Punizioni severe per le figlie: plausibile la condanna per maltrattamenti

Sotto accusa due genitori che hanno insultato e percosso le figlie, ricorrendo non solo alle parole e alle mani, ma anche a degli oggetti. Respinta l’ipotesi difensiva secondo cui gli episodi incriminati siano catalogabili solo come punizioni eccessive. Per i Giudici è un evidente caso di maltrattamenti. Nessuna giustificazione per la coppia, che però si salva grazie alla prescrizione.

Umiliazioni, insulti e percosse. Vita da incubo per due sorelle, vittime delle punizioni bestiali inferte dai genitori, capaci non solo di ferirle con le parole ma anche con le mani e, in alcune occasioni, addirittura con degli oggetti. Logico, secondo i Giudici, parlare di maltrattamenti”, che non possono essere riclassificati come abusi dei mezzi di correzione” pur a fronte di un presunto intendo educativo di madre e padre Cassazione, sentenza n. 44893/19, sez. VI Penale, depositata oggi . Violenza. La ricostruzione degli episodi incriminati fa emergere l’incubo vissuto da due sorelle che venivano umiliate, insultate, fatte oggetto di violenze fisiche e morali da parte dei loro genitori, oltre ad essere private della loro libertà personale . Per i Giudici di merito sono evidenti e incontestabili le colpe della coppia, che viene ritenuta responsabile del reato di maltrattamenti e condannata in secondo grado alla pena di sei mesi di reclusione ciascuno . Identica linea di pensiero anche per la Cassazione. Respinte difatti le obiezioni proposte dall’avvocato dei due genitori, obiezioni finalizzate a contestare le dichiarazioni rese dalle due sorelle e a inquadrare le condotte in discussione come mero abuso dei mezzi di correzione . Per i magistrati sono state accertate con chiarezza le violenze e le prevaricazioni compiute da madre e padre nei confronti delle due figlie, che, come detto, venivano non solo umiliate ma anche percosse, sia con le mani che utilizzando oggetti come un tubo di gomma, alcuni fili della luce, un fucile . Il quadro costruito nei primi due gradi di giudizio ha fatto emergere l’abituale tensione e la perdurante sofferenza imposta dai genitori alle due ragazze, e il richiamo difensivo alla presunta utilità delle punizioni non può rendere meno grave la posizione della coppia. Su questo fronte, difatti, i Giudici della Cassazione tengono in chiusura a ribadire che l’uso abituale e sistematico della violenza quale ordinario trattamento del minore, se anche sostenuto da animus corrigendi non può essere catalogato come abuso dei mezzi di correzione bensì come il più grave delitto di maltrattamenti . Nessun dubbio, quindi, sulla responsabilità della coppia, che però riesce ad evitare la condanna grazie alla prescrizione.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 18 settembre – 5 novembre 2019, n. 44893 Presidente Fidelbo – Relatore Costantini Ritenuto in fatto 1. Mo. Se. e Zu. An. ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Catania che ha confermato la decisione del Tribunale di Siracusa, che - all'esito del giudizio abbreviato - aveva condannato gli imputati alla pena di sei mesi di reclusione ciascuno in ordine al delitto di cui agli artt. 110, 572 cod. pen. di maltrattamenti nei confronti delle figlia Mo. Ro., portatrice di handicap, e Mo. Da., che venivano umiliate, insultate fatte oggetto di violenze fisiche e morali, oltre ad essere private della libertà personale fatti avvenuti in Avola sino al 15 aprile 2011. 2. I ricorrenti, con il patrocinio del comune difensore per mezzo di due distinti atti, deducono i motivi di seguito indicati. 2.1. Vizi cumulativi di motivazione ed erronea applicazione dell'art. 572 cod. pen. nella parte in cui i Giudici di merito hanno erroneamente ritenuto attendibili le dichiarazioni rese dalle parti offese che avrebbero trovato riscontro in quelle dei fratelli, Mo. Pa. e Mo. Vi., riscontro in realtà non corrispondente alle risultanze istruttorie Mo. Da. aveva, infatti, smentito le dichiarazioni della sorella in ordine alla origine delle lesioni, in realtà riconducibili a cause diverse dalla condotta dei ricorrenti, circostanza che ha condotto il Giudice di primo grado a riconoscere la palesata personalità scorretta e rancorosa della dichiarante Mo. Da. aveva, altresì, affermato di non aver mai subito lesioni per mezzo di oggetti particolari ma solo attraverso l'uso delle mani, mentre il fratello Pa. aveva affermato di essere stato punito per aver commesso degli errori tanto da ritenere tali punizioni utili per la propria crescita. Condotte che, per come emerse, non risultano essere idonee ad integrare il delitto contestato attesa anche l'occasionalità con cui le stesse venivano poste in essere. 2.2. Erronea qualificazione della condotta dei ricorrenti nel delitto di cui all'art. 572 cod. pen. anziché in quello di cui all'art. 571 cod. pen., reato, quest'ultimo. Considerato in diritto 1. I ricorsi, pur caratterizzati da genericità, in quanto infondati devono essere rigettati, circostanza che comporta l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata alla luce dell'intervenuta prescrizione. 2. Infondato risulta il primo motivo di entrambi i ricorsi per mezzo dei quali, attraverso la parziale estrapolazione di alcuni passaggi delle dichiarazioni rese nel corso del dibattimento dalle persone offese e dai testi, intendono contestare la credibilità di una dei due testi e la riduttiva valenza assegnata invece alle dichiarazione di altri. I Giudici di merito, anche attraverso il richiamo effettuato alla decisione di primo grado, operazione consentita specie in occasione di censure che hanno ricevuto risposta da parte del primo giudice tra tante, Sez. 2, n. 19619 del 13/02/2014, Bruno, Rv. 259929 Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615 , hanno apprezzato sia le dichiarazioni rese da Mo. Ro., ritenute specifiche e dettagliate oltre che confermate da quelle rese dai fratelli è stato evidenziato come le dichiarazioni della Mo. Da. non fossero, invero, in contrasto con quelle della sorella gemella Ro. avendo costei confermato le violenze e le prevaricazioni subite di entrambi i genitori, seppur escludendo che i maltrattamenti avvenissero con strumenti o mezzi diversi dalle sole mani. Circostanza che, anche alla luce della motivazione della decisione di primo grado che aveva fatto riferimento alla ricostruita violenza praticata alle sorelle Ro. e Da. anche per mezzo di un tubo di gomma, di fili della luce ed un fucile al fine di impedire, per esempio, ad uno dei figli di rientrare in casa in tal senso le dichiarazioni di Mo. Vi. e Mo. Da. , non risultano scalfire la ricostruzione della complessiva condotta di abituale tensione e di perdurante sofferenza, niente affatto occasionali, che aveva dato adito alla contestazione di cui all'art. 572 cod. pen. Né risulta fondata la critica portata alle dichiarazioni della parte offesa Mo. Da. che avrebbe riferito dell'utilizzo delle sole mani quale strumento di violenza, ovvero il giudizio in ordine alla presunta utilità delle punizioni, evenienza che non fa venir meno il delitto di maltrattamenti. Il delitto di cui all'art. 572 cod. pen. si integra, infatti, attraverso la sottoposizione dei familiari ad atti di vessazione continui e tali da cagionare agli stessi sofferenze, privazioni, umiliazioni, comportamenti abituali caratterizzati da una serie indeterminata di atti di molestia, di ingiuria, di minaccia Sez. 6, n. 3570 del 01/02/1999, Valente E, Rv. 213516 , essendo pertanto sufficiente la sola realizzazione di atti di disprezzo e di offesa alla dignità, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali Sez. 6, n. 44700 del 08/10/2013, P, Rv. 256962 . Requisiti che non risultano essere venuti meno a cagione dello strumento utilizzato per portare a compimento le violenze, quasi a voler riduttivamente assegnare minore valenza alla complessiva condotta con completezza e logicità apprezzata dai Giudici di merito. 3. Motivazione in ordine all'integrazione del delitto di maltrattamenti ex art. 572 cod. pen., quella della Corte di appello, che fa ritenere infondato il secondo motivo attraverso il quale si contesta la qualificazione giuridica del delitto di maltrattamenti piuttosto che di abuso dei mezzi di correzione ex art. 571 cod. pen. Deve osservarsi che, secondo constante giurisprudenza di questa Corte, l'uso abituale e sistematico della violenza, quale ordinario trattamento del minore, quand'anche sostenuto da animus corrigendi, non integra la fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti Sez. 6, n. 53425 del 22/10/2014, B., Rv. 262336 Sez. 6, n. 36564 del 10/05/2012, C, Rv. 253463 . Avverso i richiami effettuati alla decisione del Tribunale che aveva descritto con precisione le condotte poste in essere congiuntamente da Mo. e Zu., laddove descrive la tipologia di lesioni e le modalità con cui venivano inferte anche per mezzo dell'uso di armi ed alla non occasionalità degli episodi, i ricorrenti formulano doglianze senza in realtà efficacemente portare motivate critiche ad entrambe le decisioni che sul punto avevano dimostrato di aver apprezzato le risultanze processuali complessivamente valutate e ritenute non integranti il delitto di maltrattamento contestato. 4. Al rigetto del ricorso, in considerazione dell'intervenuta prescrizione a far data dal 15 ottobre 2018, consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.