La rilevanza degli elementi indiziari già vagliati dall’Autorità di emissione del MAE

In tema di domanda di consegna in relazione al MAE, il controllo giurisdizionale richiesto in sede di esecuzione, qualora non possa essere svolto sul contenuto del mandato né sull’ordinanza applicativa della misura cautelare, può essere eseguito su altri atti di indagine preliminare compiuti dall’Autorità di emissione.

Sul tema la Corte di Cassazione con sentenza n. 15331/19, depositata l’8 aprile. Il caso. La Corte d’Appello dichiarava l’insussistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda di consegna dell’imputato alla richiedente autorità giudiziaria della Repubblica di Slovenia in relazione al mandato d’arresto europeo emesso dal Tribunale a seguito di ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere per il reato di traffico di stupefacenti. Avverso tale decisione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello propone ricorso per cassazione denunciando violazione di legge con riferimento all’erronea valutazione del merito degli elementi indiziari già vagliati dall’Autorità di emissione. Il contenuto del MAE. Per la Suprema Corte il ricorso va accolto poiché la Corte territoriale, pur a fronte di una chiara insufficienza di elementi informativi desumibili dal contenuto del MAE, ha erroneamente ristretto il perimetro del suo vaglio in riferimento all’allegazione delle evidenze fattuali e all’indicazione delle fonti di prova dell’Autorità di emissione rilevate a sostegno della richiesta di consegna per l’ipotesi di reato sopra indicata, limitandosi a richiedere l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale. Pertanto, la sentenza impugnata ha negato la consegna pur a fronte di un ampio panorama informativo che avrebbe potuto richiedere come oggetto di un’informazione integrata necessaria per l’esame della richiesta di esecuzione della consegna. E il controllo giurisdizionale richiesto in sede di esecuzione avrebbe potuto essere svolto su altri atti di indagine preliminare compiuti dall’Autorità di emissione, che la Corte distrettuale non ha acquisito né valutato. Per tali ragioni il Supremo Collegio annulla la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 3 – 8 aprile 2019, n. 15331 Presidente Paoloni – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 24 gennaio 2019 la Corte d’appello di Trieste ha dichiarato l’insussistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda di consegna di S.D. alla richiedente Autorità giudiziaria della Repubblica di Slovenia in relazione al mandato di arresto Europeo emesso dal Tribunale distrettuale di Capodistria in data 8 ottobre 2018 a seguito di una ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere adottata dal Giudice istruttore di quel Tribunale in data 25 luglio 2018 per il reato di traffico di stupefacenti. 2. Avverso la su indicata decisione ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Trieste, deducendo violazioni di legge con riferimento alla erronea valutazione del merito degli elementi indiziari già vagliati dall’Autorità di emissione, che la sentenza impugnata non poteva sindacare sotto i profili della sufficienza e della gravità del compendio probatorio. Deduce altresì il ricorrente che nel caso in esame, diversamente da quanto affermato dalla sentenza impugnata, la relazione L. n. 69 del 2005, ex art. 6, comma 4 non è stata mai inviata dall’Autorità di emissione, che ha di converso adottato, il 24 luglio 2018, un’ordinanza applicativa della misura custodiale che in effetti si limita ad argomentare sulle esigenze cautelari, senza citare le fonti di prova e gli indizi di colpevolezza. Al riguardo, tuttavia, la Corte d’appello si è limitata a richiedere all’Autorità di emissione delle informazioni integrative con ordinanza resa all’udienza del 18 dicembre 2018 limitatamente alla durata della custodia cautelare, senza mai attivare la procedura prevista dall’art. 6, comma 5, legge cit., chiedendo la doverosa trasmissione della relazione contenente le fonti di prova e gli indizi di colpevolezza ciò, sebbene dalla stessa motivazione della richiamata ordinanza cautelare del Tribunale di Capodistria fosse evincibile un riferimento alle basi indiziarie individuate a sostegno della relativa misura e del successivo promovimento dell’azione penale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e va accolto poiché la Corte distrettuale, pur a fronte di una chiara insufficienza di elementi informativi desumibili dal contenuto del m.a.e., ha erroneamente ristretto il perimetro del suo vaglio delibativo in ordine alla allegazione delle evidenze fattuali e all’indicazione delle fonti di prova dall’Autorità di emissione evocate a sostegno della richiesta di consegna per la su indicata ipotesi di reato, limitandosi a richiedere, dapprima, l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Capodistria il 24 luglio 2018 che, sia pure sinteticamente, richiamava un precedente, ma non acquisito, decreto di avvio dell’istruttoria da parte del P.M. , quindi, con ordinanza del 18 dicembre 2018, la trasmissione di informazioni integrative sui soli profili attinenti alla verifica dei limiti massimi di custodia cautelare nello Stato di emissione non rilevanti al fine qui considerato. La sentenza impugnata ha, in tal guisa, negato la consegna pur a fronte di un più ampio panorama informativo che, evocato in atti, ben avrebbe potuto richiedere quale oggetto di un’informazione integrativa necessaria per l’esame della richiesta di esecuzione della consegna ai sensi dell’art. 6, comma 5, legge cit., in relazione alla documentazione ivi menzionata nel precedente comma 4, eventualmente provvedendo alla reiezione della richiesta nell’ipotesi di inerzia dell’Autorità emittente individuata dai successivo comma 6, di tale disposizione, ovvero all’esito di una motivata valutazione di merito dell’inconsistenza della correlativa base indiziarla in ragione della riscontrata assenza delle fonti di prova relative all’attività criminosa e al coinvolgimento della persona richiesta in consegna. Nel caso in esame, dunque, il controllo giurisdizionale richiesto in sede di esecuzione ex art. 17, comma 4, e art. 18, comma 1, lett. t , legge cit. non avrebbe potuto essere effettivamente svolto sul contenuto del mandato di arresto Europeo né sulla ordinanza applicativa della misura custodiate, ma solo su altri atti dell’indagine preliminare compiuti dall’Autorità di emissione ed ivi richiamati, che la Corte distrettuale, tuttavia, non ha acquisito né valutato. 2. Sulla base delle su esposte considerazioni, conclusivamente, la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello in dispositivo indicata, affinché elimini i vizi su rilevati uniformandosi ai principii di diritto in questa Sede statuiti. La Cancelleria curerà l’espletamento degli incombenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’appello di Trieste. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.