Vetrate installate sul muretto autorizzato con SCIA: la veranda è comunque illegittima

Respinte le obiezioni difensive mosse dal legale dei due proprietari dell’immobile ampliato grazie a una struttura portante in alluminio e vetri. Evidente il reato, cioè la realizzazione abusiva di un ulteriore vano.

Immobile ampliato illegittimamente grazie a una terrazza trasformata in veranda, chiusa con una struttura portante in alluminio e vetri. Accertata la mancanza di ‘permesso di costruire’ e della preventiva autorizzazione regionale, è inevitabile la condanna per i due proprietari, puniti con due mesi di arresto e 5mila euro di ammenda a testa. Irrilevante, secondo i Giudici, il richiamo a un precedente SCIA approvata per l’autorizzazione alla realizzazione del muretto su cui poi sono state installate le vetrate della veranda Cassazione, sentenza n. 36238/19, sez. III Penale, depositata oggi . Vetrate. Concordi i Giudici di merito che, tra Tribunale e Corte d’Appello, ritengono evidente il reato compiuto dai due proprietari dell’immobile ampliato grazie a una veranda non autorizzata. In sostanza, viene ritenuto evidente che l’opera è stata realizzata in assenza di permesso di costruire e della preventiva autorizzazione regionale su un immobile ubicato in zona sismica e omettendo di dare avviso al competente ‘Sportello unico per l’edilizia’ . Questa visione viene contestata dal difensore dei due proprietari. Egli nello specifico si rivolge ai magistrati della Cassazione ponendo in evidenza, innanzitutto, la ‘Scia’ precedentemente comunicata ed assentita dal Comune per la realizzazione in sostituzione della preesistente ringhiera del terrazzo poi verandato. Allo stesso tempo, il legale aggiunge che le vetrate installate non avrebbero mai potuto alterare il preesistente stato dei luoghi ed essere perciò ritenute abusive, né comportare aumenti di volumetria in presenza di una ‘Scia’ validamente approvata che di per sé già consentiva, con l’autorizzazione all’erezione del muretto, la destinazione della terrazza a veranda . Vano. Ogni obiezione difensiva viene però ritenuta priva di fondamento dai giudici della Cassazione, i quali considerano lapalissiano, invece, il reato compiuto dai proprietari dell’immobile. Ciò perché il reato edilizio contestato è configurato dalla realizzazione di un nuovo vano autonomamente utilizzabile, che difetta di per sé del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell’immobile cui accede del quale aumenta la volumetria e le conseguenti possibilità di godimento . In sostanza, la trasformazione di un terrazzino in veranda mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica non costituisce realizzazione di una pertinenza né intervento di manutenzione straordinaria e di recupero, ma è opera soggetta a concessione edilizia ovvero permesso di costruire . Di nessun rilievo, invece, osservano i giudici, la circostanza che il muretto su cui le vetrate sono state installate non sia abusivo per effetto della ‘Scia’ precedentemente asseverata dal Comune . Così come è ininfluente, viene aggiunto, la facile rimovibilità dell’opera .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 30 novembre 2018 – 20 agosto 2019, n. 36238 Presidente Ramacci – Relatore Galterio Ritenuto in fatto Con sentenza in data 19.12.2017 la Corte di Appello di Catanzaro ha confermato la pronuncia resa all'esito del primo grado di giudizio dal Tribunale di Cosenza che ha condannato Lu. Mi. e Ma. Ba. alla pena di due mesi di arresto ed Euro 5.000 di ammenda in quanto responsabili dei reati di cui agli art. 44 lett.b , 93 e 94 D.P.R. 309/1990 per aver realizzato in assenza di permesso di costruire e della preventiva autorizzazione dell'UT della Regione, una veranda chiusa con struttura portante in alluminio e vetri in ampliamento di un immobile di loro proprietà ubicato in zona sismica, omettendo di darne avviso al competente Sportello Unico per l'Edilizia Avverso il suddetto provvedimento entrambi gli imputati hanno proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione congiunto, articolando due motivi con i quali, invocando il vizio motivazionale, lamenta 1 l'omessa considerazione della SCIA precedentemente comunicata dagli imputati ed assentita dal Comune per la realizzazione in sostituzione della preesistente ringhiera del terrazzo, avente comunque un rilievo favorevole per i prevenuti 2 l'illogicità delle conclusioni raggiunte in relazione all'installazione delle vetrate che non avrebbero mai potuto alterare il preesistente stato dei luoghi ed essere perciò ritenute abusive, né comportare aumenti di volumetria in presenza di una SCIA validamente approvata che di per sé già consentiva, con l'autorizzazione all'erezione del muretto, la destinazione della terrazza a veranda, evidenziando che i precedenti giurisprudenziali citati dalla Corte di Appello si riferivano alla diversa fattispecie di manufatti giammai approvati dall'autorità amministrativa Considerato in diritto Entrambi i motivi ricorso, da esaminarsi congiuntamente attesa la loro intrinseca connessione, sono inammissibili attesa la manifesta infondatezza delle doglianze e l'omesso confronto argomentativo con le puntuali deduzioni spese dalla Corte distrettuale a reiezione degli stessi motivi già articolati con l'atto di appello. Il reato edilizio contestato agli imputati è configurato dalla realizzazione di un nuovo vano autonomamente utilizzabile, che difetta di per sé del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile cui accede del quale aumenta la volumetria e le conseguenti possibilità di godimento. Sul punto è pacifico, secondo la giurisprudenza di questa Sezione, che la trasformazione di un balcone o di un terrazzino, circondato da muri perimetrali, in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, non costituisce realizzazione di una pertinenza, ne' intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma è opera soggetta a concessione edilizia ovvero permesso di costruire Sez. 3, n. 35011 del 26/04/2007 - dep. 18/09/2007, Camarda, Rv. 237532 Sez. 3, n. 1483 del 03/12/2013 - dep. 15/01/2014, Summa, Rv. 258295 . Conseguentemente nessun rilievo riveste la circostanza che il muretto, sul quale le suddette vetrate sono state installate non sia abusivo per effetto della SCIA precedentemente asseverata dal Comune, posto che l'opera contestata è la trasformazione della terrazza, mediante la chiusura delle parti aperte rispetto ai muri perimetrali che la delimitano, in un vano abitabile essendosi con tale chiusura determinato un ampliamento del fabbricato al di fuori della sagoma esistente, costituita dalla conformazione planovolumetrica della costruzione e dal suo perimetro, inteso sia in senso verticale che orizzontale, ed assicurato nuovo spazio al corpo immobiliare preesistente incidendosi in tal modo sui parametri previsti dagli strumenti urbanistici Sez. 3, n. 45588 del 28/10/2004 - dep. 25/11/2004, Pm in proc. D'Aurelio, Rv. 230419 . La facile rimovibilità dell'opera non vale in ogni caso a conferire rilievo alla sua destinazione funzionale, senza che peraltro nulla sia stato dedotto dalla difesa in ordine alla temporaneità delle esigenze che la stessa sarebbe destinata a soddisfare, a discapito di quella strutturale resa evidente dallo stabile incorporamento alle opere murarie già esistenti si da non potersi procedere alla separazione degli elementi successivamente inseriti se non incidendo sull'integrità di detta opera. Segue all'esito dei ricorsi congiuntamente proposti dagli imputati la condanna di entrambi a norma dell'art. 616 c.p.p. al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo elementi per ritenere che abbiano proposto la presente impugnativa senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento di una somma equitativamente liquidata in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 2.000 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.