‘Lucciola’ sorpresa nuovamente in strada: illegittimo il foglio di via

Esclusa, di conseguenza, la condanna della donna, che era stata nuovamente trovata nel territorio comunale, nonostante il provvedimento della Questura le avesse imposto di andare via. Per i Giudici non basta la constatazione dell’esercizio della prostituzione per dare sostanza al foglio di via.

Sorpresa ripetutamente a prostituirsi in strada. Questo comportamento non è sufficiente per legittimare il foglio di via emesso dalla Questura. Cancellata, di conseguenza, anche la condanna nei confronti della donna che era finita sotto processo perché sorpresa nuovamente a lavorare” sul territorio comunale Cassazione, sentenza n. 19310/19, sez. I Penale, depositata oggi . Reato. Fatale il controllo effettuato dalle forze dell’ordine nell’ottobre del 2015 in quell’occasione, difatti, viene identificata una donna che un anno prima aveva ricevuto dalla Questura il foglio di via obbligatorio perché beccata più volte ad esercitare la prostituzione in strada. Consequenziale è il processo e, secondo i Giudici del Tribunale, la condanna della donna a un mese di arresto per avere consapevolmente ignorato il provvedimento della Questura, poggiato sulla constatazione dell’ esercizio della prostituzione per strada, in prossimità di civili abitazioni e con atteggiamenti scandalosi ed adescatori, idonei a compromettere la moralità dei minorenni e la tranquillità . Questa motivazione viene però ritenuta priva di solidità dai giudici della Cassazione, che, di conseguenza, ritengono illegittimo il ‘foglio di via’ emesso nei confronti della donna. Su questo punto, in particolare, viene evidenziato che il provvedimento della Questura non aveva indicato alcun concreto elemento idoneo a configurare ipotesi di reato attribuibili alla donna . Tutto ciò permette di rendere corretto il comportamento tenuto dalla donna, che, in sostanza, aveva tutti i diritti di continuare a permanere nel territorio del Comune.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 febbraio – 7 maggio 2019, n. 19310 Presidente Iasillo – Relatore Renoldi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del Tribunale di Macerata in data 22/2/2018, Ri. La. fu condannata alla pena, condizionalmente sospesa, di un mese di arresto in quanto riconosciuta colpevole del reato di cui all'art. 76, comma 3, D.Lgs. 6/9/2011 n. 159, perché, in data 25/10/2015, era stata rinvenuta nel territorio di Civitanova Marche e aveva, pertanto, eluso la misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio con divieto di fare ritorno nel predetto comune per il periodo di tre anni dalla data di notifica del medesimo misura emessa, a suo carico, dal Questore di Macerata in data 15/5/2014 e notificata in data 12/6/2014. Secondo quanto accertato nel corso del giudizio di merito, in data 15/5/2014 il Questore di Macerata aveva adottato, nei confronti di Ri. La., il foglio di via obbligatorio di cui all'art. 2 del D.Lgs. n. 159/11, vietandole di far ritorno nel territorio del comune di Civitanova Marche per il periodo di tre anni, decorrenti dalla data di notifica dell'atto, avvenuta il successivo 12 giugno. Detto provvedimento, acquisito agli atti, era stato motivato con la condotta della La., più volte notata prostituirsi per strada, costituente un potenziale pericolo per la pubblica tranquillità oltre che per il decoro cittadino . Quindi, il 25/10/2015, nei tre anni di vigenza del divieto, la La. era stata identificata dalle Forze dell'ordine all'interno del territorio comunale, intenta ad esercitare il meretricio per strada. Secondo il Giudice procedente doveva ritenersi integrata la fattispecie contestata, dovendo ritenersi legittimamente adottato, conformemente alla giurisprudenza di legittimità, il provvedimento di foglio di via motivato con l'esercizio della prostituzione per strada, in prossimità di civili abitazioni e con atteggiamenti scandalosi e adescatori , idonei a compromettere la moralità dei minorenni ovvero la tranquillità pubblica e, quindi, tali da integrare l'attività prevista dall'art. 1, n. 5, della legge n. 1423 del 1956. 2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la stessa La. per mezzo del difensore di fiducia, avv. An. Cr., deducendo, con un unico, articolato motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., l'inosservanza o erronea applicazione degli artt. 1 e 2, D.Lgs. n. 159/11, in relazione agli artt. 4 e 5, legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E , nonché la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. pen Dopo avere ricordato che se, per un verso, il giudice non può sostituire la propria valutazione al giudizio di pericolosità espresso dal Questore, per altro verso spetta sempre al giudice penale accertare la conformità alla legge del provvedimento questorile di rimpatrio con foglio di via obbligatorio, alla luce dei parametri dell'incompetenza, della violazione di legge e dell'eccesso di potere nelle varie figure sintomatiche, il ricorso richiama l'orientamento secondo cui, in tema di violazione del foglio di via obbligatorio, è legittima, da parte del giudice penale, la disapplicazione del provvedimento amministrativo motivato soltanto con l'esercizio della prostituzione da parte dell'imputata. Ciò in quanto l'ordine amministrativo, alla cui violazione consegue l'illecito penale, deve essere motivato in relazione sia agli indizi da cui desumere che il soggetto destinatario rientri in una delle categorie previste dall'art. 1 della legge n. 1423 del 1956 laddove l'esercizio della prostituzione, in sé e per sé, non consente di ricomprendere il soggetto in una delle categorie delle persone pericolose ai sensi della vigente normativa , sia agli elementi da cui viene desunto il giudizio di pericolosità, non essendovi coincidenza tra l'appartenenza del prevenuto a una delle categorie indicate nell'art. 1 del D.Lgs. 159/11 e la pericolosità sociale del soggetto, desumibile da ulteriori circostanze, delle quali si deve dare atto nel provvedimento medesimo cfr. Sez. 1, n. 41738 del 16/9/2014, Ripa, Rv. 260515 . Nel caso di specie, posto che il provvedimento amministrativo era collegato esclusivamente all'esercizio della prostituzione sulla pubblica via nell'area urbana del comune di Civitanova Marche, non ricorrerebbero i presupposti dell'art. 1, comma 1, lett. c , D.Lgs. 159/11, atteso che la norma farebbe riferimento alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica, sicché la messa in pericolo di tali beni giuridici, per essere rilevante ai fini in parola, dovrebbe discendere dalla commissione di reati. Il provvedimento del Questore di Macerata, dunque, finirebbe per ripristinare, surrettiziamente, la categoria soppressa dall'art. 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, la quale ha escluso che possano essere destinatari della misure di prevenzione coloro che svolgono abitualmente attività contrarie alla morale pubblica e al buon costume , essendo necessario che il giudizio di pericolosità sia ancorato a condotte aventi rilevanza penale. E, d'altra parte, occorrerebbe considerare che il legislatore non avrebbe inteso introdurre norme dirette a vietare l'esercizio della prostituzione in luogo pubblico. Su tali premesse, lo svolgimento dell'attività di meretricio nelle modalità accertate, di per sé, non costituirebbe indice di pericolosità ai sensi degli artt. 1 e 2, lett. b , D.Lgs. 159/11 e, pertanto, il provvedimento di rimpatrio adottato dal Questore di Macerata sarebbe illegittimo per inosservanza dell'art. 2 della legge n. 327 del 1988 che ha eliminato il riferimento a coloro che svolgono abitualmente attività contrarie alla morale pubblica e al buon costume, sicché agli effetti dell'inclusione di una persona nella categoria di soggetti socialmente pericolosi ex art. 1, comma 1, n. 3, legge n. 1423 del 1956 e successive modifiche, non sarebbe sufficiente il mero svolgimento abituale di attività contrarie alla morale pubblica e al buon costume, ma occorrerebbe l'acquisizione di elementi di fatto dimostrativi della commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica. Quanto ai fatti di adescamento , infine, l'art. 81 della legge n. 689 del 1981 avrebbe depenalizzato la fattispecie originariamente prevista dall'art. 5, comma 1, della legge n. 75 del 1958. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Preliminarmente deve ribadirsi che spetta al giudice penale accertare la conformità alla legge del provvedimento questorile di rimpatrio con foglio di via obbligatorio, alla luce dei parametri dell'incompetenza, della violazione di legge e dell'eccesso di potere cfr. ex plurimis, Sez. 1, n. 28549 del 18/6/2008, Girala, Rv. 241084 . 3. Tanto premesso, osserva il Collegio che la sentenza richiama, erroneamente, l'indirizzo giurisprudenziale formatasi sotto la vigenza della legge n. 1423 del 1956, la quale, all'art. 1, comma 1, n. 5, prevedeva che il questore potesse adottare la misura della diffida nei confronti di coloro che svolgono abitualmente altre attività contrarie alla morale pubblica e al buon costume categoria nella quale, pacificamente, rientravano le persone che esercitano la prostituzione. E dal momento che l'art. 2 della medesima legge ai fini della applicazione del foglio di via obbligatorio rinviava alle categorie previste dall'art. 1, questa Sezione aveva ritenuto che il foglio di via obbligatorio potesse essere adottato nei confronti di chi esercitava la prostituzione così, ex plurimis, Sez. 1, n. 28801 del 17/1/2014, B., Rv. 261233 , citata dalla sentenza oggi impugnata. 3. Nondimeno, osserva il Collegio che la predetta disciplina non è, oggi, più applicabile, dal momento che la nuova formulazione dell'art. 1, comma 1, lett. c , del D.Lgs. n. 159 del 2011 consente attualmente l'adozione del foglio di via obbligatorio, attraverso il richiamo dell'art. 2 dello stesso decreto, c coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, comprese le reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio di cui all'articolo 2, nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica . E dal momento che il provvedimento questorile applicativo del foglio di via obbligatorio, evidentemente ancora adottato alla stregua degli ormai superati presupposti normativi, non aveva indicato alcun concreto elemento idoneo a configurare ipotesi di reato attribuibili alla donna, la Corte di merito avrebbe dovuto concludere nel senso che lo stesso fosse stato illegittimamente adottato, con conseguente esclusione della fattispecie incriminatrice contestata cfr., in termini, Sez. F, n. 54155 del 27/7/2018, Caparelli, Rv. 274649, relativo al caso di un parcheggiatore abusivo . 4. Alla luce delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata deve, dunque, essere annullata, senza rinvio, perché il fatto non sussiste. P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.