Nei procedimenti per reati colposi, l’aggiunta di un profilo di colpa rispetto a quello contestato, non costituisce immutazione del fatto

Non risulta, quindi, integrato il difetto di correlazione tra imputazione e sentenza, ai sensi dell’art. 521 codice di rito.

Lo ha stabilito la quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20838, depositata in cancelleria il 15 maggio 2019. Il caso. L’imputato veniva tratto a giudizio per il reato di omicidio stradale ratione temporis vigente , previsto e punito dall’art. 589, commi 1, 2 e 4, c.p., per aver cagionato la morte di due giovani che circolavano su un ciclomotore, in violazione del comma 4 dell’art. 115 c.d.s. oggi abrogato avendo il conducente meno di 18 anni, per aver posto in essere una manovra di sorpasso in violazione degli artt. 141, 142 e 148 c.d.s., invadendo l’opposta corsia di marcia ed impattando frontalmente contro il ciclomotore che circolava in senso contrario, senza valutare l’impossibilità di effettuare il sorpasso in sicurezza. Nel giudizio di merito, emergeva evidente la responsabilità del prevenuto, avendo posto in essere una condotta di guida azzardata e pericolosa, incurante del fatto che la strada fosse all’oscuro e avendo dinanzi un veicolo che costituiva ingombro alla visibilità, a una velocità superiore al limite consentito. In sede di gravame, la Corte, in parziale riforma della sentenza di primo grado e in accoglimento dell’appello proposto dal Procuratore generale - previo rigetto di quello proposto dall’imputato - rideterminava la pena in anni 2 e mesi 6 di reclusione, con conseguente revoca del beneficio della sospensione condizionale. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, deducendo 1 violazione di legge processuale, in relazione al fatto che la Corte territoriale, nel ritenere che la manovra di sorpasso fosse vietata, diversamente da quanto contestato nel capo di imputazione, avrebbe finito per condannare l’imputato per violazione di una regola cautelare rigida inesistente e mai contestata 2 vizio di motivazione e travisamento probatorio in ordine alla ricostruzione della velocità mantenuta dall’autovettura 3 e 4 violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata valutazione della condotta colposa del conducente il ciclomotore, sia in ordine all’accertamento del nesso causale e della colpa, sia ai fini della determinazione della dosimetria della pena irrogata, anche alla luce del comma 7 dell’art. 589- bis c.p. - che reca un’attenuante a efficacia speciale, con diminuzione di pena fino alla metà, qualora l’evento letale non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole 5 contraddittorietà della motivazione e violazione di legge in ordine al fatto che la Corte distrettuale, da un lato, sostiene che il sorpasso non avrebbe dovuto essere effettuato perché vietato e, dall’altro, contraddicendosi, motiva sull’eccessiva velocità del veicolo condotto dall’imputato infatti, una volta accertato il divieto assoluto di sorpasso, risulta irrilevante la velocità tenuta durante il suo compimento 6 vizio di motivazione in ordine al travisamento dei risultati probatori 7 violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze di cui all’art. 62- bis c.p. Il Procuratore Generale concludeva per l’inammissibilità del ricorso, le parti civili chiedevano di rigettarsi il ricorso per infondatezza o comunque inammissibilità, con conferma della sentenza impugnata. La sentenza della Cassazione. La Suprema Corte ha ritenuto integralmente infondato il ricorso. Secondo la sezione, che richiama altri propri precedenti, nei procedimenti per delitti colposi, la sostituzione o l’aggiunta di un profilo di colpa, anche specifica, rispetto a quello originariamente contestato nel capo di imputazione, non realizza quell’immutazione del fatto che richiede l’obbligo di contestazione suppletiva ai sensi dell’art. 516 c.p.p., e conseguentemente non integra, in caso di carente valida contestazione, il difetto di correlazione tra imputazione e sentenza, ai sensi del successivo art. 521 c.p.p. In relazione al denunciato vizio motivazionale, la Corte ribadisce che la ricostruzione dinamico-eziologica di un incidente stradale è rimessa al giudice di merito mediante apprezzamenti di fatto sottratti al sindacato di legittimità se sorretti, come nella sentenza impugnata, da adeguata motivazione. Peraltro, l’obbligo di moderare la velocità, di cui alla regola cautelare recata dall’art. 141, commi 1 e 2, c.d.s., richiede che il conducente debba essere sempre in grado di conservare il controllo del veicolo in ogni situazione, tenendo anche conto delle eventuali imprudenza altrui, in quanto prevedibili, e ciò indipendentemente dal rispetto dei limiti massimi di velocità regolati dall’art. 142 c.d.s Anche il diniego del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche rientra in quell’apprezzamento discrezionale, demandato al giudice di merito, che resta estraneo al sindacato di legittimità, ove adeguatamente motivato, come risulta dalla sentenza impugnata. Quanto agli ulteriori motivi, il principio secondo il quale sublata causa tollitur effectus di cui al c.d. giudizio controfattuale, risulta correttamente individuato nella circostanza che se l’imputato avesse ridotto la velocità e aumentato la visibilità, si sarebbe accorto del sopraggiungere del ciclomotore così evitando di effettuare la manovra di sorpasso, di talché l’evento non si sarebbe verificato. Ne deriva l’irrilevanza della violazione posta in essere dal conducente del ciclomotore trasporto di passeggero , che non ha assunto alcun ruolo nel determinismo causale che ha condotto al duplice evento letale, stante l’efficacia causale autonoma ed esclusiva della condotta di guida dell’imputato. Il ricorso è stato, quindi, rigettato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 16 aprile – 15 maggio 2019, n. 20838 Presidente Piccialli – Relatore Menichetti Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 31 marzo 2017, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Benevento ed in accoglimento dell’appello proposto dal Procuratore generale di Napoli, rideterminava in anni due e mesi sei di reclusione la pena inflitta a B.F. , con conseguente revoca del beneficio della sospensione condizionale, quale responsabile del reato p. e p. dall’art. 589 c.p., commi 1, 2 e 4 perché, alla guida del veicolo Nissan Micra aveva cagionato la morte di Bo.Gi. e M.N. , che circolavano, in violazione dell’art. 115, comma 4, C.d.S., avendo il Bo. meno di diciotto anni, il primo alla guida ed il secondo quale trasportato sul ciclomotore tg. , peraltro con proiettore a bassa efficienza o senza efficienza alcuna. Secondo il capo di incolpazione il B. , dopo aver appena terminato di percorrere una curva sinistrorsa ed essersi immesso su un tratto rettilineo, aveva iniziato una manovra di sorpasso in violazione degli artt. 141, 142 e 148 C.d.S., invadendo l’opposta corsia di marcia ed impattando frontalmente contro il ciclomotore che circolava in senso contrario, senza valutare l’impossibilità di effettuare il sorpasso in sicurezza in quanto le condizioni di scarsa visibilità connesse alle circostanze temporali e spaziali - luce naturale molto scarsa e mancanza di illuminazione pubblica e privata - erano insufficienti ad assicurare che la strada fosse libera per uno spazio tale da consentire la completa esecuzione del sorpasso senza costituire pericolo, viaggiando peraltro ad una velocità non inferiore a 95 km/h, con limite a 90 km/h. La Corte territoriale rigettava l’appello proposto dall’imputato e confermava nel resto. 2. Il fatto veniva pacificamente ricostruito dai giudici di merito. Il sinistro si era verificato su una strada urbana secondaria, la SP 100, nella corsia di marcia in direzione omissis , ove la Nissan guidata dall’imputato, che viaggiava nella direzione opposta, ossia verso , si era spostata per eseguire la manovra di sorpasso del veicolo che la precedeva, un SUV condotto da D.P.A. . Il tratto di strada interessato è un rettilineo, che viene subito dopo una curva pericolosa a sinistra, con ridotta visibilità. La strada si trova, peraltro, in aperta campagna, in una zona non solo priva del tutto di pubblica illuminazione ma anche di abitazioni o di altri edifici che possano costituire fonti di luce. Nell’effettuare la manovra di sorpasso, a velocità superiore al consentito o comunque non adatta allo stato dei luoghi ed alla scarsissima visibilità, il B. aveva impattato violentemente contro il ciclomotore condotto dal Bo. , scarsamente visibile a causa dei fari spenti o scarsamente efficienti e sul quale viaggiava il passeggero M.N. . 2.1. Secondo i giudici di merito, la responsabilità del B. risultava evidente, avendo egli posto in essere una condotta di guida azzardata e pericolosa, del tutto incurante del fatto che la strada fosse completamente all’oscuro e che avesse dinanzi un veicolo - il SUV condotto dal D.P. - il quale già marciava a velocità non adeguata alle condizioni di visibilità e che costituiva peraltro un non indifferente ingombro alla visibilità. In base a diversi elementi, quali le tracce di frenata, la posizione dei veicoli e dei corpi delle vittime e la velocità dell’auto del D.P. , i giudici giungevano a ritenere che la velocità del veicolo del B. fosse superiore al limite consentito, aggirandosi intorno ai 95-100 km/h. 2.2. La Corte di Appello, nel ricostruire la condotta colposa dell’imputato, riteneva che egli avesse violato un generale divieto di sorpasso sussistente in quelle concrete condizioni di guida, e ciò a differenza del primo giudice, che aveva invece prospettato che la manovra di sorpasso potesse essere eseguita utilizzando maggiore accortezza, ad esempio segnalando con i lampeggianti la propria presenza sulla carreggiata. Conseguentemente, per il giudice distrettuale, alcun rilievo rivestiva la concreta prevedibilità della presenza del ciclomotore sulla corsia opposta di marcia, nè il fatto che esso viaggiasse a fari spenti o fortemente inefficienti, in quanto il B. non avrebbe semplicemente dovuto iniziare la manovra in quelle condizioni. 3. L’imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, elevando sette motivi, che si riportano nei limiti strettamente necessari alla decisione, a norma dell’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 3.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge processuale in relazione al fatto che la Corte di Appello, nel ritenere che la manovra di sorpasso non dovesse essere avviata perché vietata a monte, diversamente da quanto contestato nel capo di imputazione, ha finito per condannare l’imputato per la violazione di una regola cautelare rigida giammai contestata. Conseguentemente, medesima doglianza viene riservata anche all’avere la Corte ritenuto irrilevante la condotta colposa concorsuale delle vittime, in quanto, così facendo, si è reputato sussistere un fattore causale diverso da quello descritto e contestato nel capo di imputazione, ritenendo che l’evento si fosse verificato non più per effetto di un contributo causale concorsuale, ma di un unico fattore causale costituito dalla sola condotta del B. . 3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce vizio della motivazione e travisamento probatorio in ordine alla ricostruzione della velocità effettiva dell’autovettura condotta dall’imputato. Il giudice di secondo grado, infatti, non ha considerato una serie di elementi di importanza dirimente, e precisamente che la velocità massima consentita in quel tratto di strada era di 90 km/h e non di 80 km/h e conseguentemente la velocità del D.P. , che marciava ad 80 km/h, non poteva considerarsi inadeguata, essendo inferiore al limite che la conclusione per cui il B. guidava ad una velocità non adeguata alle condizioni di visibilità non era ancorata ad alcun elemento di prova od accertamento tecnico che le dimensioni del SUV del D.P. ipotizzate dalla Corte non vengono tratte da alcun elaborato tecnico e risultano del tutto sproporzionate in eccesso rispetto al tipo di veicolo infine, che le tracce di frenata dell’automobile del B. non consentono di ritenere che egli viaggiasse ad una velocità certamente superiore ai 100 km/h, tanto che il consulente del PM la indicava in circa 95 km/h, con un superamento del limite di velocità talmente minimo da non avere avuto alcuna efficienza causale rispetto agli eventi mortali. 3.3. Con il terzo ed il quarto motivo, il ricorrente prospetta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata valutazione della condotta colposa del conducente del ciclomotore, sia ai fini dell’accertamento del nesso causale e della colpa, sia ai fini della corretta determinazione della pena a norma dell’art. 589-bis c.p., comma 7. A detta della difesa, la Corte territoriale ha ricostruito in maniera errata la regola cautelare violata dal B. , confondendo e sovrapponendo in tutta la motivazione la causa con la causalità della colpa, e pervenendo all’illogica conclusione secondo cui la manovra di sorpasso non avrebbe dovuto a monte essere effettuata poiché vietata, così ritenendo irrilevante accertare quali fossero le effettive condizioni di marcia del ciclomotore. In questo la Corte si è distaccata totalmente dalle valutazioni compiute dal primo giudice - il quale aveva invece considerato lecita la manovra di sorpasso qualora l’imputato avesse fatto uso dei proiettori abbaglianti - ed ha affermato che il sorpasso non potesse essere effettuato poiché vietato in toto, introducendo una regola cautelare rigida inesistente, con conseguente inutilità del giudizio controfattuale, solo stilisticamente accennato nell’ordito motivazionale. Tale conclusione del secondo giudice è del tutto illogica, conducendo a ritenere che, sul tratto di strada teatro del sinistro, privo di illuminazione pubblica, il sorpasso, in ora serale, a causa della mancata illuminazione, risulterebbe sempre e comunque vietato, così facendo discendere un divieto di applicazione di una norma cautelare rigida, in realtà inesistente e peraltro non contestata. Nè la Corte ha in alcun modo inteso verificare l’operatività del principio di affidamento, considerando irrilevante l’accertamento sulla prevedibilità della condotta colposa delle persone offese. Al contrario, il ricorrente sottolinea come la valutazione circa la condotta concausale delle persone offese assuma rilevanza fondamentale in ordine alla dosimetria della pena, soprattutto alla luce del nuovo testo dell’art. 589-bis c.p., comma 7, che ha introdotto nell’ordinamento una circostanza attenuante ad effetto speciale, qualora l’evento non sia di esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole. Ad ogni modo, anche non volendo ritenere applicabile l’attenuante in discorso, la Corte avrebbe dovuto comunque prendere in esame la violazione delle norme del codice della strada da parte del conducente del ciclomotore ai fini della corretta determinazione della pena di contro, essa ha considerato la violazione dell’art. 115 C.d.S. solamente nel momento in cui, accogliendo l’appello di parte pubblica, ha rideterminato la pena aumentandola di sei mesi, senza fornire sul punto alcuna motivazione. 3.4. Con il quinto motivo, il ricorrente si duole della contraddittorietà della motivazione e violazione di legge in ordine al fatto che la Corte di Appello da un lato ha sostenuto che il sorpasso non dovesse essere effettuato poiché vietato e dall’altro, contraddicendosi, in più punti, si è dilungata nel motivare sull’eccessiva velocità dell’autovettura condotta dal B. . Se, tuttavia, il sorpasso è stato ritenuto vietato, ne dovrebbe conseguire logicamente l’immanenza del divieto qualunque fosse stata la velocità alla quale lo stesso è stato compiuto. Nè l’incidenza della forte velocità sulla tardiva percezione della presenza del ciclomotore è argomento logicamente coerente con le conclusioni circa il divieto assoluto di sorpasso, in quanto mostra implicitamente come, secondo la Corte, una velocità inferiore avrebbe consentito di avvistare tempestivamente il ciclomotore. Ciò tuttavia è vero solamente se si ammette che il sorpasso sarebbe stato possibile se effettuato ad una velocità adeguata, circostanza radicalmente esclusa dal giudice d’appello. 3.5. Con il sesto motivo, il ricorrente lamenta vizio di motivazione in ordine al travisamento dei risultati probatori, in relazione alle testimonianze ed alle s.i.t. rese da D.P. e Z. , dalle quali emergeva con chiarezza come il motociclo procedesse a fari spenti o a scarsa luminosità, tanto che i due testi lo avevano notato solo all’ultimo momento. 3.6. Con il settimo motivo, infine, il ricorrente deduce violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero dovuto essere concesse in ragione della condotta colposa delle persone offese, al fine di adeguare la pena al caso di specie. 4. Le parti civili T.M. , Bo.Mi. e Bo.An. , a mezzo dei propri difensori, hanno depositato memoria con la quale contestano le ragioni del ricorso e ne chiedono la inammissibilità. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato e va rigettato. 2. Quanto al primo motivo, relativo ai profili di colpa ritenuti in sentenza ed alla loro asserita divergenza rispetto a quanto contenuto nel capo di imputazione, si osserva la completezza della formulazione accusatoria, laddove ascrive al B. sia la condotta di avere effettuato un sorpasso del tutto vietato dalle prescrizioni contenute negli artt. 148, 141 e 142 C.d.S., sia quella di non aver valutato comunque la impossibilità di compiere tale manovra in sicurezza, procedendo ad una velocità inadeguata ed in condizioni di scarsa visibilità connesse alle circostanze temporali e spaziali. Giova poi ricordare che nei procedimenti per reati colposi, la sostituzione o l’aggiunta di un particolare profilo di colpa, sia pure specifica, al profilo di colpa originariamente contestato, non vale a realizzare diversità o immutazione del fatto ai fini dell’obbligo di contestazione suppletiva di cui all’art. 516 c.p.p. e dell’eventuale ravvisabilità, in carenza di valida contestazione, del difetto di correlazione tra imputazione e sentenza ai sensi dell’art. 521 stesso codice Sez. 4, n. 18390 del 15/02/2018, P.C. in procomma Di Landa, Rv. 273265 Sez. 4, n. 31968 del 19/05/2009, Raso, Rv. 245313 . 2. Parimenti infondato il secondo motivo, non essendo la Corte di merito incorsa in alcun travisamento della prova, macroscopico e tale da inficiare la motivazione della sentenza impugnata. I dati relativi alla velocità, allo stato dei luoghi, alla visibilità, alle tracce di frenata, alla velocità del D.P. , sono elementi in fatto, estranei al sindacato di legittimità, ricostruiti dai giudici di merito in base alle emergenze probatorie e dunque sulla scorta di argomentazioni adeguate ed immuni da censure. In particolare, circa il limite di velocità esistente su quel tratto di strada, la sentenza impugnata non afferma affatto che fosse di 80 km/h in quanto era pacificamente di 90 km/h ma solo che la velocità di entrambe le vetture, cioè quella del B. e del D.P. che lo precedeva, erano inadeguate allo stato dei luoghi, anche se inferiori al limite o di poco superiori, e che il B. , in particolare, era stato del tutto incurante del fatto che la strada fosse completamente all’oscuro e che l’ingombro del SUV riducesse ulteriormente e significativamente il suo campo visivo. Si tratta di considerazioni logicamente ben sviluppate. In ordine al denunciato vizio motivazionale, si rimarca del resto che la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione Sez. 4, n. 54996 del 24/10/2017, Baldisseri, Rv. 271679 Sez. 4, n. 37838 del 01/07/2009, Tarquini, Rv. 245294 che l’obbligo di moderare adeguatamente la velocità, in relazione alle caratteristiche del veicolo ed alle condizioni ambientali, va inteso nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione, tenendo altresì conto di eventuali imprudenze altrui, purché ragionevolmente prevedibili Sez. 4, n. 25552 del 27/04/2017, Luciano, Rv. 270176 che nel formulare il proprio apprezzamento sull’eccesso di velocità relativa - vale a dire su una velocità non adeguata e pericolosa in rapporto alle circostanze di tempo e di luogo, indipendentemente dai prescritti limiti fissi di velocità - il giudice non è tenuto a determinare con precisione ed in termini aritmetici il limite di velocità ritenuto innocuo, essendo sufficiente l’indicazione degli elementi di fatto e delle logiche deduzioni in base ai quali la velocità accertata è ritenuta pericolosa in rapporto alla situazione obiettiva ambientale Sez. 4, n. 8526 del 13/02/2015, De Luca Cardillo, Rv. 262449 . La Corte territoriale ha fatto buon governo di tali principi di diritto. Analizzando il testo dell’art. 141 C.d.S., commi 1 e 2, ha infatti ineccepibilmente ritenuto che si è in presenza di una regola cautelare di carattere generale, che obbliga il conducente a regolare la velocità del veicolo in modo che, avuto riguardo alle caratteristiche, allo stato ed al carico del mezzo, nonché alle caratteristiche ed alle condizioni della strada, del traffico e ad ogni circostanza di altra natura, sia evitato qualsiasi pericolo per la sicurezza delle persone ed ogni disordine alla circolazione. Ha poi ricordato come il conducente debba sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizioni di sicurezza, tra le quali e soprattutto l’arresto tempestivo del mezzo entro il limite del suo campo di visibilità e dinanzi ad ogni ostacolo prevedibile, regola che permane anche qualora, pur rispettato il limite massimo di velocità, ricorra la necessità di adeguare la condotta di guida a particolari circostanze o condizioni concrete regola ricavabile dall’art. 142 C.d.S., che, al comma 5, espressamente stabilisce che in tutti i casi in cui sono fissati i limiti di velocità restano fermi gli obblighi stabiliti dall’art. 141 . A questo corretto argomentare può ancora aggiungersi come nel caso odierno si sia in presenza di una c.d. doppia conforme di condanna, che consente di dedurre il vizio di travisamento della prova con il ricorso per cassazione solamente in due ipotesi quando il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, ovvero quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, Rv. 272018 Sez. 4, n. 5615 del 13/11/2013, Nicoli, Rv. 258432 . Tanto non è riscontrabile nella sentenza impugnata. 3. Gli altri motivi dal terzo al sesto possono essere analizzati congiuntamente, in quanto si riferiscono al giudizio di colpevolezza espresso a carico esclusivo del B. ed alla mancata valutazione da parte della Corte territoriale della condotta colposa del conducente del ciclomotore. Come si è già osservato la Corte di Appello ha indicato correttamente la regola cautelare violata la sentenza infatti non afferma che in generale il sorpasso in quei luoghi fosse vietato, ma solamente che il sorpasso in quelle specifiche condizioni di luogo, tempo, visibilità e soprattutto velocità non fosse consentito. Non vi è dunque elaborazione di una regola cautelare rigida, ma solamente una specificazione dell’art. 141 C.d.S. nel caso di specie. È chiaro che il sorpasso non avrebbe potuto comunque essere portato fino in fondo in quanto, sopraggiungendo il ciclomotore, avrebbe finito con il determinare l’evento , ma ciò non significa che esso fosse vietato in astratto, bensì solamente che in quelle condizioni non avrebbe dovuto nemmeno essere ipotizzato ed iniziato. Se invece l’imputato avesse ridotto la velocità ed aumentato la visibilità ad esempio tramite gli abbaglianti onde saggiare la possibilità di sorpassare in sicurezza, l’evento non si sarebbe verificato perché sarebbe stato nelle condizioni di accorgersi del sopraggiungere del ciclomotore e dunque di evitare la manovra. Di qui la correttezza del giudizio controfattuale. In questa ricostruzione della vicenda, il fatto che il Bo. , minorenne, trasportasse, violando l’art. 115 C.d.S., un altro passeggero a bordo del ciclomotore è stato a ragione ritenuto del tutto irrilevante rispetto alla produzione degli eventi mortali, non avendo assunto alcun ruolo nel determinismo causale che ha condotto al decesso dei due giovani così come irrilevante è stato considerato l’accertamento della circostanza se il ciclomotore del Bo. stesse marciando o meno a fari spenti - elemento in fatto sul quale peraltro la Corte ha spiegato che vi erano confortanti e sufficienti elementi probatori che deponevano nel senso che il ciclomotore aveva in realtà le luci di proiezione accese e funzionanti così a pag.13 sulle dichiarazioni dei testi Z. e D.P. - stante l’efficacia causale autonoma ed esclusiva della condotta di guida del B. . Anche sotto il profilo della causalità della colpa dunque la impugnata sentenza non dà luogo a censure. La motivazione fornita dalla Corte d’Appello circa la rilevanza della velocità dell’automobile del B. è coerente con l’interpretazione anzidetta della regola cautelare violata. Se l’imputato fosse andato più piano avrebbe potuto iniziare la manovra di sorpasso - non vietata in astratto ed in condizioni adeguate - ma si sarebbe accorto del motociclo. 4. Infondato, infine, il settimo motivo. I giudici distrettuali, nel negare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, hanno valorizzato le gravissime modalità del fatto, l’elevato grado della colpa, la condotta di guida dell’imputato palesemente violativa delle regole ordinarie della circolazione stradale. Si tratta di un apprezzamento discrezionale, demandato ai giudici di merito, che essendo supportato da adeguate argomentazioni logiche resta estraneo al sindacato di questa Corte di legittimità. 5. Il ricorso va pertanto rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, nonché al rimborso delle spese in favore delle costituite parti civili, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili che liquida come segue in favore di Bo.An. Euro 2.500,00, oltre accessori come per legge in favore di Bo.Mi. Euro 2.500,00, oltre accessori come per legge in favore di T.M. Euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.