Contraffazione del marchio e confondibilità: la Cassazione fa il punto

Decidendo sul ricorso proposto dal titolare e dal licenziatario del noto marchio Moncler, gli Ermellini richiamano i consolidati principi giurisprudenziali in tema di sussistenza del reato di contraffazione del marchio.

Sul tema la sentenza n. 40324/19, depositata il 2 ottobre. La vicenda. La Corte d’Appello di Lecce assolveva, in riforma della pronuncia di primo grado, due imputati dai reati di ricettazione e detenzione per la vendita di merce con marchio contraffatto perché il fatto non sussiste. Il titolare ed il licenziatario del marchio contraffatto hanno proposto ricorso per cassazione dolendosi, tra l’altro, per aver il giudice escluso la sussistenza della contraffazione ritenendo che il marchio usato dagli imputati non potesse generare confusione, nonostante la giurisprudenza ritenga integrato il reato quando vi è l’utilizzo illegittimo, totale o parziale, di un marchio precedentemente registrato, che nel caso di specie risultava peraltro acquisito come prova documentale. Sussistenza del reato. Il Collegio sottolinea che la circostanza della registrazione del marchio sia indifferente ai fini della configurazione del reato, in virtù del carattere autonomo del diritto penale e in forza dell’orientamento giurisprudenziale che ha pacificamente affermato che il reato di cui all’art. 473 c.p., nel caso di marchio registrato, può ritenersi sussistente ove siano ravvisabili gli elementi della materiale contraffazione o alterazioni dell’altrui marchio. Tali condotte sono descritte, rispettivamente, come riproduzione integrale o parziale del marchio originale idonea comunque a creare confusione con il marchio originale. Il requisito della confondibilità non deve essere riferito al momento dell’acquisto e nella prospettiva dell’acquirente, ma va verificato nel rapporto di comparazione con il marchio genuino . Viene dunque ribadito il principio secondo cui ai fini della configurabilità del reato di contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni art. 473 c.p. , nessun rilievo spiega la cosiddetta contraffazione grossolana, considerato che il bene tutelato in via principale e diretta dalla fattispecie incriminatrice non è la libera determinazione dell’acquirente ma la fede pubblica intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione . In conclusione, avendo la sentenza impugnata erroneamente applicato i principi richiamati, la Suprema Corte accoglie il ricorso delle parti civili e annulla, limitatamente alle statuizioni civili, la pronuncia impugnata con rinvio al giudice civile competente in grado d’appello.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 7 giugno – 2 ottobre 2019, n. 40324 Presidente De Crescienzo – Relatore Saraco Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 25 ottobre 2017 la Corte di appello di Lecce, in riforma della sentenza del Tribunale di Lecce, ha assolto D.C. e J.B. dai reati di ricettazione e detenzione per la vendita di merce con marchio contraffatto loro rispettivamente ascritti perché il fatto non sussiste. 2. Le parti civili Moncler s.p.a. e Industries s.p.a., nella loro rispettiva qualità di titolare e licenziatario di tutti i marchi Moncler, propongono ricorso per cassazione a mezzo del loro difensore e deducono i seguenti vizi 2.1. Erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , in relazione all’art. 474 c.p Si sostiene che la Corte di appello ha erroneamente escluso la sussistenza del reato di contraffazione ritenendo che il marchio oggetto del giudizio non potesse ingenerare confusione, così valorizzando un elemento solo eventuale della fattispecie che non si pone come discrimine per l’integrazione del reato e non applicando il criterio oggettivo previsto dall’interpretazione autentica della Corte Suprema, secondo cui il reato sussiste quando vi è l’utilizzo illegittimo, totale o parziale, del marchio precedentemente registrato . A sostegno dell’assunto vengono riportate una serie di sentenze della Corte di cassazione al fine di evidenziare come l’affidamento del singolo non sia l’oggetto della tutela della norma incriminatrice, bensì la fede pubblica, così restando irrilevante l’eventuale grossolanità del falso. 2.2. Vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e . A tal proposito si premette che risultavano acquisiti quali prove documentali i marchi registrati Moncler a campana piena e a Campana Vuota , entrambi di notorietà internazionale e di rilevanza autonoma che sono stati acquisiti al dibattimento le fotografie dei capi di abbigliamento in sequestro, aventi il marchio che riproduce la campana Moncler protetta dai marchi registrati prima richiamati. Sulla base di tali premesse, viene denunciata la contraddittorietà della motivazione rispetto alle emergenze processuali, là dove si nega la contraffazione della campana Moncler che, invece, emerge evidente una volta acquisita la registrazione del marchio e alla luce della sua palese riproduzione nel marchio dei beni in sequestro. La sentenza impugnata viene ulteriormente censurata osservandosi che è illogica nella parte in cui esclude il reato sulla base dell’assenza di fatture, mentre proprio tale dato dimostra l’irregolarità della gestione dei capi d’abbigliamento che manca di motivazione con riguardo al prezzo della merce che afferma contraddittoriamente che la contraffazione è data per scontata dal Tribunale, là dove, invece, essa è ricavata dal giudice del primo grado con motivazione puntuale che valorizza i rilievi fotografici, dalla cui osservazione ricavava, in particolare, la riproduzione della campana con la stessa forma e dimensione di quella Moncler che non si confronta con la sentenza di primo grado che considera la campana solo una forma, così trascurando la normativa in materia di marchi e non tenendo in considerazione che essa, invece, è un marchio registrato che non destruttura l’impianto probatorio valorizzato nella sentenza di primo grado che omette di motivare sulle statuizioni civili. 3. Il 20/05/2019 è pervenuta memoria difensiva in favore di J.B. con la quale si deduce 3.1. L’inammissibilità del ricorso per la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 3, e del principio di autosufficienza. A tal riguardo, la difesa dell’imputato obietta che entrambi i motivi esposti attengono a una diversa ricostruzione del merito che, in quanto tale, è inammissibile nel giudizio di legittimità che il ricorrente, pur lamentandosi del contenuto di specifici atti, omette di sostenere la validità degli assunti con la loro completa trascrizione. Puntualizza, comunque, che la posizione di J.B. non è collegata a quella delle parti civili, visto che presso il suo negozio non venivano sequestrati capi di abbigliamento accusati d’essere la contraffazione del marchio Moncler e ove si consideri che le fatture acquisite al processo dimostrano che D. acquistava tale merce presso Hangar 93 s.a.s. di L.G. & amp Co. 3.2. L’infondatezza del motivo di ricorso che denuncia la violazione di legge. La difesa osserva che l’art. 474 c.p. incrimina la riproduzione integrale, in tutta la sua configurazione emblematica e denominativa di un marchio o di un segno distintivo ovvero la riproduzione parziale, ma in modo da poter ingenerare confusione con il segno distintivo protetto, ovvero, ancora, ogni riproduzione che, per quanto non perfetta, sia idonea a dare l’apparenza del marchio originale. Sulla base di tale osservazione sostiene l’insussistenza di tali requisiti nel caso concreto, atteso che il marchio è inidoneo a creare confusione con i marchi registrati da Moncler s.p.a. e Industries s.p.a. giacché è distinguibile sia dal marchio a Campana Piena sia da quello a Campana vuota e, inoltre, ha caratteristiche che gli attribuiscono una propria peculiare e distinta identità, che lo pone al di sotto della soglia del c.d. falso grossolano. 3.3. L’infondatezza dei lamentati vizi di motivazione. La difesa dell’imputato difende la correttezza della motivazione, osservando che il fascicolo fotografico riguarda i capi di abbigliamento sequestrati presso il negozio di D. e ribadendo che il marchio omissis non era idoneo a ingenerare confusione. La difesa rimarca l’infondatezza delle doglianze mosse con riguardo all’omessa motivazione sulle statuizioni civili, in realtà assenti in ragione dell’assoluzione. 4. All’udienza del 7 giugno 2019 sono state prodotte memorie difensive nell’interesse di D.C. . 4. Il Procuratore generale, all’odierna udienza, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. I due motivi, attenendo al comune tema dei requisiti richiesti per la configurabilità del delitto di cui all’art. 474 c.p., comma 2, in combinazione con l’art. 473 c.p., possono essere esaminati congiuntamente. 1.1. Vanno preliminarmente rilevati alcuni punti che non risultano messi in discussione all’esito delle due sentenze di merito e che possono essere individuati nel fatto che le odierne ricorrenti hanno registrato i marchi denominati a Campana piena e a Campana vuota e che il marchio riportato sulla merce sequestrata riproduce esattamente la forma di detta campana, ma è riempita con scritte differenti rispetto a quelle caratterizzanti il marchio Moncler. La circostanza non viene messa in dubbio neanche dalla difesa dell’imputato che pone l’accento soltanto sulla necessità che il marchio sia falsificato nella sua interezza al fine di ritenere configurata la contraffazione ovvero sulla necessità che esso sia confondibile, ma non contrasta l’assunto dei ricorrenti nella parte in cui rilevano l’identità tra la campana registrata da Moncler e la campana utilizzata nel marchio . A fronte di questa ricostruzione pacifica del fatto storico in entrambi i gradi di merito, purtuttavia il Tribunale e la Corte di appello pervengono a conclusioni differenti. 1.1.1. Il Tribunale, infatti, ha ritenuto sussistente una contraffazione, osservando che per la sua configurazione non è necessario che il prodotto in questione abbia un aspetto tale da indurre o poter indurre in inganno l’acquirente non tutelando la norma in questione la buona fede del consumatore , bensì è sufficiente che esso presenti fattezze tali da poter essere manifesta e servile imitazione decisamente riferita dal suindicato teste operante di Polizia Giudiziaria L.A. , n.d.e. ed agevolmente rilevabile anche dalle fotografie in atti, riconosciute dal predetto teste come riproducenti la merce in oggetto , poco importano eventuali sfumature differenti mantenute dagli autori per tentare di invocare l’impunità, decisamente e pacificamente esclusa dalla consolidata giurisprudenza di legittimità per tutti i casi -come quello di specie di riproduzione di marchio o segno distintivo idonea ad evocare l’immagine dell’originale, pur parzialmente differente che quanto al marchio contraffatto Moncler , ciò che si evince dai prodotti rilievi fotografici, ossia la riproduzione di una campana delle stesse forme e dimensioni di quella originale, con all’interno della base una scritta semicircolare come l’originale , sovrastata da una figura blu e rossa, composta di due semifigure praticamente simmetriche intersecantesi fra loro nel centro della campana come nell’originale , poca rilevanza lascia -con evidenza al fatto che la scritta, peraltro minuscola su qualsiasi capo d’abbigliamento, non sia composta delle stesse identiche lettere di quella originale, o che la figura, anch’essa di dimensioni più che ridotte, non abbia tratti perfettamente identici all’originale . 1.1.2. La Corte di appello, dal suo canto, ha osservato che anche il marchio risulta regolarmente registrato e che esso deve ritenersi diverso rispetto a quello Moncler proprio in ragione delle scritte contenute all’interno della campana, differenti e non confondibili rispetto a quello delle parti civili. I magistrati dell’appello aggiungono che le stesse parti civili non hanno documentato alcuna iniziativa intesa a inibire il marchio della , così come registrato che i prodotti in questione venivano venduti da B. e da D. nella ordinaria commercializzazione , in quanto entrambi svolgevano regolare attività commerciale con normale esposizione dei capi in vendita . 2. Il Collegio osserva come la circostanza della registrazione del marchio , valorizzata dalla Corte di appello, sia un dato indifferente ai fini della configurazione del reato, in ragione del carattere autonomo del diritto penale e in forza del costante orientamento della Corte di cassazione che ha pacificamente affermato che il reato di cui all’art. 473, c.p., nel caso di marchi regolarmente registrati, può ritenersi astrattamente sussistente ove siano ravvisabili i connotati della condotta descritta dalla norma incriminatrice ora richiamata Sez. 5, Sentenza n. 51754 del 02/10/2018, Fabbri, Rv. 274438 Sez. 1, Sentenza n. 30774 del 09/09/2015, Baccalaro, Rv. 267509 Sez. 5, Sentenza n. 10193 del 09/03/2006, Tiburzi, Rv. 234241 , ossia la materiale contraffazione o alterazione dell’altrui marchio. Rv. 274438 Sez. 1, Sentenza n. 30774 del 09/09/2015, Baccalaro, Rv. 267509 Sez. 5, Sentenza n. 10193 del 09/03/2006, Tiburzi, Rv. 234241 , ossia la materiale contraffazione o alterazione dell’altrui marchio. È stato inoltre chiarito che tali due condotte consistono, rispettivamente, nella riproduzione integrale o nella riproduzione parziale del marchio originale, con la precisazione che, in tale ultimo caso, la riproduzione deve essere di consistenza comunque idonea a creare la confusione con il marchio originale Sez. 5, n. 38068 del 09/03/2006, Lauri, Rv. 233072 . Bisogna ulteriormente precisare che il requisito di confondibilità affermato dal richiamato orientamento giurisprudenziale non va riferito al momento dell’acquisto e alla prospettiva dell’acquirente, ma va verificato nel rapporto di comparazione con il marchio genuino. Ciò in quanto l’interesse del singolo acquirente, infatti, non rappresenta l’oggetto della tutela giuridica apprestata dalla norma penale di riferimento. Come affermato, infatti, dal prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’interesse giuridico tutelato dagli artt. 473 e 474 c.p., è innanzitutto . la pubblica fede in senso oggettivo, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi che individuano le opere dell’ingegno o i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione, e non l’affidamento del singolo, sicché, ai fini dell’integrazione dei reati non è necessaria la realizzazione di una situazione tale da indurre il cliente in errore sulla genuinità del Prodotto Sez. 5, Sentenza n. 18289 del 27/01/2016, Volponi, Rv. 267119 Sez. 2, Sentenza n. 28423 del 27/04/2012, Fabbri, Rv. 253417 Sez. 2, Sentenza n. 28423 del 27/04/2012, Fabbri, Rv. 253417 . Va ulteriormente specificato che il reato di cui all’art. 473 c.p., ha natura di reato plurioffensivo, destinato a tutelare non solo quel particolare bene giuridico, di natura immateriale e collettiva, rappresentato dalla pubblica fede, ma anche altri beni meritevoli di protezione, quali le privative sui marchi registrati, l’interesse alla regolarità del commercio e dell’industria e, più in generale, l’economia nazionale, secondo una condivisibile tendenza volta ad assicurare effettività ai principi costituzionali in materia di iniziativa economica e di proprietà privata Sez. 5, Sentenza n. 18289 del 27/01/2016, Volponi, Rv. 267119 sulla portata plurioffensiva dei reati contro la fede pubblica in generale, cfr. Sezioni Unite, Sentenza n. 46982 del 25/10/2007, Pasquini, Rv. 237855 . Vale, allora, ribadire che ai fini della configurabilità del reato di contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni art. 473 c.p. , nessun rilievo spiega la cosiddetta contraffazione grossolana, considerato che il bene tutelato in via principale e diretta dalla fattispecie incriminatrice, non è la libera determinazione dell’acquirente, ma la pubblica fede, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione. Si tratta, pertanto, di un reato di pericolo per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno e nemmeno ricorre l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno, similmente a quanto richiesto per l’ipotesi del reato di cui all’art. 474 c.p., considerato che ferma la diversità della condotta caratterizzanti le due fattispecie, la res oggetto della condotta è la medesima, di guisa che ricorrendo la eadem ratio si applica analogo principio Sez. 5, Sentenza n. 10193 del 09/03/2006, Pascale, Rv. 234241 Sez. 5, Sentenza n. 5260 del 11/12/2013, Faje, Rv. 258722 . L’individuazione esclusivamente del marchio oggettivamente inteso quale bene giuridico protetto in via secondaria, importa l’irrilevanza dei contesti commerciali nei quali i prodotti con il marchio contraffatto vengono diffusi ovvero le modalità della loro circolazione. Con particolare riferimento alle modalità di comparazione dei marchi, ai fine della valutazione del requisito della confondibilità inteso nel senso sopra precisato, risulta utile fare riferimento ai principi fissati dalla Cassazione civile, che ha spiegato che in tema di tutela del marchio, l’apprezzamento sulla confondibilità fra segni distintivi similari deve essere compiuto . non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata valutazione di ogni singolo elemento, ma in via globale e sintetica, con riguardo, cioè, all’insieme degli elementi salienti grafici, fonetici e visivi -, nonché tenendo conto che, ove si tratti di marchio forte . , detta tutela si caratterizza per una maggiore incisività, rispetto a quella dei marchi deboli , poiché rende illegittime le variazioni, anche se rilevanti ed originali, che lascino sussistere l’identità sostanziale del nucleo ideologico in cui si riassume l’attitudine individuante in tema di tutela del marchio, l’apprezzamento sulla confondibilità fra segni distintivi similari deve essere compiuto dal giudice di merito le cui valutazioni si sottraggono al controllo di legittimità se congruamente e correttamente motivate non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata valutazione di ogni singolo elemento, ma in via globale e sintetica, con riguardo, cioè, all’insieme degli elementi salienti grafici, fonetici e visivi -, nonché tenendo conto che, ove si tratti di marchio forte in quanto frutto di fantasia senza aderenze concettuali con i prodotti contraddistinti , detta tutela si caratterizza per una maggiore incisività, rispetto a quella dei marchi deboli , poiché rende illegittime le variazioni, anche se rilevanti ed originali, che lascino sussistere l’identità sostanziale del nucleo ideologico in cui si riassume l’attitudine individuante Cass. Civile, Sez. 1, Sentenza, n. 10205 del 18/12/2018, dep. 11/04/2019 Sez. 1, Sentenza n. 1249 del 18/01/2013, Rv. 624851 Sez. 1, Sentenza n. 4405 del 28/02/2006, Rv. 589976 Sez. 1, Sentenza n. 17671 del 29/07/2009, Rv. 609779 . 3. Così delineati i principi giuridici di riferimento, si rileva come la Corte di appello li abbia disattesi tutti, per come fondatamente eccepito dalle società ricorrenti. Anzitutto fa ricorso a un principio di confondibilità orientato verso l’acquirente, là dove scrive non si ritiene di condividere che gli stessi i marchi n.d.e. avessero un aspetto tale da indurre in inganno l’acquirente perché surrogato degli originali , così dimenticando che il bene giuridico protetto in via primaria è la fede pubblica, con la conseguente irrilevanza della idoneità del marchio a confondere l’acquirente. Inoltre, al fine di supportare tale confondibilità attua una comparazione tra i marchi di carattere analitico, ponendo l’accento sulle scritte contenute all’interno della campana, così trascurando di considerare il risultato d’insieme che proviene dalla utilizzazione di detta campana che, oltre a essere un marchio registrato dalla Moncler -sia piena che vuota-, deve altresì considerarsi un cd marchio forte, per la indiscussa diffusione internazionale e per la sua esclusiva identificabilità con il marchio Moncler, a prescindere dalle scritte contenute al suo interno. I Magistrati dell’appello, peraltro, escludono la sussistenza del fatto valorizzando le modalità di commercializzazione dei beni, ossia circostanze che, come visto, non interferiscono con la configurazione del reato. Vale infine rimarcare come, al contrario, il giudice del primo grado abbia fatto corretta applicazione di tutti i principi di diritto sopra richiamati. 4. La sentenza dell’appello va, dunque, annullata limitatamente alle statuizioni civili, visto che il ricorso è proposto dalle parti civili e riguarda esclusivamente l’azione civile. L’annullamento, peraltro, va disposto con rinvio al giudice civile competente in grado d’appello, ai sensi dell’art. 622 c.p.p P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili con rinvio al giudice civile competente in grado di appello. Spese al definitivo.