Rito abbreviato e art. 603, comma 3-bis, c.p.p.: rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale obbligatoria o forse no?

Mi pare fondamentale inquadrare il problema partendo da una considerazione che può apparire banale il rito abbreviato, almeno nella accezione e nella funzione per la quale esso era stato pensato dal Legislatore del 1989 non è rito premiale destinato esclusivamente ad ottenere uno sconto di pena in relazione a reati la cui pena edittale esorbita rispetto ai limiti posti dal patteggiamento, ma un rito caratterizzato da una premialità che incentra la propria ragione d’essere non nella rinuncia alla difesa patteggiamento ma nella rinuncia alla formazione della prova dichiarativa nel pieno contraddittorio delle parti.

Dunque un rito a cognizione completa da parte del giudice cui la parte accede rinunciando alla formazione dialettica della prova avanti al giudicante. Un rito che, a fronte delle riforme succedutesi, consente l’acquisizione e la produzione di prove anche dichiarative, formate in totale assenza di qualsiasi meccanismo rapportabile al contraddittorio, sia attivando le procedure previste dagli artt. 391- bis e seguenti del codice indagini difensive sia introducendo le forme del cosiddetto rito abbreviato condizionato. Rito abbreviato condizionato che non necessariamente deve prevedere l’assunzione di dichiarazioni da formarsi avanti al giudice in contraddittorio tra le parti ma anche, ad esempio, la produzione di dichiarazioni raccolte nelle forme degli articoli 391 bis c.p.p. e non depositate nel fascicolo delle indagini del difensore ma semplicemente prodotte quali condizione” per accedere al rito. Sappiamo tutti bene che la richiesta di rito abbreviato è effettuata ed effettuabile con ampio spettro di soluzioni, ammissive ed interpretative, che spesso variano da ufficio a ufficio, e che con queste soluzioni dobbiamo fare il conto al fine di garantire al meglio i diritti del nostro assistito che, sempre bene ricordarlo, sono da inquadrarsi in ottica utilitaristica” rispetto agli interessi del medesimo e assolutamente indifferenti alla ricerca della verità sostanziale. Il rito di cui discutiamo ha dunque la caratteristica, in comune certo al patteggiamento, di manifestare una declinazione del diritto alla difesa tecnica” che, affatto contrapposto alla difesa sostanziale, costituisce anche ai sensi della giurisprudenza delle Corti sovranazionali generata dalle Convenzioni e dalla Carte Internazionali, fondamentale diritto dell’imputato. Il rito abbreviato, si sostanzia cioè nella possibilità concessa all’imputato ed al difensore di effettuare prognosi circa il possibile risultato del processo sulla scorta delle prove” in realtà delle fonti di prova raccolte dall’accusa e di quella raccolte dalla difesa. Giudizio effettuato sulla scorta di valutazioni di stampo probabilistico che debbono trovare confronto nelle pronunce di legittimità che, come è noto, costituiscono ben oltre il tenore delle disposizioni normative, quel diritto vivente in cui siamo da anni immersi. Se è così stiamo parlando di un diritto della difesa che, come tale, non può subire compromissioni. L’art. 603, comma 3- bis, c.p.p. recita Nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale . La norma richiede dunque che la sentenza si fondi su motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il pubblico ministero abbia nell’appello aggredito” la valutazione della prova dichiarativa, il giudice, a seguito dell’appello proposto, e sulla scorta dei dubbi insorti, disponga la rinnovazione dibattimentale. Occorre per eseguire il compito che mi è stato assegnato declinare l’applicazione di questi presupposti alle particolarità del rito abbreviato.

L’innesto sull’incidente probatorio ex art. 392 c.p.p. . La norma sull’incidente probatorio consente la preventiva, rispetto al dibattimento, assunzione della prova nei seguenti casi a all'assunzione della testimonianza di una persona, quando vi è fondato motivo di ritenere che la stessa non potrà essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro grave impedimento b all'assunzione di una testimonianza quando, per elementi concreti e specifici, vi è fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso c all'esame della persona sottoposta alle indagini su fatti concernenti la responsabilità di altri d all'esame delle persone indicate nell'art. 210 e all'esame dei testimoni di giustizia e al confronto tra persone che in altro incidente probatorio o al pubblico ministero hanno reso dichiarazioni discordanti, quando ricorre una delle circostanze previste dalle lettere a e b nonché ai sensi dell’art. 392, comma 1- bis , c.p.p. ed in relazione ai procedimenti per i delitti di cui agli artt. 572, 600, 600- bis , 600- ter , 600- quater , anche se relativi al materiale pornografico di cui all'art. 600- quater , comma 1, 600- quinquies , 601, 602, 609- bis , 609- quater , 609- quinquies , 609- octies , 609- undecies e 612- bis del codice penale all'assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1. In ogni caso, quando la persona offesa versa in condizione di particolare vulnerabilità, il pubblico ministero, anche su richiesta della stessa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della sua testimonianza . Si tratta evidentemente di prove dichiarative, raccolte nel pieno contraddittorio tra le parti, che trovano la propria ragion d’essere nella necessità d’essere cristallizzate” affinché non si disperda la fonte o non si mutino, a cagione di interventi esterni pressioni o minacce o soggettivi particolari fragilità i contenuti della prova stessa. Quid iuris circa la rinnovazione dibattimentale di queste prove? Nulla quaestio in ordine alla rinnovazione di prove resa impossibile per perdita della fonte la prova non potrà essere rinnovata e pertanto, la prova dichiarativa dovrà essere valutata con riferimento a quanto presente in atti. Con il che, una pronuncia in pejus si potrebbe scontrare, forse insanabilmente, con quanto previsto dall’articolo 6 della CEDU, con la giurisprudenza sovranazionale e con quella nazionale ma, mi pare di poterlo dire, non con il tenore della norma. Norma che richiede la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ovviamente ove la stessa si possibile. Segnalo un altro problema cui la disposizione normativa in commento potrebbe dar corso. La rinnovazione dibattimentale di prove il cui tenore potrebbe essere assoggettato a modifiche” dovute ad interventi esterni o alle particolari condizioni soggettive della fonte, e che ontologicamente sono caratterizzate da una fragilità che ne suggerisce l’immediata raccolta, a quali risultati potrà condurre, e soprattutto, quali effetti produrrà su quel che resta dalla logica del codice a carattere prevalentemente accusatorio che il Legislatore dell’89 ha voluto già grandemente storpiata dagli innumerevoli bis , ter, quater ? La risposta la fornirà il diritto vivente, ovvero l’interpretazione che della norma fornisce la giurisprudenza che spinge questo nostro sistema, fragilissimo e delicato, sempre più inesorabilmente verso i lidi della common law senza che la nostra cultura, non solo giuridica, abbia maturato gli anticorpi maturati in quei sistemi che non vedono il processo penale come strumento di ricerca della verità.

Altra prova a contenuto dichiarativo, almeno in termini generali, è costituita dalla perizia o, per quanto concerne il focus di questo intervento, dalla consulenza. La letteratura processuale anglosassone indentifica il consulente od il perito con la figura dell’ expert witness , ovvero del teste esperto. In quest’ottica dunque il consulente od il perito rivestirebbero la qualifica di fonte dichiarativa e quanto da essi portato al processo, anche se in forma documentale, prova dichiarativa. Sembra sposare questa tesi l’informativa provvisoria, resa dalle Sezioni Unite, investite per la soluzione di un contrasto interpretativo, che hanno affermato udienza del 29 gennaio 2019 come la dichiarazione resa dal perito o dal consulente tecnico può costituire prova dichiarativa assimilabile a quella del testimone ne consegue, in caso di riforma della sentenza di assoluzione che il giudice d'appello è tenuto a rinnovare l'istruzione dibattimentale procedendo all'esame del perito o del consulente tecnico , se questi sia stato già esaminato nel dibattimento di primo grado e la sua dichiarazione sia ritenuta decisiva . Ancora una volta il quesito attiene all’applicabilità della norma in caso di rito abbreviato celebrato con la acquisizione di consulenza resa da expert witness nominato dalla difesa, assunta nella forma delle indagini difensive o semplicemente prodotta in sede di richiesta di rito abbreviato condizionato, senza contraddittorio tra le parti. Il giudice dell’appello quale istruzione dibattimentale” dovrebbe rinnovare? Soprattutto come dovrebbe dar corso alla rinnovazione dibattimentale? Surrogando poteri non attivati in primo grado dal pubblico ministero che non abbia ritenuto di interloquire in quella sede sulla prova? Nominando un perito ritenendo decisiva, ovvero indispensabile la lettura che quel teste esperto deve dare della vicenda? Non v’è chi non veda come la rinnovazione dibattimentale, intesa in questo senso, possa dar corso a più di qualche dubbio. Provo a proporre i miei senza pretesa alcuna d’essere esaustivo, preciso o corretto. Primo dubbio se un giudice ha ritenuto non assolutamente necessaria una prova, un giudice diverso può ritenerla tale al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 603 c.p.p. ante riforma? Secondo la nomina di un perito non potrebbe configurare ex sé una qualche forma di espressione di giudizio sull’esito del processo di carattere anticipatorio visto che di fatto il giudicante manifesta il proprio dis-aprezzamento nei confronti dell’elaborato peritale. Terzo il pubblico ministero sarebbe chiamato a nominare un proprio consulente attività di carattere probatorio” cui aveva, coscientemente rinunciato in virtù di ponderate scelte processuali. Anche in questo caso la soluzione, di carattere semplicistico e sulla quale attendo di conoscere le motivazioni delle SS.UU., potrebbe essere costituita dall’imbocco di una scorciatoia. La rinnovazione dibattimentale dovrebbe consistere nella assunzione del testimone esperto condotta dalle parti, prive di conoscenze tecniche specifiche, e completata, come ben sappiamo e conosciamo, dal giudice dell’appello che, peritus peritorum , di fatto assurgerebbe a vero dominus dell’intera vicenda, valutando conoscenze tecniche da lui non possedute, alla ricerca di una verità che sembra sempre più riferibile ad illuminazioni divine che a valutazioni di carattere dialettico e deduttivo. Le SS.UU. con la recentissima sentenza depositata venerdì scorso hanno fornito risposta ad alcuni dei quesiti posti. Purtroppo le risposte non si attagliano, almeno non completamente, al tema del rito abbreviato trattato. È però possibile ricavare una qualche utile indicazione. In primo luogo è possibile affermare che per gli Ermellini il perito, od il consulente sia da qualificarsi e considerarsi quale expert witness ”. Ciò importa che la prova da questi portata sia assoggettata alla disposizione dettata dall’art. 603, comma 3- bis del codice di rito. Dunque sia oggetto di possibile rinnovazione. La Corte nella sua massima espressione nel paragrafo 8 della sentenza Pavan così certamente sarà ricordata la pronuncia si occupa di un caso assolutamente contiguo al tema trattato. Ovvero del caso in cui la relazione peritale” sia semplicemente letta senza che il perito sia esaminato e ciò sia in forza del disposto degli artt. 495, comma 4- bis e 511, comma 2, c.p.p., sia in quello in cui la lettura sia intervenuta senza consenso delle parti ma la loro inerzia, circa la tempestiva eccezione di nullità, ne abbia causato sanatoria ex art. 183, comma 1, lett. a del codice di rito. La legittimità d’acquisizione di siffatta prova è fuor di dubbio, e trova copertura Costituzionale nell’articolo 111 della Carta e sovranazionale nelle decisione della Corte Edu che ritengono legittima la rinuncia della parte al contraddittorio cfr. Vozhigov vs Russia . La Corte laddove si versi in questa ipotesi, ipotesi assimilabile al rito abbreviato, osserva come il dato processuale rilevante va quindi rinvenuto nella circostanza che la relazione peritale è veicolata nel processo attraverso la sola scrittura di conseguenza, poiché il contraddittorio, per volontà delle stesse parti, si attua nella sola forma cartolare, deve ritenersi non applicabile la regola della rinnovazione obbligatoria del dibattimento di cui all’articolo 603 comma 3 bis c.p.p., in quanto , costituendo un’eccezione alla regola stabilita nel precedente comma 3, è riservata, in modo tassativo, alle sole prove dichiarative ossia a quelle prove in cui l’informazione è veicolata nel processo attraverso il linguaggio verbale . Con il che almeno una parte dei quesiti sembra aver trovato soluzione. In realtà la pronuncia non si limita ad affermare l’impossibilità di rinnovazione del contraddittorio nel caso di relazione peritale, e credo si possa dire anche di consulenza depositata, intervenuta in sede di rito abbreviato posto che nella pronuncia si legge cfr. pagina 20- 21 sentenza Pavan Infatti se è comprensibile la ragione per cui il legislatore ha stabilito l’obbligo di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, obbligando il giudice di appello, prima di condannare l’imputato assolto, a ripetere la prova dichiarativa l’esame del perito al fine di chiarire e dissipare i dubbi insorti sulla diversa valutazione di quella prova, uguale ragione non è rinvenibile nell’ipotesi in cui ci si trovi di fronte all’acquisizione di un semplice atto scritto la relazione peritale su cui non vi è mai stato alcun contraddittorio orale . In quest’ultima ipotesi, invero, non si tratterebbe più di rinnovare il medesimo atto istruttorio svolto nel giudizio di primo grado, ma di compiere, ex novo, un diverso atto istruttorio esame del perito al quale le parti avevano rinunciato . A sostegno della tesi intervengono anche le pronunce della Corte EDU in tema di diritto alla prova, od alla controprova, in tema di perizia e significativamente in tema di formazione della prova, di diritto al contraddittorio ed alla controperizia”. Sentenze peraltro citate, compiutamente e dettagliatamente nella pronuncia delle SS.UU., a deposito. La Corte sottolinea come sia ovvio il diritto per il giudice dell’appello di procedere ove lo ritenga assolutamente necessario alla citazione ex officio del perito al fine di sottoporlo ad esame o di richiedere nuova perizia ma riconduce l’ipotesi alla fattispecie prevista dall’art. 603, comma 3, c.p.p Ipotesi che ben conosciamo e che esula dal tema proposto. La soluzione prospettata dalla Corte a Sezioni Unite, parrebbe in contrasto con la pronuncia Patalano che è stata resa proprio in tema di abbreviato non condizionato che aveva espresso il principio di diritto ai sensi del quale deve dichiararsi affetta da vizio di motivazione per mancato rispetto del canone di giudizio al di là di ogni ragionevole dubbio la sentenza di appello che, su impugnazione del pubblico ministero, affermi la responsabilità dell’imputato, in riforma di una sentenza assolutoria emessa all’esito di un giudizio abbreviato non condizionato, operando una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, senza che nel giudizio di appello si sia proceduto all’esame delle persona cha abbiano reso tali dichiarazioni . La differenza che la Corte rileva fra le due fattispecie è tanto sottile dall’essere impercettibile e, almeno per me lo è nel caso Patalano le dichiarazioni di cui si discute sono costituite da quelle raccolte da persone informate sui fatti nel corso delle indagini preliminari e veicolate nel giudizio pur sempre a mezzo del linguaggio verbale e che al momento delle decisione vengono valutate dal giudice di primo grado in senso assolutorio e dal giudice di appello in senso accusatorio . Di dichiarazioni dunque rese da witness non expert . Ora per amor di polemica ma non solo, si potrebbe dire che le dichiarazioni dei testi, esperti o non esperti, raccolte in qualunque modo sono sempre e comunque delle informazioni rese da persone informate sui fatti dotate di qualifiche diverse ma pur sempre veicolate a processo in identico modo attraverso la loro trascrizioni” in supporti cartacei e che, dunque non è rilevabile alcuna concreta differenza tra e due fattispecie descritte. Le SS.UU. forniscono spiegazione, a mio modo di vedere poco convincente, affermando e protestando una diversità di situazioni che individuano nell’assenza di dichiarazione del perito e nella presenza solo di una relazione da questi scritta sui quesiti assegnatigli e, sulla quale il contraddittorio, si attiva solo cartolarmente attraverso il deposito di eventuali memorie tecniche . Ma se il perito è un teste esperto la prova da lui formata è dichiarativa, e sul punto gli Ermellini non hanno dubbi, la relazione altro non è e non può essere che una rappresentazione grafica di una prova dichiarativa che mi pare non possa che essere assimilata alle prove dichiarative raccolte da testi tout court intesi durante la fase delle indagini preliminari. Non mi pare colga nel segno neppure la ulteriore differenza inerente la supposta diversità della raccolta della prova ab origine cartolare per il teste divenuta tale per il teste esperto per rinuncia delle parti al contraddittorio. La rinuncia al contraddittorio sulla prova, legittima ex art. 111 Cost. e ai sensi delle pronunce della Corte EDU, non ne può mutare la natura ontologica. In punto torneremo in sede di disamina della rinnovazione dell’istruttoria” in relazione ai testimoni e di un’interessante pronuncia della Curia Milanese. In ordine al tema assegnatomi, viene in conto anche quanto affermato dalla Corte nella pronuncia Pavan al paragrafo 9 in relazione alla figura del consulente di parte. Pacifica la sua qualifica di testimone. Curiosamente non viene indicato se esperto o non esperto. Che si tratti di refuso o di volontaria dimenticanza non è dato sapersi ma, per amor di logica, credo possa definirsi il consulente come expert witness anche alla luce del richiamo effettuato dalla Corte alle sentenze Corte EDU ed alla pronuncia dalla Corte Costituzionale n. 33/99 che ha affermato la legittimità dell’utilizzo da parte del Giudice degli elementi di prova tratti dall’esame dei consulenti tecnici dei quali le parti si siano avvalse. Con il che introdurre differenze tra le due figure, peraltro chiamate ad esprimersi in contraddittorio anche serrato nel caso di rito ordinario, circa la qualifica di esperti” da attribuirsi ad essi mi parrebbe prima che azzardato fuori di ogni logica. Del resto la Corte stessa nell’analizzare la figura del consulente utilizza i paradigmi usati per il perito, indicando le due figure dotate di identica funzione e poteri all’interno del processo penale. Il consulente come il perito può dunque espletare il proprio ruolo oralmente o in forma scritta. Le regole poste alla base dell’acquisizione della prova dichiarativa proveniente dal consulente sono identiche a quelle previste dal perito e le SS.UU. affermano come non possa trarsi alcuna indicazione o deduzione dalla diversità del ruolo svolto dal perito nominato dal giudice e dal consulente non potendo ritenersi dunque dotata di maggiore oggettività la pronuncia. L’affermazione non è certo priva di significato e merita d’essere evidenziata. Prosegue la Corte affermando omissis – se alla base della sentenza di assoluzione è stata posta proprio la consulenza di parte ogni discussione sulla sua minore oggettività resta superata dalla decisione del giudice che, evidentemente, ha ritenuto l’apporto del consulente obiettivo ed affidabile e, comunque, maggiormente attendibile rispetto alla stessa perizia ove anche questa sia stata disposta. Di conseguenza, ove la sentenza sia appellata, si ripropone la medesima situazione già illustrata in relazione alla perizia in quanto il giudice di appello si trova di fronte alla seguente alternativa a confermare la sentenza assolutoria senza obbligo di rinnovare l’istruttoria perché l’obbligo di rinnovazione è previsto solo ove il giudice di appello intenda riformare in pejus la sentenza assolutoria b condannare l’imputato a fronte della sentenza assolutoria di primo grado in tal caso ha l’obbligo di rinnovare l’istruttoria . L’affermazione sottolineata in grassetto ci porta ad una conclusione obbligata se contraddittorio non v’è stato, per le ragioni sopra evidenziate, logica e diritto vorrebbero che la consulenza depositata in tema di abbreviato sulla quella non si sia attivata alcuna forma di contraddittorio non possa formare oggetto di rinnovazione del dibattimento posto che non si tratterebbe più di rinnovare il medesimo atto istruttorio svolto nel giudizio di primo grado, ma di compiere, ex novo , un diverso atto istruttorio esame del perito al quale le parti avevano rinunciato.

Ma il rito abbreviato si connota proprio per la totale assenza di attività di istruttoria dibattimentale o per la sua presenza in termini limitatissimi. Laddove questa attività si presente ed i risultati siano tali dall’integrare i necessari presupposti richiesti dalla norma e dalla interpretazione della stessa che ne fornisce la giurisprudenza, essa dovrà, ex art. 603, comma 3- bis , c.p.p. essere rinnovata. E negli altri casi? Le SS.UU. n. 18620/17 hanno affermato come la rinnovazione istruttoria, limitatamente alle fonti dichiarative ritenute decisive, è da ritenersi presupposto necessario per l'affermazione di responsabilità in secondo grado anche lì dove la decisione assolutoria di primo grado sia stata emessa con l'adozione del rito abbreviato . In tale decisione si è ulteriormente precisato che il principio si applica solo nel caso in cui sia stata sollecitata una differente valutazione del significato della prova dichiarativa e non quando il documento che tale prova riporti risulti semplicemente travisato”, quando cioè emerga che la lettura della prova sia affetta da errore revocatorio”, per omissione, invenzione o falsificazione. In questo caso, difatti, la difformità cade sul significante il documento e non sul significato il documentato e perciò non può sorgere alcuna esigenza di rivalutazione di tale contenuto attraverso una nuova audizione del dichiarante. La pronuncia delle SS.UU. appare, non credo solo a me, in contrasto con quanto affermato ed argomentato dalla sentenza Pavan, proveniente dal medesimo giudice e successiva. Pacifico è però che il secondo giudice abbia inteso salvare” proprio il principio di diritto espresso dalla sentenza Patalano la pronuncia è la stessa e quindi abbia indicato una differenza di valutazione, incomprensibile, tra le differenti situazioni inerenti prove dichiarative non assunte attraverso il meccanismo del contraddittorio. La questione dunque parrebbe allo stato essere connotata da una sostanziale non sottoposizione delle vicenda inerenti consulenza o perizia ove sulle stesse non sia azionato contradditorio alla disciplina dell’articolo 603 c,. 3 bis del c.p.p., mentre a detta disciplina sarebbero assoggettate le dichiarazioni rese dai testimoni, anche se sulle stesse non si sia dato luogo ad alcuna forma di contraddittorio. Il tentativo di far coesistere le pronunce Pavan e Patalano e tanto evidente quanto, a mio parere, difficoltoso. La questione dunque merita approfondimento e conclusioni meno semplicistiche. Ho già esposto le mie perplessità circa una differenza di valutazione che non mi pare possa trovare giustificazione alcuna, e mi pare che a sostegno della mia tesi intervenga la recentissima ordinanza 20.02.2019 assunta dalla Corte d’appello di Milano seconda sezione penale nel processo Ligresti, che incentra la propria attenzione proprio sul contenuto dell’art. 603, comma 3- bis , c.p.p. e sui suoi effetti. La Corte parte dal principio espresso dalla sentenza Dasgupta e dell’elaborazione giurisprudenziale che lo stesso ha generato per definirla superata dalla scelta che il legislatore ha fatto attraverso l’introduzione del comma 3- bis dell’art. 603 c.p.p Il ragionamento che la Curia Milanese svolge è interessantissimo. Il tenore letterale della norma è chiaro il legislatore ha inteso sottoporre alla disciplina dell’art. 603, comma 3- bis i soli casi di istruttoria dibattimentale. Dunque detti casi possono e debbono essere riferiti, secondo una interpretazione restrittiva al solo dibattimento, ovvero, in senso più ampio, ai casi di formazione della prova orale nel contraddittorio delle parti, sì da includere le ipotesi di esame testimoniale svolto nell’ambito del giudizio abbreviato condizionato o nell’incidente probatorio dal giudice per le indagini preliminari . In relazione all’incidente probatorio ho già espresso i miei dubbi, ciò che qui interessa è il prosieguo del ragionamento., nel corso del quale la Corte d’Appello milanese afferma come nel caso in cui non si sia verificata alcuna delle suddette ipotesi e quindi nel caso in cui non vi sia mai attivazione del contraddittorio a prescindere dalle ragioni sottese a detta mancata attivazione e dunque il processo si sia svolto nella sola forma cartolare, non sia occorsa alcuna istruzione dibattimentale e quindi non vi sia possibilità di rinnovazione di un evento storico non verificatosi. Il che sotto il profilo logico appare davvero assolutamente pacifico. La Corte chiosa così il proprio ragionamento L’obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa in appello, quindi, deve intendersi riferito alle prove orali assunte nel contraddittorio delle parti. Ciò in perfetta coerenza con la ratio legis che è, appunto, quella di ripetere la formazione della prova davanti al giudice competente a valutare l’impugnazione finalizzata alla rinnovata valutazione di attendibilità del dichiarante. L’intervento del legislatore ha riferito, pertanto, il principio dell’obbligatorietà della rinnovazione dei casi di overturning sfavorevole all’imputato, il quale abbia consentito al contraddittorio dibattimentale in relazione ai motivi d’appello attinenti alla valutazione della prova dichiarative . Affermando altresì altro principio cui tengo personalmente molto, inerente la difesa tecnica, difesa che per un processual penalista assume straordinario rilievo, ovvero quello alla rinuncia del contraddittorio, quale strumento avente elevata potenzialità difensiva, diritto che, dice la Corte Meneghina, per non essere vanificato richiede il mantenimento della necessaria simmetria dei gradi di giudizio con esclusione in grado di appello di una modalità di formazione della prova alla quale l’imputato aveva consapevolmente rinunciato . Il richiamo anche al principio della ragionevole durata del processo, pur se importante, mi pare possa e debba cedere il passo innanzi all’affermazione dell’esistenza dichiarate e fondamentale del diritto alla difesa tecnica quale manifestazione di scelta consapevole ed orientata . Versandosi in tema di diritti il diritto di difesa tecnica, dotato di guarentigia Costituzionale e sovranazionale articolo 6 CEDU, deve prevalere sulle disposizioni ordinarie e dunque anche sulle richieste di rinnovazione dibattimentale relative alle prove acquisite nel rito abbreviato attraverso il contraddittorio. Ma questo è un capitolo” che deve essere ancora scritto. Intanto però consideriamo come la scelta di difesa tecnica, cui fa riferimento l’ordinanza, non può che essere in qualche modo contrapposta a quel principio, che continuo ritenere blasfemo che vorrebbe il processo orientato alla ricerca della verità e non già alla definizione di una vicenda giuridica, certo importante, sulla scorta di proposizioni dialettiche contrapposte, di cui la scelta del rito rappresenta manifestazione. L’autorevolezza del giudice del merito che ha promulgato l’ordinanza, la risonanza mediatica che la stessa avrà dovuta al processo cui si riferisce, fanno ben sperare nell’affermazione dei principi che in essa si individuano che non si pongono in contrasto né con il tenore della norma interna né con i principi internazionali affermati dalle sentenze EDU. Principi che, aventi natura sub costituzionale, non possono essere posti in dubbio da disposizioni normative sotto ordinate. La scelta di rinvenire nel diritto alla difesa tecnica, declinato nella sua accezione di scelta consapevole del rito con il quale essere processati, mi pare possa e debba mettere al riparo difensore ed imputato dalla possibilità di rinnovazioni dibattimentali inesistenti per assenza del presupposto di fatto atto a giustificarle e, in questo modo, proteggere e tutelare le scelte difensive dell’imputato rispetto ad improvvisi ed indesiderati cambi di orizzonte. La lettura della norma che propongo è certamente lettura orientata dal pregiudizio del difensore che non gradisce cambi di prospettiva rispetto alla scelta difensiva effettuata ma anche, ed altrettanto certamente, orientata al rispetto di quel diritto alla difesa tecnica. Diritto alla difesa tecnica certamente compatibile, come ho cercato di dimostrare, con il tenore delle sentenze della Corte EDU e della norma positiva che fa esclusivo riferimento alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.