La pericolosità sociale al momento dell’applicazione della misura di prevenzione personale

Il dato temporale della pericolosità sociale del soggetto al momento della valutazione di applicazione della misura di prevenzione personale è strettamente connesso alla funzione preventiva della misura stessa.

Così la sentenza della Corte di Cassazione n. 27724/19, depositata il 21 giugno. La vicenda. In secondo grado veniva riformata la decisione del Tribunale che aveva applicato all’imputato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale per 2 anni con l’obbligo di soggiorno ed alte prescrizioni, ritenendo attuale la pericolosità sociale dello stesso, avendo avuto una condotta di pedofilo seriale per 9 anni e detta pericolosità non era cessata al momento dell’applicazione della misura. Avverso tale decisione, l’imputato propone ricorso per cassazione. L’attualità della pericolosità sociale del soggetto. Al riguardo appare opportuno ricordare che il dato temporale della pericolosità del soggetto al momento della valutazione di applicazione della misura di prevenzione personale è strettamente connesso alla funzione preventiva della misura stessa, visto che la pericolosità può risolversi nel tempo o scemare in maniera graduale, circostanza questa che priverebbe di causale la misura di prevenzione, in quanto applicata a soggetto non più socialmente pericoloso . Pertanto, nel caso in esame, la Corte distrettuale ha ritenuto che rispetto alle manifestazioni di pericolosità del soggetto, visto anche che i gravi fatti di pedofilia erano stati commessi da questi anche nell’esecuzione della misura alternativa alla detenzione, la sua pericolosità non poteva intendersi cessata al momento di applicazione della misura. Sulla base di tali premesse il Supremo Collegio intende rigettare il ricorso condannando il ricorrente al pagamento delle spese di lite.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 5 – 21 giugno 2019, n. 27724 Presidente Paoloni – Relatore Calvanese Ritenuto in fatto 1. Con il decreto in epigrafe indicato, la Corte di appello di Trento riformava parzialmente quanto ad una prescrizione che modificava il provvedimento del Tribunale di Bolzano che aveva applicato a M.K. la misura di prevenzione della sorveglianza speciale per la durata di anni due con obbligo di soggiorno e una serie di prescrizioni. Secondo la Corte di appello, doveva ritenersi attuale la pericolosità sociale del predetto, posto che lo stesso risultava aver attuato la condotta di pedofilo seriale per 9 anni avendo abusato sessualmente di minorenni sino alla data del 2016 nel quale aveva manifestato analoghe forme di devianza e persino durante l’esecuzione della misura di affidamento ai servizi sociali e che detta pericolosità, contrariamente all’assunto difensivo, non era cessata al momento dell’applicazione della misura anche se andava dato atto del percorso terapeutico intrapreso , come emergeva dalla relazione del consulente tecnico del marzo 2018. 2. Avverso il suddetto decreto ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p 2.1. Violazione di legge D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 10, comma 2 . È stato violato il termine di trenta giorni per la decisione del ricorso proposto dal ricorrente, avendo la Corte di appello provveduto dopo ben 76 giorni. Tale termine, visti i valori in gioco, riguardanti la libertà personale, e la disciplina prevista per la misura della confisca non può essere considerato meramente ordinatario e la sua inutile decorrenza deve comportare la perdita di efficacia della misura di prevenzione. 2.2. Motivazione apparente e vizio di motivazione, di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e . La Corte di appello avrebbe reso una motivazione apparente riproducendo quella del decreto genetico e nulla argomentando sulla attualità della pericolosità, ritenuta tale in modo apodittico. 2.3. Vizio di motivazione e violazione di legge, illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e . La motivazione oltre che apparente è in totale spregio dei principi in materia di prevenzione personale, in quanto nessun giudizio prognostico è stato effettuato dalla Corte di appello che si è limitata a constatare i precedenti penali del ricorrente e comunque è stato ancorato in punto di attualità al momento della decisione di primo grado 6 settembre 2018 , ovvero due anni dopo della manifestazione dell’ultima condotta illecita. In tale prospettiva, la motivazione è anche illogica, in quanto del tutto generica. Il ricorrente aveva tra l’altro prodotto in giudizio delle relazioni di parte in ordine al positivo trattamento terapeutico avviato sin dal 2016 tanto da non far constatare alcuna ricaduta nel reato successivamente . Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Quanto al primo motivo, già questa Corte si è pronunciata affermando il principio, dal quale non vi è ragione per discostarsi, secondo cui i termini entro i quali, ai sensi del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 7, comma 1 e 10, comma 2, il Tribunale e la Corte di appello devono provvedere, rispettivamente, sulla proposta di applicazione della misura di prevenzione personale e sul ricorso in appello avverso il decreto di primo grado, sono di natura ordinatoria, in mancanza della previsione di qualsiasi sanzione per il mancato rispetto degli stessi Sez. 1, n. 23407 del 24/03/2015, Lin, Rv. 263963 . Si è condivisibilmente osservato al riguardo che il legislatore quando ha voluto far discendere al mancato rispetto del termine nel procedimento di prevenzione una sanzione lo ha fatto espressamente come ne caso del diverso termine di un anno e sei mesi al quale si ricollega la perdita di efficacia del provvedimento di confisca ex art. 27, comma 6 Sez. 6, n. 27968 del 15/06/2016, Cossa Autodemolizioni Sas, Rv. 267200 . 3. In ordine al tema affrontato nei restanti due motivi, va ribadito che devono ritenersi precluse in questa sede le censure, pur avanzate dal ricorrente, volte ad attaccare la tenuta logica della motivazione. Nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è infatti ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 10, comma 3. Ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, sono esclusi dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità i vizi della motivazione di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e , potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato , il caso di motivazione inesistente o meramente apparente, mentre non può essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci e altri, Rv. 260246 . 3.1. Limitato così il perimetro del controllo affidato alla Corte di cassazione, devono ritenersi prive di fondamento le censure là dove lamentano il carattere apparente della motivazione. La Corte di appello, sulla base di quanto era emerso già in primo grado, anche grazie alle allegazioni di parte, ha fornito un giudizio sul punto che non può definirsi apparente, in quanto presenta una trama argomentativa sintetica ma adeguata. Va rammentato al riguardo che quando le decisioni dei giudici di primo e di secondo grado siano concordanti, la motivazione del provvedimento di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, Musumeci, Rv. 191229 . Nè sono fondati i rilievi con cui si denuncia la violazione di legge in ordine alla valutazione dell’attualitàdella pericolosità sociale, in quanto la decisione impugnata rispetta i criteri fissati da questa Corte. Come è stato affermato in sede di legittimità, il dato temporale della pericolosità del proposto all’epoca della valutazione applicativa della misura di prevenzione personale è strettamente connesso alla funzione preventiva della misura proposta, posto che la pericolosità può risolversi nel tempo o grandemente scemare, circostanza quest’ultima che priverebbe di causale la misura di prevenzione, in quanto applicata a soggetto non più socialmente pericoloso Sez. U, n. 111 del 30/11/2017, dep. 2018, Gattuso . Nella specie, la Corte di appello ha ritenuto che rispetto alle manifestazioni della pericolosità del proposto protrattesi per 9 anni sino al 2016 e connesse a molteplici gravi fatti di pedofilia, commessi da questi anche nella esecuzione di una misura alternativa alla detenzione, la sua pericolosità non poteva dirsi cessata all’epoca di applicazione della misura. In tal senso, come evidenziato dal primo giudice, deponeva la stessa relazione del consulente tecnico di parte che aveva ravvisato un permanente e attuale rischio reale di ricaduta del proposto in presenza di alcune condizioni la frequentazione di minorenni per un certo periodo , sollecitando a tal fine un trattamento terapeutico. Le stesse prescrizioni imposte dalla Corte di appello venivano a fondarsi su tale relazione e a contrastare la sua pericolosità ancora attuale, da un lato non ostacolando il percorso di cura e riabilitazione in corso e dall’altro imponendo al proposto di non sostare in apprezzabile lasso di tempo in luoghi frequentati da minori. 4. Sulla base di quanto premesso, il ricorso deve essere rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.