Scarico di acque reflue: l’inadeguatezza del termine intercorso tra l’avviso e l’espletamento delle analisi deve essere provata

In relazione al reato di scarico di acque reflue industriali oltre il limite consentito, la Suprema Corte fornisce chiarimenti in tema di applicazione delle garanzie difensive oggetto dell’art. 220 disp. att. c.p.p. e sulla congruità del termine intercorrente tra l’avviso delle analisi e il loro inizio.

Questo il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione n. 36626/19, depositata il 29 agosto. Il caso. La Corte d’Appello di Milano confermava la decisione del Tribunale di affermare la responsabilità penale dell’imputato, per avere egli effettuato uno scarico nella fognatura pubblica di acque reflue industriali oltre il limite previsto dalla legge. Contro tale provvedimento, l’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando la mancata applicazione delle garanzie difensive previste dall’art. 220 disp. att. c.p.p., pur in presenza di indizi di reato all’atto del controllo, e la mancata possibilità di partecipare alla fase delle analisi di laboratorio a causa dell’esiguo lasso di tempo intercorso tra l’avviso e l’inizio delle attività. Gli indizi di reità. La Corte di Cassazione respinge il ricorso. Con riferimento alla prima doglianza del ricorrente, gli Ermellini osservano che il presupposto di operatività dell’art. 220 citato non si ricava dall’insorgenza di una prova indiretta ma dall’esistenza della mera possibilità di attribuire in ogni caso rilevanza penale a quanto emerge dalla inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge. In particolare, la Corte evidenzia la distinzione tra il prelevamento dei campioni inerente ad attività amministrativa disciplinato dall’art. 223 disp. att. c.p.p. e quello riguardante l’attività di polizia giudiziaria regolato dall’art. 220 . Nel secondo caso, infatti, operano le norme poste a garanzia della difesa previste dal codice di rito, conseguendone una nullità di ordine generale in caso di inosservanza. Nel primo caso, invece, i diritti di difesa vengono assicurati laddove emergano indizi di reato. Da tale affermazione deriva che gli indizi di reità a cui si riferisce l’art. 220 devono risultare oggettivamente evidenti a chi effettua le operazioni di prelevamento, circostanza non riscontrata nel caso di specie, considerato che la presenza di un tubo ed il colore rossastro del liquido nel pozzetto di prelievo non possono considerarsi indici univocamente indicativi della possibile sussistenza del reato, venendo, dunque, a mancare i presupposti che rendono operante la norma. L’avviso di espletamento delle operazioni di analisi. Gli Ermellini giudicano infondato anche il secondo motivo di ricorso, in base al quale il ricorrente si lamenta della mancata possibilità di partecipare alle operazioni di analisi dei campioni prelevati mediante la nomina di un consulente tecnico, visto l’esiguo lasso temporale intercorso tra l’avviso e l’inizio delle operazioni. A tal proposito, la Corte afferma che il primo comma dell’art. 223 disp. att. c.p.p. prevede che l’avviso all’interessato del luogo, del giorno e dell’ora in cui verranno effettuate le analisi di laboratorio può essere dato anche oralmente, non essendo necessaria una forma specifica a tal fine, né un termine minimo intercorrente tra prelievo e successive analisi, dovendo tale termine essere comunque sufficiente a consentire all’interessato la possibilità di ottenere l’eventuale assistenza di un consulente tecnico. Nel caso di specie, il ricorrente non ha provveduto a dimostrare in concreto l’inadeguatezza del suddetto termine, argomentando la sua doglianza in modo del tutto generico. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 luglio – 29 agosto 2019, n. 36626 Presidente Lapalorcia – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. La Corte d’Appello di Milano con sentenza del 16 novembre 2018 ha confermato la decisione con la quale, in data 24 aprile 2018, il Tribunale di quella città aveva affermato la responsabilità penale di P.M. in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137, comma 5, primo periodo, per l’effettuazione di uno scarico, con recapito in pubblica fognatura, di acque reflue industriali provenienti dall’attività di fotocomposizione e fotolito, superante il valore limite fissato nella Tabella 3 dell’Allegato 5 alla Parte Terza del D.Lgs. n. 152 del 2006 in relazione a sostanze comprese tra quelle indicate nella Tabella 5 dell’Allegato 5 della medesima Parte Terza e, segnatamente, solventi clorurati, rame, piombo e zinco fatto accertato in omissis . Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. c.p.p 2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, lamentando l’inosservanza o l’erronea applicazione dell’art. 220 disp. att. c.p.p., rilevando come, nella fattispecie, all’atto del controllo, fossero presenti indizi di reato - rappresentati dal colore rossastro dell’acqua e dalla presenza di un tubo nei pressi del pozzetto - tali da rendere necessaria l’applicazione delle garanzie difensive di cui all’art. 220 disp. att. c.p.p Aggiunge che l’osservanza della disposizione che si assume violata gli avrebbe consentito, tramite il difensore o un consulente, di verificare la correttezza formale del prelievo effettuato e della conservazione dei campioni fino alla loro analisi. 3. Con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, rilevando come l’imputato sia stato privato anche della possibilità di partecipare attivamente alla fase delle analisi di laboratorio mediante un consulente tecnico appositamente nominato, stante l’esiguo lasso di tempo intercorso tra l’avviso delle analisi e l’inizio delle operazioni, dal momento che tale avviso era stato dato alle ore 11,20 ed il campionamento era stato programmato nella mattinata del giorno successivo, alle ore 8,30. Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Occorre ribadire, con riferimento al primo motivo di ricorso, quanto affermato in una recente decisione Sez. 3, n. 16044 del 28/2/2019, Rossi, Rv. 275397 , rammentando come l’art. 220 disp. att. c.p.p. stabilisce che quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale sono compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice ed osservando come, dalla semplice lettura, emerga che la norma presuppone, per la sua applicazione, un’attività di vigilanza o ispettiva in corso di esecuzione specificamente prevista da disposizioni normative e la sussistenza di indizi di reato emersi nel corso dell’attività medesima. Solo in tal caso è richiesta l’osservanza delle disposizioni del codice di rito, ma soltanto per il compimento degli atti necessari all’assicurazione delle fonti di prova ed alla raccolta di quanto altro necessario per l’applicazione della legge penale. Si ricordava, in quell’occasione, che la disposizione - la quale va letta in relazione anche al successivo art. 223 disp. att. c.p.p., relativo alle analisi di campioni da effettuare sempre nel corso di attività ispettive o di vigilanza ed alle garanzie dovute all’interessato - ha lo scopo evidente di assicurare l’osservanza delle disposizioni generali del codice di rito dal momento in cui, in occasione di controlli di natura amministrativa, emergano indizi di reato. L’art. 223 disp. att. c.p.p., citato stabilisce che qualora nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti si debbano eseguire analisi di campioni per le quali non è prevista la revisione, a cura dell’organo procedente è dato, anche oralmente, avviso all’interessato del giorno, dell’ora e del luogo dove le analisi verranno effettuate. L’interessato o persona di sua fiducia appositamente designata possono presenziare alle analisi, eventualmente con l’assistenza di un consulente tecnico. A tali persone spettano i poteri previsti dall’art. 230 del codice . Si aggiungeva, conseguentemente, che secondo la giurisprudenza di questa Corte, presupposto dell’operatività dell’art. 220 disp. att. c.p.p. non è l’insorgenza di una prova indiretta quale indicata dall’art. 192 c.p.p., quanto, piuttosto, la sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall’inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata Sez. 2, n. 2601 del 13/12/2005 dep. 2006 , Cacace, Rv. 233330 Sez. U, n. 45477 del 28/11/2001, Raineri, Rv. 220291. Conf. Sez. 3, n. 3207 del 2/10/2014 dep. 2015 , Calabrese, Rv. 262010 . Con specifico riferimento al prelievo di campioni da utilizzare in successive analisi, si è chiarito che occorre distinguere tra il prelevamento inerente ad attività amministrativa, disciplinato dall’art. 223 disp. att. c.p.p. e quello relativo ad attività di polizia giudiziaria, anche se precedente all’acquisizione della notitia criminis , per il quale è applicabile l’art. 220 disp. att. c.p.p., poiché operano, in tale seconda ipotesi, in via genetica le norme di garanzia della difesa previste dal codice di rito, determinandosi una nullità d’ordine generale di cui all’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c , nel caso della loro inosservanza, mentre, per la prima, i diritti della difesa devono essere assicurati solo laddove emergano indizi di reato, nel qual caso l’attività amministrativa non può più definirsi extra-processum Sez. 3, n. 5235 del 24/5/2016 dep. 2017 , Lo Verde, Rv. 269213. Conf. Sez. 2, n. 52793 del 24/11/2016, Ballaera, Rv. 268766 Sez. 3, n. 10484 del 12/11/2014 dep. 2015 , Grue, Rv. 262698 Sez. 3, n. 15372 del 10/2/2010, Fiorillo, Rv. 246597 Sez. 3, n. 23369 del 14/5/2002, PM in proc. Scarpa, Rv. 221627 . Si osservava, pertanto, che se si tiene conto del dato letterale dell’art. 220 disp. att. c.p.p. citato, emerge chiaramente come lo stesso si riferisca ad indizi di reato che emergono nel corso delle attività ispettive o di vigilanza, il che porta ad affermare che la cognizione circa la sussistenza di indizi di reità, ancorché non riferibili ad un soggetto specifico, deve risultare oggettivamente evidente a chi opera mentre effettua tale attività e non deve essere soltanto ipotizzata sulla base di mere congetture, nè può ritenersi possibile, dopo che un reato è stato accertato, sostenere che chi effettuava il controllo avrebbe dovuto prefigurarsi quale ne sarebbe stato l’esito. 3. Tale affermazione deve essere ribadita anche con riferimento alla fattispecie in esame, riconoscendo la piena correttezza e logicità dell’affermazione della Corte territoriale, secondo cui la presenza di un tubo ed il colore rossastro del liquido presente nel pozzetto di prelievo non potevano ritenersi elementi univocamente indicativi della possibile sussistenza del reato, perché riferibili anche ad altre evenienze o imputabili a diversi fattori, come altrettanto correttamente aveva ritenuto il Tribunale. Mancava, dunque, nella fattispecie la obiettiva sussistenza dei presupposti che rendono operante l’art. 220 disp. att. c.p.p Il motivo di ricorso è pertanto infondato ed a conclusioni analoghe deve pervenirsi per ciò che concerne il secondo motivo. 4. Invero, la giurisprudenza di questa Corte ha pure precisato che l’avviso all’interessato del giorno, dell’ora e del luogo di esecuzione delle analisi su campioni prelevati nel corso di attività ispettive o di vigilanza non prescrive la notifica e non prevede particolari modalità, essendo utilizzabile qualunque strumento idoneo a comunicare le informazioni necessarie Sez. 3, n. 9790 del 19/12/2014 dep. 2015 , Arsena, Rv. 262750 , anche oralmente Sez. 3, n. 33318 del 28/11/2012 dep. 2013 , Favaccio, Rv. 257131 , ciò in quanto l’unica garanzia richiesta per le anzidette attività ispettive è quella prevista dall’art. 223 disp. att. c.p.p., che impone il preavviso all’interessato del giorno, dell’ora e del luogo dove si svolgeranno le analisi dei campioni Sez. 3, n. 15170 del 29/1/2003, Piropan M, Rv. 224456 . Esso, inoltre, non deve essere necessariamente consegnato al titolare dello scarico, essendo sufficiente che venga dato a persona operante nell’insediamento e presente sul posto. Sez. 3, n. 17419 del 3/3/2016, Bezzi, Rv. 266835 . Occorre precisare che le richiamate disposizioni non prevedono alcun termine minimo tra l’avviso e l’effettuazione delle analisi. Si tratta, peraltro, di questione che si era posta sotto la vigenza delle previgenti disposizioni normative in tema di inquinamento idrico ed era stata esaminata anche dalle Sezioni Unite di questa Corte, allorché si era posta la questione della previsione, per l’avviso all’interessato della data e dell’ora in cui avranno inizio le operazioni di analisi delle acque da parte del laboratorio di igiene e profilassi, di un termine non inferiore a ventiquattro ore, come disposto dall’art. 304-ter del previgente codice di rito. Le Sezioni Unite Sez. U, n. 8752 del 18/6/1991, Tallia, Rv. 187929 hanno escluso una tale possibilità, precisando, tuttavia, come ciò non significhi comunque che, tra il momento dell’avviso e quello dell’espletamento dell’analisi possa intercorrere un termine talmente ridotto da renderlo fittizio, apparente o, comunque, non produttivo perché inidoneo all’apprestamento di quel minimo di difesa previsto dalla legge nella lettura corretta della norma allora vigente effettuata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 248 del 1983 ed altre successive, perché ciò vanificherebbe in concreto la stessa ragione dell’avviso. 5. Si tratta, ad avviso del Collegio, di osservazioni che meritano di essere valorizzate anche con riferimento alla vigente disciplina, affermandosi che a norma dell’art. 223 disp. att. c.p.p., comma 1, l’avviso all’interessato del giorno, dell’ora e del luogo ove le analisi saranno effettuate può essere dato anche oralmente e per tale avviso non è prescritta alcuna forma specifica, nè alcun termine minimo deve intercorrere tra il prelievo e le successive analisi, essendo richiesto soltanto che detto termine sia comunque sufficiente a consentire all’interessato la possibilità di ottenere l’assistenza eventuale di un consulente tecnico. È peraltro di tutta evidenza che l’eventuale inadeguatezza del termine alle suindicate finalità deve essere obiettiva e dimostrata in concreto. Nel caso di specie il ricorrente ha limitato la propria censura all’apodittica affermazione secondo cui la fissazione dell’orario indicatogli per l’inizio delle operazioni di analisi da coloro che avevano effettuato il prelievo dei campioni non gli avrebbe consentito di munirsi di un tecnico qualificato che lo rappresentasse. Si versa pertanto in ipotesi di argomentazione del tutto generica e, come tale, non ammissibile. 6. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.