Se la condanna è irrevocabile, il condannato non può più lamentare la mancata traduzione in udienza

La mancata traduzione dell’imputato detenuto al processo di prime cure, deve essere dedotta in sede di giudizio di appello, non potendo egli sollevare la questione in sede di esecuzione.

Così si esprime la Suprema Corte con la sentenza n. 20774/19, depositata il 14 maggio. La vicenda. Il Tribunale di Torino, nelle vesti di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza volta ad ottenere la declaratoria di nullità del decreto di citazione in giudizio a causa dell’omessa citazione dell’imputato ovvero, in subordine, la restituzione nel termine per impugnare la pronuncia di condanna divenuta irrevocabile emessa dallo stesso Tribunale. Contro l’ordinanza del Tribunale di Torino ricorre per Cassazione il difensore dell’imputato, deducendo, in primo luogo, la violazione dell’art. 156 c.p.p. in tema di notifiche all’imputato detenuto , e, in secondo luogo, il vizio di motivazione, poiché il giudice aveva ritenuto che l’elezione del domicilio presso il difensore d’ufficio, insieme all’assenza di prove agli atti che l’imputato fosse detenuto nelle more del processo, costituivano motivi validi ai fini del mancato accoglimento della sua richiesta. La rescissione del giudicato. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi descritti sopra. Quanto al primo profilo, attinente alla conoscenza del processo da parte dell’imputato detenuto, la Corte afferma che in tema di rescissione del giudicato si deve escludere l’incolpevole mancata conoscenza del processo risultando, dunque, inammissibile il ricorso ex art. 629- bis , comma 3, c.p.p. nel caso in cui risulti che l’imputato abbia eletto domicilio presso il difensore d’ufficio durante la fase delle indagini preliminari, derivandone una presunzione di conoscenza del processo che legittima il giudice a procedere in sua assenza. In tal senso, infatti, spetterebbe a questo ultimo l’onere di attivarsi allo scopo di mantenere contatti informativi con il proprio difensore sull’andamento del processo. La mancata traduzione dell’imputato detenuto. Per quanto riguarda, invece, il secondo profilo, relativo al sopravvenuto status detentionis dell’imputato circostanza che, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto spingere il giudice ad attivarsi ai fini della sua traduzione , nonostante si tratti di una situazione conosciuta grazie alle dichiarazioni in udienza della parte offesa, la Corte ravvisa una nullità di ordine generale, rilevabile/eccepibile entro il giudizio di appello. A causa della mancata instaurazione del giudizio di secondo grado, nel caso concreto, la nullità è stata sanata e la pronuncia di condanna è divenuta irrevocabile, precludendo al ricorrente la possibilità di far valere detta questione in sede di esecuzione. Per questi motivi, la Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 24 aprile – 14 maggio 2019, n. 20774 Presidente Gallo – Relatore Ariolli Ritenuto in fatto e in diritto 1. Il difensore di E.A. ricorre per cassazione per l’annullamento dell’ordinanza in data 27/11/2018 del Tribunale di Torino che, in qualità di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza volta ad ottenere la declaratoria di nullità del decreto di citazione a giudizio per omessa citazione dell’imputato o, in subordine, la restituzione nel termine per impugnare la sentenza di condanna del Tribunale di Torino del 23/5/2017 irrev. il 7/10/2017 . Al riguardo, deduce l’inosservanza della disposizione di cui all’art. 156 c.p.p., nonché il correlativo vizio di motivazione, in quanto il giudice del merito aveva ritenuto che l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio e l’assenza di prova agli atti che l’imputato fosse detenuto durante la celebrazione del processo, costituivano motivi validi per il rigetto dell’istanza. Invero, osserva come il ricorrente non ebbe ad eleggere domicilio presso un determinato difensore, ma soltanto presso quello che sarebbe stato individuato dalla P.G. con successiva richiesta al Consiglio dell’ordine. Inoltre, trovandosi poi in stato di detenzione per altra causa, non ebbe modo di avere contatti di sorta con detto legale nè poteva attivarsi per una nomina fiduciaria non conoscendo gli estremi del procedimento. Inoltre, la circostanza che l’imputato fosse detenuto nel corso del processo era emersa dalle dichiarazioni della persona offesa, la quale aveva riferito che l’E. è detenuto da oltre due anni presso il carcere di Palermo vedi pag. 2 trascrizioni verbale di udienza del 23/5/2017 , circostanza di cui lo stesso P.M. di udienza aveva preso contezza vedi pag. 6 delle trascrizioni del verbale di udienza . Di talché il giudicante avrebbe dovuto attivarsi al fine di disporre la traduzione dell’imputato, previa verifica dello status detentionis. 2. Il P.G. presso questa Corte, con requisitoria in data 1/3/2019, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso in ragione della manifesta infondatezza dei motivi. 3. Tanto premesso, il ricorso è inammissibile essendo entrambi i motivi manifestamente infondati. 3.1. Quanto al profilo attinente alla conoscenza del processo, questa Corte, in tema di rescissione del giudicato, ha affermato che deve escludersi l’incolpevole mancata conoscenza del processo, con conseguente inammissibilità del ricorso di cui all’art. 629-bis c.p.p., comma 3, nel caso in cui risulti che l’imputato abbia, nella fase delle indagini preliminari, eletto domicilio presso il difensore di ufficio, derivando da ciò una presunzione di conoscenza del processo che legittima il giudice a procedere in assenza dell’imputato, sul quale grava l’onere di attivarsi per tenere contatti informativi con il proprio difensore sullo sviluppo del procedimento vedi Sez. 4, n. 49916 del 16/10/2018, Rv. 273999 in termini sulla rilevanza anche di atti adottati nella fase investigativa, vedi Sez. 2, n. 25996 del 23/5/2018, Rv. 272987 . Peraltro, dal verbale di elezione di domicilio allegato agli atti, risulta che l’imputato ha sottoscritto l’atto allorché vi era stato inserito il nominativo dell’avv. Stefano Manzoli, con l’indicazione dello studio e del relativo numero di telefono risulta altresì che detto difensore ha poi proseguito nella difesa del ricorrente per tutto il processo. 3.2. Con riferimento al profilo relativo al sopravvenuto stato di detenzione dell’imputato, di cui al processo si sarebbe avuta contezza mediante le dichiarazioni della p.o., con l’onere per il giudice di disporre accertamenti ai fini della traduzione, trattasi di nullità di ordine generale Sez. 6, n. 5989 del 10/3/1997, Rv. 209322 che, pertanto, doveva essere rilevata o eccepita entro il giudizio di appello che non si è tenuto in assenza di gravame, così assumendo la decisione natura irrevocabile . Al ricorrente, pertanto, era precluso far valere detta questione in sede di esecuzione, essendo la nullità stata sanata. 4. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000 alla Cassa delle ammende, stabilita in ragione dei profili di colpa ravvisabili nel dar corso alla causa di inammissibilità. 5. La natura non particolarmente complessa delle questioni e l’applicazione di principi giurisprudenziali consolidati consente di redigere la motivazione della decisione in forma semplificata. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Motivazione semplificata.