La facoltà della parte di chiedere la citazione a prova contraria dei testi

La parte che abbia omesso di depositare la lista dei testimoni entro il termine di legge ha comunque la facoltà di chiedere la citazione a prova contraria dei testimoni di un’altra parte, poiché il termine perentorio per il deposito della suddetta lista è stabilito a pena di inammissibilità dall’art. 468, comma 1, c.p.p. solo per la prova diretta e non per quella contraria.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con sentenza n. 28552/19, depositata il 1° luglio. La vicenda. La Corte d’Appello confermava la condanna dell’imputato inflitta in primo grado per il reato di atti persecutori ai danni del padre. Avverso tale decisione l’imputato propone ricorso per cassazione denunciando la mancata ammissione a prova contraria dell’esame di due testi. L’escussione di un soggetto. Tale motivo per la Suprema Corte risulta fondato, partendo dalla consolidata giurisprudenza secondo cui la parte che abbia omesso di depositare la lista dei testimoni entro il termine di legge ha comunque la facoltà di chiederne la citazione a prova contraria dei testimoni, consulenti tecnici e periti di un’altra parte, visto che il termine perentorio per il deposito della suddetta lista è stabilito a pena di inammissibilità dall’art. 468, comma 1, c.p.p. solo per la prova diretta e non per quella contraria. Conclusivamente, rifacendosi al caso in esame, il Supremo Collegio afferma che se una parte intende far escutere un soggetto su alcuni temi specifici individuati di propria iniziativa ne dovrà inserire il nominativo in una lista da presentare ai sensi del comma 1 del più volte ricordato art. 468, ma, qualora si abbia solo interesse a dedurre in senso contrario rispetto alle circostanze introdotte dalle altre parti, anche attendendone le determinazioni in ordine alle richieste istruttorie, l’istanza di escussione del medesimo ben potrà provenire da chi non abbia curato liste di sorta . Sulla base di questo nuovo principio affermato, il ricorso deve essere accolto.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 16 maggio – 1 luglio 2019, n. 28552 Presidente Miccoli – Relatore Borrelli Ritenuto in fatto 1. La sentenza impugnata è stata pronunziata dalla Corte di appello di Lecce il 26 gennaio 2018 ed ha confermato la condanna inflitta a D.M.G. dal Tribunale di Brindisi per il reato di atti persecutori ai danni del padre C. . 2. Avverso detta sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi. 2.1. Il primo motivo - predicando violazione degli artt. 468 e 495 c.p.p. - si duole della mancata ammissione a prova contraria dell’esame dei testi S. e D.F. la relativa richiesta era stata rigettata dal Tribunale il 16 aprile 2012 e del riscontro che, sul punto, aveva fornito la Corte di appello, che aveva indugiato sulla tematica relativa all’art. 507 c.p.p. concernente tuttavia altro testimone, mentre aveva omesso qualsiasi motivazione sui due testi predetti. La decisione del Tribunale che aveva respinto la richiesta di ammissione dei testi a prova contraria era errata siccome fondata su un orientamento esegetico di questa Corte non condivisibile - secondo cui l’esercizio del diritto alla prova contraria di cui all’art. 468 c.p.p., comma 4, sarebbe inibito dalla mancata presentazione di una propria lista testi da parte del soggetto che lo invoca - e superato da altri e preferibili approdi di legittimità. L’escussione dei due testi era decisiva perché avrebbe consentito di sovvertire radicalmente le dichiarazioni dell’unico ed interessato teste di accusa. 2.2. Il secondo motivo verte su violazione di legge in relazione all’art. 612-bis c.p. e vizio di motivazione. Nessuna delle condotte richiamate nella motivazione è stata contestualizzata nel periodo a cui si riferisce la contestazione 16 aprile 2010 - 11 maggio 2011 . La sentenza aveva omesso di confrontarsi con le doglianze dell’appellante che riguardavano la prova emersa all’udienza del 12 ottobre 2012 ed aveva ritenuto la penale responsabilità dell’imputato ad onta della mancata specificazione e contestualizzazione delle dichiarazioni accusatorie della persona offesa e nonostante mai la vittima avesse riferito di condizionamenti della vita quotidiana. Quest’ultima non era attendibile perché, come dimostrato in dibattimento, vi era una controversia ereditaria in atto. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato, il che - assorbita l’altra doglianza - impone di annullare la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Lecce. Il ricorrente, nell’anzidetta censura, si doleva della mancata ammissione a prova contraria dell’esame dei testi S. e D.F. , che era stata richiesta all’udienza del 16 aprile 2012 e che era stata rigettata dal Tribunale sulla scorta della mancata presentazione, da parte della difesa, di una propria lista testi. La parte lamenta altresì l’error iuris in cui sarebbe incorsa la Corte di appello nel rispondere ad analoga doglianza formulata nell’atto di appello, giacché aveva indugiato sulle prerogative della parte rispetto alla reiezione di una richiesta ex art. 507 c.p.p., concernente tuttavia altro testimone, mentre aveva omesso qualsiasi motivazione sulla mancata ammissione dei due testi predetti. Ebbene, l’esame degli atti di causa - possibile, in ragione della censura sub iudice - ha consentito di accertare la rispondenza tra la ricostruzione svolta nel ricorso e l’effettivo dispiegarsi delle attività processuali e, in particolare, che la decisione di respingere la richiesta di ammissione a prova contraria dei due testi suddetti da parte del Tribunale è stata fondata sulla mancata presentazione di una propria lista testi da parte della difesa. Tanto precisato, il Collegio reputa che tale scelta sia errata giacché intende dare seguito - condividendola - alla giurisprudenza prevalente di questa Corte secondo la quale la parte che abbia omesso di depositare la lista dei testimoni nel termine di legge ha comunque la facoltà di chiedere la citazione a prova contraria dei testimoni, periti e consulenti tecnici di un’altra parte, considerato che il termine perentorio per il deposito della lista dei testimoni è stabilito, a pena di inammissibilità, dall’art. 468 c.p.p., comma 1, soltanto per la prova diretta e non anche per quella contraria, e che l’opposta soluzione vanificherebbe il diritto alla controprova, il quale costituisce espressione fondamentale del diritto di difesa Sez. 5, n. 41662 del 14/04/2016, Noronha Evando, Rv. 267863 - 01 Sez. 5, n. 2815 del 12/11/2013, dep. 2014, Cambi, Rv. 258878 - 01 Sez. 5, n. 9606 del 03/11/2011, dep. 2012, Cazzador, Rv. 252158 - 01 . In particolare, come ricordato da Sez. 5, n. 41662 del 14/04/2016, Noronha Evando, cit., la norma di riferimento è l’art. 468 c.p.p., comma 4 secondo cui in relazione alle circostanze indicate nelle liste, ciascuna parte può chiedere la citazione a prova contraria di testimoni, periti e consulenti tecnici non compresi nella propria lista, ovvero presentarli al dibattimento a differenza di quanto previsto dal comma 1 della medesima disposizione, non è previsto un termine entro il quale l’indicazione a prova contraria deve essere effettuata nè il diritto alla controprova è collegato a quello alla prova diretta esercitato dalla medesima parte. Il che risponde ad una logica comune oltre che giuridica, se si considera che il diritto alla controprova concerne, appunto, le prerogative di contrasto di una parte rispetto alla prova articolata da altri, sicché condizione imprescindibile non è che la parte che intenda invocarla abbia presentato una propria lista, ma che l’abbia presentata un’altra parte in altri termini, l’istanza di prova contraria non è strutturalmente destinata a coltivare un proprio tema di prova del quale, pertanto, devono essere rese tempestivamente edotte le altre parti, ma è diretta a contrastare la prova che altri vorrebbe veicolare in dibattimento attraverso un determinato teste, esaminandolo sulle medesime circostanze su cui sarà articolata la prova diretta, ma in una prospettiva di contrasto alla tesi avversa ed anche di eventuale attendismo strategico rispetto alle scelte di controparte. In conclusione può dunque affermarsi che - come pure giustamente osservato da Sez. 5, n. 41662 del 14/04/2016, Noronha Evando, cit. - se una parte intende far escutere un soggetto su determinati temi specifici individuati di propria iniziativa, ne dovrà inserire il nominativo in una lista da presentare ai sensi del comma 1 del più volte ricordato art. 468 c.p.p., ma, qualora si abbia solo interesse a dedurre in senso contrario rispetto alle circostanze introdotte dalle altre parti, anche attendendone le determinazioni in ordine alle richieste istruttorie, l’istanza di escussione del medesimo ben potrà provenire da chi non abbia curato liste di sorta . È evidente, in conclusione, che se il profilo che veniva in rilievo era quello della prova contraria, alla Corte di appello questo specifico thema decidendum è sfuggito laddove ha concentrato l’attenzione solo sulla questione della richiesta di esame ex art. 507 c.p.p P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce per nuovo esame. Oscuramento dati. In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.