europea o per aver altrimenti stipulato convenzioni internazionali e la cui mancata osservanza può in quelle sedi originare responsabilità. L’evidente rilevanza degli interessi in gioco, peraltro, non depone - in assenza di diversi indicatori normativi - per una lettura restrittiva della disposizione, poiché, nei casi delineati, il legislatore ha modificato lo statuto della prova dichiarativa prevedendo quale ipotesi ordinaria la raccolta anticipata della testimonianza attraverso lo strumento dell’incidente probatorio. Piuttosto, residuali - e marginali - ambiti di discrezionalità valutativa potrebbero configurarsi, in quest’ottica, laddove l’immediata assunzione della prova contrasti con altri interessi ritenuti meritevoli di protezione dalle stesse fonti internazionali e a cui, in concreto, sia da assicurarsi la preminenza, ovvero con la stessa esigenza di ridurre al minimo il rischio di vittimizzazione secondaria. In quest’ultima prospettiva, potrebbe ad es. pensarsi alla richiesta di assunzione della prova del minore vittima di violenza sessuale che provenga dalla difesa dell’indagato ed a cui il pubblico ministero opponga un’eccezione d’irrilevanza per essere il fatto graniticamente provato sulla base di altre fonti di prova. Le considerazioni che precedono non possono essere inficiate dalla formalistica interpretazione letterale che dell’art. 392 c.p.p. potrebbe farsi sul rilievo per cui la disposizione non prevede espressamente un obbligo del giudice di disporre l’incidente probatorio nei casi ivi disciplinati, ma una semplice facoltà di richiesta da parte dei soggetti processuali indicati, laddove l’art. 398 c.p.p., comma 1, si limita a stabilire che il giudice pronuncia ordinanza con la quale accoglie, dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di incidente probatorio . La formulazione letterale della prima norma, di fatti, si spiega perché essa disciplina una particolare ipotesi di richiesta di ammissione di prove e, dunque, si conforma al lessico di regola seguito da consimili disposizioni, le quali evidenziano il diritto potestativo delle parti processuali cfr. artt. 190 e 190 bis c.p.p., art. 438 c.p.p., comma 5 e artt. 493 e 603 c.p.p. e, se del caso, delineano espressamente i poteri di valutazione attribuiti al giudice. Ove nulla sia specificamente previsto - come accade nel caso dell’art. 392 c.p.p., comma 1 bis e dell’art. 398 c.p.p., comma 1, - vale il principio generale, sul quale è fondato l’ordinamento processuale, giusta il quale, a fronte del diritto alla prova a richiesta di parte, fatta salva l’assenza delle condizioni previste dalla disciplina che consente il ricorso allo strumento anticipato di assunzione, si prevede l’obbligo di ammissione da parte del giudice, cui compete soltanto la possibilità di escludere le prove vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti art. 190 c.p.p., comma 1 . Questa valutazione è certamente consentita anche nei casi previsti dall’art. 392 c.p.p., ma è d’immediata evidenza che essa, in concreto, ha un pressoché nullo campo di applicazione laddove sia richiesta l’assunzione della testimonianza di chi sia stato vittima di reati sessuali, soprattutto se l’istanza provenga dalla parte che ha interesse all’assunzione della prova a carico si è detto supra di un ipotetico caso d’irrilevanza che, per la natura del reato e le condizioni in cui lo stesso di regola si verifica, certo non appare di agevole verificazione . 3. Analizzando, sulla base degli esposti principi, le doglianze avanzate in ricorso le stesse si prospettano decisamente fondate, sia quanto all’illegittimità del diniego opposto dal g.i.p. alla richiesta di assunzione della prova, sia quanto alla natura abnorme di tale decisione, che la rende pertanto ricorribile per cassazione e suscettibile di declaratoria d’annullamento. Quanto al primo profilo, la richiesta d’incidente probatorio avanzata dal pubblico ministero ai sensi dell’art. 392 c.p.p., comma 1-bis, riguardava l’assunzione della testimonianza di un minore diciassetterine affetto da deficit psicologico descritto come disturbo delle emozioni e del comportamento - da effettuarsi con le modalità protette di cui all’art. 398 c.p.p., comma 5 bis - in relazione alla descritta ipotesi di indagine per la reiterata commissione in suo danno del delitto di cui all’art. 609 quater c.p., comma 2, da parte della sua insegnante di sostegno, atti commessi con abuso di tale qualità e consistiti - precisa la provvisoria imputazione - in rapporti orali ed in un rapporto completo consumato presso l’abitazione dell’insegnante. Il g.i.p. ha respinto l’istanza ritenendo, da un lato, insussistenti elementi di indagini atti a fondare la fattispecie di reato ipotizzata a carico dell’indagata, nè tanto meno le condotte di abuso dei poteri connessi alla posizione di insegnante di sostegno del minore/persona offesa tenendo conto che M.D. , diciassettenne affetto da mero disturbo dell’apprendimento DSA , non è mai stato sentito in merito ai fatti sui quali vi sono solo dichiarazioni de relato della madre e delle compagne di scuola d’altro lato, conseguentemente, che, non essendo il medesimo mai stato escusso a s.i.t., fosse pregiudiziale l’assunzione di informazioni da parte della persona offesa per consentire alle parti, durante l’audizione protetta, di procedere alle contestazioni, meccanismo necessario al fine di fornire al Giudice elementi di attendibilità della persona esaminata . In mancanza di tale previo atto di indagine - prosegue l’ordinanza - l’incidente probatorio, da mezzo di acquisizione anticipata di una prova nel contraddittorio fra le parti ai fini della conferma degli elementi di prova già in qualche modo raccolti, diventerebbe atto di indagine estremamente penalizzante per l’indagato che, all’esordio delle indagini, e senza che sia stato effettuato dal PM un esame della p.o., può vedere acquisite delle dichiarazioni con valenza probatoria, senza possibilità di poter effettuare contestazioni con dichiarazioni precedenti . 4. Ciò precisato, reputa il Collegio che il giudice abbia esercitato un potere astrattamente previsto dalla disciplina processuale - posto che, come già si è ricordato, l’art. 398 c.p.p., comma 1, prevede che sulla richiesta di incidente probatorio il giudice pronuncia ordinanza con la quale accoglie, dichiara inammissibile o rigetta l’istanza - ma lo abbia fatto al di là di qualsiasi ragionevole limite. Ed invero - in disparte il rilievo, in alcun modo chiarito, circa la rilevanza ai fini della decisione dell’assenza di un quadro investigativo atto a fondare la fattispecie di reato - si è trattato di un rigetto arbitrario perché sostanzialmente fondato su un presupposto giuridico, la previa audizione a s.i.t. del dichiarante, insussistente ed apoditticamente affermato senza peraltro indicare la fonte normativa del supposto obbligo. Questo presupposto - che non risulta essere mai stato affermato dalla giurisprudenza - non è rinvenibile nè nella disciplina dell’incidente probatorio, nè in quella dell’assunzione della prova nella sede dibattimentale, e non può in alcun modo ricavarsi dall’interpretazione sistematica, conducendo questa, semmai, proprio alla contraria conclusione 4.1. In via generale, le attività di acquisizione degli elementi di prova finalizzate all’esercizio dell’azione penale rientrano nella discrezionale sfera di valutazione del pubblico ministero cfr. artt. 326 e 327 c.p.p. , che è l’unico dominus del procedimento nella fase delle indagini preliminari Sez. 2, n. 3513 del 22/05/1997, Acampora, Rv. 208070 , mentre il difensore ha facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito nelle forme e per le finalità previste dalla legge art. 327 bis c.p.p. . Proprio l’art. 391 bis c.p.p., comma 11, nel prevedere che il difensore, in alternativa all’audizione nelle forme previste dal precedente comma, può richiedere l’incidente probatorio, anche al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 392, comma 1, per assumere la testimonianza della persona che ha rifiutato di rendere a lui informazioni avvalendosi della facoltà di cui all’art. 391 bis, comma 3, lett. d , conferma se mai ve ne fosse bisogno che la previa audizione a s.i.t. non è presupposto dell’assunzione della prova testimoniale con incidente probatorio ma, semmai, è modalità di acquisizione delle dichiarazioni ad essa alternativa quando ricorrano le condizioni per poter procedere nella forma che maggiormente garantisce la tutela del contraddittorio. Analoghe conclusioni valgono dunque anche per il pubblico ministero. Del resto, nella discrezionalità riservatagli dalla legge in ordine alla conduzione delle indagini, detto organo ben può scegliere, in via generale, se - e da chi assumere sommarie informazioni testimoniali, così come il difensore è libero di ricevere dichiarazioni o assumere informazioni a norma dell’art. 391 bis c.p.p., senza che ciò ovviamente pregiudichi il loro diritto all’assunzione della prova testimoniale in sede di giudizio, ovvero, laddove ne ricorrano le condizioni, di promuoverne l’acquisizione con l’incidente probatorio. 4.2. Contrariamente a quanto sembra evocare l’ordinanza impugnata, sul punto si registra un’assoluta parità delle armi ed è all’evidenza errato affermare che l’assunzione delle dichiarazioni con lo strumento che maggiormente assicura il rispetto del contraddittorio e, dunque, la genuinità dell’acquisizione della prova, possa pregiudicare i diritti dell’indagato, essendo semmai vero il contrario. Sulla scorta delle indicazioni ricavabili da alcuni dei testi normativi sovranazionali già ricordati - ed in accordo, peraltro, con l’unanime letteratura scientifica - in tema di assunzione della testimonianza del minore vittima di reati sessuali, questa Corte ha infatti ripetutamente avvertito circa l’opportunità di evitare che, nel lasso temporale che precede la cristallizzazione del ricordo coincidente con l’esame, si inseriscano fattori esterni idonei a creare suggestioni e a condurre ad un’alterazione delle corrette percezioni mnemoniche cfr. Sez. 3, n. 30865 del 14/05/2015, M. , tanto che la valutazione sull’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla vittima deve tenere conto di tutte le circostanze concretamene idonee ad influire su tale giudizio, ivi inclusa la verifica sull’incidenza di plurime audizioni della persona offesa in punto di usura della fonte dichiarativa Sez. 3, n. 46592 del 02/03/2017, G., Rv. 271064 . 4.3. Quanto al rilievo, contenuto nell’ordinanza impugnata, circa il fatto che la mancata audizione del minore appare, altresì, pregiudiziale alla eventuale celebrazione dell’incidente probatorio cui, non a caso, segue la discovery delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini dalla persona da esaminare , la previsione implicitamente evocata - da individuarsi nell’art. 398 c.p.p., comma 3, - non postula la necessità di una previa acquisizione di dichiarazioni, ma è da intendersi finalizzata alla tutela del diritto di difesa finalizzata al controesame allorquando il dichiarante sia stato eventualmente in precedenza escusso. La stessa facoltà di muovere contestazioni al testimone sulla base delle dichiarazioni precedentemente rese, quale disciplinata dall’art. 500 c.p.p., si ricollega alla mera eventualità che tali dichiarazioni esistano e non fonda invece un diritto assoluto a disporre delle stesse in capo a chi proceda al controesame, come sembra invece ritenere l’ordinanza impugnata. In quest’ottica, del resto, si è sempre mossa la giurisprudenza di questa Corte allorquando ha avuto occasione di affrontare il tema, ad es. precisando che è illegittima, perché impedisce alla difesa dell’imputato la possibilità di condurre a pieno il controesame, la mancata inclusione nel fascicolo del pubblico ministero delle sommarie informazioni testimoniali rese dall’unico teste d’accusa Sez. 3, n. 16850 del 24/02/2010, Grassigli, Rv. 246979, relativa a fattispecie in cui le s.i.t. erano state acquisite, senza che il relativo verbale fosse stato reso noto alla difesa dell’imputato mediante l’inserimento nel fascicolo del pubblico ministero . 4.4. Con particolare riguardo alla prova testimoniale oggetto di disciplina nell’art. 392 c.p.p., comma 1-bis, va inoltre osservato che esigere la previa acquisizione di sommarie informazioni testimoniali dalle persone ivi indicate equivarrebbe a frustrare la chiara ratio di impedimento della vittimizzazione secondaria più sopra delineata. La necessità di evitare tale conseguenza - si ripete, richiesta dalle disposizioni sovranazionali già richiamate - è stata peraltro tenuta in considerazione anche dalla norma, recentemente introdotta nel codice di rito dalla L. 19 luglio 2019, n. 69 c.d. codice rosso , recante misure di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere , che, con riguardo ai reati di aggressione sessuale e ad altre ipotesi delittuose per lo più legate a degenerazioni delle relazioni familiari o di convivenza, ha introdotto nel corpo dell’art. 362 c.p.p., nuovo comma 1-ter, prevedendo che in tali casi il pubblico ministero assume informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela, istanza, entro il termine di tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori di anni diciotto o della riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della persona offesa . Trattandosi di disposizione acceleratoria dettata - essa pure - all’esclusivo scopo di apprestare un’accentuata tutela della vittima dei reati richiamati, al precipuo scopo di evitare stasi procedimentali e consentire l’immediata adozione delle cautele eventualmente necessarie ad evitare la protrazione della situazione illecita in atto, la reiterazione del reato o la commissione di illeciti più gravi nel quadro quell’escalation che spesso caratterizza queste forme di devianza, laddove l’obiettivo possa essere altrimenti soddisfatto senza necessità di sottoporre la vittima a plurime audizioni, la disposizione, prendendo in particolare in esame la situazione di soggetti minorenni, consente al pubblico ministero di non procedere immediatamente all’assunzione delle informazioni da parte della persona offesa. Trattandosi, peraltro, di norma anch’essa riconducibile agli atti normativi sovranazionali più sopra citati, l’applicazione dell’art. 362 c.p.p., comma 1-ter, andrà dunque contemperata con la previsione contenuta nell’art. 392, comma 1-bis, del codice, essendosi già ricordato come l’art. 20 della Direttiva 2012/29/UE preveda, da un lato, che l’audizione della vittima si svolga senza indebito ritardo dopo la presentazione della denuncia relativa a un reato presso l’autorità competente d’altro lato, che il numero delle audizioni della vittima sia limitato al minimo e le audizioni abbiano luogo solo se strettamente necessarie ai fini dell’indagine penale. 4.5. Così delineati i presupposti di applicazione dell’incidente probatorio nei casi in esame e la responsabilità affidata al magistrato del pubblico ministero nell’individuazione delle opzioni investigative che, a seconda della peculiarità della vicenda, meglio rispondono alla finalità di tutela delle persone offese secondo le chiare linee-guida ricavabili dalle fonte sovranazionali, deve dunque escludersi, al proposito, la sussistenza di un potere valutativo del g.i.p. che, apertamente violando i limiti segnati dalla disciplina processuale, ne impedisca l’attuazione. 5. Ciò premesso, reputa il Collegio di non poter seguire nella vicenda de qua il risalente orientamento - fondato sul principio di tassatività delle impugnazioni art. 568 c.p.p., comma 1 - secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari accoglie, rigetta o dichiara inammissibile la richiesta di incidente probatorio da ultimo, v. Sez. 5, n. 49030 del 17/07/2017, Palmeri e aa., Rv. 271776 Sez. 1, n. 37212 del 28/04/2014, Liuzzi e aa., Rv. 260590 Sez. F, n. 35729 del 01/08/2013, Agrama e aa., Rv. 256573 Sez. 4, Sentenza n. 42520, Antonelli e aa., del 07/10/2009, Rv. 245780 . Questo principio - che il Collegio condivide, laddove il giudice si limiti ad esercitare il potere attribuitogli dalla legge, magari anche in modo non corretto, ma senza esorbitare dagli astratti limiti previsti e che è stato di regola affermato a fronte delle valutazioni di ipotesi riconducibili alla richiesta di incidente probatorio avanzata ai sensi dell’art. 392 c.p.p., comma 1, spesso, peraltro, in casi in cui la stessa era stata accolta - non si attaglia al caso di specie. Il Collegio non ignora che tale orientamento è stato in passato richiamato in relazione ad una vicenda analoga a quella qui in esame, essendosi affermato che l’ordinanza di rigetto della richiesta di incidente probatorio è inoppugnabile anche ne caso in cui abbia riguardo alle ipotesi di cui all’art. 392 c.p.p., comma 1 bis, Sez. 3, ord. n. 21930 del 13/03/2013, Bertolini, Rv. 255483 , ma reputa di non dover dare continuità, nella sua assolutezza, a questo più risalente indirizzo, dovendosi invece seguire il più recente orientamento espresso nella sent. 34091/2019, richiamata dal ricorrente nei motivi aggiunti e dal Procuratore generale nella sua seconda memoria. La conclusione poggia innanzitutto sulla considerazione del sempre maggior rilievo che negli ultimi anni - si consideri, di recente, proprio la già citata L. n. 69 del 2019 - ha assunto la necessità di tutelare le vittime di reati sessuali tanto più se minorenni all’epoca del fatto , degli altri reati indicati dall’art. 392 c.p.p., comma 1-bis, e, comunque, delle vittime vulnerabili, anche alla luce degli obblighi internazionali che gravano sullo Stato quali più sopra richiamati. In secondo luogo - e soprattutto - la ricorribilità per cassazione va affermata con riguardo alla singolarità del provvedimento nella specie adottato, che, come accennato, si configura come strutturalmente abnorme per il suo contenuto proprio perché fondato su un presupposto arbitrario affermato in insanabile contrasto con la ratio della previsione contenuta nell’art. 392 c.p.p., comma 1-bis, quale più sopra ricostruita alla luce delle disposizioni sovranazionali che hanno imposto l’adozione, le quali, come si è posto in luce, intendono espressamente evitare proprio ciò che, secondo il provvedimento impugnato, si dovrebbe invece fare, vale a dire una plurima audizione delle vittime vulnerabili, neppure richiesta dalla nuova previsione di cui all’art. 362 c.p.p., comma 1-ter, - peraltro non applicabile ratione temporis per non essere ancora vigente al momento dell’adozione del provvedimento - stante la contraria esigenza di tutela di persona minore degli anni diciotto. 5.1. Il provvedimento impugnato è dunque da ritenersi reso al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di là di ogni ragionevole limite, e quindi affetto da c.d. abnormità strutturale, secondo il consolidato orientamento cfr. Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, Battistella . Richiamando la motivazione di una di poco successiva sentenza delle Sezioni unite, va rilevato che provvedimento abnorme è quello che presenta anomalie genetiche o funzionali tanto radicali da non potere essere inquadrato nello schema normativo processuale. La categoria dell’abnormità è stata elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza in stretto collegamento con il tema della tassatività, che, come è noto, pervade il regime delle impugnazioni, in genere, e del ricorso per cassazione in specie. Rimedio, quest’ultimo, che, significativamente, racchiude in sé l’esigenza di approntare uno strumento eventualmente alternativo e residuale rispetto a tutti gli altri rimedi - che assicuri il controllo sulla legalità del procedere della giurisdizione. L’abnormità, quindi, più che rappresentare un vizio dell’atto in sé, da cui scaturiscono determinate patologie sul piano della dinamica processuale, integra - sempre e comunque - uno sviamento della funzione giurisdizionale, la quale non risponde più al modello previsto dalla legge, ma si colloca al di là del perimetro entro il quale è riconosciuta dall’ordinamento. Tanto che si tratti di un atto strutturalmente eccentrico rispetto a quelli positivamente disciplinati, quanto che si versi in una ipotesi di atto normativamente previsto e disciplinato, ma utilizzato al di fuori dell’area che ne individua la funzione e la stessa ragione di essere nell’iter procedimentale, ciò che segnala la relativa abnormità è proprio l’esistenza o meno del potere di adottarlo. In questa prospettiva, dunque, abnormità strutturale e funzionale si saldano all’interno di un fenomeno unitario. Se all’autorità giudiziaria può riconoscersi l’ attribuzione circa l’adottabilità di un determinato provvedimento, i relativi, eventuali vizi saranno solo quelli previsti dalla legge, a prescindere dal fatto che da essi derivino effetti regressivi del processo. Ove, invece, sia proprio l’ attribuzione a far difetto - e con essa, quindi, il legittimo esercizio della funzione giurisdizionale - la conseguenza non potrà essere altra che quella dell’abnormità, cui consegue l’esigenza di rimozione Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni e a., in motivazione . La decisione prosegue osservando che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in particolare, hanno tracciato le caratteristiche della categoria dell’abnormità S.U. 18-6-1993, P.M. in proc. Garonzi S.0 24-3-1995, P.M. in proc. Cirulli S.U. 9-7-1997, P.M. in proc. Balzan S.U. 9-7-1997, P.M. in proc. Quarantelli S.U. 10-12-1997, Di Battista S.U. 24-11-1999, Magnani S.U. 2411-1999 confl. giur. in proc. Di Dona S.U. 22- 11- 2.000, P.M. in proc. Boniotti S.U. 31-1-2001, P.M. in proc. Romano S.U. 11-7-2001, P.G. in proc. Chirico S.U. 29-5-2002, Manca S. U. 25-2-2004, P.M. in proc. Lustri . Al riguardo, si è affermato che è affetto da vizio di abnormità, sotto un primo profilo, il provvedimento che, per singolarità e stranezza del suo contenuto risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ovvero quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di là di ogni ragionevole limite. Sotto altro profilo, si è detto che l’abnormità può discendere da ragioni di struttura allorché l’atto si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, ovvero può riguardare l’aspetto funzionale nel senso che l’atto stesso, pur non essendo estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni e a., in motivazione . Quest’orientamento - anche di recente ribadito dalle Sezioni unite - ha portato all’ulteriore affermazione secondo cui la categoria dell’abnormità così elaborata è riferibile alle sole situazioni in cui l’ordinamento non appresti altri rimedi idonei per rimuovere il provvedimento giudiziale, che sia frutto di sviamento di potere e fonte di un pregiudizio altrimenti insanabile per le situazioni soggettive delle parti Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, Ksouri . 5.2. Proprio quest’ultimo aspetto viene nella specie in considerazione. Ed invero, laddove, come nella specie, non si rimuovesse l’ordinanza con cui il g.i.p. ha arbitrariamente negato l’incidente probatorio dal pubblico ministero richiesto in un caso disciplinato dalla legge, pur non essendo ovviamente precluso il prosieguo del procedimento - nè conculcati il dovere di svolgere le indagini essendo possibile l’acquisizione di s.i.t. dalla persona offesa ed il diritto all’assunzione della prova testimoniale nel corso del giudizio - l’alternativa procedimentale determinerebbe quella vittimizzazione secondaria della persona offesa che lo Stato si è impegnato ad evitare, così, da un lato, recando pregiudizio insanabile alla vittima vulnerabile, e, d’altro lato, esponendo lo Stato a possibile responsabilità per la violazione di norme internazionali pattizie e dell’Unione Europea. In conformità alle richieste avanzate dal procuratore generale, l’ordinanza impugnata va pertanto annullata senza rinvio con trasmissione degli atti al g.i.p. del Tribunale di Tivoli per l’ulteriore corso. P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Tivoli per l’ulteriore corso. Dispone, a norma dell’art. 52 del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, che - a tutela dei diritti o della dignità degli interessati - sia apposta a cura della cancelleria, sull’originale della sentenza, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati sulla sentenza.