Condannata per aver dichiarato false generalità al capotreno durante il controllo dei biglietti

Si configura la fattispecie delittuosa dell’art. 495 c.p. e non quella meno grave dell’art. 496 c.p. allorquando l’imputato dichiari false generalità al capotreno durante il controllo dei biglietti, poiché tale dichiarazione si configura come una vera e propria attestazione al pubblico ufficiale.

Sul punto la Corte di Cassazione con sentenza n. 47044/19, depositata il 20 novembre. La fattispecie. Riformando la decisione di prime cure che aveva condannato l’imputato alla pena di giustizia per aver dichiarato false generalità al capotreno durante il controllo dei biglietti, la Corte d’Appello sostituiva la pena detentiva con quella pecuniaria. Avverso tale pronuncia l’imputata propone ricorso per cassazione sostenendo che al momento in cui dichiarava al capotreno false generalità ella non era consapevole che poi venissero trascritte nel modulo da consegnare alla polizia giudiziaria, pertanto il fatto rientrerebbe nella fattispecie dell’art. 496 c.p. e non in quella più grave dell’art. 45 c.p False dichiarazioni a pubblico ufficiale. Per vedere in quale fattispecie delittuosa far rientrare il caso in esame occorre capire se la figura del capotreno possa o meno rientrare nella qualifica di pubblico ufficiale. Sul punto la Suprema Corte ha ribadito che il personale di Trenitalia s.p.a. incaricato del controllo dei biglietti sul treno rivesta la qualifica di pubblico ufficiale, poiché tra le sue mansioni rientra il dovere di constatare i fatti e procedere alle verbalizzazioni in un’ottica di prevenire ed accertare infrazioni relative ai trasporti. Anche nel caso in esame, dunque, il capotreno durane il controllo dei biglietti rivestiva la qualifica di pubblico ufficiale a tutti gli effetti. Da ciò il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 10 luglio – 20 novembre 2019, n. 47044 Presidente Bruno – Relatore De Gregorio Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Trieste ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado nei confronti dell’imputata che l’aveva condannata alla pena di giustizia per il delitto di cui all’art. 495 c.p., per aver dichiarato false generalità al capotreno di Trenitalia durante il controllo dei biglietti, sostituendo la pena detentiva con quella pecuniaria di 45mila Euro di multa fatto di omissis . 1.Avverso la decisione ha proposto ricorso la difesa, che ha lamentato la violazione di legge in relazione agli artt. 495 e 496 c.p., poiché nella fattispecie concreta il capotreno aveva solo chiesto all’imputata le sue generalità e solo in seguito le aveva trascritte nel modulo richiesta di generalità inviata alla Polizia ferroviaria inoltre la ricorrente al momento in cui aveva declinato false generalità al capotreno non aveva alcuna consapevolezza che in seguito sarebbero state trascritte nel suindicato modulo da inviare alla polizia giudiziaria. Il fatto, pertanto, integrerebbe la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 496 c.p. e non quella più grave prevista dall’art. 495 c.p All’odierna udienza il PG, drssa Fodaroni, ha concluso per l’inammissibilità e l’avvocato Coccia per l’imputata ha insistito per l’accoglimento. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1.L’unica doglianza espressa dal ricorrente, che lamenta l’erronea qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 495 c.p. e prospetta la sua qualificazione nella fattispecie di cui all’art. 496 c.p., richiede al Collegio di soffermarsi su un tema rispetto al quale si ravvisano orientamenti diversi nella giurisprudenza di legittimità, ossia l’attribuibilità al controllore ferroviario della qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. Il tema deve essere affrontato poiché - come noto - il delitto ex art. 495 c.p. è configurabile esclusivamente in relazione a false dichiarazioni o attestazioni rilasciate al pubblico ufficiale, mentre il meno grave delitto ex art. 496 c.p. è integrato da dichiarazioni false rilasciate al pubblico ufficiale o anche all’incaricato di pubblico servizio, ragion per cui escludere la qualità di pubblico ufficiale indirizzerebbe la soluzione della questione verso la sussumibilità del fatto nella fattispecie astratta ex art. 496 c.p 1.1 In alcuni arresti questa Corte ha ritenuto che l’impiegato accertatore dell’azienda pubblica di trasporti potesse unicamente qualificarsi come incaricato di pubblico servizio. Ciò poiché ai sensi dell’art. 358 c.p., rientrano in tale categoria coloro i quali, pur agendo nell’ambito di un’attività disciplinata nelle forme della pubblica funzione, qual è quella svolta dagli enti concessionari di un servizio volto a soddisfare un’esigenza pubblica - tra i quali si colloca Trenitalia s.p.a. svolgono un’attività di carattere intellettivo e non meramente esecutiva e che, tuttavia, mancano dei poteri autoritativi e certificativi tipici della PA. 1.2 Di talché, nelle suddette pronunce la Corte ha concluso che, a fronte della pubblica funzione svolta dall’azienda e della non mera esecutività delle attività esercitate dal controllore, quest’ultimo potesse esclusivamente rivestire la qualifica di incaricato di pubblico servizio. Sez. 5, n. 45524 del 15/06/2016, Cusenza, Rv. 268467 Sez. 5, n. 31391 del 11/06/2008, Ruspetti, Rv. 241176. Il Collegio non ritiene, tuttavia, ad oggi condivisibile tale orientamento in ragione delle motivazioni di seguito esplicate. 1.3 Come affermato da questa Corte, la qualità di incaricato di pubblico servizio del dipendente di Trenitalia S.p.A. va accertata, da parte del giudice di merito, esclusivamente sulla base della disciplina dell’attività oggettivamente considerata. Sez. 5, Sentenza n. 23465 del 26/04/2005 Cc., dep. 22/06/2005, Rv. 231929 . In base al predetto criterio più volte la giurisprudenza di legittimità ha sostenuto che il personale di Trenitalia s.p.a. che sia incaricato del controllo dei biglietti di linea riveste la diversa qualifica di pubblico ufficiale, poiché tra le sue mansioni rientra, altresì, il dovere di constatare i fatti e procedere alle relative verbalizzazioni nell’ambito delle attività di prevenzione e di accertamento delle infrazioni relative ai trasporti Sez. 6, n. 15113 del 17/03/2016, Totta, Rv. 267311 Sez. 1, n. 38389 del 18/09/2009, Novello, Rv. 244747 Sez. 1, n. 10027 del 22/06/2000, PM in proc. Aalam, Rv. 217952 . 2. Posto, pertanto, che il controllore di Trenitalia s.p.a ben può rivestire la qualifica di pubblico ufficiale, al fine di verificare se la vicenda che ci occupa sia inquadrabile ex art. 495 o, diversamente, nella fattispecie di cui all’art. 496 c.p., occorre in primis valutare se tale potesse ritenersi nel caso de quo il controllore, in ragione dell’attività che stava svolgendo nei riguardi della ricorrente. 2.1 Invero, nel caso di specie, dalla ricostruzione in fatto operata nel giudizio di merito si ricava che l’incaricato del controllo dei biglietti aveva iniziato una fase finalizzata alla identificazione della persona priva di abbonamento ed alla elevazione di un verbale di infrazione, una fase nella quale, dunque, esercitava una funzione accertativa e certificativa ed eventualmente sanzionatoria, ragion per cui deve ritenersi che lo stesso rivestisse a tutti gli effetti la qualifica di pubblico ufficiale sent. Sez. 5, Sentenza n. 25649 del 13/02/2018 Ud. dep. 06/06/2018 Rv. 273324, in termini fattuali analoghi . 2.3 Inoltre, e passando al secondo elemento di distinzione della fattispecie ex art. 495 c.p., che prevede il rilasciare false attestazioni, da quella ex art. 496 c.p., che prevede solo la pronunzia di false dichiarazioni, deve osservarsi che le false generalità nel caso in esame erano declinate dalla ricorrente in assenza di documenti di identità, assumendo, pertanto, proprio il carattere di attestazione preordinata a garantire al pubblico ufficiale le qualità personali del dichiarante. 2.4 Si è, infatti, chiarito che deve essere qualificata ai sensi dell’art. 495 c.p. la condotta di colui che, privo di documenti di identificazione, fornisca ai carabinieri, nel corso di un controllo stradale, false dichiarazioni sulla propria identità, considerato che dette dichiarazioni - in assenza di altri mezzi e/o documenti di identificazione - rivestono carattere di attestazione finalizzata a garantire al pubblico ufficiale le proprie qualità personali quindi, ove mendaci, sono idonee ad integrare la falsa attestazione, che costituisce l’elemento distintivo del reato di cui all’art. 495 c.p. rispetto all’ipotesi di reato di cui all’art. 496 c.p. Sez. 5, Sentenza n. 7286 del 26/11/2014 Ud. dep. 18/02/2015 Rv.262658 Sez. 5, Sentenza n. 3042 del 03/12/2010 Ud. dep. 27/01/2011 Rv. 249707. Invero, come è stato osservato nella motivazione della prima pronunzia citata, deve trovare applicazione l’art. 495 c.p. - e non l’art. 496 c.p., che è norma di carattere residuale rispetto alla prima, come letteralmente previsto nella fattispecie legale - quando, come nel caso di specie, la dichiarazione falsa sulle generalità si configuri come una vera e propria attestazione al pubblico ufficiale, elemento quest’ultimo presente e connotante in forma specifica soltanto la norma dell’art. 495 c.p 3. Sul punto vale la pena aggiungere che la tesi difensiva, secondo la quale la ricorrente non era in grado di avvedersi che le sue dichiarazioni fossero destinate ad essere inserite in un atto pubblico, è errata in diritto, poiché pretende di assegnare all’inserimento in un atto pubblico della dichiarazione falsa la natura di requisito del delitto ex art. 495 c.p., requisito che, invece, non è contemplato nella norma incriminatrice speciale e che, quindi, non può essere adottato a criterio discretivo tra le due fattispecie di falso in discussione. La motivazione della sentenza impugnata appare in armonia con la citata giurisprudenza di questa Corte e, pertanto, priva del denunciato vizio di violazione di legge. Alla luce dei principi e considerazioni precedenti il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.