Prova scientifica e giudizio di merito: le regole di valutazione del sapere extragiuridico

Il giudice di merito, in presenza di contrapposte tesi ricostruttive dei fatti che presuppongono conoscenze extragiuridiche, può prediligere una delle diverse opinioni scientifiche, purchè dia congrua motivazione della propria scelta e dimostri di avere affrontato anche la tesi che non ritenga di voler seguire.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, con la sentenza n. 19386/19, depositata il giorno 8 maggio. La guerra tra consulenti. Nei processi che riguardano fatti per la valutazione dei quali occorre fare ricorso a conoscenze di natura extragiuridica lo strumento probatorio elettivo, proposto dalle parti, è senza dubbio quello della consulenza tecnica. Le vicende rientranti nel microcosmo della responsabilità penale del sanitario, per esempio, sono un terreno elettivo per il verificarsi di situazioni del genere. Il caso che oggi ci occupa è, per l'appunto, uno di questi è in gioco l'accertamento della responsabilità di un medico ostetrico per danni subiti dal nascituro. I vari consulenti tecnici ascoltati nel corso del primo grado di giudizio avevano espresso opinioni contrastanti, così alla corte territoriale non resta che disporre perizia per risolvere la diatriba. L'occasione è propizia per riguardare le soluzioni che la Cassazione ha elaborato in tema di valutazione della prova scientifica sotto lo specifico aspetto dell'onere motivazionale del giudice di merito. Il giudice penale è davvero peritus peritorum? E' uno dei brocardi latini più usati ed abusati il giudice, nonostante l'opinione di un esperto su specifiche questioni tecniche, può decidere autonomamente secondo il principio del libero convincimento. Fin qui è tutto ovvio. Il problema, però, che colora lo sfondo di questo delicato argomento è l'individuazione dei criteri che il decidente deve seguire per poter adottare una decisione giuridicamente ineccepibile – con riguardo alla legittimità della motivazione che la deve obbligatoriamente supportare – dal momento che egli è costretto a navigare tra argomentazioni, prospettate dagli esperti di settore, che di giuridico non hanno nulla. Intanto, gli Ermellini ci tengono a ricordare che nel nostro sistema processuale penale non esiste una prova legale” analoga, per intenderci, a quella contemplata dal sistema processuale civile. O, per meglio dire, la speciale natura di determinate questioni e argomenti, afferenti a branche del sapere non giuridico, non ingabbia il giudice, né lo obbliga ad appiattire la propria decisione sul parere di un esperto. La soluzione del problema, semmai, si sposta sul peso specifico” - ci si consenta il riferimento alla chimica, dato che ci siamo – che deve possedere la motivazione della sentenza per apparire non arbitraria. Chi giudica dovrà dare conto della soluzione adottata, dimostrando di avere sviscerato le varie tesi ricostruttive e dovrà spiegare perchè ne ha preferita una a discapito di un'altra. Dal canto suo, la Cassazione non potrà certamente, in sede di vaglio di legittimità, entrare nel merito della soluzione individuata dal giudice di merito, ma dovrà limitarsi a valutarne la razionalità. Consulenza di parte & amp perizia la soluzione spesso viene dall'iniziativa del giudice. La matematica non è un'opinione, si suole dire. Ma questa stessa espressione può riportarsi a tutte le scienze cosiddette esatte. Che tanto esatte, probabilmente, non lo sono, visto e considerato che non esiste settore dello scibile umano nel quale non sia possibile esprimere almeno un paio di opinioni sul medesimo fenomeno. Non ne parliamo, poi, dell'arte medica – che, per l'appunto, non è una scienza esatta – nell'ambito della quale i fattori da valutare sono tali e tanti, e così peculiari, che è praticamente possibile affermare tutto e il contrario di tutto. Ecco, processualmente parlando, che i casi di cosiddetta colpa del sanitario diventano terreno di battaglia tra consulenti, e l'attività dell'avvocato o del giudice si riduce al governo sarebbe meglio dire al tentativo di governare delle molteplici teorie ricostruttive del medesimo fatto. Il decidente, però, ha uno strumento prezioso, che la Corte di Cassazione, con la sentenza che oggi commentiamo, ci ricorda avere una valenza euristica tutt'altro che di secondo piano la perizia. Del resto, in presenza di una pluralità di ipotesi il tentativo più saggio per avvicinarsi alla realtà è quello di sentire il parere di un tecnico imparziale – il perito, per l'appunto – il cui approccio non soffra del limite di essere chiamato, come il consulente tecnico, a sostenere le ragioni di una parte processuale piuttosto che di quella avversa.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 2 aprile – 8 maggio 2019, n. 19386 Presidente Piccialli – Relatore Montagni Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Salerno, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza di condanna resa dal Tribunale di Salerno in data 12.07.2016 nei confronti di L.V. , in riferimento al delitto di lesioni colpose, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per essere il reato estinto per prescrizione il Collegio ha confermato nel resto la sentenza impugnata. In assunto accusatorio, l’imputato, in qualità di medico ostetrico presso la omissis , nel prestare assistenza al parto di I.A. , cagionava lesioni personali gravi alla nascitura A.K. , concretatesi nella paralisi dell’arto superiore sinistro, con indebolimento permanente della funzione prensoria. Ciò in quanto il medico non rilevava i segni indicatori di una distocia di spalla, omettendo la relativa diagnosi non poneva in essere le condotte doverose, quale la riduzione del braccio anteriore del feto ed esercitava trazioni eccessive ed improvvide sul vertice fetale determinando la descritta lesione del plesso brachiale dell’arto superiore sinistro. La Corte territoriale, a fronte delle censure dedotte dalla difesa, in riferimento alle contrastanti opinioni espresse dai consulenti tecnici, relativamente alle cause delle lesioni della bambina, disponeva il rinnovo dell’istruzione dibattimentale, funzionale all’espletamento di perizia collegiale. La Corte di Appello rilevava che la cartella clinica non aveva fornito alcun utile elemento per l’individuazione della eziopatogenesi della accertata lesione, di talché era stato necessario procedere alla ricostruzione della vicenda secondo il metodo della logica clinica , indicato dai nominati periti. 2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Salerno ha proposto ricorso per cassazione L.V. , a mezzo del difensore. Il ricorso è affidato a tre motivi. Con il primo motivo l’esponente reitera l’eccezione processuale relativa al verbale di udienza del 30.09.2015, per impossibilità della individuazione della persona fisica del giudice. Osserva che nel caso non può essere individuato il giudicante, stante la mancata indicazione nella intestazione del verbale e posto che la sottoscrizione in calce risulta apposta mediante una sigla. Con il secondo motivo la parte ripropone l’eccezione di nullità del verbale del 14.06.2016, per omessa sottoscrizione del cancelliere, a fronte della intervenuta sostituzione dell’ufficiale redigente nel corso dell’udienza. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazionale. L’esponente osserva che nel caso potevano trovare applicazione le innovazioni normative in tema di responsabilità sanitaria, menzionando l’art. 590 sexies c.p., e la L. n. 189 del 2012. In particolare, l’esponente si sofferma sul tema della riferibilità causale delle lesioni riportate dalla bambina alla condotta omissiva che si ascrive al medico, osservando che gli stessi giudici non supportano l’affermazione che la condotta salvifica avrebbe con certezza evitato l’evento. Il ricorrente rileva che la Corte di Appello non ha applicato il canone indicato dalle Sezioni Unite penali, della prova oltre il ragionevole dubbio , nell’accertamento della riferibilità causale delle lesioni alla condotta attesa, ma la regola del più probabile che non , che può trovare applicazione solo nel giudizio civile. Considerato in diritto 1. Il ricorso impone le considerazioni che seguono. 2. Il primo motivo non ha pregio. Le Sezioni Unite hanno chiarito che, in tema di nullità del verbale, perché possa ritenersi sussistere incertezza assoluta sulle persone intervenute è necessario che l’identità del soggetto partecipante all’atto non solo non sia documentata nella parte del verbale specificamente destinata a tale attestazione, ma altresì che non sia neppure desumibile da altri dati contenuti nello stesso, né da altri atti processuali in esso richiamati o ad esso comunque riconducibili Sez. U, Sentenza n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253213 . Il Supremo consesso ha precisato che occorre dare una interpretazione restrittiva dell’art. 142 c.p.p., comprimendo al massimo la sfera delle situazioni con effetti invalidanti sul verbale. Le Sezioni semplici, nell’alveo del richiamato insegnamento, hanno successivamente osservato che, in tema di nullità del verbale, perché possa ritenersi sussistente un’incertezza assoluta sulle persone intervenute è necessario che l’identità del soggetto partecipante all’atto non solo non sia documentata nella parte specificamente destinata a tale attestazione, ma altresì che non sia neppure desumibile da altri dati contenuti nello stesso, né da altri atti processuali in esso richiamati o ad esso comunque riconducibili Sez. 6, n. 21699 del 19/02/2013, Bruzzese, Rv. 25566201 . E bene, la valutazione espressa dalla Corte di Appello si colloca nell’alveo del richiamato insegnamento. Il Collegio, infatti, nel rigettare l’eccezione dedotta dalla difesa, ha considerato che nel caso di specie la sottoscrizione del verbale da parte del giudice mediante una sigla non integrava alcuna ipotesi di nullità dell’atto. 3. Il secondo motivo è inammissibile. La Corte regolatrice ha chiarito che la nullità prevista dall’art. 142 c.p.p., per i verbali con incertezza assoluta delle persone intervenute, o privi di sottoscrizione del pubblico ufficiale che li ha redatti, non ha carattere assoluto, ma relativo, con il conseguente onere della parte di eccepirla immediatamente dopo il compimento dell’atto Sez. 6, Sentenza n. 38658 del 05/10/2010, Rv. 248523 Sez. 1, Ordinanza n. 40700 del 09/09/2015, Rv. 264855 . Posto che l’eccezione circa l’omessa sottoscrizione del verbale di udienza del 14.06.2016, da parte del cancelliere, è stata dedotta per la prima volta con l’atto di appello, deve rilevarsi che la stessa risulta inammissibile, per tardività. 4. Si procede ora all’esame del terzo motivo di ricorso. Come noto, la dichiarazione della causa estintiva del reato deve coordinarsi con la presenza della parte civile e di una condanna in primo grado che impone, ai sensi dell’art. 578 c.p.p., di pronunciarsi sulla azione civile in tali ipotesi, infatti, la valutazione della regiudicanda impone un esame approfondito di tutto il compendio probatorio, ai fini della responsabilità civile Sez. U, sentenza n. 35490 del 28.5.2009, dep. 15.09.2009, Rv. 244273 . Tanto chiarito, si osserva che correttamente la Corte di Appello, dato atto della intervenuta estinzione del reato di lesioni colpose per prescrizione, ha esaminato funditus il tema della responsabilità dell’imputato, agli effetti civili, pure disponendo il rinnovo dell’istruttoria dibattimentale, al fine di esaminare il tema dell’imputazione causale dell’evento alla condotta omissiva posta in essere dal sanitario. Giova allora ricordare che la Suprema Corte ha chiarito che il vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali con la conseguenza che il sindacato di legittimità deve essere limitato soltanto a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l’adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali in tal senso, ex plurimis , Sez. 3, n. 4115 del 27.11.1995, dep. 10.01.1996, Rv. 203272 . Così delineato l’ambito del presente scrutinio, occorre richiamare i principi che, secondo diritto vivente, governano l’apprezzamento giudiziale della prova scientifica da parte del giudice di merito e che presiedono al controllo che, su tale valutazione, può essere svolto in sede di legittimità, questione specificamente devoluta dai ricorrenti, anche sotto il profilo del vizio motivazionale. Al riguardo, si è chiarito che alla Corte regolatrice è rimessa la verifica sulla ragionevolezza delle conclusioni alle quali è giunto il giudice di merito, che ha il governo degli apporti scientifici forniti dagli specialisti. La Suprema Corte ha evidenziato, sul piano metodologico, che qualsiasi lettura della rilevanza dei saperi di scienze diverse da quella giuridica, utilizzabili nel processo penale, non può avere l’esito di accreditare l’esistenza, nella regolazione processuale vigente, di un sistema di prova legale, che limiti la libera formazione del convincimento del giudice che il ricorso a competenze specialistiche con l’obiettivo di integrare i saperi del giudice, rispetto a fatti che impongono metodologie di individuazione, qualificazione e ricognizione eccedenti i saperi dell’uomo comune, si sviluppa mediante una procedimentalizzazione di atti conferimento dell’incarico a periti e consulenti, formulazione dei relativi quesiti, escussione degli esperti in dibattimento ad impulso del giudicante e a formazione progressiva e che la valutazione di legittimità, sulla soluzione degli interrogativi causali imposti dalla concretezza del caso giudicato, riguarda la correttezza e conformità alle regole della logica dimostrativa dell’opinione espressa dal giudice di merito, quale approdo della sintesi critica del giudizio Sez. 4, sentenza n. 80 del 17.01.2012, dep. 25.05.2012, n. m. . Chiarito che il sapere scientifico costituisce un indispensabile strumento, posto al servizio del giudice di merito, deve rilevarsi che, non di rado, la soluzione del caso posto all’attenzione del giudicante, nei processi ove assume rilievo l’impiego della prova scientifica, viene a dipendere dall’affidabilità delle informazioni che, attraverso l’indagine di periti e consulenti, penetrano nel processo. Si tratta di questione di centrale rilevanza nell’indagine fattuale, giacché costituisce parte integrante del giudizio critico che il giudice di merito è chiamato ad esprimere sulle valutazioni di ordine extragiuridico emerse nel processo. Il giudice deve, pertanto, dar conto del controllo esercitato sull’affidabilità delle basi scientifiche del proprio ragionamento, soppesando l’imparzialità e l’autorevolezza scientifica dell’esperto che trasferisce nel processo conoscenze tecniche e saperi esperienziali. E, come sopra chiarito, il controllo che la Corte Suprema è chiamata ad esercitare, attiene alla razionalità delle valutazioni che a tale riguardo il giudice di merito ha espresso nella sentenza impugnata. Del resto, la Corte regolatrice ha anche recentemente ribadito il principio in base al quale il giudice di legittimità non è giudice del sapere scientifico e non detiene proprie conoscenze privilegiate. La Suprema Corte è cioè chiamata a valutare la correttezza metodologica dell’approccio del giudice di merito al sapere tecnico-scientifico, che riguarda la preliminare, indispensabile verifica critica in ordine all’affidabilità delle informazioni che utilizza ai fini della spiegazione del fatto cfr. Sez. 4, Sentenza n. 43786 del 17/09/2010, dep. 13/12/2010, Cozzini, Rv. 248944 Sez. 4, sentenza n. 42128 del 30.09.2008, dep. 12.11.2008, n. m. . E si è pure chiarito che il giudice di merito può fare legittimamente propria, allorché gli sia richiesto dalla natura della questione, l’una piuttosto che l’altra tesi scientifica, purché dia congrua ragione della scelta e dimostri di essersi soffermato sulla tesi o sulle tesi che ha creduto di non dover seguire. Entro questi limiti, è del pari certo, in sintonia con il consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, che non rappresenta vizio della motivazione, di per sé, l’omesso esame critico di ogni più minuto passaggio della perizia o della consulenza , poiché la valutazione delle emergenze processuali è affidata al potere discrezionale del giudice di merito, il quale, per adempiere compiutamente all’onere della motivazione, non deve prendere in esame espressamente tutte le argomentazioni critiche dedotte o deducibili, ma è sufficiente che enunci con adeguatezza e logicità gli argomenti che si sono resi determinanti per la formazione del suo convincimento vedi, da ultimo, Sez. 4, sentenza n. 492 del 14.11.2013, dep. 10.01.2014, n. m. . Approfondendo lo studio del tema in esame, la Corte regolatrice ha da ultimo precisato che nei casi caratterizzati dalla contrapposizione di orientamenti in seno alla stessa comunità scientifica di riferimento, soccorre l’espletamento di perizia dibattimentale Sez. 4, n. 1886 del 03/10/2017 - dep. 17/01/2018, P.G. in proc. Cappe, Rv. 27194301 . Invero, nei casi di compresenza, nel quadro probatorio, di elementi di natura tecnico-scientifica di segno opposto e di non univoca significazione dimostrativa, il giudice di merito dispone dello strumento privilegiato, dato dalla perizia, da espletarsi nel contraddittorio delle parti e dei rispettivi consulenti tecnici. L’art. 220 c.p.p., prevede, infatti, l’espletamento della perizia ogniqualvolta sia necessario svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedano specifiche competenze di natura tecnica. La specificità delle competenze va rapportata alle conoscenze ordinarie di comune diffusione, secondo il parametro dell’uomo medio. La giurisprudenza di legittimità ha da tempo osservato che la perizia deve essere disposta allorché occorrano competenze che esulano dal patrimonio conoscitivo del cosiddetto uomo medio, rispetto ad un dato momento storico e ad uno specifico contesto sociale Sez. 1, sentenza n. 11706 del 1993, Rv. 196075 . Lo svolgimento di indagini comprende la ricerca e l’estrapolazione di dati da una determinata realtà fenomenica nonché la loro analisi e rielaborazione critica. Non sfugge che l’ammissione della perizia è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice Sez. 6, n. 34089 del 7/7/2003 Sez. 5, n. 22770 del 15/4/2004 . Tuttavia, la perizia rappresenta un indispensabile strumento euristico, nei casi ove l’accertamento dei termini di fatto della vicenda oggetto del giudizio imponga l’utilizzo di saperi extragiuridici e, in particolare, qualora si registrino difformi opinioni, espresse dai diversi consulenti tecnici di parte intervenuti nel processo, di talché al giudice è chiesto di effettuare una valutazione ponderata che involge la stessa validità dei diversi metodi scientifici in campo. Suole affermarsi che al giudice è attribuito il ruolo di peritus peritorum. In realtà, detta locuzione, secondo le indicazioni di ordine metodologico espresse dalla giurisprudenza sopra richiamata, non autorizza affatto il giudicante ad intraprendere un percorso avulso dal sapere scientifico, né a sostituirsi agli esperti ignorando ogni i contributi conoscitivi di matrice tecnico-scientifica. Il ruolo di peritus peritorum impone, di converso, al giudice a individuare, con l’aiuto dell’esperto, il sapere accreditato che può orientare la decisione. Il giudice, cioè, deve esaminare le basi fattuali sulle quali le argomentazioni del perito sono state condotte l’ampiezza, la rigorosità e l’oggettività della ricerca l’attitudine esplicativa dell’elaborazione teorica nonché il grado di consenso che le tesi sostenute dall’esperto raccolgono nell’ambito della comunità scientifica Sez. 4, n. 18678 del 14.3.2012, Rv. 252621 . 4.1. E bene, nel caso di specie, la Corte di Appello di Salerno, del tutto legittimamente, preso atto della persistente contrapposizione tra le tesi sostenute dai consulenti tecnici di parte, in ordine alla riferibilità delle lesioni alla condotta del medico, ha disposto il rinnovo dell’istruttoria dibattimentale, funzionale all’espletamento di perizia collegiale. Sulla scorta delle indicazioni espresse dal collegio peritale, la Corte distrettuale ha quindi analizzato il tema del nesso di causalità tra la condotta attesa e l’evento lesivo. La Corte territoriale ha riferito che i periti, escussi in dibattimento, avevano chiarito che l’associazione d’arto era stata la causa di una distocia di spalla, da intendersi quale condizione di alterazione nella regolare discesa del feto che in tal caso al sanitario sono imposte manovre codificate dalle leges artis, contenute nelle linee guida di riferimento e che l’imputato non aveva realizzato alcuna delle prescritte manovre di emergenza. La Corte di Appello ha quindi osservato che doveva ritenersi accertata la sussistenza del nesso di derivazione causale tra l’omissione ascritta all’imputato e l’evento lesivo. Non sfugge che in sentenza si rinvengono passaggi argomentativi nei quali si sottolinea la difficoltà di pervenire ad un giudizio di tranquillante certezza, sul piano della riferibilità causale dell’evento all’azione del medico, nello specifico settore della responsabilità sanitaria. Si tratta di valutazioni di ordine generale, che esprimono la consapevolezza, da parte del Collegio giudicante, dei parametri valutativi indicati dal diritto vivente, nella materia di riferimento. 4.2. Invero, con specifico riguardo all’apprezzamento della prova scientifica, afferente all’accertamento del rapporto di causalità, la giurisprudenza di legittimità ha osservato che deve considerarsi utopistico un modello di indagine causale, nel giure penale, fondato solo su strumenti di tipo deterministico e nomologico-deduttivo, affidato esclusivamente alla forza esplicativa di leggi universali. Ciò in quanto, nell’ambito dei ragionamenti esplicativi, si formulano giudizi sulla base di generalizzazioni causali, congiunte con l’analisi di contingenze fattuali. In tale prospettiva, si è chiarito che il coefficiente probabilistico della generalizzazione scientifica non è solitamente molto importante e che è invece importante che la generalizzazione esprima effettivamente una dimostrata, certa relazione causale tra una categoria di condizioni ed una categoria di eventi cfr. Sez. U, sentenza n. 30328, in data 11.9.2002, Rv. 222138 . Nella verifica dell’imputazione causale dell’evento, cioè, occorre dare corso ad un giudizio predittivo, sia pure riferito al passato il giudice si interroga su ciò che sarebbe accaduto se l’agente avesse posto in essere la condotta che gli veniva richiesta. Con particolare riferimento alla casualità omissiva - che viene in rilievo nel caso di specie - si osserva poi che la giurisprudenza di legittimità ha enunciato il carattere condizionalistico della causalità omissiva, indicando il seguente itinerario probatorio il giudizio di certezza del ruolo salvifico della condotta omessa presenta i connotati del paradigma indiziario e si fonda anche sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico, da effettuarsi ex post sulla base di tutte le emergenze disponibili, e culmina nel giudizio di elevata probabilità logica Sez. U, sentenza n. 30328, in data 11.9.2002, cit. e che le incertezze alimentate dalle generalizzazioni probabilistiche possono essere in qualche caso superate nel crogiuolo del giudizio focalizzato sulle particolarità del caso concreto quando l’apprezzamento conclusivo può essere espresso in termini di elevata probabilità logica Sez. 4, Sentenza n. 43786 del 17/09/2010, dep. 13/12/2010, Cozzini, Rv. 248943 . Ai fini dell’imputazione causale dell’evento, pertanto, il giudice di merito deve sviluppare un ragionamento esplicativo che si confronti adeguatamente con le particolarità della fattispecie concreta, chiarendo che cosa sarebbe accaduto se fosse stato posto in essere il comportamento richiesto all’imputato dall’ordinamento. Si tratta di insegnamento ribadito dalle Sezioni Unite che si sono nuovamente soffermate sulle questioni riguardanti l’accertamento giudiziale della causalità omissiva e sui limiti che incontra il sindacato di legittimità, nel censire la valutazione argomentativa espressa in sede di merito cfr. Sez. U, sentenza n. 38343 del 24.04.2014, dep. 18.09.2014, 261106 . Nella sentenza ora richiamata, le Sezioni Unite hanno sviluppato il modello epistemologico già indicato nella citata pronunzia del 2002, delineando un modello dell’indagine causale capace di integrare l’ipotesi esplicativa delle serie causali degli accadimenti e la concreta caratterizzazione del fatto storico, chiarendo che, nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto. È poi appena il caso di osservare che la Corte regolatrice risulta consolidata nel rilevare che, in tema di omicidio colposo, sussiste il nesso di causalità tra l’omessa adozione da parte del medico specialistico di idonee misure atte a rallentare il decorso della patologia acuta, colposamente non diagnosticata, ed il decesso del paziente, quando risulta accertato, secondo il principio di controfattualità, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore o con minore intensità lesiva Sez. 4, Sentenza n. 18573 del 14/02/2013, dep. 24/04/2013, Rv. 256338 . 4.3. Tanto chiarito, giova allora ribadire che la Corte territoriale, nel caso di specie, ha richiamato le indicazioni offerte dal collegio peritale, rispetto alla causa della distocia della spalla ed ha precisato che il giudizio di sussistenza del nesso di derivazione causale tra la condotta omissiva del L. e l’evento lesivo risultava convalidata dal fatto che i periti avevano escluso che la lesione potesse essere stata provocata da fattori intrauterini, come pure da fattori verificatisi nella fase successiva alla estrazione del feto, quale una caduta all’atto del primo bagnetto. Preme poi evidenziare che il ragionamento probatorio sviluppato dalla Corte di Appello si completa con rilievi che attingono anche i profili di condotta attiva, che emergono dall’attività di assistenza prestata dal L. alla partoriente. In sentenza si sottolinea infatti che L. esercitò ripetute pressioni sulla pancia della donna, pressioni incaute e del tutto sconsigliate nei casi di distocia di spalla. 4.4. A questo punto della trattazione è dato rilevare che la Corte territoriale ha precisato che L. non aveva effettuato le manovre codificate dalle leges artis, contenute nelle linee guida di riferimento e che, anzi, l’imputato non aveva posto in essere alcuna delle prescritte manovre di emergenza, realizzando una condotta che giudici qualificano come gravemente imperita . In tali termini, il Collegio ha effettuato valutazioni che destituiscono di ogni conducenza i rilievi svolti dal ricorrente, rispetto all’applicabilità dell’art. 590 sexies c.p., come pure del previgente decreto Balduzzi. Sul punto, la Corte di Appello ha evidenziato che le linee guida di riferimento imponevano specifiche manovre che l’imputato aveva frontalmente omesso di attuare e che erano state realizzate diverse manovre, del tutto inappropriate rispetto alla situazione concreta. A fronte di tali insindacabili rilievi - che neppure vengono messi in discussione dal ricorrente - deve escludersi in termini l’operatività delle disposizioni normative che si sono succedute negli ultimi anni, sul tema della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria. L’oggi abrogato D.L. 13 settembre 2012, n. 158, art. 3, comma 1, convertito, con modificazioni dalla L. 8 novembre 2012, n. 189, stabiliva che L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve . Secondo la Corte regolatrice, la novella del 2012 aveva escluso la rilevanza penale della colpa lieve, rispetto alle condotte lesive coerenti con le linee guida o le pratiche terapeutiche mediche virtuose, accreditate dalla comunità scientifica. In particolare, si era evidenziato che la norma aveva dato luogo ad una abolitio criminis parziale degli artt. 589 e 590 c.p., avendo ristretto l’area penalmente rilevante individuata dalle predette norme incriminatrici, alla sola colpa grave Sez. 4, Sentenza n. 11493 del 24/01/2013, dep. 11/03/2013, Rv. 254756 Sez. 4, Sentenza n. 16237 del 29/01/2013, dep. 09/04/2013, Rv. 255105 . Come detto, la richiamata disciplina presuppone la realizzazione di condotte lesive coerenti con le raccomandazioni contenute nelle linee guida, di talché l’accertato discostamento dall’agire appropriato, da parte del prevenuto, esclude la riconducibilità della condotta nell’ambito applicativo della novella del 2012. Ciò posto, si osserva che il tema della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, per i reati di omicidio colposo e di lesioni colpose, è stato poi oggetto di un ulteriore intervento normativo, con il quale il legislatore ha posto mano nuovamente alla materia della responsabilità sanitaria, anche in ambito penale. Il riferimento è alla L. 8 marzo 2017, n. 24, recante Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie e, segnatamente, all’art. 6, della citata L. n. 24 del 2017, che ha introdotto l’art. 590 sexies c.p., rubricato Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario. Le Sezioni Unite Sez. U., sentenza n. 8770 del 21.12.2017, dep. 22.02.2018, Mariotti, Rv. 272174 hanno ricostruito la portata precettiva della disposizione di cui all’art. 590 sexies c.p., ove è stabilito che qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto. Ai fini di interesse, preme allora ricordare che le Sezioni Unite hanno chiarito che l’errore medico può cadere sulla scelta delle linee guida ovvero nella fase esecutiva delle raccomandazioni contenute nelle linee guida adeguate al caso di specie con la precisazione - di ordine dirimente rispetto al caso di specie - che l’errore non punibile non può, però, alla stregua della novella del 2017, riguardare la fase della selezione delle linee guida perché, dipendendo il rispetto di esse dalla scelta di quelle adeguate , qualsiasi errore sul punto, dovuto a una qualsiasi forma di colpa generica, porta a negare l’integrazione del requisito del rispetto . In conclusione, l’accertata inosservanza delle raccomandazioni contenute nelle linee guida ed anzi l’esecuzione di manovre del tutto inadeguate rispetto al caso di specie, da parte del L. , esclude l’applicabilità dei richiamati interventi normativi, in tema di responsabilità sanitaria, secondo le indicazioni offerte dal diritto vivente. 5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili, liquidate in dispositivo. Oscuramento dati. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili in questo giudizio di legittimità, così liquidate Euro tremila, oltre accessori come per legge, a favore di I.A. in proprio e a favore della minore A.K. , come rappresentata dai genitori in Euro duemilacinquecento, oltre accessori come per legge, a favore di A.I. in proprio. Dispone l’oscuramento dei dati personali.