Il mutamento del domicilio originariamente eletto in caso di richiesta dell’affidamento in prova

Ai sensi dell’art. 677, comma 2- bis , c.p.p., qualora il condannato chieda, tramite difensore, una misura alternativa alla detenzione, è obbligato ad eleggere domicilio e a comunicare qualsiasi mutamento del domicilio. In caso di omessa comunicazione della variazione di domicilio, ad applicarsi è la disciplina di cui all’art. 161, comma 4, c.p.p

Così con sentenza n. 18907/19 della Corte di Cassazione, depositata il 6 maggio. Il fatto. Il Tribunale di sorveglianza dichiarava l’inammissibilità della richiesta volta all’ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale in relazione all’esecuzione della pena di 1 anno e 4 mesi di reclusione inflitta all’imputato per il reato di ricettazione. In particolare, per i Giudici, il condannato è venuto meno all’obbligo di cui all’art. 677, comma 2- bis , c.p.p. di dichiarare o eleggere domicilio con la domanda con cui chiede la misura alternativa alla detenzione e di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto. Così l’imputato, tramite difensore, ricorre in Cassazione per inosservanza e erronea applicazione dell’art. 677, comma 2- bis , c.p.p., sostenendo di aver eletto domicilio presso il ristorante in cui lavorava. L’omessa comunicazione di cambio del domicilio. Che fare? Vero è che il condannato aveva provveduto ad eleggere domicilio presso il ristorante in cui lavorava come cuoco stagionale ma aveva omesso di comunicare il successivo mutamento del domicilio originariamente eletto, andando a non osservare quanto disposto dall’art. 677, comma 2- bis , c.p.p. secondo cui il condannato, non detenuto, ha l’obbligo, a pena di inammissibilità, di fare dichiarazione o elezione di domicilio insieme alla domanda con la quale chiede una misura alternativa alla detenzione o altro provvedimento attribuito dalla legge ai magistrati di sorveglianza. Ciò però trascura, per la Suprema Corte, la disciplina codicistica che sanziona con l’inammissibilità l’omessa dichiarazione o elezione di domicilio all’atto di presentazione della domanda e non anche l’omessa comunicazione del mutamento successivo del domicilio in tale caso ad applicarsi è la disciplina di cui all’art. 161, comma 4, c.p.p. . Dunque, considerato che nella sostanza il sopravvenuto mutamento del domicilio originariamente eletto non ha, in concreto, precluso la rituale notifica al condannato del decreto di fissazione dell’udienza camerale in esito alla quale è stata emessa l’ordinanza impugnata, è ravvisata la contrarietà al disposto normativo della decisione. Pertanto l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di sorveglianza per procedere all’esame dell’istanza presentata nell’interesse del condannato.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 5 aprile – 6 maggio 2019, n. 18907 Presidente Di Tommasi – Relatore Cappuccio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza dell’1 ottobre 2018 il Tribunale di Sorveglianza di Torino ha dichiarato l’inammissibilità della richiesta, presentata nell’interesse di C.S. , volta all’ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale in relazione all’esecuzione della pena di un anno e quattro mesi di reclusione, inflittagli per il delitto di ricettazione con sentenza del Tribunale di Aosta del 22 ottobre 2010, ovvero, in subordine, all’esecuzione della sanzione nella forma della semilibertà o della detenzione domiciliare c.d. generica L. 26 luglio 1975, n. 354, ex art. 47-ter, comma 1-bis. Ha, a tal fine, rilevato che il condannato è venuto meno all’obbligo, sancito, a pena di inammissibilità, dall’art. 677 c.p.p., comma 2-bis, di fare la dichiarazione o l’elezione di domicilio con la domanda con la quale chiede una misura alternativa alla detenzione o altro provvedimento attribuito dalla legge alla magistratura di sorveglianza e di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto , secondo l’interpretazione che ne hanno fornito le Sezioni Unite della Corte di cassazione sentenza n. 18775 del 17/12/2009, dep. 2010, Mammoliti, Rv. 246720 , che estende l’obbligo e la sanzione per la sua trasgressione all’ipotesi in cui l’istanza sia presentata dal difensore del condannato non detenuto nè latitante o irreperibile. 2. C. ha proposto, con il ministero dell’avv. Massimiliano Sciulli, ricorso per cassazione affidato ad un unico, articolato motivo, con il quale deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b ed e , per inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 677 c.p.p., comma 2-bis, nonché insufficienza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Rileva, al riguardo, di avere ritualmente eletto domicilio presso il ristorante ove ha lavorato, quale cuoco stagionale, sino al 30 aprile 2018, sicché non ricorre la causa di inammissibilità indicata dal Tribunale di sorveglianza. Aggiunge che qualora si ritenesse la sopravvenuta inidoneità del domicilio eletto in conseguenza del venir meno del rapporto lavorativo, si verserebbe in ipotesi di omessa comunicazione della variazione del domicilio, non assistita dalla sanzione di inammissibilità e soggetta, invece, alla disciplina prevista dall’art. 161 c.p.p., comma 4. 3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e merita, pertanto, accoglimento, con conseguente annullamento dell’ordinanza impugnata. 2. Il Tribunale di sorveglianza di Torino richiama, correttamente, l’indirizzo ermeneutico, espresso dal massimo organo nomofilattico Sez. U, n. 18775 del 17/12/2009, dep. 2010, Mammoliti, Rv. 246720 , secondo cui il condannato non detenuto deve, a pena di inammissibilità, al momento della presentazione di una istanza finalizzata all’ammissione a misure alternative alla detenzione, dichiarare o eleggere domicilio, a tal fine non potendosi riconoscere efficacia alla dichiarazione o elezione eventualmente effettuata nella fase, ormai conclusa, di cognizione. In fatto, rileva che C. , dopo avere eletto domicilio - in ossequio, deve ragionevolmente presumersi, alla regola stabilita dall’art. 677 c.p.p., comma 2-bis, secondo cui Il condannato, non detenuto, ha l’obbligo, a pena di inammissibilità, di fare la dichiarazione o l’elezione di domicilio con la domanda con la quale chiede una misura alternativa alla detenzione o altro provvedimento attribuito dalla legge alla magistratura di sorveglianza - presso il ristorante dove ha lavorato sino al 30 aprile 2018, se ne è allontanato, mutando il domicilio, senza effettuare la comunicazione obbligatoria prescritta dallo stesso art. 677 c.p.p., comma 2-bis, nella parte in cui prevede che il condannato, non detenuto, ha altresì l’obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto . Ha, quindi, dichiarato l’inammissibilità dell’istanza per mancata dichiarazione di nuovo domicilio a seguito del suo mutamento . Così facendo, ha tuttavia trascurato che la normativa codicistica sanziona con l’inammissibilità l’omessa dichiarazione o elezione di domicilio all’atto della presentazione della domanda e non anche l’omessa comunicazione del mutamento successivo del domicilio originariamente eletto o dichiarato, secondo quanto risulta dal testo normativo sopra riportato e costantemente confermato dalla giurisprudenza di legittimità Sez. 1, n. 48337 del 13/11/2011, Sarr, Rv. 253977 Sez. 1, n. 15137 del 03/03/2011, Marku, Rv. 249738 . Considerato, ad abundantiam, che il sopravvenuto mutamento del domicilio non ha, in concreto, precluso la rituale notifica, in data 28 giugno 218, al condannato del decreto di fissazione dell’udienza camerale in esito alla quale è stata emessa l’ordinanza impugnata, va ravvisata la contrarietà al disposto normativo di tale decisione. 3. L’ordinanza impugnata deve essere, pertanto, annullata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Torino affinché proceda all’esame, nel merito, dell’istanza presentata nell’interesse del condannato. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Torino.