Causa l’incidente e prova a scappare: impossibile parlare di mero tentativo di fuga

Definitiva la condanna per una donna. Confermata la pena così come stabilita in appello. Nessuna riduzione riconosciuta in Cassazione. Respinta la tesi difensiva secondo cui non si poteva parlare di fuga alla luce del pronto intervento delle forze dell’ordine.

Ha causato la caduta di un motociclista, ha provato ad andar via con la propria vettura ma è stata subito fermata da una pattuglia della Polizia. Questo dato, cioè il fatto che l’automobilista sia stata bloccata a pochi metri dall’incidente, non rende meno grave la sua condotta, poiché, contrariamente a quanto sostenuto dal suo legale, è impossibile parlare di mero tentativo di fuga Cassazione, sentenza n. 46213/19, sez. IV Penale, depositata oggi . Sinistro. Il fattaccio, verificatosi in Lombardia, risale all’aprile del 2015 una donna, alla guida della propria vettura, taglia la strada a un motociclo e provoca la caduta dell’uomo in sella. Non contenta, però, prova anche ad andare via, pigiando il piede sull’acceleratore per allontanarsi rapidamente dal luogo dell’incidente, dove il motociclista è rimasto a terra, riportando lesioni che verranno poi giudicate guaribili in quaranta giorni . La fuga dell’automobilista dura tuttavia pochi metri. Proprio in quegli istanti, difatti, sul tratto di strada in cui si è verificato l’incidente passa una vettura della Polizia gli agenti hanno assistito al fattaccio e provvedono a bloccare prontamente la donna, che ha evidentemente causato la caduta del motociclista. Inevitabile il processo, inevitabile la condanna. Nessuna giustificazione, né in Tribunale, né in Appello, né infine in Cassazione, per la donna al volante, colpevole non solo di non essersi fermata e non aver prestato assistenza al motociclista ma anche di avere rifiutato di sottoporsi al test etilometrico e al pre test per la ricerca di stupefacenti, colpendo volontariamente una vetrata negli uffici della Polizia e procurandosi lesioni al capo e di avere successivamente rifiutato di sottoporsi agli accertamenti anche al Pronto Soccorso . Consequenziale la pena, fissata in due anni e due mesi di reclusione. Fuga. Inutile l’obiezione proposta in Cassazione dal legale della donna, obiezione secondo cui la fuga potrebbe ritenersi configurabile in forma tentata poiché l’automobilista è stata prontamente fermata e identificata dagli agenti della polizia . Respinta, di conseguenza, l’ipotesi di una riduzione della pena. I Giudici del ‘Palazzaccio’ sono netti non può parlarsi di mero tentativo di fuga alla luce del pronto intervento delle forze dell’ordine che, come detto, hanno fermato la donna subito dopo l’incidente , a pochi metri da dove era avvenuto l’incrocio fatale col motociclo. Centrale una semplice considerazione la mancata fermata , punita dal Codice della strada, costituisce una condotta omissiva istantanea, non frazionabile, a cui, peraltro, non deve seguire alcun evento . Ciò significa che l’inadempimento all’obbligo giuridico collegato alla provocazione di un incidente si verifica immediatamente e per la sua stessa struttura non ne è configurabile una interruzione , concludono i magistrati.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 5 – 14 novembre 2019, n. 46213 Presidente Menichetti – Relatore Picardi Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado con cui, all'esito del rito abbreviato, riconosciuta la recidiva contestata, Ti. Al. è stata condannata alla pena di anni 2 e mesi 2 di reclusione, oltre alla sospensione della patente di guida per anni 6 e mesi 8 ed alla confisca del veicolo, per i reati di cui agli artt. 81 cod.pen. e 189, commi 1, 6 e 7 per non essersi fermata e non aver prestato assistenza ad An. Ba., al quale, con la propria condotta di guida, aveva determinato lesioni, guaribili in 40 giorni, tagliandogli la strada e determinandone la caduta dal motociclo, capo 2 , 186, comma 7 e comma 2-bis, e 187, commi 8 e 1-bis, cod.strada per avere rifiutato, dopo l'incidente stradale provocato, di sottoporsi al test etilometrico ed al pre-test per la ricerca di stupefacenti, colpendo volontariamente una vetrata presso gli uffici della polizia e procurandosi delle lesioni al capo, e successivamente rifiutando di sottoporsi agli accertamenti anche presso il Pronto Soccorso, capo 1 , in data 8 aprile 2015. 2. Avverso tale sentenza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, a mezzo del difensore, Ti. Al., che ha dedotto 1 la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all'art. 189 cod.strada, atteso che la fuga al più potrebbe ritenersi configurabile in forma tentata, in quanto l'imputata è stata prontamente fermata e identificata dalla polizia, e che l'omessa assistenza non è ravvisabile in quanto l'investito non versava in stato di bisogno ed era stato soccorso da altri 2 la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine all'art. 99 cod.pen., atteso che è stata ritenuta la recidiva, nonostante l'ultima condanna risalisse a più di dieci anni fa e per condotte diverse reati contro il patrimonio , senza alcuna argomentazione sulla relazione qualificata tra i precedenti 3 la violazione di legge ed il difetto di motivazione riguardo alla quantificazione della pena ed al diniego delle generiche, giustificati in base a mere clausole di stile, nonostante il sensibile discostamento dal minimo edittale. Considerato in diritto 1. Il ricorso non può essere accolto. 2. Il primo motivo, relativo al delitto di cui all'art. 189 cod.strada, è infondato, atteso che la decisione dei giudici di merito, congruamente motivata, è conforme alla disposizione in esame, come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità. In ordine all'inottemperanza all'obbligo di fermata, occorre ricordare che il reato di fuga, in caso di investimento di persona, ha natura di reato omissivo di pericolo e si perfeziona istantaneamente nel momento in cui il conducente del veicolo investitore viola l'obbligo di fermarsi, ponendo in essere, con il semplice allontanamento, una condotta contraria al precetto di legge Sez. 4, n. 11195 del 12/02/2015 ud. - dep. 17/03/2015, Rv. 262709 - 01 . In ordine all'inottemperanza dell'obbligo di assistenza, deve ribadirsi che tale dovere insorge in relazione all'evento dell'incidente stradale - riconducibile al comportamento dell'agente ed in concreto idoneo a produrre eventi lesivi - a prescindere dall'esistenza o costatazione di un danno effettivo alle persone che vi risultino coinvolte Sez. 6, n. 21414 del 16/02/2010 ud.-dep. 07/06/2010, Rv. 247369 - 01 e grava direttamente su colui che si trova coinvolto nell'incidente medesimo, il quale è tenuto ad assolverlo indipendentemente dall'intervento di terzi, senza poter fare affidamento sull'invocato intervento della polizia o di altra autorità già allertate Sez. 4, n. 8626 del 07/02/2008 ud. - dep. 27/02/2008, Rv. 238973 - 01 e senza poter delegare terzi, ove non risulti un affidamento del compito di assistenza a soggetti dotati di particolari abilitazioni al soccorso Sez. 4, n. 34138 del 21/12/2011 ud. - dep. 06/09/2012, Rv. 253745 - 01 . Né può riqualificarsi la condotta, come preteso dalla ricorrente, in termini di tentativo ex art. 56 cod.pen., in considerazione del pronto intervento delle forze dell'ordine, che l'hanno fermata subito dopo l'incidente ed a pochi metri dal luogo della sua verificazione. Difatti, la mancata fermata, punita dall'art. 189, comma 1, cod.strada, costituisce una condotta omissiva istantanea e non frazionabile, a cui, peraltro, non deve seguire alcun evento, sicché l'inadempimento all'obbligo giuridico collegato alla provocazione del sinistro si verifica immediatamente e non ne è configurabile, per la sua stessa struttura, una interruzione. 2. Neppure è fondata la seconda censura, relativa all'applicata recidiva, in quanto la Corte di Appello, con una motivazione esaustiva e non manifestamente illogica, ha evidenziato la sostanziale continuità della condotta illecita dell'imputata e la relazione qualificata tra i precedenti, seppure risalenti, ed il nuovo reato posto in essere, valorizzando la vicinanza temporale tra quest'ultimo e la recente richiesta di sospensione della pena, collegata a quella di misura alternativa, per una pregressa condanna si è così desunta una persistente e maggiore pericolosità sociale. Risultano, dunque, accertati i due requisiti della recidiva, consistenti nel presupposto formale rappresentato dalla previa condanna e nel presupposto sostanziale costituito dalla maggiore colpevolezza e dalla più elevata capacità a delinquere del reo v., da ultimo, Sez. U., n. 20808 del 25/10/2018 ud. - dep. 15/05/2019, Rv. 275319 - 01 . 3. Priva di pregio è pure la terza doglianza, avente ad oggetto la quantificazione della pena ed il diniego delle generiche, che sono stati giustificati da una congrua e corretta motivazione, fondata sull'intensità del dolo, come emerge dalla descrizione delle condotte, sui precedenti penali e sull'assenza di elementi positivi e segnali di risipiscenza e, dunque, sui parametri di cui all'art. 133, comma 1, n. 3, e comma 2, n. 2 e 3. 4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.