Richiesta di revisione della sentenza: quando una prova si considera nuova?

Ai fini dell’ammissibilità dell’istanza di revisione della sentenza, per prove nuove si intendono non solo quelle scoperte dopo la sentenza definitiva ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite ma non valutate neanche implicitamente, purché non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 42132/19, depositata il 15 ottobre. Richiesta di revisione della sentenza. La Corte d’Appello di Catanzaro dichiarava inammissibile l’istanza proposta dall’interessato volta ad ottenere la revisione della sentenza di condanna che, emessa dal Tribunale di Locri, era divenuta irrevocabile. A fondamento della richiesta l’istante aveva dedotto la sussistenza di una prova nuova, consistente in alcune dichiarazioni testimoniali assunte a seguito delle indagini difensive. La Corte tuttavia rigettava la domanda ritenendo che la prova dedotta non fosse nuova poiché già nota alla difesa, che aveva chiesto l’ammissione della suddetta testimonianza già nel giudizio di primo grado. Avverso l’ordinanza propone il richiedente ricorre in Cassazione. Concetto di prova nuova. La Cassazione ritiene infondato il ricorso e richiama il principio Cass. sez. un. n. 624/01 secondo cui in tema di revisione, per prove nuove rilevanti a norma dell’art. 630, comma 1 lett. c c.p.p. ai fini dell’ammissibilità della relativa istanza, devono intendersi non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite ma non valutate neanche implicitamente, purché non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice, e indipendentemente dalla circostanza che l’omessa conoscenza da parte di quest’ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell’errore giudiziario . A ciò deve aggiungersi che è ammissibile Cass. pen. n. 13037/13 la richiesta di revisione anche sulla base di prove colpevolmente non indicate nel giudizio di cognizione o di prove ammesse nel giudizio e non acquisite per successiva rinuncia della parte Cass. pen., n. 26478/15 . Vi è dunque differenza tra la prova non acquisita per rinuncia della parte e quella originariamente ammessa ma poi non acquisita perché ritenuta superflua dal giudice. Infatti, chiarisce la Corte le prove la cui ammissione è stata revocata dal giudice non possono essere ritenute nuove” ai sensi e per gli effetti dell’art. 630, comma 1, lett. c , al fine di sostenere una richiesta di revisione. Il giudizio sulla superfluità può essere, infatti, contestato con gli ordinari mezzi di impugnazione, perché consiste, in senso lato, in una valutazione giudiziale delle prove stesse, seppure limitata alla loro rilevanza nel giudizio . Alla luce di ciò il ricorso iene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 maggio – 15 ottobre 2019, n. 42132 Presidente Rosi – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 1^ ottobre 2018, la Corte d’appello di Catanzaro ha dichiarato inammissibile l’istanza proposta dall’interessato per ottenere la revisione della sentenza di condanna, per violenza sessuale continuata in danno di minore, emessa dal Tribunale di Locri il 13 marzo 2012 e divenuta irrevocabile. A fondamento dell’istanza il richiedente aveva dedotto la sussistenza di una prova nuova, rappresentata dalle dichiarazioni di A.A. , assunte a seguito di indagini difensive. La Corte d’appello, con il provvedimento impugnato, ha dichiarato inammissibile tale istanza, ritenendo la prova dedotta non nuova , in quanto non sopravvenuta e ampiamente già nota alla difesa, che aveva chiesto e ottenuto l’ammissione di tale testimonianza nel giudizio davanti al Tribunale ammissione revocata senza l’opposizione della difesa, che non aveva fatto oggetto di censura tale revoca neppure in appello. 2. - Avverso l’ordinanza l’interessato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, deducendo, nella sostanza, la violazione dell’art. 630 c.p.p., comma 1, lett. c , e art. 634 c.p.p., comma 1, sul rilievo che la prova in questione avrebbe dovuto essere considerata nuova, e deducendo la decisività di tale prova, la quale smentirebbe, sotto più aspetti, la versione accusatoria, specialmente in relazione all’attendibilità della persona offesa. Considerato in diritto 3. - Il ricorso è infondato. La difesa non contesta l’affermazione contenuta nell’ordinanza impugnata secondo cui la testimonianza di A.A. era stata ammessa dal Tribunale, ma la sua ammissione era stata poi successivamente revocata, unitamente a quella di altre prove. Deve perciò essere richiamato il principio, più volte enunciato da questa Corte, secondo cui, in tema di revisione, per prove nuove rilevanti a norma dell’art. 630 c.p.p., comma 1, lett. c , ai fini dell’ammissibilità della relativa istanza, devono intendersi, non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, purché non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice, e indipendentemente dalla circostanza che l’omessa conoscenza da parte di quest’ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell’errore giudiziario ex multis, Sez. U, n. 624 del 26/09/2001, dep. 09/01/2002, Rv. 220443 - 01 . Si è precisato, inoltre, che la richiesta di revisione è ammissibile anche se fondata su prove preesistenti o addirittura colpevolmente non indicate nel giudizio di cognizione di cui si invoca la rilettura, purché le stesse non siano state oggetto, nemmeno implicitamente, di pregressa valutazione ex plurimis, Sez. 3, n. 13037 del 18/12/2013, dep. 20/03/2014, Rv. 259739 - 01 . Si è inoltre affermato che è ammissibile la richiesta di revisione fondata su prove preesistenti, già ammesse nel giudizio, e non acquisite per successiva rinuncia della parte, atteso che per prove nuove debbono intendersi non solo quelle sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite ovvero acquisite ma non valutate neanche implicitamente, purché non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice Sez. 5, n. 26478 del 04/05/2015, Rv. 264003 - 01 . Dalla richiamata giurisprudenza emerge, dunque, una diversità di disciplina tra la prova non acquisita per rinuncia della parte e la prova originariamente ammessa, ma poi non acquisita, perché ritenuta superflua dal giudice. Solo nel primo caso, infatti, la prova può essere ritenuta nuova e posta a fondamento di una richiesta di revisione, perché la rinuncia di parte esclude una valutazione, anche implicita, da parte del giudice sulla rilevanza della prova stessa nel giudizio. Invece, nel secondo caso - cui è riconducile la vicenda in esame - poiché la revoca dell’ammissione di prove può avvenire, a norma dell’art. 495 c.p.p., comma 4, allorché queste risultino superflue, alla luce dell’istruttoria dibattimentale già svolta, la revoca stessa deve sempre intendersi come conseguenza di una valutazione, anche implicita, di superfluità con la conseguenza che le prove la cui ammissione è stata revocata dal giudice non possono essere ritenute nuove ai sensi e per gli effetti dell’art. 630 c.p.p., comma 1, lett. c , al fine di sostenere una richiesta di revisione. Il giudizio sulla superfluità può essere, infatti, contestato con gli ordinari mezzi di impugnazione, perché consiste, in senso lato, in una valutazione giudiziale delle prove stesse, seppure limitata alla loro rilevanza nel giudizio. 4. - Ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.