L’ipotesi della lieve entità, tra dato quantitativo e offensività nel suo complesso

In tema di sostanze stupefacenti, l’ipotesi di minore rilievo della lieve entità della condotta si configura valutando complessivamente il dato quantitativo della sostanza ceduta e le potenzialità offensive della condotta nel suo complesso, potendo le modalità dell’azione comprovare la capacità dell’autore di diffondere in modo non episodico, né occasionale, la sostanza stupefacente.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 39323/19, depositata il 25 settembre. Il caso. Il ricorrente era stato condannato per illecita detenzione di circa 70 grammi di marijuana era stata concessa la sospensione condizionale della pena subordinata alla prestazione di attività non retribuita in favore della collettività per un tempo pari alla pena inflitta. Ricorreva in cassazione deducendo plurimi motivi di impugnazione. La droga non era per uso personale. Disattesa la difesa che voleva che la sostanza stupefacente fosse destinata ad esclusivo uso personale. La Corte di legittimità afferma che la valutazione in ordine alla destinazione della droga deve essere effettuata dal giudice di merito tenuto conto di tutte le circostanze soggettive e oggettive del fatto. il dato quantitativo e le altre circostanze. Vero è che il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto, unitamente al superamento dei limiti tabellari, non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, in quanto il giudice deve valutare globalmente, se, insieme al dato quantitativo le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione. Nel caso di specie, però, oltre alla quantità, lo stupefacente era occultato insieme a un bilancino di precisione, in tre contenitori separati in un armadio nella casa di abitazione. Inoltre, sono stati valutati la ritrosia dell’imputato – che non risultava essere abituale assuntore di stupefacenti – nel dar conto delle circostanze del presunto acquisto nonché la precarietà lavorativa dello stesso che contraddiceva l’affermazione secondo cui la droga sarebbe stata acquistata per uso personale per formare una scorta semestrale. La spiegazione alternativa non regge. L’imputato, tra l’altro, sosteneva che il bilancino di precisione, oggetto rientrante nello strumentario tipico dello spacciatore, sarebbe stato necessario per controllare l’onestà del fornitore affermava inoltre la necessità di formare una scorta, poiché l’approvvigionamento della sostanza stupefacente era difficile nel luogo dove viveva. Ma la spiegazione alternativa, in sostanza, secondo i giudici, rappresenta una congerie di giustificazioni non plausibili, ovvero di mere congetture e di postulati privi di dimostrazione, specie a fronte di elementi oggettivi univoci e significativi, quali il quantitativo di droga rinvenuta, lo strumentario tipico dello spacciatore per il confezionamento delle dosi e le modalità di detenzione della sostanza stupefacente. Ipotesi del quinto comma? L’imputato ha sostenuto la scarsa offensività della condotta, ma anche questo profilo è privo di fondamento. La valutazione di offensività non può infatti essere ancorata ad un comportamento collaborativo del reo post delictum , ma deve essere correlata alla concreta offensività della condotta, desunta dai canoni espressamente indicati dalla norma, vale a dire la qualità e la quantità della sostanza e le modalità e le circostanze dell’azione, elementi tutti da valutarsi unitariamente. La condotta non è di lieve entità. Nel caso concreto i giudici non hanno attribuito credito alla tesi dell’acquisto per uso personale e hanno negato l’ipotesi prevista dal quinto comma dell’art. 73 d.p.r. stup. perché hanno ritenuto rilevante il quantitativo di stupefacente, valutato insieme alla detenzione del bilancino di precisione. È legittimo il mancato riconoscimento della lieve entità qualora la singola cessione di una quantità modica, o non accertata, di droga costituisca manifestazione effettiva di una più ampia e comprovata capacità dell’autore di diffondere in modo non episodico, né occasionale, sostanza stupefacente, non potendo la valutazione dell’offensività della condotta essere ancorata al solo dato statico della quantità volta per volta ceduta, ma dovendo essere frutto di un giudizio più ampio che coinvolga ogni aspetto del fatto nella sua dimensione oggettiva, integrando potenzialità offensiva e diffusibilità della condotta. Nel caso concreto, i Giudici di merito non si sono limitati al mero dato quantitativo, anche se di per sé significativo, ma hanno valutato anche gli altri parametri, escludendo la fattispecie della lieve entità. Il ricorso è dunque infondato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenze 27 giugno – 25 settembre 2019, n. 39323 Presidente Andreazza – Relatore Cerroni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 14 dicembre 2017 la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del 21 giugno 2017 del Tribunale di Torre Annunziata, in forza della quale F.F. - stante l’illecita detenzione di circa 70 grammi di marijuana - era stato condannato in esito a giudizio abbreviato alla pena di anni uno mesi quattro di reclusione ed Euro 4000 di multa per il reato di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 4, ha concesso all’imputato la sospensione condizionale della pena subordinata alla prestazione di attività non retribuita in favore della collettività per un tempo pari alla pena inflitta. 2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione articolato su quattro motivi di impugnazione. 2.1. Col primo motivo il ricorrente ha osservato che la Corte territoriale, quanto alla destinazione dello stupefacente rinvenuto ad uso non personale, non si era confrontata con i motivi di gravame, laddove era stata sottolineata l’inidoneità del materiale probatorio a giustificarne la condanna. Nè il solo dato ponderale era sufficiente a ritenere la destinazione non personale della sostanza, atteso che non potevano rivestire valore in tal senso nè il numero delle confezioni, di per sé non significativo ai fini di una destinazione allo spaccio, nè il rinvenimento di un bilancino, tale da consentire la verifica ed il controllo della sostanza acquistata. Al contempo, non erano stati rintracciati numeri telefonici o comunque elenchi di clienti, indispensabili per l’eventuale spaccio in una zona strettamente controllata dalle Forze dell’ordine come la Penisola Sorrentina, mentre era ben comprensibile la ritrosia dello stesso imputato nel fornire dettagli circa l’acquisto della droga, le cui quantità ritrovate davano conto dell’avvenuta creazione di una scorta, date le locali difficoltà di approvvigionamento. Nè rilevava la mancata iscrizione al Sert, mentre lo stipendio percepito dal ricorrente era tale da consentirgli l’acquisto della sostanza, a nulla rilevando la cessazione - temporanea - del rapporto lavorativo. In definitive, secondo il ricorrente, l’attività di spaccio non era stata provata al di là di ogni ragionevole dubbio. 2.2. Col secondo motivo il ricorrente, tenuto altresì conto della sola effettuazione del narcotest, ha osservato che la fattispecie di cui all’art. 73, comma 5 cit. ben poteva essere ritenuta esistente anche in ipotesi di cd. piccolo spaccio, mentre al contrario la Corte territoriale aveva negato detto riconoscimento basandosi esclusivamente sul quantitativo di stupefacente caduto in sequestro, nonostante che un quantitativo di 70 grammi di marijuana fosse pienamente compatibile con una ridotta circolazione nonché con guadagni limitati. Escluso il ritrovamento del bilancino, alcun altro elemento era stato rinvenuto al fine di ritenere le ipotesi di cui all’art. 73, commi 1 e 2. 2.3. Col terzo motivo, stante la contestazione della recidiva specifica e reiterata, vi era palese erroneità al riguardo atteso che erano intervenute tre condanne con decreto penale alla pena dell’ammenda, mentre l’unica condanna rilevante avrebbe dovuto giustificare la sola recidiva semplice. Ciò aveva comunque inciso sul trattamento sanzionatorio stante la mancata concessione delle attenuanti generiche, laddove la Corte territoriale aveva giustificato il diniego di tale riconoscimento in considerazione della pretesa esistenza di tre precedenti penali specifici, laddove al contrario di ciò non poteva parlarsi in relazione alla fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 75-bis, comma 6. 2.4. Infine, col quarto motivo, è stato dedotto che andava comunque detratto il periodo di mesi cinque giorni ventiquattro trascorso in detenzione domiciliare, per cui esso non doveva venire computato nell’attività in favore della collettività. 3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 4. Il ricorso è infondato. 4.1. Per quanto concerne il primo profilo di censura, la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione da ult., Sez. 4, n. 7191 del 11/01/2018, Gjoka, Rv. 272463 . In proposito, il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto - e l’eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73-bis, comma 1, lett. a , - non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili , le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione Sez. 3, n. 46610 del 09/10/2014, Salaman, Rv. 260991 . Al riguardo, non illogicamente il provvedimento impugnato ha peraltro ricordato altresì l’occultamento dello stupefacente, accanto ad un bilancino di precisione, in tre contenitori separati in un armadio nella casa di abitazione. Oltre a ciò, la Corte territoriale ha così sottolineato l’illogicità dell’affermazione secondo cui la droga sarebbe stata acquistata - tra l’altro in due tranches - per formare una scorta per sei mesi , tenuto invero conto della precarietà lavorativa dell’interessato solamente in sede di ricorso per cassazione il ricorrente ha invero allegato la disponibilità del datore di lavoro di procedere a nuova assunzione ad tempus dello stesso ricorrente, in caso di rimessione in libertà , nonché della ritrosia dell’imputato, che non risultava essere assuntore abituale di sostanza stupefacente, nel dare conto delle circostanze dell’acquisto dello stupefacente stesso. D’altronde il ricorrente ha invocato una spiegazione alternativa il bilancino di precisione, unico elemento rinvenuto nell’ambito dello strumentario tipico dello spacciatore, sarebbe stato necessario per eventualmente contestare al fornitore una somministrazione di stupefacente non conforme agli accordi, anche allo scopo di non più contattarlo le affermate difficili condizioni di approvvigionamento di droga nella Penisola Sorrentina avrebbero suggerito l’acquisto a mò di scorta alcunché sarebbe stato ricavato dal cellulare nella disponibilità del ricorrente, nonostante la possibilità in loco di contatti solo telefonici tra fornitore ed acquirenti la mancata evidenza come consumatore abituale sarebbe stata giustificata dall’attento consumo dello stupefacente che non è in grado di attingere le oggettività evidenziate, che in parte si presenta inverosimile e che comunque allega circostanze del tutto prive di riscontro ed ancor meno dotate di sicura ricaduta fattuale. Tant’è che il primo Giudice, con passaggio non espressamente censurato, ebbe anche ad osservare che, a fronte del fantomatico doppio acquisto di stupefacenti, l’imputato non aveva palesato alcun impedimento ad effettuare successivi singoli acquisti. Per vero l’imputato ha ascritto le proprie disgrazie al solo deteriorarsi dei rapporti con la propria convivente, che male avrebbe sopportato l’uso dello stupefacente da parte dell’odierno ricorrente e che certamente , per liberarsene, ne aveva fatto oggetto di denuncia anonima. In tal senso, peraltro, la donna avrebbe posto in essere una condotta talmente peculiare che - in luogo di chiudere semplicemente una relazione affettiva - avrebbe potuto ritorcersi contro la stessa asserita denunciante, atteso che lo stupefacente è stato in effetti rinvenuto nell’abitazione di costei. In definitiva, a fronte di elementi oggettivi univoci e significativi, quali il quantitativo della droga, il rinvenimento di strumentario che lo spacciatore tipicamente utilizza per il confezionamento delle dosi e le modalità di detenzione dello stupefacente cfr. anche Sez. 4, n. 36755 del 04/06/2004, Vidonis, Rv. 229686 , tra l’altro conservato in contenitori di 48,5, 15,3 e 3,15 grammi che nulla avevano a che vedere con l’affermato misterioso acquisto frazionato in due circostanze, milita una congerie di giustificazioni non plausibili, ovvero di mere congetture e di postulati privi di dimostrazione. Nè l’avvenuta consegna dello stupefacente alle Forze di polizia, condotta che nella situazione data era priva di serie opzioni comportamentali, poteva assumere un significato particolarmente favorevole, e correttamente il provvedimento ne ha disconosciuto, ancorché implicitamente, il rilievo. 4.1.1. Ne consegue che la motivazione siccome resa non appare illogica, o quantomeno non può ravvisarsi alcuna illogicità manifesta. 4.2. In ordine al secondo profilo di impugnazione, ai fini del riconoscimento del reato di cui all’art. 73, comma 5, cit. la valutazione dell’offensività della condotta non può anzitutto essere ancorata al comportamento collaborativo del reo post delictum, ma deve essere correlata alla concreta offensività della condotta desunta dai canoni espressamente indicati dalla norma, cioè, la qualità e quantità della sostanza stupefacente e le modalità e circostanze dell’azione, elementi da valutarsi unitariamente, salva la netta preponderanza di uno di essi ai fini del giudizio Sez. 6, n. 3616 del 15/11/2018, dep. 2019, Capurso, Rv. 275044 . 4.2.1. Ciò posto, ed esclusa comunque ogni valenza alla pretesa collaborazione dell’imputato v. sub 4.1. ed infra , i Giudici del merito non hanno infatti attribuito credito all’acquisto di marijuana per affermata scorta personale semestrale ed a prescindere da ogni questione, peraltro non affrontata specificamente, in ordine al notorio deterioramento della sostanza ed alla concreta utilità di una transazione economica del genere , osservando che la detenzione di non irrilevante quantitativo di stupefacente, senza sostanziale giustificazione riconosciuta, si accompagnava al possesso di bilancino di precisione ed alla mancata iscrizione al Sert. In ogni caso, se comunque le dosi ricavabili non potevano certamente limitarsi alle decine tenuto conto dei limiti di uso personale di cui alla tabella dell’11 aprile 2006 del Ministero della Salute 5 grammi lordi per un ammontare di 15-20 dosi , sì che in ogni caso il numero di dosi ricavabili si collocava ampiamente quantomeno tra le 180 e le 250 unità, la Corte territoriale ha correttamente evidenziato il contesto ambientale ed i numerosi contatti così oggettivamente esistenti in una zona turistica che, quasi al termine del mese di giugno, si andava popolando per il periodo estivo. Con ogni conseguente valutazione circa la concreta offensività della condotta. Infatti, in materia di sostanze stupefacenti, la reiterazione nel tempo ad es. di una pluralità di condotte di cessione della droga, pur non precludendo automaticamente al giudice di ravvisare il fatto di lieve entità, entra in considerazione nella valutazione di tutti i parametri dettati, in proposito, dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5 ne consegue che è legittimo il mancato riconoscimento della lieve entità qualora la singola cessione di una quantità modica, o non accertata, di droga costituisca manifestazione effettiva di una più ampia e comprovata capacità dell’autore di diffondere in modo non episodico, nè occasionale, sostanza stupefacente, non potendo la valutazione della offensività della condotta essere ancorata al solo dato statico della quantità volta per volta ceduta, ma dovendo essere frutto di un giudizio più ampio che coinvolga ogni aspetto del fatto nella sua dimensione oggettiva Sez. 3, n. 6871 del 08/07/2016, dep. 2017, Bandera e altri, Rv. 269149 , integrando potenzialità offensiva e diffusibilità della condotta. Al riguardo, il provvedimento impugnato ha correttamente evidenziato il luogo della detenzione illecita, e, non limitandosi al mero dato quantitativo dello stupefacente, ancorché significativo, haew complessivamente escluso la fattispecie di minore rilievo. 4.3. In relazione poi al terzo motivo di censura, va anzitutto ricordato che, in tema di circostanze attenuanti generiche, la presunzione di non meritevolezza impone al giudice di primo grado di spiegare le ragioni che giustificano la decisione di mitigare il trattamento sanzionatorio, mentre nel caso di mancato riconoscimento di tale riduzione l’obbligo di motivazione non sussiste, in assenza di richiesta da parte dell’interessato o nell’ipotesi di richiesta generica in specie il difensore si era limitato a chiedere soltanto il minimo della pena Sez. 3, n. 35570 del 30/05/2017, Di Luca, Rv. 270694 . Al riguardo, avanti al Tribunale oplontino l’imputato si era limitato a richiedere l’assoluzione dell’imputato ovvero in subordine l’applicazione dell’ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 cit., art. 73, comma 5 con assoluzione a norma dell’art. 131-bis c.p Tant’è che il primo Giudice non ebbe a concedere le attenuanti generiche ma, correttamente, neppure motivò in proposito. A fronte invece dello specifico motivo d’appello e della conseguente richiesta di riconoscimento del beneficio, la Corte territoriale ha disatteso l’istanza in ragione anche della condotta anteatta ma soprattutto alla luce della gravità del fatto. Il ricorso ha invece lamentato l’avvenuta considerazione delle violazioni delle disposizioni previste dal D.P.R. n. 309 cit., art. 75-bis tra l’altro dichiarato incostituzionale , e comunque ha sottolineato la condotta collaborativa dell’imputato sia in sede processuale che extraprocessuale, ribadendo che la recidiva da applicare era semmai quella generica, al fine di una migliore valutazione della personalità dell’odierno ricorrente. 4.3.1. Ciò posto, va nuovamente rilevato che la recidiva era già stata esclusa dal primo Giudice. In relazione poi ai motivi di censura, al di là del riferimento alle violazioni dell’art. 75-bis cit., la Corte territoriale si era altresì riferita alla gravità dell’episodio ascritto, ed in proposito nulla è stato aggiunto e specificamente dedotto in senso contrario. Oltre a ciò, la conforme valutazione operata dai Giudici del merito in appello è stata solamente concessa la sospensione condizionale della pena, ancorché condizionata, v. infra e quindi l’integrazione motivazionale tra le due pronunce consente di verificare che, a fronte della pretesa collaborazione prestata dall’imputato, in realtà il Tribunale ebbe invece ripetutamente a sottolineare la genericità delle allegazioni fornite dall’imputato, in relazione tanto alle ragioni ed alle modalità d’acquisto dello stupefacente quanto alle circostanze complessivamente riferite. Al riguardo, quindi, anche a prescindere dal fatto che il ricorso non ha attinto tutte le rationes decidendi esplicitate in proposito dalla Corte territoriale, i Giudici del merito hanno espresso una valutazione del tutto opposta in ordine alla condotta dell’imputato, in definitiva sottolineandone, non illogicamente, proprio l’assenza di collaborazione e di chiarimenti in relazione alla vicenda processuale. Va invero ricordato che, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269 . Non vi è quindi ragione per accogliere il motivo proposto. 4.4. Per quanto infine riguarda il quarto motivo di censura, il provvedimento impugnato ha correttamente richiamato ed applicato nella sua integralità la norma di cui all’art. 165 c.p., comma 2, il riferimento ivi compiuto al codice di rito rappresenta all’evidenza mero errore materiale , subordinando la sospensione condizionale della pena alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo pari alla pena inflitta. Va da sé che la disciplina di legge è compiutamente regolata cfr. in proposito, Sez. 4, n. 20297 del 05/03/2015, Iannone, Rv. 263861 Sez. 1, n. 32649 del 16/06/2009, Lattore, Rv. 244844 , con la precisazione che, nell’ipotesi in cui la sospensione condizionale della pena sia subordinata allo svolgimento di attività non retribuita a favore della collettività, la questione dell’eventuale eccedenza della durata della prestazione lavorativa fissata dal giudice rispetto alla misura stabilita dalla legge deve risolversi in sede esecutiva, stante il richiamo contenuto nell’art. 18-bis disp. att. c.p. al D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 44 Sez. 2, n. 14312 del 28/10/2016, dep. 2017, Della Puca, Rv. 269846 cfr. altresì Sez. 5, n. 39770 del 29/05/2017, A., Rv. 271072 . Nè, in siffatta situazione, assume rilievo alcuno, ai fini della determinazione dello svolgimento del lavoro e della sua durata ex leggi l’eventuale detenzione già sofferta, che a tutt’altri fini è diretta. 5. Alla stregua di quanto precede, pertanto, tutti i motivi di impugnazione sono infondati. Ne consegue il rigetto del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.