Quando è previsto il rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena?

Quando il giudice è chiamato a decidere su una questione di differimento dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica deve valutare se le condizioni di salute del condannato possano essere assicurate in maniera adeguata all’interno dell’istituto penitenziario o in centri clinici penitenziari e se esse siano o meno compatibili con il fine rieducativo della pena.

Sul tema la Corte di Cassazione con sentenza n. 15301/19, depositata lì8 aprile. Il caso. Il Tribunale di sorveglianza rigettava, su parere conforme del Procuratore Generale, l’stanza proposta nell’interesse dell’imputato in relazione all’esecuzione della pena di 30 anni di reclusione inflittagli dal Tribunale per il reato di omicidio pluriaggravato, in ragione della grave infermità fisica cui incorre il condannato. Per il Tribunale di sorveglianza il fatto che quest’ultimo sia affetto da una patologia di tipo esclusivamente psichiatrico non determina alcuna incompatibilità alla detenzione. Pertanto, l’imputato propone ricorso per cassazione. Il rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena. Innanzitutto è opportuno ricordare che il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica, di cui all’art. 147, comma 1, n. 2, c.p., si fonda sul principio costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge senza distinzione di condizioni personali, inoltre sul principio secondo cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e sono finalizzate alla rieducazione del condannato ed infine sul principio secondo cui la salute è un diritto fondamentale dell’individuo. Pertanto, quando il giudice è chiamato a decider su una questione di differimento dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica deve valutare se le condizioni di salute del condannato possano essere assicurate in maniera adeguata all’interno dell’istituto penitenziario o in centri clinici penitenziari e se esse siano o meno compatibili con il fine rieducativo della pena. Da ciò deriva anche l’orami consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema del suddetto differimento, è necessario che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, tale da porre in pericolo la vita e da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione, operando un giusto bilanciamento tra l’interesse del condannato ad essere opportunamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività. Ritendo, dunque, il Supremo Collegio che il Tribunale di sorveglianza nel respingere l’istanza di differimento della pena per l’imputato per motivi di salute abbia fatto corretta applicazione dei suddetti principi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 gennaio – 8 aprile 2019, n. 15301 Presidente Bonito – Relatore Cappuccio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 27 giugno 2018 il Tribunale di sorveglianza di Messina ha rigettato, su conforme parere del Procuratore generale, l’istanza, proposta nell’interesse di M.A. in relazione all’esecuzione della pena di trenta anni di reclusione inflittagli dal Tribunale di Catania, con sentenza del 25 marzo 2014, per il reato di omicidio pluriaggravato, compiuto nel 2013 ai danni del cugino, intesa al differimento della pena, ai sensi dell’art. 147 c.p., comma 1, n. 2 , in ragione della grave infermità fisica che affligge il condannato. Il Tribunale di sorveglianza ha motivato la decisione sul rilievo che M. è affetto da patologia di tipo esclusivamente psichiatrico, che non determina alcuna incompatibilità alla detenzione, e palesa una buona risposta al trattamento che gli viene fornito all’interno della struttura che in atto lo ospita conclusivamente ha, comunque, raccomandato alla Direzione della Casa Circondariale in cui M. è ristretto di sollecitare la sua partecipazione alla attività terapeutiche e trattamentali offerte dall’Istituto. 2. M. propone, tramite il difensore, avv. Vittorio Lo Presti, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale deduce violazione della legge penale ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , in relazione agli artt. 147 e 148 c.p., nonché mancanza e contraddittorietà della motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e . Rileva, al riguardo, di essere affetto da un grave disturbo della personalità NAS e da un disturbo d’ansia generalizzato e che il perito nominato, nel processo di cognizione, in sede cautelare, prof. D.R. , ha suggerito la sua sottoposizione ad un percorso terapeutico riabilitativo da intraprendere presso una comunità terapeutica assistita. Aggiunge che il consulente della difesa, prof. P. , ha obiettato che, nonostante il costante monitoraggio e trattamento delle sue condizioni psichiche, egli patisce un progressivo e devastante impoverimento della personalità, che imporrebbe il suo trasferimento presso una struttura specializzata, in grado di offrire risorse riabilitative più adeguate al trattamento. Segnala che i sanitari della Casa circondariale di Barcellona P.G., ove egli è recluso, hanno riferito, nelle relazioni del 24 aprile 2018 e del 24 maggio 2018, che egli manifesta una chiusura che lo porta quasi all’isolamento e che le competenze specialistiche esterne, alle quali predetti sanitari hanno confermato di poter attingere, non risultano essere mai state coinvolte. Rimprovera al Tribunale di essersi mosso su un piano di osservazione estremamente generico e deficitario, privo di un’organica disamina degli elementi necessari a vagliare la sussistenza della dedotta incompatibilità, trincerandosi dietro la considerazione superficiale che non può ammettersi il differimento, trattandosi di patologia esclusivamente psichiatrica. Il ricorrente ritiene, conclusivamente, che il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto, quantomeno, ricorrere all’ausilio di un perito al fine di rimuovere i dubbi avanzati dalla difesa, con il conforto del parere di un autorevole esperto, in ordine all’attitudine del mero trattamento farmaceutico, che si traduce, in ultimo, nello stordimento del condannato, a salvaguardarne la salute psichica, sottoposta ad un inesorabile e progressivo deterioramento, e la stessa dignità di M. . 3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile perché propone motivi radicalmente infondati. 2. Il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica ai sensi dell’art. 147 c.p., comma 1, n. 2, istituto la cui applicazione è oggetto dell’istanza disattesa dal Tribunale di sorveglianza di Messina, si fonda sul principio costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge senza distinzione di condizioni personali art. 3 Cost. , su quello secondo cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato art. 27 Cost. e, infine, su quello secondo il quale la salute è un diritto fondamentale dell’individuo art. 32 Cost. . Il giudice, quindi, al cospetto di una richiesta di differimento dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica, è tenuto a valutare se le condizioni di salute del condannato, oggetto di specifico e rigoroso esame, possano essere adeguatamente assicurate all’interno dell’istituto penitenziario o, comunque, in centri clinici penitenziari e se esse siano o meno compatibili con le finalità rieducative della pena, con un trattamento rispettoso del senso di umanità, tenuto conto anche della durata del trattamento e dell’età del detenuto, a loro volta soggette ad un’analisi comparativa con la pericolosità sociale del condannato. In questo senso è, del resto, univocamente attestata la giurisprudenza di legittimità, ferma nel ritenere che In tema di differimento facoltativo della pena detentiva, ai sensi dell’art. 147 c.p., comma 1, n. 2 , è necessario che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione, operando un bilanciamento tra l’interesse del condannato ad essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività Sez. 1, n. 789 del 18/12/2013, dep. 2014, Mossuto, Rv. 258406 . La decisione deve essere frutto, allora, dell’equilibrato bilanciamento di interessi tra le esigenze di certezza ed indefettibilità della pena e la salvaguardia del diritto alla salute e ad un’esecuzione penale rispettosa dei criteri di umanità, che non consente il mantenimento della restrizione carceraria che finisca con il rappresentare una. sofferenza aggiuntiva intollerabile da vivere in condizioni umane degradanti in questo senso cfr. tra le altre, Sez. 1, n. 3262 del 01/12/2015, dep. 2016, Petronella, Rv. 265722 . Detto bilanciamento deve essere estrinsecato attraverso una motivazione compiuta, ancorché sintetica, che consenta la verifica del processo logico-decisionale ancorato ai concreti elementi di fatto emersi dagli atti del procedimento. 3. Ritiene il Collegio che il Tribunale di sorveglianza di Messina, nel respingere l’istanza di differimento della pena per motivi di salute proposta nell’interesse di M. , abbia fatto corretto uso dei principi sopra indicati. Ha, invero, evidenziato che la patologia che affligge il condannato è adeguatamente curabile in costanza di detenzione, ricorrendo, se del caso, all’ausilio di specialisti esterni, come attestato dalla relazione sanitaria di aggiornamento trasmessa dalla Casa circondariale ove egli è, in atto, ristretto, ed aggiunto che anche il perito nominato dalla Corte di assise di appello di Catania, prof. D.R. , ha concordato sull’idoneità dell’allocazione di M. presso la Casa circondariale di Barcellona P.G., struttura a vocazione psichiatrica e dotata di reparto per la tutela della salute mentale. Ulteriormente, ha considerato che dal diario clinico non emerge alcun elemento critico e che, anzi, M. - la cui pericolosità sociale è spiccata, avuto riguardo alla gravità del fatto per cui è stato condannato ed alle informazioni trasmesse dai Carabinieri di Paternò - offre una buona risposta al trattamento fornito all’interno della struttura che lo ospita. Ha, pertanto, implicitamente, escluso che il mantenimento dello stato di detenzione di M. possa tradursi in un trattamento inumano o degradante, e che, considerato l’ampio monitoraggio sanitario garantito dalla struttura penitenziaria, siano necessari ulteriori approfondimenti medici in punto di compatibilità delle condizioni di salute col regime carcerario. Le argomentazioni addotte dal tribunale di sorveglianza appaiono scevre da vizi logici e giuridici e, anzi, conformi ai principi affermati dall’art. 27 Cost., comma 3, e art. 32 Cost., in quanto tengono conto delle complessive condizioni di salute e di detenzione - e quindi della concreta adeguatezza del trattamento terapeutico assicurato nel caso specifico sul punto, cfr. Sez. 1, n. 30495 del 05/07/2011, Vardaro, Rv. 251478 - e le rapportano alla pericolosità sociale del detenuto. Il ricorrente, per contro, si limita a confutarle, dolendosi della motivazione sottesa al provvedimento impugnato, e ad insistere su una rivalutazione di elementi fattuali, non consentita in questa sede, oltre che sul parere formulato dal consulente di parte, con il quale il tribunale di sorveglianza si è tuttavia adeguatamente confrontato, spiegando per quali ragioni ha ritenuto di disattenderlo e così attenendosi ai principi di diritto sopra evocati. Erra, del pari, il ricorrente nell’imputare al Tribunale di sorveglianza di essere pervenuto al rigetto dell’istanza di differimento dell’esecuzione della pena sul rilievo della natura meramente psichiatrica della patologia che affligge il condannato, evincendosi con chiarezza dal provvedimento impugnato che la decisione è invece scaturita dal positivo riscontro della compatibilità tra le condizioni di salute di M. e lo stato detentivo, onde perfetta coerenza sussiste, anche sotto questo versante, tra l’ordinanza del tribunale di sorveglianza e la normativa di riferimento. Le contestazioni difensive riferite all’affermazione di compatibilità dello stato di salute con la restrizione carceraria appaiono, pertanto, inammissibili, perché manifestamente infondate e tendenti a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti esclusivamente attinenti all’apprezzamento del merito, che risulta correttamente operato. 4. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, in conclusione, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale, rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 Euro. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.