L’adeguatezza degli arresti domiciliari in relazione alle esigenze cautelari da soddisfare

Il principio di adeguatezza della misura in concreto applicata, al pari del principio di proporzionalità, opera come parametro di commisurazione delle misure cautelari alle specifiche esigenze ravvisabili nel caso concreto.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 25819/19, depositata l’11 giugno. Il caso. Il Tribunale, in qualità di giudice di riesame, sostituiva con gli arresti domiciliari la misura della custodia cautelare in carcere applicata all’imputato per i reati di atti persecutori aggravati, lesioni e violazione di domicilio, confermando la valutazione della gravità indiziaria e le esigenze cautelari, ritenendo adeguata la misura meno afflittiva. Avverso tale decisione ricorre il PM. Il soddisfacimento delle esigenze cautelari. La valutazione di adeguatezza della misura degli arresti domiciliari a contenere il pericolo concreto di reiterazione del reato, senza tra l’altro l’applicazione di dispositivi di controllo e monitoraggio, risulta, per la Suprema Corte, affidata ad una generica e soprattutto contraddittoria prognosi di autocontrollo. Infatti, la valutazione di adeguatezza della misura in concreto applicata si traduce nell’individuazione della prescrizione più idonea al contenimento del profilo di rischio ritenuto sussistente. E nel caso in cui venga richiesta la sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari, l’indagine volta all’accertamento dell’adeguatezza di quest’ultima presuppone l’individuazione delle esigenze cautelari da soddisfare. Nel caso in esame, la sussistenza del pericolo di recidiva è stata completamente svalutata. Sulla base di tali considerazioni il ricorso del PM deve essere accolto con annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 5 aprile – 11 giugno 2019, n. 25819 Presidente Micheli – Relatore Tudino Ritenuto in fatto 1.Con ordinanza del 25 febbraio 2019, il Tribunale di Salerno, in funzione di giudice del riesame dei provvedimenti limitativi della libertà personale, ha - in riforma dell’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari in sede del 13 febbraio 2019 - sostituito con gli arresti domiciliari la misura cautelare della custodia cautelare in carcere applicata a D.B.W. in riferimento ai reati di atti persecutori aggravati, lesioni e violazione di domicilio in danno di S.F Il Tribunale ha confermato la valutazione di gravità indiziaria e le esigenze di cautela, ritenendo - all’esito delle deduzioni defensionali adeguata la meno afflittiva misura di cui all’art. 284 c.p.p 2. Avverso l’ordinanza, ha proposto ricorso il Pubblico Ministero, affidando le proprie censure ad un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge e vizio della motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e , in presenza di un iter argomentativo connotato da contraddittorietà. Pur avendo dato atto dell’incontenibile impulso dell’indagato e della prognosi sfavorevole di recidiva specifica, il giudice dell’impugnazione ha ritenuto adeguata una misura cautelare che fonda proprio sulla capacità di autocontrollo, in violazione dell’art. 275 c.p.p Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Nella delibazione relativa alle esigenze cautelari, il Tribunale distrettuale ha compiuto una analitica disamina degli indicatori del concreto ed attuale pericolo di reiterazione del reato, ravvisandone la sussistenza alla stregua della gravità della condotta dell’indagato, caratterizzata dalla pervicace reiterazione di atti persecutori e dal dispiegarsi di inusitata violenza in danno della persona offesa, legata al D.B. da relazione affettiva. 2.1. Dal testo del provvedimento impugnato risultano, in particolare, valorizzati non solo l’ingravescenza delle forme di aggressione, approdate in un vero e proprio pestaggio della S. e nel danneggiamento dell’ingresso dell’abitazione della medesima per farvi accesso contro la sua volontà, ma anche specifiche modalità fraudolente dispiegate nel superare la resistenza della persona offesa ad incontri e contatti, fondata sul concreto timore di nuove aggressioni. In tal senso, l’ordinanza ha richiamato la prospettazione dell’indagato di astenersi da forme di violenza in danno della donna ove la medesima gli avesse aperto, inducendola a consentirgli l’accesso, invece profittando dell’occasione per infierire sulla Sindone sino a provocarle lesioni personali, giudicate con riserva di prognosi, in virtù di una irrefrenabile gelosia, inferendone una mancanza di autocontrollo degli impulsi violenti e la ragionevole valutazione del pericolo di recidiva. Rispetto a tale apparato argomentativo, che esplicita la formulazione di un giudizio di previsione concreto e personalizzante, la successiva valutazione di adeguatezza della misura degli arresti domiciliari a contenere il concreto pericolo di reiterazione del reato, senza peraltro l’applicazione di dispositivi di monitoraggio e controllo, risulta affidata ad una generica e contraddittoria prognosi di autocontrollo, limitata al riscontro dell’assenza di pregresse violazioni, intrinsecamente incompatibile con le precedenti valutazioni predittive. 2.2. La valutazione di adeguatezza della misura in concreto applicata si traduce, invero, nella individuazione - nel quadro delle esigenze di cautela preliminarmente apprezzate - della prescrizione più idonea al contenimento dello specifico profilo di rischio ritenuto sussistente e si pone, pertanto, in stretta correlazione con le premesse enunciate. Il principio di adeguatezza, al pari di quello di proporzionalità, opera come parametro di commisurazione delle misure cautelari alle specifiche esigenze ravvisabili nel caso concreto V. Sez. U, n. 20769 del 28/04/2016, Lovisi, Rv. 266650, Sez. U, n. 16085 del 31/03/2011, P.M. in proc. Khalil, Rv. 249324 e l’art. 275 c.p.p., nell’attribuire al giudice ampi poteri discrezionali nella scelta della misura da applicare all’indagato o imputato, impone di valutare se la misura che si intende adottare sia idonea a soddisfare le specifiche esigenze cautelari ravvisate. Di guisa che la formulazione del giudizio di adeguatezza e proporzionalità della misura alle esigenze che si intendono soddisfare è strettamente correlato alla preliminare delibazione delle esigenze di cautela ed è, pertanto, incensurabile in sede di legittimità se sorretta da adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici, che colleghi razionalmente le conclusioni alle premesse del complessivo apprezzamento cautelare. Nel caso in cui venga richiesta la sostituzione della misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, l’indagine volta ad accertare l’adeguatezza di quest’ultima presuppone la individuazione delle esigenze cautelari da soddisfare e la indicazione delle ragioni per le quali essa viene ritenuta, in ipotesi, idonea allo scopo e proporzionata alla entità e gravità dei fatti di reato oggetto di indagine ed alle modalità esecutive della condotta. In particolare, l’adeguatezza degli arresti domiciliari in relazione alle esigenze di prevenzione di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c , può essere ritenuta quando sia possibile e ragionevole prevedere che l’indagato non si sottrarrà all’osservanza dell’obbligo di non allontanarsi dal domicilio, alla stregua di un giudizio prognostico complessivo, fondato su elementi specifici inerenti al fatto, alle motivazioni di esso ed alla personalità dell’indagato Sez. 6, n. 53026 del 06/11/2017, Crupi, Rv. 271686 N. 30561 del 2010 Rv. 248322, N. 5121 del 2014 Rv. 258832 elementi da apprezzarsi nelle loro implicazioni logiche e concorrenti, e non già alla mera stregua dell’assenza di rilevate inosservanze. 3. Nel caso in esame, la sussistenza del pericolo di recidiva, essenzialmente ancorata alla ritenuta incapacità dell’indagato di contenimento dello specifico impulso persecutorio riconducibile a gelosia, è stata successivamente svalutata - in punto di adeguatezza della misura degli arresti domiciliari disposta in sostituzione - mediante il richiamo ad una prognosi di affidabilità nel rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 284 c.p., che, da un lato, è stata solo parzialmente condotta in riferimento all’assenza di precedenti violazioni e che, dall’altro, si pone in rapporto di logica contraddittorietà con le premesse enunciate. Di guisa che la complessiva argomentazione viene a caratterizzarsi in termini di illogicità manifesta, affermando e poi smentendo - in assenza di ulteriori passaggi motivazionali - l’inaffidabilità dell’indagato rispetto all’osservanza delle prescrizioni della misura non custodiale applicata in sostituzione, essenzialmente fondata sulla positiva prognosi di auto contenimento. Risulta, pertanto, sussistente il vizio di motivazione prospettato dal Pubblico ministero ricorrente che, nella sua oggettiva connotazione, inficia radicalmente il percorso giustificativo dell’ordinanza impugnata e che, come tale, è sindacabile nella presente fase di legittimità. Quando - come nel caso in esame - viene denunciato il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alle esigenze cautelari ed all’adeguatezza della misura cautelare imposta, alla Corte di cassazione spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie Sez. U, n. 11 de122/03/2000, Audino, Rv. 215828 , con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, ma di una qualificata probabilità di colpevolezza, oltre che all’esigenza di completezza espositiva cfr. Sez. 5, n. 44139 del 20.10.2011, O.M.M. . Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere interno al provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indiziari o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate. In altri termini, è consentito in questa sede esclusivamente verificare se le argomentazioni spese siano congrue rispetto al fine giustificativo del provvedimento impugnato, alla stregua dei parametri, giustapposti, dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative su cui si fonda il provvedimento e dell’assenza di illogicità evidenti, risultanti prima facie dal testo del provvedimento impugnato. 4. Nel quadro così delineato, le doglianze contenute nel ricorso colgono nel segno, in presenza di un apparato giustificativo che approda a conclusioni incongrue rispetto alle rappresentate premesse. L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio perché il giudice dell’impugnazione cautelare proceda - in piena libertà di giudizio ma facendo corretta applicazione dei principi enunciati e del necessario rigore esplicativo - a nuovo esame. 5. In considerazione della natura delle provvisorie imputazioni, deve essere disposto l’oscuramento dei dati sensibili d.lgs. n. 163 del 2003, ex art. 52. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Salerno. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del d.lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.