Marito condannato per maltrattamenti alla moglie. Riconosciuta l’aggravante dell’utilizzo di un’arma impropria

Nessun ridimensionamento per la condotta tenuta dal marito. Decisiva la credibilità della donna, i cui racconti non possono essere messi in discussione, né sul fronte delle percosse subite, né su quello dello strumento utilizzato contro di lei dal coniuge.

Incubo domestico per una donna, vessata da un marito violento. Proprio i racconti di lei sono sufficienti per arrivare alla condanna del coniuge, che in un’occasione, in particolare, l’ha percossa con un manico di scopa. Evidente, per i giudici, non solo il reato di lesioni personali” ma anche l’aggravante prevista per l’uso di uno strumento atto all’offesa” Cassazione, sentenza n. 28033/19, sez. V Penale, depositata oggi . Arma. Il fattaccio risale al febbraio del 2013. Scenario è il territorio siciliano, dove un uomo aggredisce la moglie e finisce condannato, prima in Tribunale e poi in Appello, per il reato di lesioni personali ai danni della donna, reato aggravato, peraltro, dall’uso di uno strumento atto all’offesa . Su quest’ultimo dettaglio si sofferma la difesa provando col ricorso in Cassazione a rendere meno grave la posizione del coniuge. Ogni considerazione si rivela però inutile. Per i Giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, non può essere messa in discussione la condanna pronunciata in Corte d’appello. Decisiva la credibilità della moglie parte offesa nessun dubbio, quindi, per i Giudici, sui dettagli dell’aggressione e sull’utilizzo di una scopa da parte dell’uomo per percuotere la donna. A questo proposito, viene osservato che la mera circostanza che alcuni testi non ricordino la presenza di un bastone, anche a fronte del considerevole lasso di tempo trascorso tra i fatti e le deposizioni, non è ex se sufficiente ad escluderne l’effettivo utilizzo ad opera dell’uomo, mentre è significativa la compatibilità delle lesioni, refertate nel certificato medico, con l’utilizzo di un manico di scopa quale arma per colpire la persona offesa . Per chiudere il cerchio, infine, i Giudici ribadiscono che anche il manico di scopa rientra nella categoria delle armi improprie .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 marzo - 26 giugno 2019, n. 28033 Presidente Sabeone – Relatore De Gregorio Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Palermo ha confermato la sentenza di primo grado nei confronti dell'imputato, che l'aveva condannato alla pena di giustizia per il reato di lesioni personali aggravate dall'uso di strumento atto all'offesa fatto di Febbraio 2013. 1. Avverso la decisione ha proposto ricorso la difesa, che con unico motivo, ha lamentato la carenza di motivazione quanto all'aggravante dell'uso dell'arma. La teste persona offesa si sarebbe contraddetta sul numero delle scope usate per percuoterla e sarebbe stata smentita in particolare dal teste Pe. per altro verso la pronunzia avrebbe in modo indimostrato ritenuto che le lesioni refertate alla persona offesa fossero compatibili con l'uso di un manico di scopa. All'odierna udienza il PG, dr Lignola, ha concluso per l'inammissibilità ed il difensore dell'imputato, avocato Sinatra, si è riportato ai motivi. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. 1. Le censure avanzate, infatti, risultano del tutto generiche. La difesa si limita, con un unico motivo, a contestare vagamente la credibilità della persona offesa, in particolare con riguardo al fatto denunziato di aver subito percosse per mezzo di tre scope da parte dell'odierno ricorrente. Stando alla tesi difensiva, infatti, i giudici di prime e seconde cure non avrebbero dovuto giudicare Mennella, moglie del giudicabile, credibile, alla luce di più ragioni esposte nell'atto di ricorso. È, in primo luogo, fatto riferimento alla discrasia delle dichiarazioni rese in momenti diversi dalla donna, che in sede di sommarie informazioni ha affermato di essere stata colpita da un unico bastone, mentre in udienza ha diversamente riferito che si trattava di tre scope, e, interrogata sul punto, ha poi precisato, a giudizio della difesa in modo contraddittorio, che sarebbero stati effettivamente diversi manici di scopa. 1.1 È, inoltre, rappresentato che tali dichiarazioni sarebbero state sconfessate dagli altri testi, i quali hanno dichiarato di non ricordare la presenza di simili arnesi, e che la Corte d'Appello avrebbe apoditticamente ritenuto le lesioni riportate dalla persona offesa compatibili con l'uso dell'oggetto contundente di cui si discute. La difesa censura, pertanto, la credibilità della persona offesa, le cui dichiarazioni non sarebbero, peraltro, sulla base dei motivi esposti, confortate da alcun riscontro esterno, e non vi sarebbe conseguentemente prova della configurabilità dell'aggravante di cui all'art. 585 c.p. 2. Occorre preliminarmente ricordare che, come esplicitato dalla Corte territoriale, la più che consolidata giurisprudenza di legittimità ha distinto il concetto di credibilità della persona offesa, il cui presupposto è quello dell'attendibilità in genere riconosciuta alla deposizione resa in dibattimento dal testimone, fondato sugli artt. 194/2, 236/2 e 500/2 cpp, da quello di attendibilità delle dichiarazioni rilasciate dal chiamato in correità. Nel secondo caso, essendo per definizione le dichiarazioni del coimputato sul fatto altrui non in sé affidabili, è richiesto un riscontro delle medesime con ulteriori elementi portati all'attenzione della Corte, mentre nel primo caso è, invece, possibile fondare la responsabilità dell'imputato sulle sole dichiarazioni della persona offesa, quando connotate da credibilità soggettiva e oggettiva, che può essere valutata tale anche in assenza di ulteriori riscontri. S.C. Sez. 3, n. 34110 del 27 aprile 2006 Sez 4, N. 44644 DEL 18/10/2011 Sez. 3 n. 28913 del 3/5/2011 Sez 3 n. 1818 del 3/12/2010, Sez. 6 n. 27322 del 14/4/2008 . Le Sezioni Unite n. 41461 del 19 luglio/24 ottobre 2012 hanno, infatti, precisato, che le dichiarazioni della p.o. possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto , aggiungendo, inoltre, che potrebbe essere opportuno, invece, procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile. 2.1 La difesa di Ga. ha totalmente omesso di tenere in considerazione tali aspetti, invece diffusamente trattati dalla Corte territoriale, nelle deduzioni critiche poste all'attenzione di questa Corte. Nel caso di specie, infatti, la credibilità della persona offesa è stata ritenuta dai giudici di primo e secondo grado proprio in virtù del fatto che la medesima non si sia costituita parte civile né abbia presentato querela, non mostrando, dunque, né un interesse speculativo di carattere patrimoniale per la vicenda, né un particolare astio nei confronti del coniuge, tali da enfatizzare quanto riferito alle autorità. 2.2. Parimenti privi di pregio sono i rilievi relativi alle presunte testimonianze contrarie alle dichiarazioni della persona offesa, ed alla presunta apoditticità della compatibilità delle lesioni riportate dalla medesima con un oggetto atto ad offendere. 2.3 Quanto alle dichiarazioni dei testi, la mera circostanza che questi non ricordino la presenza di un bastone, anche a fronte del considerevole lasso di tempo intercorso tra i fatti e le deposizioni, non è ex se sufficiente ad escludere l'effettivo utilizzo dello stesso, né la credibilità della persona offesa, avvalorata dalle considerazioni sovraesposte. 3. Per quanto invece attiene al secondo rilievo sollevato, giova qui ricordare che i giudici di merito hanno plausibilmente dato conto della compatibilità delle lesioni refertate nel certificato medico con l'utilizzo di un manico di scopa quale arma per colpire la persona offesa. 3.1. In proposito può aggiungersi che rientra nella categoria di arma impropria, ai sensi dell'art. 4, comma secondo, legge n. 110 del 1975, qualsiasi strumento, che, nelle circostanze di tempo e di luogo in cui sia portato e/o usato, sia potenzialmente utilizzabile per l'offesa della persona, ricorrendo nel contempo la circostanza aggravante del fatto commesso con armi e, pertanto, nella fattispecie concreta anche il manico di scopa è qualificabile in tal senso. Sez. 5, Sentenza n. 54148 del 06/06/2016 Ud. dep. 20/12/2016 Rv. 268750. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve dichiararsi inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 del d. Igs. n. 196 del 2003. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende. Dispone l'oscuramento dei dati identificativi dei soggetti interessati.