Circostanze attenuanti: il risarcimento pagato dall’assicurazione deve essere integrale e riconducibile all’imputato

Ai fini dell’applicabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 6 , c.p., il risarcimento dei danni verso le parti offese posto in essere dalla compagnia assicuratrice deve essere integrale e riconducibile al responsabile del reato, non potendo essere un’altra la parte contrattuale del rapporto assicurativo.

Così si pronuncia la Corte di Cassazione con la sentenza n. 25326/19, depositata il 7 giugno. Il caso. La Corte d’Appello di Brescia, in seguito alla condanna dell’imputato per omicidio colposo, negava allo stesso l’attenuante del risarcimento dei danni in favore dei congiunti della vittima, poiché riteneva che non vi fossero elementi tali da cui desumere l’avvenuto integrale risarcimento. Avverso tale pronuncia, propone ricorso per cassazione l’imputato, producendo una quietanza che, a suo dire, costituirebbe la prova dell’avvenuta integrale riparazione. La condotta riparatoria. La Corte di Cassazione respinge il ricorso, affermando che in relazione all’attenuante prevista dall’art. 62, n. 6 , c.p., è necessario distinguere due condotte riparatorie del responsabile quella di risarcimento integrale, intervenuta prima del giudizio, e quella mediante la quale egli si adopera in modo spontaneo ed efficace al fine di elidere ovvero attenuare le conseguenze dannose del reato, osservando che per quest’ultima condotta è necessaria la volontà spontanea del soggetto agente, mentre per la prima è sufficiente che la riparazione sia integrale e volontaria. Chiarito ciò, la Corte inquadra il caso concreto nella prima ipotesi, specificando che l’attenuante in questione è riconoscibile anche nel caso in cui il risarcimento provenga da una compagnia assicuratrice, a patto che sia fatto proprio dall’imputato e che copra integralmente il danno. Nel caso di specie, gli Ermellini rilevano la mancanza di tali condizioni, poiché dalla documentazione prodotta dal ricorrente non risulta che la compagnia assicuratrice abbia integralmente risarcito le parti offese dei danni derivanti dal reato, non potendosi, dunque, riconoscere l’attenuante oggetto del ricorso. Va inoltre aggiunto che la stessa Corte ha rilevato come, in realtà, non fosse l’imputato ad aver contratto il rapporto assicurativo, bensì l’impresa titolare del veicolo alla cui guida si trovava al momento dell’incidente provocante la morte della vittima, non essendo, quindi, la condotta riparatoria dell’ente assicuratore riconducibile al ricorrente, ma al suo datore di lavoro. Per questi motivi, la Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 19 febbraio – 7 giugno 2019, n. 25326 Presidente Rosi – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Adita quale giudice di rinvio, dopo che la Corte di Cassazione aveva annullato la precedente sentenza emessa dalla medesima Corte territoriale in data 16 aprile 2013 e con la quale tale P.M. era stato ritenuto responsabile del reato di omicidio colposo in danno di tale S.C. , con esclusivo riferimento al mancato riconoscimento della circostanza attenuante del risarcimento del danno, la Corte di appello di Brescia, con sentenza del 1 ottobre 2015, ha ulteriormente negato all’imputato la attenuante in questione, confermando, pertanto, la sentenza del giudice di primo grado, avendo osservato che agli atti non vi erano elementi tali da fare affermare l’intervenuto integrale risarcimento del danno patito dalle parti offese. Avverso la predetta sentenza ha interposto ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, producendo una quietanza sottoscritta in data 23 dicembre 2005 dai congiunti della persona offesa attestante, secondo tale difesa, la intervenuta soffi dazione degli interessi civili sottesi alla commissione del reato per cui è processato. Considerato in diritto Il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, lo stesso deve essere dichiarato inammissibile. Ritiene, infatti, questa Corte – a prescindere da ogni rilievo in ordine alla tempestività della produzione della quietanza di cui al ricorso proposto dalla difesa dell’imputato, posto che, secondo quanto appare la stessa, sebbene assai risalente, è stata prodotta esclusivamente in questa sede di legittimità, elemento questo che di per sé, trattandosi di documento per il quale non è stata indicata alcuna ragione ostativa alla sua produzione in sede di merito, fa decisamente propendere per la irrilevanza probatoria del documento in questione sulla limitata possibilità di produzioni documentali di fronte a questo organo giudiziario Corte di Cassazione, Sezione III penale, 11 febbraio 2016, n. 5722 idem Sezione II penale, 11 gennaio 2013, n. 1417 – in ogni caso la censura formulata dal ricorrente non ha alcun pregio. Osserva, infatti, il Collegio che, ai fini della riconoscibilità della attenuante generale del risarcimento del danno è necessario, secondo la stessa puntuale nozione legislativa data alla fattispecie dall’art. 62 c.p., n. 6, che il soggetto a ciò tenuto abbia, prima del giudizio, integralmente provveduto alla riparazione del danno cagionato con il reato da lui commesso ovvero essersi spontaneamente ed efficacemente adoperato per elidere o attenuare le consulenze dannose o pericolose del reato stesso. Si tratta, come questa Corte ha chiarito, di una circostanza ancipite, applicabile, quanto alla prima ipotesi, ai reati che abbiano avuto come effetto una lesione del patrimonio dei soggetti danneggiati da essi, ed applicabile, invece, quanto alla seconda ipotesi, ai reati che non abbiano cagionato un danno di carattere patrimoniale cfr. Corte di Cassazione, Sezione V penale, 22 settembre 2009, n. 36595 . La suddetta distinzione non è priva di conseguenze in relazione alla possibilità di ricondurre la fattispecie concreta alla previsione astratta, posto che, mentre per ciò che attiene alla seconda ipotesi di attenuante, è necessario che l’attività riparatoria sia frutto di una spontanea volizione del soggetto agente, nel secondo caso tale condizione non è indispensabile, essendo sufficiente, ferma restando la tempestività del risarcimento, che questo sia integrale e volontario Corte di Cassazione, Sezione V penale, 27 dicembre 2017, n. 57573 . Sulla base di tali argomentazioni questa Corte ha, infatti, inteso riconoscere, in linea di principio, l’operatività della predetta attenuante anche nel caso in cui il risarcimento del danno sia stato materialmente opera non dell’imputato ma di una compagnia assicuratrice tenuta contrattualmente a manlevare il danneggiante dalla responsabilità civile verso terzi in tale senso, infatti, Corte di Cassazione, Sezione IV penale, 30 marzo 2009, n. 13870 , precisando tuttavia che, in siffatte ipotesi, è comunque necessario che il prevenuto dimostri di avere avuto conoscenza del risarcimento, di intendere farlo proprio e che esso copra integralmente il danno in tal modo cagionato Corte di Cassazione, Sezione IV penale, 18 maggio 2018, n. 22022 idem Sezione IV penale, 8 febbraio 2018, n. 6144 . Rileva il Collegio che, quanto alla presente fattispecie, non ricorrono gli elementi che – sulla base del riferito indirizzo interpretativo che ora non si indente disattendere – avrebbero potuto giustificare in favore del P. il riconoscimento della attenuante in questione. Invero, dello stesso tenore del documento prodotto – costituito da un atto intervenuto fra una compagnia assicuratrice, la Helvetia Assicurazioni, ed i congiunti della persona offesa – è plausibilmente dato ritenere che il risarcimento liquidato nei confronti dei congiunti della vittima del sinistro strale cagionato dall’imputato non sia stato integrale l’atto in discorso è stato, infatti, testualmente qualificato quale atto attestante un intervenuta transazione fra le parti nel suo corpo ci si riferisce ulteriormente alla definizione e comunque transazione di tutti i danni conseguenti al sinistro avvenuto in data omissis che causò il decesso di S.C. ”. Ora, tenuto conto del fatto che la transazione, ai sensi dell’art. 19665 c.c., è il contratto con il quale, onde prevenire una futura controversia giudiziaria ovvero per definirla, le parti si fanno reciproche concessioni, appare evidente che il risarcimento del danno il cui ammontare sia stato oggetto di un atto transattivo non può definirsi integrale. Già per tale motivo la presente fattispecie è stata giustamente ritenuta esulante rispetto alla applicabilità ad essa dell’art. 62 c.p., n. 6 . Ma vi è di più infatti, non solo non è stato dal ricorrente rappresentato alcun elemento del quale desumere la circostanza – che come è stato dianzi evidenziato è ritenuta necessaria dalla giurisprudenza di questa Corte – che il ricorrente fosse a conoscere dell’avvenuto risarcimento ed agli abbi inteso farlo proprio, ma vi sono, anzi, elementi, anch’essi ricavabili dalla documentazione che il P. ha, peraltro intempestivamente, prodotto in giudizio, in forza dei quali è corretto escludere la possibilità di applicare al ricorrente la circostanza attenuante in questione. Infatti, sempre a tenore di tale documento risulta che il soggetto che aveva contratto il rapporto assicurativo con la Helvetia non era il P. ma la impresa Autotrasporti di B.R. ”, si tratta cioè, del tutto verosimilmente, del soggetto titolare del veicolo alla cui guida, nell’interesse della predetta impresa, si trovava il P. al momento del sinistro per cui è processo. Tanto considerato deve ricordarsi che il risarcimento del danno effettuato dall’ente assicuratore, anche se eseguito prima del giudizio per il reato di omicidio colposo contestato al dipendete di una azienda, non vale ad integrare la circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6 , in quanto l’intervento risarcitorio non è riferibile né, comunque, riconducibile all’imputato, ma alla iniziativa del datore di lavoro di questo che abbia stipulato il contratto assicurativo Corte di Cassazione, Sezione IV penale, 6 ottobre 2004, n. 39065 . Né vale osservare che la Corte della legittimità delle leggi, con la sentenza n. 138 del 2008, ha rilevato che la corretta interpretazione dell’art. 62 c.p., n. 6, non contraddetta dalla interpretazione testuale, è nel senso che l’attenuante del risarcimento del danno in essa prevista sia operante anche quando l’intervento risarcitorio, comunque riferibile all’imputato, sia compiuto, prima del giudizio dall’ente assicuratore, posto che il giudice delle leggi, posto che, nel caso che interessa, essendo stato concluso il contratto assicurativo per il risarcimento del danno cagionato a terzi della circolazione stradale dei veicoli a motore da soggetto diverso dal P. , non vi è modo per ricollegare, sia pure con riferimento al solo fatto causale genetico dell’avvenuto indennizzo, il risarcimento del danno liquidato in favore dei soggetti danneggiati dal reato contestato al ricorrente all’operato del medesimo prevenuto. Conclusivamente il ricorso deve, alla luce delle argomentazioni che precedono, essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente, visto l’art. 616 c.p.p., va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00, in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuale e dalla somma di Euro 2.000,00, in favore della Cassa delle Ammende.