Anche la detenzione temporanea del bene di provenienza illecita integra il delitto di ricettazione

Il trasportatore che accetta consapevolmente il rischio che la merce detenuta, anche temporaneamente, sia di illecita provenienza, senza essere in grado di fornire adeguata spiegazione circa l’origine delle cose, è colpevole del delitto di ricettazione laddove la merce sia di provenienza delittuosa.

Così si è pronunciata la Corte con la sentenza n. 20871/19, depositata il 15 maggio. Il caso. Il Tribunale di Genova assolveva un trasportatore di merce di provenienza delittuosa, ritenendo che questi fosse mero vettore della merce oggetto di furto e che ne avesse la semplice detenzione. La Corte d’Appello di Genova riconosceva invece la colpevolezza dell’imputato. Per tale ragione quest’ultimo ricorre in Cassazione lamentando che la Corte avesse ritenuto irrilevante la distinzione tra possesso e detenzione ai fini della configurabilità del reato e che, in luogo del reato ascrittogli, avrebbe dovuto considerare di contestargli il reato di cui all’art. 712 c.p. Acquisto di cose di sospetta provenienza . Possesso e detenzione di oggetti di illecita provenienza. La Suprema Corte precisa che, in merito alla distinzione tra possesso e detenzione di merce di provenienza illecita, la giurisprudenza consolidata ha stabilito che l’espressione ricevere cosa proveniente da delitto”, di cui all’art. 648 c.p., si riferisce a qualunque possesso dell’oggetto, anche temporaneo, ed a chiunque abbia il possesso o la detenzione della cosa. Ricettazione e acquisto di cose di sospetta provenienza. Gli Ermellini, poi, chiariscono che, ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può desumersi anche tenendo conto dell’omessa o non attendibile indicazione circa la provenienza della merce ricevuta, poiché ciò rivelerebbe una volontà di occultamento di un acquisto in mala fede. I Giudici specificano che la Corte territoriale, in applicazione di quanto sopra espresso, ha correttamente riconosciuto il dolo del reato di ricettazione e ha escluso pertanto la configurabilità del reato di cui all’art. 712 c.p Inoltre, affinché possa parlarsi di dolo eventuale ai fini del delitto di ricettazione, è necessario che l’agente abbia volontariamente accettato il rischio che la merce acquistata ovvero ricevuta sia oggetto di reato, non essendo sufficiente la mancanza di diligenza nel verificare la provenienza dell’oggetto che caratterizza l’ipotesi contravvenzionale. Per questi motivi, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 4 ottobre 2018 – 15 maggio 2019, n. 20871 Presidente Cammino – Relatore Imperiali Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 23/4/2010 il Tribunale di Genova assolveva P.A. dal reato di ricettazione di 39 scatoloni contenenti 25 kg. di stoccafissi provento di furto perché il fatto non sussiste, ritenendo che, pur essendosi raggiunta la prova della provenienza delittuosa della merce che il predetto trasportava, non potesse escludersi che, quale mero trasportatore della merce, ne avesse la mera detenzione, ritenuta insufficiente ad integrare il reato ascrittogli. 2. La Corte di Appello di Genova, con sentenza del 14/3/2017, accogliendo il ricorso proposto dal Procuratore Generale, in riforma della sentenza impugnata, riconosceva la penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato ascrittogli, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia. 3. Ha proposto ricorso per cassazione il P. con due atti, uno personale e l’altro a mezzo del difensore avv. Vernazza. 3.1. Con il primo ricorso, in data 14/6/2017, ha prospettato una ricostruzione alternativa dei fatti, assumendo di averla già esposta alla P.G. al momento dei fatti. 3.2. Con il ricorso presentato a mezzo del difensore ha dedotto 3.2.1. La violazione di legge per aver ritenuto la Corte di Appello irrilevante, ai fini della configurazione del reato, la distinzione tra possesso e mera detenzione temporanea della res. 3.2.2. La violazione di legge per essersi riconosciuto l’elemento soggettivo del reato pur nel difetto degli indizi gravi, precisi e concordanti richiesti dall’art. 192 c.p.p., comma 2. 3.2.3. La violazione di legge ed il vizio di motivazione per non avere la Corte territoriale nemmeno preso in considerazione la configurabilità dell’ipotesi contravvenzionale dell’art. 712 c.p Considerato in diritto 4. Il ricorso è inammissibile, in quanto si discosta dai parametri dell’impugnazione di legittimità stabiliti dall’art. 606 c.p.p 4.1. Il motivo addotto a sostegno di ricorso personale, infatti, propone una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione che esula dai poteri della Corte di cassazione, in quanto la valutazione dei predetti è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali Sez. U., 30/4/1997, n. 6402, Rv. 207944 Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, Rv. 229369 . 4.2. Il motivo di ricorso volto a far valere la distinzione tra possesso e detenzione della merce di illecita provenienza è, invece, manifestamente infondato, in quanto da tempo la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità riconosce che l’espressione ricevere cosa proveniente da delitto , di cui all’art. 648 c.p., si riferisce a qualsiasi possesso, anche temporaneo, della cosa Sez. 2, n. 12712 del 03/05/1978, Rv. 140228 , ed a chiunque abbia il possesso o comunque detenga la cosa di illecita provenienza Sez. 2, n. 5407 del 13/06/1990, Rv. 187125 , in quanto l’incriminazione in esame tende ad impedire che soggetti diversi da coloro che hanno commesso un delitto appaiano interessati alle cose provenienti da esso, al fine di trarne un vantaggio anche temporaneo Sez. 1, n. 8245 del 11/05/1987, Rv. 176392 . 4.3. Anche gli ultimi due motivi di ricorso sono manifestamente infondati, in quanto la Corte territoriale, nel riconoscere il dolo del reato di ricettazione, tale da escludere la configurabilità dell’ipotesi contravvenzionale dell’art. 172 c.p., si è correttamente conformata al consolidato orientamento di questa Corte per tutte, Sez. II, n. 29198 del 25/05/2010, rv. 248265 , per il quale, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede d’altro canto Sez. 2, n. 45256 del 22/11/2007, Rv. 238515 , ricorre il dolo di ricettazione nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza. Nè si richiede all’imputato di provare la provenienza del possesso delle cose, ma soltanto di fornire una attendibile spiegazione dell’origine del possesso delle cose medesime, assolvendo non ad onere probatorio, bensì ad un onere di allegazione di elementi, che potrebbero costituire l’indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice, e che comunque possano essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi del libero convincimento in tal senso, Cass. pen., Sez. un., n. 35535 del 12/07/2007, Rv. 236914 . 5. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186 , al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro duemila a favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.