Prostituzione minorile: quando può dirsi configurato il tentativo?

La Suprema Corte chiarisce in presenza di quali elementi può configurarsi il tentativo, concentrandosi, in particolare, sui reati di natura sessuale commessi nei confronti di soggetti minori di età.

Questo il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione n. 30512/19, depositata l’11 luglio. La vicenda. La Corte d’Appello di Torino riformava parzialmente la sentenza emessa dal GUP, riducendo la pena all’imputato ritenuto colpevole per il reato di atti sessuali con un minorenne e prostituzione minorile con il vincolo della continuazione. Avverso tale provvedimento, propone ricorso per cassazione l’imputato, lamentando, tra i diversi motivi, il fatto che la Corte abbia considerato i fatti a lui contestati idonei a configurare il tentativo dei predetti reati, pur in assenza dei requisiti di idoneità e non equivocità richiesti dalle relative norme incriminatrici. La configurazione del delitto tentato. La Suprema Corte dichiara fondato il motivo di ricorso delineato dal ricorrente, affermando che il delitto inerente alla prostituzione minorile si consuma al compimento dell’atto sessuale in cambio di un corrispettivo ma, prima di quel momento, in presenza di atti idonei e univoci, può configurarsi solo il delitto tentato. Gli Ermellini colgono l’occasione per specificare che i requisiti del tentativo, dalla definizione fornita dall’art. 56 c.p., sono l’intenzione di commettere un certo delitto, il compimento di atti idonei diretti in modo non equivoco al suo compimento e la mancata commissione dell’azione ovvero il mancato verificarsi dell’evento a causa di circostanze indipendenti dalla volontà dell’agente. Dopo aver chiarito ciò, la Corte richiama la giurisprudenza di legittimità in tema di tentativo nell’ambito di atti sessuali penalmente rilevanti, ribadendo che esso si configura quando la condotta tenuta sia idonea obiettivamente a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sua sfera sessuale, e quando denoti il requisito soggettivo dell’intenzione di raggiungere l’appagamento dei propri istinti sessuali, pur in mancanza di contatti fisici tra imputato e persona offesa. Da ciò consegue che, qualora il contatto tra i due assuma la forma della comunicazione a distanza, sarà necessario accertare da un lato l’intenzione univoca dell’agente volta a soddisfare i propri bisogni e, dall’altra parte, l’idoneità oggettiva della sua condotta a violare la libertà di autodeterminazione della persona offesa. Passando al reato contestato all’imputato, gli Ermellini precisano che il tentativo si configura allorché vi siano diverse conversazioni, per via telematica, con minorenni vertenti su prestazioni sessuali dietro corrispettivo in denaro nonché quando ci sia stata una pianificazione degli incontri, poi non avvenuti. Dunque, il semplice e ripetuto invito nei confronti di un minore alla consumazione del rapporto sessuale, come nel caso di specie, non integra, per inidoneità degli atti, il tentativo del reato, essendo necessario verificare la presenza di condotte univoche idonee alla predisposizione del momento consumativo finale del delitto, che poi non si è verificato. Con riguardo a quest’ultima precisazione, la Suprema Corte riscontra una carenza di motivazione nel provvedimento impugnato, in vista della sussistenza del carattere della idoneità” della condotta dell’imputato, posto che il Giudice si era soffermato essenzialmente sulle comunicazioni a sfondo sessuale tenutesi tra il ricorrente ed il minore. Per questo motivo, la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata e rinvia gli atti alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 6 marzo – 11 luglio 2019, n. 30512 Presidente Lapalorcia – Relatore Noviello Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 9 febbraio 2018 la Corte di Appello di Torino riformava parzialmente la sentenza del 20 aprile 2016 emessa dal g.u.p. del tribunale di Torino nei confronti di M.M. , condannandolo alla pena di anni uno e mesi dieci di reclusione in relazione ai reati, ritenuti uniti dal vincolo della continuazione, di cui all’art. 56 c.p., art. 600 bis c.p., comma 2 capo a e artt. 56 e 609 quater c.p. capo b . In particolare, assolveva l’imputato dal reato di cui al capo c , e quindi, considerati i reati di cui ai capi a e b avvinti dal vincolo della continuazione, applicata la riduzione per il rito, riduceva la pena in anno uno e mesi dieci di reclusione. 2. Contro la predetta sentenza ha proposto ricorso, mediante i suoi difensori, M.M. , proponendo due motivi di impugnazione, che si riportano in forma riassuntiva ai sensi dell’art. 173 disp. att. c.p.p 3. Con il primo motivo, ha dedotto il vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b c ed e , per violazione dell’art. 56 c.p., in relazione ai delitti di cui agli artt. 600 bis e 609 quater c.p., e contestuale mancanza e manifesta illogicità della motivazione. La corte di appello, a fronte di una condotta dell’imputato tradottasi nella offerta a due ragazze, di cui una infraquattordicenne, di 100 Euro, per uscire e incontrarsi in luogo pubblico, avrebbe erroneamente considerato tali fatti come idonei a configurare il tentativo dei predetti reati pur in assenza dei requisiti di idoneità e non equivocità richiesti e, a tal fine, invece di limitarsi alla valutazione dei dati concreti emersi, si sarebbe indebitamente spinta a valutare la più recondita finalità dell’offerta di 100 Euro così realizzando una sorta di processo alle intenzioni, avulsa dalla considerazione delle caratteristiche obiettive del comportamento tenuto dal ricorrente. 4. Con il secondo motivo ha rappresentato il vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c ed e , per violazione dell’art. 62 bis c.p., in ragione della mancata applicazione delle predette circostanze attenuanti nonostante l’intervenuto risarcimento del danno in favore della parte civile ed a fronte della illogicità del diniego stesso, in quanto giustificato senza illustrare le ragioni della rilevata capacità a delinquere e della ritenuta assenza di una revisione critica dei fatti, nonché richiamando segnalazioni per altri fatti della stessa indole che, tuttavia, sarebbero accaduti prima dei reati in contestazione e non dopo. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di impugnazione è fondato. 2. Con riferimento al contestato delitto di cui agli art. 56 e 600 bis c.p., occorre premettere che con tale previsione il legislatore nazionale ha inteso sanzionare penalmente il fenomeno della prostituzione minorile, colpendo non solo l’offerta ma anche la domanda di essa, cioè la condotta del cliente . Il reato si consuma al momento del compimento dell’atto sessuale in cambio di un corrispettivo, ma prima di allora, in presenza del compimento di atti idonei ed univoci, può configurarsi il delitto tentato. 3. Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale cfr. per tutte, Sez. 3, n. 39452 del 27/04/2012 Rv. 253401 - 01 T. , dalla definizione del delitto tentato fornita dall’art. 56 c.p. si ricava che requisiti del tentativo sono - l’intenzione di commettere un determinato delitto - il compimento di atti idonei diretti in modo non equivoco alla commissione del delitto stesso - il mancato compiersi dell’azione o il mancato verificarsi dell’evento per circostanze indipendenti dalla volontà dell’agente. In relazione ai predetti requisiti va osservato che a l’intenzione dolosa non deve collocarsi allo stadio di semplice proposito, ma deve essere manifestata all’esterno proprio con il compimento di atti idonei a commettere il delitto b l’idoneità degli atti non può essere valutata a posteriori, dovendo essere invece accertata ex ante, riportandosi al momento in cui la condotta stava per essere compiuta, tenendo conto delle circostanze concrete e di tutti gli elementi che potevano essere a conoscenza dell’agente. Non vanno presi in considerazione, pertanto, tutti i fattori esterni che non fossero obiettivamente conoscibili dall’agente c per atti univoci , devono intendersi quelli che mettono in chiara evidenza il fine al quale sono diretti e che, per il grado di sviluppo raggiunto dalla condotta criminosa, lasciano prevedere come verosimile la realizzazione del delitto voluto d il mancato compiersi dell’azione o il mancato verificarsi dell’evento debbono dipendere da un’interruzione dell’iter esecutivo per circostanze indipendenti dalla volontà dell’agente e la causa sopravvenuta, che impedisce lo sfociare ne l’evento della causa posta in azione dall’agente, può essere umana o naturale, consapevole o fortuita può trattarsi di qualunque causa, dunque, ad eccezione del recedere della volontà del soggetto della condotta che può portare alla configurazione della desistenza o del recesso operoso . 3.1. Tali principi, calati in tema di atti sessuali penalmente rilevanti, hanno condotto la giurisprudenza di questa Corte Suprema a configurare l’ipotesi del tentativo quando, pure in mancanza di atti di contatto fisico tra imputato e persona offesa, di interesse nei casi in esame, la condotta tenuta sia oggettivamente idonea a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale e denoti il requisito soggettivo dell’intenzione di raggiungere l’appagamento dei propri istinti sessuali cfr. Sez. 3, n. 21840 del 17/02/2011 Rv. 249993 - 01 L. . Dunque, ove il contatto tra il reo ed il minore avvenga mediante comunicazione a distanza, è necessario accertare, da un lato, l’univoca intenzione dell’agente di soddisfare la propria concupiscenza e, dall’altro, l’oggettiva idoneità della condotta a violare la libertà di autodeterminazione. 3.2. L’esigenza di valorizzare, in questi casi di contatti a distanza, il requisito, oltre che dell’univocità, dell’Idoneità della condotta nella realizzazione del reato, si impone anche in considerazione del dato per cui le vicende sessualmente connotate, che si svolgano secondo modalità a distanza, possono involgere, oltre che reati quali quelli di cui ai capi a e b , anche condotte meno gravi. 3.3. Può rilevare in presenza di mere dichiarazioni verbali, la cd. molestia sessuale , ossia una forma particolare di molestia, già prevista come reato dall’art. 660 c.p., che prescinde da contatti fisici a sfondo sessuale e si estrinseca o con petulanti corteggiamenti non graditi o con altrettante petulanti telefonate o con espressioni volgari nelle quali lo sfondo sessuale costituisce un motivo e non un momento della condotta cfr. Sez. 3 del 6.6.2008 n. 27762, Bless, Rv. 240828 . In definitiva, essa coincide con tutte quelle condotte, sessualmente connotate, diverse dall’abuso sessuale, che vanno oltre il semplice complimento o la mera proposta di instaurazione di un rapporto interpersonale. Nel momento in cui dalle espressioni volgari a sfondo sessuale o dal corteggiamento invasivo ed insistito si passi a condotte denotanti, pure in mancanza di atti di contatto fisico tra imputato e persona offesa, il requisito soggettivo di raggiungere l’appagamento dei propri istinti sessuali e quello oggettivo dell’idoneità a violare la libertà di autoderminazione della vittima, può trasmodarsi nell’ambito di operatività del reato sessuale, anche se solo tentato. 3.4. Senza dimenticare, peraltro, anche la possibile operatività, rispetto ai reati fine relativi alla realizzazione di atti sessuali dallo stesso contemplati sia in forma consumata che tentata , dell’art. 609 undecies c.p La clausola di riserva prevista da tale fattispecie se il fatto non costituisce più grave reato chiarisce il rapporto tra il reato di adescamento ed i reati fine, nel senso che l’adescamento è configurabile allorquando non siano stati ancora integrati gli estremi del tentativo o della consumazione del reato fine cfr. sez. 3 n. 16239 del 4/03/2015 Rv. 263335, P. . Pertanto, anche tale reato, siccome non modifica il perimetro di operatività del tentativo di atti sessuali cfr. in motivazione, Sez. 3, n. 8691 del 29/09/2016 dep. 22/02/2017 Rv. 269194 01 P , poiché criminalizza, con una significativa anticipazione della tutela penale, condotte che si pongono quale antefatto dei reati fine tra i quali rientrano quelli di cui agli artt. 600 bis e 609 quater c.p., sia consumati che tentati , integra una possibile fattispecie rispetto alla quale possono confrontarsi vicende sessualmente connotate, che si svolgano secondo modalità a distanza. 4. L’indirizzo giurisprudenziale sopra evidenziato appare pienamente congruo rispetto alle caratteristiche proprie del reato ex art. 600 bis c.p., comma 2, in esame, di cui al capo a , che, come noto, tutela la salvaguardia del libero sviluppo psicofisico del minore, la quale può ricevere pregiudizio da qualsiasi tipo di mercificazione del suo corpo. Il dolo richiesto inoltre è generico, cosicché per la sussistenza dell’elemento soggettivo si richiede soltanto che l’agente abbia la cognizione degli elementi del fatto tipico e dia impulso alla volontà per commetterlo cfr. Sez. 3 40432,12 dicembre 2006 . Proprio con specifico riferimento alla predetta fattispecie criminosa, e facendo applicazione dell’orientamento di legittimità suesposto, questa Suprema Corte ha già precisato che la corrispondente fattispecie del tentativo è integrabile in presenza, oltre che di condotte di intrattenimento, per via telematica, di plurime conversazioni con soggetti minorenni, aventi ad oggetto prestazioni sessuali dietro corrispettivo di denaro, anche della successiva pianificazione degli incontri, poi non avvenuti cfr. Sez. 3, n. 4967 del 19/01/2011 Rv. 249318 - 01 S. . Di contro, la Suprema Corte ha evidenziato, seppur con riferimento al delitto ex artt. 56 e 609 quater c.p., ma attraverso considerazioni che paiono estensibili anche rispetto al reato qui in esame ex art. 600 bis c.p., che il semplice reiterato invito, formulato nei confronti di minore infraquattordicenne, alla consumazione di un rapporto sessuale, non integra, per inidoneità degli atti, il tentativo del reato cfr. Sez. 3, n. 46637 del 09/11/2011 Rv. 251968 - 01 R d e di cui al capo a . Occorre, in altri termini, verificare, in presenza di contatti di intrattenimento a distanza del tipo sopra indicato, la presenza altresì di condotte che, in maniera obiettivamente univoca, siano idonee alla predisposizione del momento consumativo finale del reato. Seppur non verificatosi. Nel caso in esame, la corte di appello, illustrando essenzialmente una condotta esauritasi in colloqui verbali, seppure connotati da insistenza, ed il cui esito risulta vanificato dalla reazione negativa della giovane vittima, ha indugiato nella descrizione del contenuto delle comunicazioni intrattenute dall’imputato con la minore e, in particolare, sulle relative connotazioni sessuali, ricavando dalle stesse le finalità criminali perseguite dal ricorrente, ma trascurando di approfondire la presenza o meno di quell’ulteriore, necessario stadio comportamentale, suscettibile di far seguire alle intervenute conversazioni l’introduzione di un’ulteriore fase, obiettivamente idonea ad avviare la consumazione di atti sessuali, oltre che confermativa della finalizzazione criminosa. Sotto tale aspetto, la motivazione della sentenza impugnata appare carente, con conseguente fondatezza del motivo di impugnazione dedotto con riferimento al giudizio di responsabilità riguardante i fatti contestati al capo a . 5. Le medesime argomentazioni possono formularsi anche esaminando la motivazione attraverso cui la corte di appello ha rinvenuto, a carico dell’imputato, il delitto tentato di cui al capo b , riconducibile agli artt. 56, 609 quater c.p. Anche con riferimento a tale reato assumono rilievo l’indirizzo giurisprudenziale suesposto e le correlative considerazioni già rappresentate. Così come analoghe sono le conseguenti valutazioni in ordine alla motivazione sottesa al giudizio di responsabilità formulato dal collegio di secondo grado nei confronti del ricorrente. Si tratta di una motivazione carente, anche in tal caso, in ordine al necessario approfondimento dell’aspetto inerente la sussistenza del requisito della idoneità della condotta attribuita all’imputato, atteso che anche in tal caso i giudici di merito si sono essenzialmente intrattenuti nell’illustrazione di plurime comunicazioni a sfondo sessuale, tenute tra il ricorrente ed una minore infraquattoricenne. Consegue che il primo motivo di impugnazione qui in esame è fondato anche con riferimento ai vizi di carenza di motivazione sollevati con riguardo al giudizio di responsabilità formulato in ordine al delitto di cui al capo b . 6. L’accoglimento delle censure dedotte con il primo motivo di impugnazione rende superfluo, assorbendolo, il secondo motivo, sollevato in tema di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. 7. Sulla base delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Torino per nuovo esame. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Torino per nuovo esame.