La responsabilità per il sinistro stradale dipende anche dalla prevedibilità del comportamento altrui

Inammissibile il ricorso dell’imputato che lamenta l’omessa considerazione da parte del Giudice di seconde cure del principio per cui l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui quando questo rientri nel limite della prevedibilità.

Così si esprime la Corte di Cassazione con la sentenza n. 29544/19, depositata l’8 luglio. Il caso. La Corte d’Appello di Ancona riformava parzialmente la pronuncia del Tribunale, rideterminando la pena dell’imputato, con beneficio ex art. 175 c.p., e confermandone la condanna per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale. Contro la suddetta decisione, l’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando l’erronea applicazione della legge penale, non avendo la Corte dato rilievo al principio in base al quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui, qualora rientri nel limite della prevedibilità. La prevedibilità del comportamento altrui. La Suprema Corte dichiara il ricorso manifestamente infondato, perché basato su motivi generici e ripetitivi delle doglianze dell’appello. In particolare, la Corte richiama l’orientamento giurisprudenziale in base al quale, in tema di circolazione stradale, il principio dell’affidamento trova temperamento nell’opposto principio secondo cui l’utente della strada è responsabile anche della condotta imprudente altrui, quando questa rientri nel limite della prevedibilità. Quest’ultima, però, va valutata in concreto, dovendo non solo definire in astratto la conformazione del rischio descritto nella norma, ma anche ragguagliare la stessa alle diverse classi di agenti modello ed a tutte le specifiche contingenze del caso concreto . Inoltre, gli Ermellini rilevano che le regole di cautela, che si ritengono violate nel caso concreto, si sostanziano in regole elastiche” che indicano una condotta determinabile sulla base di circostanze contingenti, essendo comunque necessario che l’imputazione soggettiva dell’evento avvenga mediante un apprezzamento della concreta prevedibilità dell’esito antigiuridico da parte dell’agente modello. Ciò affermato, la Corte rileva che nel caso concreto la prevedibilità non può prescindere dal fatto pacifico che la vittima stava percorrendo una strada in condizioni di perfetta visibilità ad una velocità di poco superiore a quella consentita, e che sussisteva la possibilità per l’imputato di avvistare la stessa che, nel tentativo di evitarlo, poneva in essere una manovra brusca e letale, non certo imprevedibile. Per questo motivo, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 25 giugno – 8 luglio 2019, n. 29544 Presidente Di Salvo – Relatore Ferranti Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno, rideterminava la pena in mesi sei di reclusione, con il beneficio di cui all’art. 175 c.p., confermando nel resto la sentenza di condanna nei confronti di L.G. , in ordine al reato di omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, commesso in omissis . 2. Secondo la ricostruzione dei fatti oggetto d’imputazione recepita nella detta pronunzia, si rimprovera all’imputato1 per colpa generica e specifica, di avere cagionato la morte di C.S. , ciò in quanto, in qualità di conducente la propria autovettura BMW X5 tg omissis , percorreva, con direzione sud-nord, un tratto rettilineo e pianeggiante della omissis , nel Comune di omissis avendo ampia visibilità dei veicoli provenienti in senso opposto giunto all’altezza del civico 241, effettuava una manovra di svolta a sin. omettendo di dare la precedenza al motoveicolo condotto da C. , che percorreva il medesimo tratto di strada, in senso opposto, ad una velocità di circa 60 kmh e, nella fase di completamento della manovra stessa, per imperizia, prolungava l’ingombro della corsia di pertinenza della moto per un tempo comunque superiore a quello esigibile in base al sopraggiungere della moto stessa, così determinava la morte del motociclista che, trovandosi la strada ostruita dall’autovettura dell’imputato, tentava una manovra di emergenza in frenata ma non riusciva ad evitare l’impatto sul mezzo che gli procurava lesioni mortali. È contestata la violazione degli artt. 145 e 154 C.d.S., per avere omesso di procedere alla manovra di svolta con la dovuta prudenza e dando precedenza alla moto del C. , e per avere altresì omesso di eseguire la detta manovra in prossimità del centro dell’intersezione e in modo da non creare pericolo per gli altri utenti della strada violazioni, queste, che, secondo la ricostruzione dell’episodio accolta dalla Corte di merito, cagionavano il sinistro. 3. Avverso la sentenza propone ricorso l’imputato, a mezzo del difensore lamentando in sintesi giusta il disposto di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1 quanto segue. I Vizio di erronea applicazione della legge penale sotto il profilo dell’erronea ricostruzione della fattispecie prevista dall’art. 589 c.p Lamenta che non si è dato il giusto rilievo, nel determinismo causale al principio secondo cui l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui1purchè rientri nel limite della prevedibilità. Nel caso di specie il motociclista, che procedeva ad una velocità superiore a quella consentita di 50 kmh, avendo avvistato l’autovettura che ingombrava la sua corsia, se non fosse stato distratto o incapace di guidare o in condizioni psico-fisiche non compatibili con la guida non avrebbe dovuto frenare ma soltanto evitare l’ostacolo, allargando a sinistra verso il centro della carreggiata questa era la manovra prevedibile e normale, non quella posta in essere dalla vittima che ha inchiodato in modo brutale, anziché frenare in modo graduale, e ha perso così il controllo del motociclo. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve considerarsi manifestamente infondato, basato su motivi entrambi generici e aspecifici, meramente ripetitivi delle doglianze dell’appello e che non si confrontano con le articolate argomentazioni della Corte territoriale. Invero la sentenza impugnata motiva in maniera logica e coerente sulla inattendibilità delle dichiarazioni rese solo in dibattimento dal teste F. , a distanza di anni e in difformità di quanto dichiarato nelle indagini preliminari fol. 4 e procede alla ricostruzione dei fatti, sulla base degli elementi oggettivi offerti dalla perizia di ufficio disposta dal Tribunale e delle dichiarazioni del teste oculare P.G. , che ha escluso che il C. nel transitare dinanzi al suo distributore si fosse voltato per salutarlo e fosse perciò distratto e ha ricordato di aver sentito un gran botto e il conducente dell’autovettura agitato uscire dall’abitacolo e urlare ripetutamente non l’ho visto . La Corte territoriale ha correttamente valutato sulla base dei rilievi planimetrici e fotografici e della perizia cinematica, la prevedibilità in concreto del sopraggiungere del motociclo che aveva diritto di precedenza, che viaggiava a tra i 58 e i 62 kmh e che quindi poteva essere avvistato da parte dell’imputato alla distanza di qualche decina di metri ha rilevato che vi è stata la colposa violazione delle norme della circolazione stradale che prevedono che svoltando a sin per accedere ad uno spazio privato di un esercizio commerciale occorre dare la dovuta precedenza al veicolo che sopraggiunge nella opposta corsia di marcia e ha motivato effettuando il giudizio controfattuale che se l’imputato avesse atteso, come doveva, vista la distanza di avvistamento, il passaggio del motociclo quest’ultimo non avrebbe dovuto porre in essere alcuna manovra di frenata e non si sarebbe verificato l’evento mortale. 1.1 Tanto premesso, è ormai consolidato l’orientamento della Corte di legittimità secondo il quale il principio dell’affidamento, nello specifico campo della circolazione stradale, trova un opportuno temperamento nell’opposto principio, secondo cui l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purché rientri nel limite della prevedibilità in epoca recente, per tutte, vds. Sez. 4, n. 8090 del 15/11/2013, dep. 2014, Saporito, Rv. 259277 . Tale prevedibilità dev’essere però valutata non già in astratto, ma in concreto Sez. 4, n. 46741 del 08/10/2009, Minunno, Rv. 245663 . Il criterio della prevedibilità in concreto si sostanzia nell’assunto che la prevedibilità vale non solo a definire in astratto la conformazione del rischio cautelato dalla norma, ma anche va ragguagliata alle diverse classi di agenti modello ed a tutte le specifiche contingenze del caso concreto Sez. U., n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, non massimata sul punto . Inoltre, considerato che le regole di cautela, che nel caso di specie si assumono violate, si presentano come regole elastiche , indicano, cioè, un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti, è comunque necessario che l’imputazione soggettiva dell’evento avvenga attraverso un apprezzamento della concreta prevedibilità ed evitabilità dell’esito antigiuridico da parte dall’agente modello Sez. 4, n. 37606 del 06/07/2007, Rinaldi, Rv. 237050 . Tali richiami giurisprudenziali, pongono il problema della concreta prevedibilità ed evitabilità nelle condizioni date, da parte del ricorrente, dello sviluppo antigiuridico della sua condotta, anche in considerazione del fatto che la valutazione in concreto della prevedibilità non può, nella specie, prescindere dal fatto, pacificamente acclarato, che la vittima percorreva ad una velocità di poco superiore a quella consentita un’arteria urbana rettilinea e pianeggiante, in condizioni di perfetta visibilità che vi era la concreta possibilità di avvistare a poche decine di metri il sopraggiungere del motociclo condotto dal C. , il quale pose in essere una manovra di frenatura brusca, che non può certo definirsi anomala o imprevedibile, nel tentativo di evitare l’ostacolo costituito dall’autovettura dell’imputato che in maniera improvvisa e imprevista aveva impegnato la sua corsia di marcia impiegando almeno 2,38 sec. ad una velocità di 15 kmh. 2. Il ricorsa, in conclusione, va dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.