Il regime di continuità normativa per la confiscabilità del prezzo del reato

Ai sensi dell’art. 12- bis d.lgs. n. 74/2000, in caso di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per un delitto di cui al medesimo decreto, è sempre disposta la confisca per equivalente dei beni che abbiano formato profitto o costituito il prezzo, salvo che essi non siano di proprietà di persona estranea al reato .

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 25536/19, depositata il 10 giugno. Il caso. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Potenza propone, per saltum , ricorso per cassazione contro la decisione con cui il Tribunale aveva dichiarato, in esito a giudizio effettuato nella forma del rito abbreviato, la penale responsabilità dell’imputato per aver, in qualità di legale rappresentante di una s.r.l., emesso fatture relative ad operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte, per gli anni di imposta 2011 e 2012. Il ricorrente lamenta il fatto che il Tribunale abbia omesso di disporre la confisca obbligatoria secondo i termini stabili nell’art. 12- bis d.lgs. n. 74/2000. La confisca per equivalente quando è disposta. Occorre partire dalla disposizione del predetto art. 12- bis secondo cui, in caso di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per un delitto di cui a d.lgs. n. 74/2000, è sempre ordinata la confisca per equivalente dei beni che abbiano formato profitto o costituito il prezzo, salvo che essi non siano di proprietà di persona estranea al reato . Ora, nonostante tale disposizione legislativa sia stata introdotta per effetto dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 158/2015, essa è comunque applicabile anche alle condotte poste in essere in un’epoca precedente alla sua introduzione, visto il regime di continuità normativa. Pertanto essa trova applicazione anche nella fattispecie in esame, in cui le fatture erano state emesse nel corso degli anni di imposta 2011 e 2012. Ha errato, dunque, il Tribunale ad omettere di provvedere in relazione alla necessaria confisca per equivalente, nonostante abbia riconosciuto la penale responsabilità dell’imputato. Da ciò deriva l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla competente Corte territoriale per riesaminare la confiscabilità del prezzo del reato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 dicembre 2018 – 10 giugno 2019, n. 25536 Presidente Cervadoro – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Potenza ha proposto, per saltum, ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Matera, in data 10 aprile 2018, aveva dichiarato, in esito a giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato, la penale responsabilità di P.F. in relazione alla violazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8, comma 1, per avere egli, nella qualità di legale rappresentante della Sicur Service Sud Srl, nel corso degli anni di imposta 2011 e 2012, emesso fatture relative ad operazioni inesistenti al fine di consentire a soggetto terzi la evasione delle imposte. Il ricorrente ha lamentato il fatto che, in contrasto con la espressa disposizione legislativa contenuta nell’art. 12-bis del citato D.Lgs. n. 74 del 2000, il Tribunale lucano abbia omesso di disporre la confisca obbligatoria secondo i termini stabiliti in detta norma. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata sia pure nei limiti di cui in motivazione. Prevede, infatti, il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis che, in caso di condanna ovvero di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per uno dei delitti previsti dal medesimo decreto legislativo, è sempre ordinata la confisca, eventualmente anche per equivalente, dei beni che abbiano formato il profitto ovvero ne abbiano costituito il prezzo, salvo che essi non siano di proprietà di persona estranea al reato. Tale disposizione, avente certamente contenuto sanzionatorio, è stata introdotta per effetto della entrata in vigore del D.Lgs. n. 158 del 2015 la stessa è comunque applicabile anche alle condotte poste in essere anteriormente alla sua introduzione stante il pacifico regime di continuità normativa, tale da non porre in discussione alcun profilo inerente alla possibile successione di leggi nel tempo ed alla eventuale inapplicabilità della sopravvenuta lex durior, fra tale disposizione e quella precedentemente oggetto della L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, la quale già prevedeva il generale regime di confisca per equivalente dei beni costituenti profitto o prezzo della commissione di reati tributari cfr. Corte di cassazione, Sezione III penale, 22 agosto 2016, n. 35226 , sicché la misura di sicurezza patrimoniale deve ritenersi applicabile a tutti i reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000 ove commessi in epoca successiva alla entrata in vigore della citata L. n. 244 del 2007, cioè successivamente al 1 gennaio 2008 Corte di cassazione, Sezione VI penale, 8 marzo 2018, n. 10598 . Condizione questa che riguarda anche la presente fattispecie, in relazione alla quale si tratta di fatture emesse nel corso degli anni di imposta 2011 e 2012. Ciò considerato, osserva il Collegio che, effettivamente, con la sentenza impugnata il Tribunale di Matera, che pure ha dichiarato la penale responsabilità del P. per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, commesso nella ricordata qualità, ha, tuttavia, del tutto omesso di provvedere in ordine alla necessaria confisca. Sotto il profilo in questione, e ferma restando anche per gli effetti di cui all’art. 624 c.p.p. l’affermazione della penale responsabilità di quello, la sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio al Tribunale di Matera affinché provveda in merito alla omessa confisca ed al suo ammontare. In relazione a tale ultimo aspetto si ritiene che, in relazione al tipo di reato contestato al P. ed accertato a suo carico, si tratta della violazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8, comma 1, debba essere data continuità all’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale in una tale fattispecie l’entità dei beni confiscabili, eventualmente anche per equivalente, deve essere rapportata non al profitto eventualmente conseguito dai terzi per effetto della emissione da parte del prevenuto di fatture aventi ad oggetto operazioni inesistenti, ma solo al prezzo del reato, cioè all’eventuale compenso che il P. abbia percepito per la emissione delle fatture di cui alla imputazione. Tale limitazione appare imposta in ragione della espressa deroga al regime del concorso di persone nel reato fra chi emette fatture per operazioni inesistenti e chi le utilizza, sancito dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 9, il che, si precisa, rende inapplicabile il generale principio solidaristico in tema di confiscabilità del profitto del reato in relazione al quale si veda, fra le tante Corte di cassazione, Sezione VI penale, 11 giugno 2018, n. 26621 sussistente solo fra i soggetti concorrenti nel medesimo reato cfr. nel senso indicato Corte di cassazione, Sezione III penale, 18 ottobre 2016, n. 43952 idem Sezione III penale 14 aprile 2016, n. 15458 . La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Potenza affinché, tenuto conto delle osservazioni che precedono, sia ivi riesaminata la confiscabilità del prezzo del reato ai sensi del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla omessa confisca e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Potenza.