L’applicazione dell’ergastolo nel caso di cumulo di pene detentive è automatico anche in fase esecutiva

Con la decisione in oggetto la Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo cui la disposizione di cui all’art. 73 comma 2 c.p. laddove stabilisce che, quando concorrono più delitti per ciascuno dei quali sia stata inflitta la pena della reclusione non inferiore a ventiquattro anni, si applica la pena dell’ergastolo, detta un criterio legale di commisurazione della pena, vincolante ed automatico per il giudice, sia nel giudizio di cognizione quando il processo riguardi cumulativamente delitti per i quali la pena sia determinata in entità superiore a quel limite, sia nella fase esecutiva e la sostituzione dell’ergastolo alle pene detentive temporanee concorrenti non realizza un altro effetto penale della condanna .

La massima in questione, come accennato, non è nuova e di per sé ripete un obiter dictum già presente in giurisprudenza. Se non che la decisione in commento è particolarmente interessante perché in realtà esclude l’applicazione della disposizione di cui all’art. 73 comma 2 c.p. ai casi nei quali debba applicarsi l’indulto a condanne che di per sé abbiano importato condanne superiore ad anni 24. Infatti, si è ritenuto, contrariamente ai pareri ed ai ricorsi delle procure generali interessate, che l’articolo in questione deve essere letto in combinato disposto con l’art. 78 c.p., secondo cui il cumulo materiale delle pene detentive temporanee non può superare gli anni trenta di reclusione. L’art. 78 c.p. è una norma di carattere generale mentre quella di cui all’art. 73 comma 2 c.p. è speciale, con la conseguenza che, essendo più sfavorevole al reo, quest’ultima va interpretata in maniera estremamente restrittiva. Pertanto, ove per l’applicazione dell’indulto la pena per una o più condanne definitive scenda sotto la soglia degli anni 24 di reclusione, non sussistendo una pluralità di condanne in tal senso, non potrà applicarsi l’ergastolo neppure in sede esecutiva. E ciò in quanto gli effetti ed i benefici dell’indulto sono automatici e non sono soggetti al loro formale riconoscimento giudiziale, avendo, in siffatta materia, la decisione una funzione meramente dichiarativa e non costitutiva degli effetti favorevoli al reo. Da qui, il respingimento del ricorso promosso dal procuratore generale della Corte d’Appello di Palermo, sostenuto dalla Procura Generale presso la Cassazione, contro l’ordinanza che aveva annullato il provvedimento di cumulo in fase esecutiva emesso contro il condannato e con il quale era stato applicato l’ergastolo. Complessivamente considerata, la decisione in commento è più che condivisibile. Resta solo da porre l’accento sul fatto che mentre la Corte europea per i diritti dell’uomo evidenzia la necessità, per ragioni di giustizia e di rispetto del valore di ogni persona, di non legittimare più, sic et simpliciter , il fine pena mai”, le procure italiane specie generali ed ai massimi livelli hanno ritenuto che dovesse applicarsi l’ergastolo a chi comunque non era mai stato condannato a tale pena. E ciò – così si è argomentato – sulla base della legge. Ma la legge, come bene ha notato il Supremo Consesso, non dice ciò, dice esattamente il contrario e precisamente che, come regola, nessuno che non sia stato condannato all’ergastolo può esservi costretto per un cumulo giuridico. Ciò può in effetti avvenire, ma solo in determinate e specifiche circostanze, che – come accennato – vanno interpretate non astrattamente ma avendo riguardo alla complessità del sistema penale e dei diversi istituti che di volta in volta, nel singolo caso concreto, risultano rilevanti. Si dirà ma l’art. 73 comma 2 c.p. viene prima dell’art. 78 c.p. e quindi ciò segnala anche una certa priorità dopo tutto, il legislatore non fa nulla per caso! Si diceva un tempo, proprio parlando del diritto, che tutto ciò che è reale è razionale e tutto ciò che è razionale è reale”, ma è pur vero che il diritto è comunque costituito da un ordinamento e che il sistema va comunque considerato ed interpretato nella sua complessità. Non bisogna quindi confondere l’accidentalità id est , la topografia della disposizione con la sua essenza id est , con il significato della norma . Si risponderà ma tale auspicata interpretazione è comunque complessa e, alla luce della produzione normativa dell’evo contemporaneo, spesso non è possibile, quindi in qualche modo bisogna fermarsi” alle apparenze. E così sia ma allora, bisognerà pure ammettere che prima dell’art. 73 comma 2 c.p. vi sono altre disposizioni e che l’art. 1 c.p. recita che nessuno può essere punito con pene che non siano stabilite [dalla legge] e che prima del codice penale vi è la nostra Costituzione. Stando così le cose, una visione miope delle disposizioni di legge, oltre ad essere inumana sul piano morale è oltretutto scorretta sul piano giuridico e, quindi, sicuramente ingiusta. Ed auspicare l’ergastolo a chi non lo merita, sia perché non vi è stato condannato sia semplicemente guardando l’ordinamento vigente, non è cosa di cui si possa andare troppo fieri

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 15 aprile – 10 ottobre 2019, n. 41641 Presidente Sandrini – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1.Con ordinanza resa l’8 ottobre 2018 la Corte di Assise di appello di Palermo, pronunciando quale giudice dell’esecuzione, in accoglimento dell’istanza, avanzata nell’interesse del condannato F.D. , rideterminava in anni trenta di reclusione in luogo dell’ergastolo la pena unica in relazione alle condanne riportate nel provvedimento di unificazione di pene concorrenti, emesso dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Palermo in data 13 novembre 2017. 1.1 A fondamento della decisione, il Giudice dell’esecuzione rilevava la necessità di applicare l’indulto con riferimento alle sole pene suscettibili di estinzione a tale titolo, da individuare previo scioglimento del cumulo e che, applicato tale criterio, nessuna delle pene in esecuzione già inflitte con la sentenza della Corte di Assise di appello di Palermo del 19/2/2001, irrevocabile il 15/2/2002, superava il limite di anni ventiquattro di reclusione, per cui non sussistevano i presupposti per fare applicazione della regola di cui all’art. 73 c.p., comma 2, dovendo piuttosto applicarsi il criterio moderatore dettato dall’art. 78 c.p 1.2 Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso il Procuratore Generale Presso la Corte di appello di Palermo, il quale ne ha chiesto l’annullamento per violazione di legge in relazione all’art. 73 c.p., comma 2, art. 78 c.p., comma 1, artt. 80 e 174 c.p Secondo il ricorrente, il Giudice dell’esecuzione, nel valutare l’entità delle pene inflitte con le tre separate sentenze di condanna, emesse nei confronti del F. , non avrebbe dovuto considerare, quanto alla seconda in ordine di tempo, emessa dalla Corte di Assise di appello di Palermo il 19/2/2001, irrevocabile il 15/2/2002, che in sede esecutiva era stato applicato l’indulto nella misura di anni tre, poiché l’applicazione del condono non ha fatto venire meno la circostanza del superamento del limite di pena detentiva di anni ventiquattro in due distinte sentenze. La norma di cui all’art. 73, comma 2, c.p. introduce una deroga al regime del cumulo materiale delle pene, disciplinato dal comma 1 dello stesso articolo, per l’ipotesi in cui il giudice, nel commisurare la pena, ritenga di dover infliggere la pena detentiva non inferiore a ventiquattro anni per almeno due delitti, il che comporta l’esclusione del criterio moderatore dell’art. 78 c.p Secondo l’art. 80 c.p. le stesse regole dettate dagli artt. 73 e 78 c.p. si applicano anche quando si debba giudicare persona già condannata per altro reato commesso anteriormente o posteriormente, oppure si debbano eseguire più sentenze o più decreti di condanna in questo secondo caso deve farsi riferimento alla quantificazione della pena operata in cognizione, di cui il giudice dell’esecuzione deve prendere atto ed applicare l’ergastolo se due giudici abbiano inflitto in sede di cognizione una pena di almeno ventiquattro anni. L’incidenza dell’indulto, applicato in sede esecutiva, va considerata in base alla disposizione di cui all’art. 174 c.p., per la quale esso non estingue le pene accessorie, salvo diversa disposizione, e neppure gli effetti penali della condanna. La Corte di Assise di appello ha errato nel considerare la pena già ridotta per l’applicazione dell’indulto, in quanto la pena estinta, seppure non eseguibile, non può considerarsi tamquam non esset, essendo stata comunque inflitta, tanto che l’indulto non elimina gli altri effetti penali della condanna, fra i quali va annoverato anche la sottoposizione alla disciplina dell’art. 73 c.p., comma 2, in deroga al regime di favore di cui all’art. 78 c.p La contraria opinione espressa nell’ordinanza impugnata tradisce il fondamento differenziato e la ratio dell’art. 73 rispetto a quelli dell’art. 78 c.p., mentre le sentenze citate nella memoria difensiva contengono soltanto degli obiter dicta ed esprimono un orientamento interpretativo che va comunque rivisitato. 3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, Dott.ssa Paola Filippi, ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata in termini adesivi al ricorso. 4. Con memoria depositata il 27 marzo 2019 la difesa ha rassegnato le proprie controdeduzioni al ricorso del P.g., rilevando l’inconferenza delle argomentazioni ivi esposte perché non riguardanti la specifica questione dedotta e ha eccepito l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso. 5. Con memoria pervenuta il 5 aprile 2019 la difesa ha ulteriormente illustrato i motivi di ricorso. osservando che la norma di cui all’art. 73 c.p., comma 2, è norma di stretta interpretazione quale eccezione alla regola posta dal comma 1 dello stesso articolo ed ai principi sul concorso di reati e di pene. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e non merita dunque accoglimento. 1. Alla verifica della fondatezza delle argomentazioni giuridiche sviluppate nell’impugnazione all’odierno esame giova premettere alcune considerazioni in punto di fatto, necessarie per la migliore comprensione della vicenda esecutiva al vaglio di questa Corte. 1. F.D. è stato raggiunto in data 13 novembre 2017 dal provvedimento di unificazione di pene concorrenti, emesso dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Palermo, con indicazione dell’ergastolo quale pena unica da eseguire in relazione ai seguenti titoli di condanna a sentenza del 18 marzo 2000 della Corte di Assise di Palermo, irrevocabile il 22 giugno 2001, di condanna alla pena di anni dodici di reclusione per il delitto di partecipazione ad associazione di stampo mafioso b sentenza del 19 febbraio 2001 della Corte di Assise di Palermo, irrevocabile il 15 febbraio 2002, di condanna alla pena complessiva di anni ventisei di reclusione per due episodi di tentato omicidio, violazioni della disciplina sulle armi, ricettazione ed estorsione aggravata dalla finalità di agevolare associazione di stampo mafioso c sentenza del 7 marzo 2003 della Corte di Assise di appello di Palermo, irrevocabile il 2 ottobre 2014, di condanna alla pena di anni trenta di reclusione per omicidio. 1.1 Le questioni sollevate dal condannato con l’incidente di esecuzione hanno ricevuto positivo riscontro da parte della Corte di Assise di appello, che ha addotto le seguenti giustificazioni. 1.1.1 Ha rilevato la già avvenuta applicazione dell’indulto di cui alla L. n. 241 del 2006 nella misura massima di tre anni sulla maggior pena unica cumulata, indicata nel decreto di unificazione di pene concorrenti del 9 maggio 2005, in riferimento alle sole pene inflitte con la seconda sentenza irrevocabile, indicata al punto B , per i delitti non ostativi di tentato omicidio, violazione della disciplina sulle armi e ricettazione, unificati tra loro per continuazione e non aggravati ai sensi della L. n. 203 del 1991, art. 7 e l’esclusione dal beneficio della pena inflitta per il delitto di partecipazione ad associazione a delinquere di stampo mafioso, oggetto della sentenza sub A , non indultabile. Ha quindi evidenziato l’incidenza del condono anche sulla pena base per il reato più grave di tentato omicidio, pari ad anni ventiquattro di reclusione, che ne è risultata diminuita al di sotto di tale soglia, non superata nemmeno dalle porzioni di pena applicate per ciascuno degli altri reati unificati per continuazione, nè da quella complessiva, che, una volta detratti i tre anni dichiarati estinti dalla sanzione originaria di ventisei anni di reclusione, è stata determinata in ventitre anni di reclusione. A ragione di tale operazione ha ritenuto che il F. non versasse nelle condizioni oggettive per vedersi commutare le sanzioni detentive temporanee, separatamente inflittegli e concorrenti, -pari rispettivamente ad anni dodici, anni ventitre, anni trenta di reclusione-, nella pena unica dell’ergastolo, secondo quanto prescritto dall’art. 73 c.p., comma 2, ma piuttosto che potesse beneficiare del più favorevole regime di cui all’art. 78 c.p. con la conseguente fissazione della durata delle pene cumulate in anni trenta di reclusione, dalla quale detrarre l’eventuale liberazione anticipata concessagli. 1.1.2 A tale ragionamento valutativo il Procuratore ricorrente oppone che la pena dichiarata estinta per condono non è inesistente, ma soltanto non espiabile, sicché di essa deve tenersi conto ai fini della verifica dell’entità della pena, se superiore o meno alla soglia dei ventiquattro anni, rilevante per dare attuazione alla disciplina dettata dall’art. 73, comma 2, citato, anche perché l’indulto non opera l’estinzione degli effetti penali della condanna. 2. Osserva il Collegio che la tesi propugnata dal ricorrente non convince, in primo luogo perché non considera le modalità di operatività della disposizione indulgenziale, una volta applicata. 2.1 L’indulto, quale causa estintiva della pena, opera effetti ablativi automatici sin dal momento dell’entrata in vigore della disposizione di legge che lo introduce, discendendo direttamente dal testo normativo clemenziale, sicché l’intervento giudiziale di applicazione, che ne riscontra i presupposti e ne riconosce l’operatività, esplica soltanto una funzione dichiarativa di un risultato già prodottosi al momento dell’emissione del provvedimento generale stesso sez. 1, n. 1378 del 06/03/1995, Sedda, rv. 200813 Sez. U., n. 36837 del 15/07/2010, Pg in proc. Bracco, rv. 247940 . Se risponde al vero che il condono non elimina dal mondo giuridico la pena o la sua porzione dichiarata estinta, ma esprime la rinuncia dello Stato a vedere attuata la pretesa punitiva, tanto però non equivale a sostenere che, all’atto di stabilire in concreto da pena da porre in esecuzione, non debbano considerarsi gli effetti estintivi già prodottosi. L’opposta tesi propugnata dal ricorrente produce l’effetto di vanificare completamente l’effetto estintivo conseguito dal condannato, sebbene in suo sfavore non sia mai intervenuta una decisione di revoca del provvedimento definitivo di applicazione dell’indulto. 2.2 Sotto diverso profilo, ritiene il Collegio di non poter condividere la qualificazione, operata dal ricorrente, del criterio di conversione nell’ergastolo della pena superiore a ventiquattro anni come uno degli effetti penali della condanna, come tali esclusi dall’ambito di operatività dell’indulto, secondo la previsione testuale dell’art. 174 c.p., comma 2 con tale locuzione s’intende generalmente riferirsi alla conseguenze sfavorevoli, ricollegabili in via automatica e necessaria ad una pena principale, inflitta nella decisione giudiziale di condanna. Nel caso disciplinato dall’art. 73 c.p., comma 2, non è la condanna a pena detentiva temporanea in misura ivi prevista a determinarne di per sé la commutazione in pena di specie e durata diversa, ossia nell’ergastolo, ma la ricorrenza di una fattispecie complessa, caratterizzata dalla contestuale eseguibilità di due o più condanne irrevocabili, comportanti ciascuna un trattamento puniti superiore alla soglia dei ventiquattro anni. Inoltre, la punizione nella forma della reclusione per una durata temporanea costituisce l’oggetto e l’effetto principale della condanna, non una sua conseguenza secondaria deve dedursi che la disposizione in esame esprime piuttosto un criterio legale inderogabile di determinazione della pena, sottratto a valutazione discrezionale del giudice, tenuto ad osservarlo, tanto in fase di cognizione, quanto in quella esecutiva. Come segnalato dall’attenta difesa del F. , in nessuna delle pronunce di legittimità che si sono occupate degli effetti penali della condanna sotto il profilo della loro sottrazione alle conseguenze estintive prodotte dall’indulto a norma dell’art. 174 c.p., si è mai trattato il tema del criterio di conversione nell’ergastolo di più pene detentive temporanee superiori ai ventiquattro anni di reclusione in altri termini, sono note applicazioni della regola in questione soltanto in riferimento alla valorizzazione della condanna ai fini del riconoscimento della recidiva sez. 1, n. 48405 del 12/04/2017, F, rv. 271415 sez. 2, n. 34147 del 30/04/2015, P.G. in proc. Agostino e altri, rv. 264629 , del diniego sez. 4, n. 31614 del 29/03/2018, Oliva, rv. 273080 o della revoca della sospensione condizionale della pena sez. 1, n. 5689 del 10/06/2014, dep. 2015, Mercurio, rv. 262464 sez. 1, n. 18124 del 06/05/2010, De Feudis, rv. 247079 sez. 1, n. 39547 del 18/10/2007, P.M. in proc. Seferovic, rv. 237755 , dell’impartizione dell’ordine di demolizione delle opere edilizie abusive Sez. 3, n. 36384 del 07/07/2015, Di Palma, rv. 264735 . 2.3 Ritiene il Collegio di dover dissentire anche dall’assunto, proposto dal ricorrente, che nega al meccanismo di commutazione di cui all’art. 73 c.p., comma 2, l’effetto di dare luogo ad un’ipotesi di cumulo giuridico di pene concorrenti al fine di sconfessare il criterio seguito dal giudice dell’esecuzione, che ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale, formatosi ai fini della corretta applicazione dell’art. 78 c.p., comma 1, per il quale l’ordine di operazioni che presiedono alla determinazione della pena unica da eseguire prevede lo scorporo dal cumulo materiale delle pene estinte per indulto o per altra causa, quindi l’applicazione della regola calmieratrice del cumulo giuridico col limite massimo di trenta anni di reclusione, oppure del quintuplo della pena più grave. Al contrario, sia il dato letterale, sia la collocazione sistematica dell’art. 73 c.p. convince che la disposizione contempla un sistema di conversione automatica delle pene detentive temporanee concorrenti della stessa specie, inflitte in situazione di concorso di reati, che realizza un cumulo giuridico perché, in luogo della esecuzione di due o più condanne alla reclusione superiore a ventiquattro anni mediante sommatoria aritmetica delle loro rispettive durate, ne prevede, la sostituzione con l’ergastolo. Per tale ragione questa Corte ha ritenuto che all’ergastolo determinato quale cumulo giuridico ai sensi dell’art. 73 c.p., comma 2, non sia applicabile l’isolamento diurno di cui all’art. 72 c.p., comma 2, in caso di ulteriore cumulo con pena detentiva superiore ad anni cinque sez. 1, n. 38052 del 17/07/2017, Alfiero, rv. 270978 sez. 1, n. 24925 del 14/05/2014, Mal, rv. 262134 . Viene quindi meno la ragione per escludere l’ordine già citato di operazioni da compiere ai fini dell’applicazione dell’indulto nel rispetto del criterio specificamente dettato dall’art. 174 c.p., comma 2, per il quale nel concorso di più reati, l’indulto si applica una sola volta, dopo Cumulate le pene, secondo le norme concernenti il concorso dei reati , criterio interpretato in modo pacifico da questa Corte di legittimità nel senso che, nel determinare ai sensi dell’art. 663 c.p.p. la pena da eseguirsi nel caso di esistenza, a carico del medesimo soggetto, di pene temporanee detentive concorrenti, inflitte con più sentenze o decreti di condanna, il giudice dell’esecuzione deve dapprima scorporare dal cumulo materiale la somma delle pene estinte per indulto, in quanto non più concretamente eseguibili per l’intervento della causa estintiva, e solo successivamente applicare il criterio moderatore del cumulo giuridico sez. 1, n. 32017 del 17/05/2013, Giuliano, rv. 256296 sez. 1, n. 264 del 06/12/2007, dep. 2008, Bordoni, rv. 238773 sez. 1, n. 46279 del 13/11/2007, Patanè, rv. 238427 . La ratio di siffatto procedimento di computo è stata ravvisata nella considerazione che il criterio moderatore del cumulo giuridico opera quale temperamento legate del coacervo delle sole pene da eseguirsi effettivamente sez. 1, n. 31211 del 18/06/2004, Pernasetti, rv. 229799 , esigenza che si pone egualmente per il caso di applicazione sia della regola dettata dall’art. 78, che di quella dell’art. 73, comma 2. Nella prima ipotesi si intende altresì impedire che, con la posticipazione dell’applicazione dell’indulto dopo quella del criterio limitativo, il condannato possa beneficiare di una doppia decurtazione delle pene condonabili nella seconda, al contrario, che l’indulto già conseguito in via definitiva, come nel caso presente, venga del tutto vanificato dalla sottoposizione all’ergastolo in luogo delle pene detentive temporanee, pena perpetua che, salvo espressa disposizione contraria, non è estinguibile per condono, nemmeno applicato parzialmente sez. 1, n. 22760 del 22/05/2008, Parla, rv. 239886 sez. 1, n. 39531 del 04/10/2007, Scuto, rv. 237750 sez. 1, n. 35209 del 15/06/2007, Andriotta, rv. 237628 . Ebbene, nel caso di specie, correttamente il giudice dell’esecuzione, non ha proceduto al cumulo materiale o matematico di tutte pene inflitte con i tre distinti titoli esecutivi, in quanto quelle riguardanti i reati, giudicati con le sentenze sopra indicate sub a e c , non consentono di beneficiare dell’indulto si è dunque fatto luogo alla considerazione separata delle pene inflitte per i soli reati non ostativi tra quelli giudicati con la sentenza sub b con esclusione del delitto di estorsione aggravata, oggettivamente tenuto esente dalla causa estintiva, e, così sciolto il cumulo giuridico derivante dall’unificazione degli stessi per continuazione, si è applicato l’indulto sulla pena per il reato più grave di tentato omicidio con il conseguente abbassamento della pena unica complessiva sotto la soglia limite di ventiquattro anni. In tal modo si è offerta corretta applicazione al principio di cui all’art. 174 c.p. della considerazione cumulata delle sole pene condonabili, separate da quelle non estinguibili. Della correttezza della soluzione adottata convince anche il principio del favor rei, la cui valenza generale nell’ordinamento penale consente di riferirlo anche alla fase esecutiva ogni qual volta vi siano più opzioni decisorie praticabili, che si riflettono sul rapporto esecutivo ancora attuale del resto, questa Corte si è già pronunciata nel senso che Le norme concernenti il cumulo non si possono risolvere in un danno per l’imputato o il condannato e, pertanto, qualora gli effetti negativi dipendenti da singole pene non siano altrimenti determinabili se non in rapporto a una loro autonoma e distinta valutazione, le pene di cui si tratta riacquistano la loro individualità, previo scioglimento temporaneo e parziale del cumulo stesso sez. 1, n. 1054 del 07/05/1984, Di Pilato, rv. 164449 e sono note applicazioni del medesimo principio di favore per il condannato proprio in tema di indulto al fine di superare eventuali incertezze riguardanti i presupposti applicativi sez. 1, n. 11847 del 09/04/2014, dep. 2015, Villa e altro, rv. 262866 sez. 1, n. 5954 del 04/02/2009, P.M. in proc. Butelli, rv. 243352 . Si consideri poi che soluzione analoga, seppur non specificamente argomentata, è rinvenibile nella sentenza sez. 1, n. 6560 del 18/01/2011, Corio, rv. 249801, che, nell’affrontare un caso di applicazione dell’art. 73 c.p., comma 2, ha testualmente stabilito la correttezza della disposta sostituzione dell’ergastolo quale cumulo giuridico in luogo di due pene della reclusione superiori a ventiquattro anni al netto dell’applicazione di provvedimenti di clemenza , affermazione non incidentale, ma fondante il rigetto del ricorso che lamentava l’erroneità del relativo ordine di esecuzione conforme anche sez. 5, n. 21744 del 27/03/2009, Colafigli . Del pari, anche sez. 1, n. 13042 del 09/01/2015, Farina, rv. 263093, ha affermato analogo principio, sia pure riferito a pena non eseguibile per ragione diversa dalla sua estinzione, sostenendo che Poiché il provvedimento di cumulo e di esecuzione di pene concorrenti emesso dal pubblico ministero - in relazione al quale deve trovare applicazione la regola stabilita dall’art. 73 c.p., comma 2 per cui, quando concorrono più delitti separatamente giudicati per ciascuno dei quali sia stata inflitta la pena della reclusione non inferiore a 24 anni, si applica la pena dell’ergastolo regola che prevale su quella contenuta nell’art. 78 c.p. che fissa nella misura di 30 anni il limite massimo della pena della reclusione in caso di concorso di reati che importino l’irrogazione di più pene detentive temporanee Sez. 1 n. 6560 del 18/01/2011, Rv. 249801 - deve necessariamente avere per oggetto la pena che deve essere espiata dal condannato, in esso non possono essere incluse quelle pene che non siano ancora suscettibili di essere poste in esecuzione, come si verifica nel caso della pena che sia stata inflitta con una sentenza di condanna pronunciata per un reato per il quale non è stata concessa l’estradizione . In conclusione, non ritiene il Collegio di potersi discostare dall’indirizzo già emerso nella giurisprudenza di legittimità e correttamente osservato anche dal giudice di merito, dovendosi formulare il seguente principio di diritto La disposizione di cui all’art. 73 c.p., comma 2, laddove stabilisce che, quando concorrono più delitti per ciascuno dei quali sia stata inflitta la pena della reclusione non inferiore a ventiquattro anni, si applica la pena dell’ergastolo, detta un criterio legale di commisurazione della pena, vincolante ed automatico per il giudice, sia nel giudizio di cognizione quando il processo riguardi cumulativamente delitti per i quali la pena sia determinata in entità superiore a quel limite, sia nella fase esecutiva e la sostituzione dell’ergastolo alle pene detentive temporanee concorrenti non realizza un altro effetto penale della condanna . Per le considerazioni svolte il ricorso va respinto. P.Q.M. rigetta il ricorso.