Mancate cure al cane: il proprietario responsabile di maltrattamenti per condotta omissiva tenuta con dolo eventuale

Il protrarsi della malattia senza le opportune cure, idonee a limitarla o debellarla, configura l’elemento materiale del reato di maltrattamento di animali in quanto integra lesioni, direttamente riconducibili alla sicura volontà omissiva del proprietario del cane.

Prosegue la S.C. con sentenza n. 22579/19, depositata il 23 maggio, affermando che configura lesione rilevante per il delitto di maltrattamento di animali l’omessa cura di una malattia che determina il protrarsi della patologia con un significativo aggravamento fonte di sofferenze e di una apprezzabile compromissione dell’integrità dell’animale. Il caso. L’imputato, a seguito di giudizio abbreviato, veniva condannato per il reato di maltrattamento di animali perché, quale proprietario di un cane meticcio femmina ometteva di provvedere ad assicurare il benessere e la salute dell’animale, pregiudicandone la sopravvivenza. Il cane veniva rinvenuto dagli operatori del canile vagante e in pessime condizioni di salute, refertate dal servizio veterinario dell’Ausl vari tumori mammari di grosse dimensioni e ulcerate, dermatite in varie zone del corpo, calli da decubito e artrosi agli arti posteriori e anteriori. La distinzione soggettiva tra delitto di maltrattamenti e contravvenzione di abbandono di animali. In estrema sintesi, può evidenziarsi che, dal punto di vista dell’elemento psicologico del reato, la distinzione tra delitto di maltrattamenti art. 544- ter c.p. e la contravvenzione di abbandono di animali art. 727 c.p. , nel cui alveo sono ricomprese anche le situazioni di abbandono” in senso lato, vale a dire incuria e detenzione in condizioni incompatibili con la natura dell’animale, risiede nella diversità dell’elemento soggettivo. Il delitto di maltrattamenti è punito solo a titolo di dolo, la contravvenzione di abbandono nei termini di cui sopra , è punita già a titolo di colpa. Il proprietario del cane versava in dolo o in colpa? Proprio facendo leva su tale distinzione il ricorrente articola il primo motivo di ricorso. Si sostiene, infatti che i giudici di merito, consapevoli che nel caso in esame fosse ravvisabile solo” un profilo di colpa e non di dolo, abbiano superato la questione ricorrendo alla controversa categoria del dolo eventuale. Ciò perché il reato contestato – il maltrattamento in senso stretto – è punibile solo per dolo. In punto di fatto, si argomenta che il proprietario del cane si era limitato a omettere le cure dovute al cane, senza che vi fosse una volontà di cagionare una lesione o di sottoporlo a sevizie, comportamenti, fatiche o lavori insopportabili. Dal punto di vista psicologico, l’imputato si difende argomentando che non si era reso conto della gravità della malattia del cane, perché non era un veterinario. Solo trascuratezza, dunque, e non volontà di cagionare sofferenze e malattie, come dimostrerebbe, a dire della difesa, il fatto che il cane era ben nutrito. Proprietario responsabile per dolo eventuale . Nel ricordare che il reato di cui si discute è punito sia a titolo di dolo generico, quando la condotta è tenuta senza necessità”, sia a titolo di dolo specifico, quando la condotta è tenuta con crudeltà”, la Corte di cassazione ritiene che nel caso descritto la condotta sia stata tenuta con dolo generico, come affermato, con doppia conforme, dai giudici di merito. Il comportamento omissivo dell’imputato – consistente in totale abbandono e incuria del cane – aveva cagionato notevoli sofferenze all’animale la malattia, peraltro era presente da molto tempo tanto da rendere necessario un immediato intervento chirurgico. Le mancate cure medico-veterinarie avevano cagionato gravi sofferenze al cane e le omissioni non possono essere ritenute colpose, bensì dolose, intenzionali, perché la precaria condizione clinica del cane era riscontrabile in modo evidente. Cosa si intende per lesione nel reato di maltrattamento di animali. Un ulteriore censura la difesa dell’imputato la articola sull’elemento materiale del reato contestato, in particolare in relazione al significato da attribuire al concetto di lesione. La norma incriminatrice fa infatti riferimento al cagionare una lesione oltre che ad altre modalità , concetto che rinvia nel giurista alle lesioni personali di cui all’art. 582 c.p. Sul punto è risibile l’argomento proposto dalla difesa secondo cui l’imputato non avrebbe cagionato la lesione al cane perché la malattia massa di natura neoplastica non era stata cagionata dall’imputato. La Suprema Corte ribadisce che la nozione di lesione non è perfettamente sovrapponibile a quella prevista per le lesioni personali nondimeno la nozione implica la sussistenza di un’apprezzabile diminuzione della originaria integrità dell’animale che, pur non risolvendosi in un vero e proprio processo patologico e non determinando una menomazione funzionale, sia comunque diretta conseguenza di una condotta volontaria commissiva o omissiva . Precipitando tale assunto nel caso concreto, la Corte precisa che è vero che la malattia non è stata cagionata dall’imputato ma quello che rileva è il suo aggravamento, sicuramente determinante gravi sofferenze e ulteriori lesioni , che il proprietario del cane avrebbe dovuto evitare. Il protrarsi della malattia senza le opportune cure, idonee a limitarla o debellarla, configura dunque l’elemento materiale del reato di maltrattamento di animali in quanto integra lesioni, direttamente riconducibili alla sicura volontà omissiva del proprietario del cane.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 gennaio – 23 maggio 2019, n. 22579 Presidente Di Nicola – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Bologna con sentenza del 6 aprile 2018, in parziale riforma della decisione del Giudice del Tribunale di Modena giudizio abbreviato del 1 ottobre 2014, ha ridotto la pena irrogata a C.A. in Euro 10.000,00 di multa, relativamente al reato di cui all’art. 544 ter c.p. poiché, in qualità di proprietario di un cane meticcio femmina ometteva di adottare i provvedimenti necessari ad assicurare il benessere e la salute dello stesso animale, mettendone in pericolo la sua sopravvivenza. Nella fattispecie il cane veniva rinvenuto dagli operatori del canile vagante ed in pessime condizioni di salute, accertate dal Dott. T. del servizio Veterinario AUSL di Modena, in vari tumori mammari di grosse dimensioni e ulcerati dermatite in varie zone del corpo calli da decubito e artrosi agli arti posteriori ed anteriori . Reato accertato il omissis . 2. C.A. ha proposto ricorso, tramite il difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2. 1. Violazione di legge artt. 43 e 544 ter c.p. , contraddittorietà della motivazione. La sentenza impugnata attribuisce la responsabilità del reato al ricorrente per dolo eventuale. La Corte di appello era ben consapevole della colpa del ricorrente nella cura del cane, ha superato la questione ricorrendo al dolo eventuale. Infatti, il reato ex art. 544 ter c.p. non è punibile a titolo di colpa. Per la stessa sentenza impugnata la condotta dell’imputato è limitata all’omissione di cure al cane. Manca qualsiasi prova della volontà della condotta. Il ricorrente non essendo un veterinario non si è reso conto della gravità della malattia del cane. Manca, quindi, la prova dell’elemento soggettivo del reato contestato. Nel caso, infatti, si ravvisa solo una trascuratezza e non una volontà di cagionare una sofferenza e una malattia al cane. L’animale del resto appariva ben nutrito, come riscontrato dal Veterinario. 2.2. Violazione di legge artt. 544 ter e 582 c.p. e contraddittorietà della motivazione. Non è configurabile inoltre l’elemento materiale delle lesioni per la configurabilità del reato di cui all’art. 544 ter c.p La condotta dell’imputato non ha cagionato una lesione al cane, in quanto la malattia individuata dal Veterinario massa di probabile natura neoplastica non è stata cagionata dal ricorrente la malattia riscontrata, quindi, non può in alcun modo integrare l’elemento materiale richiesto dalla norma. Ha chiesto quindi l’annullamento della sentenza impugnata. 3. La parte civile A.N.P.A.N.A. Associazione Nazionale Protezione Animali Natura ed Ambiente ha depositato memoria con richiesta di conferma della sentenza impugnata e di condanna alle spese del grado per la parte civile. Considerato in diritto 4. Il ricorso risulta infondato in quanto i motivi di ricorsi sono generici e infondati. Nel ricorso si contesta la sussistenza delle lesioni, al cane, per la configurabilità del reato di cui all’art. 544 ter c.p. e l’assenza del dolo si ritiene invece sussistente solo un comportamento colposo. La differenza, tra un comportamento doloso o colposo in materia è evidente, perché con il delitto di cui all’art. 544 ter c.p. si punisce chi con dolo, con crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale o lo sottopone a sevizie o comportamenti o fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche , con la contravvenzione dell’art. 727 c.p. si punisce, invece, chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze . Il dolo può essere specifico quando la condotta è tenuta per crudeltà o generico quando la condotta è tenuta senza necessità vedi in tal senso Sez. 3, n. 44822 del 24/10/2007 dep. 30/11/2007, Borgia, Rv. 23845501 In materia di delitti contro il sentimento per gli animali, la fattispecie di maltrattamento di animali art. 544 ter c.p. configura un reato a dolo specifico nel caso in cui la condotta lesiva dell’integrità e della vita dell’animale è tenuta per crudeltà, mentre configura un reato a dolo generico quando la condotta è tenuta senza necessità . Nel nostro caso la condotta è stata tenuta con dolo generico, senza necessità, come adeguatamente motivato, in assenza di contraddizioni e di manifeste illogicità dalla sentenza impugnata e dalla decisione di primo grado in doppia conforme , con accertamenti in fatto insindacabili in sede di legittimità. Il ricorrente con il suo comportamento omissivo, ovvero con totale abbandono ed incuria del cane aveva cagionato notevoli sofferenze all’animale tanto da rendere necessario un immediato intervento chirurgico la malattia era del resto presente da molto tempo. La mancata sottoposizione del cane alle idonee cure aveva comportato sicuramente prosegue la motivazione della decisione impugnata gravi sofferenze al cane. Per la Corte di appello l’assenza di cure deve ritenersi dolosa, intenzionale e non già colposa, in quanto la condizione dell’animale era riscontrabile in maniera evidente quantomeno sotto il profilo del dolo eventuale. 5. Per la sussistenza di una lesione deve osservarsi che Nel reato di maltrattamento di animali, la nozione di lesione, sebbene non risulti perfettamente sovrapponibile a quella prevista dall’art. 582 c.p., implica comunque la sussistenza di un’apprezzabile diminuzione della originaria integrità dell’animale che, pur non risolvendosi in un vero e proprio processo patologico e non determinando una menomazione funzionale, sia comunque diretta conseguenza di una condotta volontaria commissiva od omissiva Sez. 3, n. 32837 del 27/06/2013 dep. 29/07/2013, Prota e altro, Rv. 25591001 . Il ricorrente ritiene che la malattia non è stata cagionata da lui massa tumorale ma quello che rileva è l’aggravamento della malattia se non sottoposta ad idonea cura, aggravamento sicuramente determinate gravi sofferenze. Del resto anche il protrarsi di una malattia già preesistente, con il suo aggravamento, configura le lesioni di cui all’art. 582 c.p. Ai fini della configurabilità del delitto di lesioni personali, la nozione di malattia non comprende tutte le alterazioni di natura anatomica, che possono anche mancare, bensì solo quelle da cui deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico o l’aggravamento di esso ovvero una compromissione delle funzioni dell’organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa. Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure il giudizio di colpevolezza di un medico radiologo che, a causa di una lettura errata delle lastre, non aveva permesso la tempestiva diagnosi di una patologia, determinando il protrarsi della malattia Sez. 4, n. 22156 del 19/04/2016 dep. 26/05/2016, P.C. in proc. De Santis, Rv. 26730601 . Il protrarsi della malattia senza adeguate cure, per limitarla o debellarla, configura, quindi, le lesioni rilevanti ex art. 544 ter c.p Può conseguentemente esprimersi il seguente principio di diritto Configura la lesione rilevante per il delitto di maltrattamento di animali, art. 544 ter, in relazione all’art. 582 c.p., l’omessa cura di una malattia che determina il protrarsi della patologia con un significativo aggravamento fonte di sofferenze e di un’apprezzabile compromissione dell’integrità dell’animale . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile Associazione ANPANA che liquida in complessivi Euro 2.500,00 oltre ad accessori di legge e spese generali disponendone il pagamento in favore dello Stato.