Per il sequestro preventivo di tutte le quote sociali va accertato il nesso strumentale con il reato

In materia di reati fallimentari, ai fini del sequestro preventivo occorre un collegamento strumentale tra il reato e la cosa sequestrata e non tra il reato e la persona. Ne consegue che, la strumentalità tra il reato e la società o le quote sociali che non presentano in sé una pericolosità intrinseca non è sufficiente per giustificarne il sequestro preventivo.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13189/19, depositata il 26 marzo. La vicenda. Il Tribunale di Catanzaro confermava il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP ed avente ad oggetto le quote sociali e l’azienda di un imprenditore imputato per bancarotta fraudolenta per distrazione, commesso in concorso con i familiari attraverso la cessione per un corrispettivo irrisorio di beni strumentali ad un’altra società sempre riconducibile al nucleo familiare , dichiarata poi fallita. L’imputato ricorre in Cassazione deducendo la violazione dell’art. 321 c.p.p. in quanto, atteso il carattere ablatorio e non interdittivo della misura cautelare, il sequestro doveva essere limitato ai beni costituenti il profitto o prodotto del reato o utilizzati per la commetterlo. Sequestro preventivo. La giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto legittimo il sequestro preventivo di quote sociali, anche appartenenti ad una persona estranea al reato, qualora la misura sia destinata ad impedire la protrazione dell’attività criminosa, in quanto rileva in tal caso la gestione illecita del patrimonio sociale e non la sua titolarità Cass. n. 16583/10 . È stato inoltre precisato che è legittimo il sequestro preventivo dello quote di una società appartenenti a persona estranea al reato, qualora sussista un nesso di strumentalità tra essi ed il reato contestato. Ed infatti la società di comodo” e la titolarità delle sue quote in quanto costituiscano lo strumento attraverso il quale il fallito continui a svolgere la propria attività imprenditoriale, non possono in sé e per sé costituire oggetto di sequestro preventivo atteso che nulla vieta che il fallito prosegua fuori dal fallimento una precedente attività o che ne intraprenda una nuova, fatte salve, ovviamente, le ragioni dei creditori concorsuali . Ne consegue che ai fini dell’adozione del sequestro preventivo, occorre un collegamento strumentale tra reato fallimentare e cosa sequestrata e non tra il reato e la persona . Applicando tali principi al caso di specie, la Corte rileva che non sussiste un nesso strumentale tra l’imputazione di bancarotta fraudolenta e tutte le quote della società indicata come di comodo, nè con il relativo compendio aziendale. Riscontrando dunque un vizio motivazionale radicale, tale da rendere l’argomentazione posta a sostegno del provvedimento del tutto mancante o comunque priva di requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza., la Corte annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Catanzaro per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 11 dicembre 2018 – 26 marzo 2019, n. 13189 Presidente Settembre – Relatore Scordamaglia Ritenuto in fatto 1. Con atto depositato in data 20 luglio 2018, P.F. , nato a omissis , nella qualità di amministratore e socio della Siderurgica P. Srl., ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 7-8 giugno 2018, con la quale il Tribunale di Catanzaro ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lamezia Terme del 4 maggio 2019, con cui è stato disposto il sequestro preventivo delle quote sociali e dell’intera azienda della Siderurgica P. Srl., nel quadro del procedimento penale instaurato a carico di P.G. cui la struttura imprenditoriale sopra indicata sarebbe riferibile in relazione al reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, commesso dal predetto P. in concorso con i suoi familiari, cedendo beni strumentali della omissis Sas., dichiarata fallita in data l’8 settembre 2015, alla Siderurgica P. Srl. e ricevendone in contropartita un corrispettivo irrisorio. 2. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale catanzarese ha evidenziato come l’ablazione delle quote sociali e dell’intero compendio aziendale della Siderurgica P. Srl. trovasse piena giustificazione nell’insieme degli elementi indiziari raccolti, tutti deponenti nel senso che P.G. , nel tentativo di salvare l’attività familiare dal tracollo finanziario della società la omissis Sas. per mezzo della quale sino a quel momento era stata svolta, aveva distolto tutti i beni strumentali della società decotta, ivi comprese le rimanenze di magazzino - queste per un valore di Euro 1.891.863,69 nell’annualità 2012 e di Euro 405.000,00 nell’annualità 2014 - a vantaggio di società formalmente amministrate dal fratello e dai figli, così da assicurare la continuità aziendale in frode ai creditori, avendo provveduto a non lasciare traccia delle avvenute cessioni di beni. Donde ha concluso nel senso di ritenere irrilevante che fosse stata documentalmente accertata una sola operazione di cessione di beni in favore della Siderurgica P. Srl. per il valore di Euro 109.000,00, dovendosi ritenere sussistente il nesso di pertinenzialità tra il reato di cui alla L. Fall., art. 216 e la società Siderurgica P. nella sua interezza, posto che le emergenze investigative erano lì a dimostrare - in ragione dell’ammontare degli ammanchi delle rimanenze di magazzino, la cui vendita era stata giustificata con artifizi contabili o non era stata affatto riscontrata da fatture o da altro genere di supporto documentale o fiscale - che ben maggiori erano i beni transitati illecitamente da un singolo imprenditoriale ad un altro, posto che la Siderurgica P. Srl. ostentava un rapporto di continuità aziendale con la sua dante causa. 3. Con l’impugnazione proposta il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 321 c.p.p., deducendo l’illegittimità del sequestro preventivo disposto in relazione all’intera società Siderurgica P. Srl., espletante un’attività imprenditoriale, atteso il carattere prettamente ablatorio e non già interdittivo della misura cautelare in esame, tale da imporne la riferibilità esclusivamente ad una res pertinente al reato, con la conseguente sequestrabilità di quei soli beni costituenti il profitto o il prodotto del reato ovvero utilizzati per commettere il reato. Nondimeno il Tribunale calabrese aveva mostrato di non tenere in considerazione lo specifico addebito mosso all’indagato - nel quale la condotta distrattiva era limitata alla sola operazione di cessione di beni per un valore di Euro 109.000,00 - e di fare malgoverno del principio di diritto secondo cui la società di comodo in quanto costituisca lo strumento attraverso il quale il fallito continui a svolgere la propria attività imprenditoriale, non può in sé e per sé costituire oggetto di sequestro preventivo, atteso ché nulla vieta che il fallito prosegua fuori del fallimento una precedente attività o che ne intraprenda una nuova, fatte salve, ovviamente le ragioni dei creditori concorsuali con la conseguenza che tra società di comodo e reato fallimentare non vi è un nesso strumentale essenziale, idoneo a giustificare il sequestro preventivo il quale, eventualmente potrà avere per oggetto i singoli mezzi strumentali della stessa società, qualora se ne paventi, in relazione all’addebito di bancarotta fraudolenta pre o post-fallimentare, l’avvenuto trapasso dal patrimonio del fallito. Rileva, altresì, il ricorrente che la giustificazione addotta a sostegno della legittimità del sequestro di tutte le quote e dell’intero compendio aziendale della società Siderurgica Srl. - scilicet l’ammontare delle rimanenze di magazzino della omissis Sas., fatte risultare come vendite, ma in realtà dissimulanti trasferimenti senza corrispettivo a vantaggio delle menzionate società - sarebbe totalmente disancorata dalle emergenze indiziarie, le quali, potrebbero, al più, indicare vendite in nero nei confronti di soggetti non identificati. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. È ben vero che da parte di questo giudice di vertice si è affermato che È legittimo il sequestro preventivo delle quote di una società, pur se appartenenti a persona estranea al reato, qualora detta misura sia destinata ad impedire la protrazione dell’ipotizzata attività criminosa, poiché ciò che rileva in questi casi non è la titolarità del patrimonio sociale ma la sua gestione supposta illecita, e si può, d’altra parte riguardare il sequestro preventivo come idoneo ad impedire la commissione di ulteriori reati, pur se in maniera mediata ed indiretta, dal momento che esso priva i soci dei diritti relativi alle quote sequestrate Sez. 5, n. 16583 del 22/01/2010, Cartone e altri, Rv. 246864 e si è, pure, sancito che È legittimo il sequestro di un’intera azienda allorché vi siano indizi che anche taluno soltanto dei beni aziendali sia, proprio per la sua collocazione strumentale, in qualche modo utilizzato per la consumazione del reato, a nulla rilevando che l’azienda in questione svolga anche normali attività imprenditoriali Sez. 6, n. 27340 del 16/04/2008, Cascino, Rv. 240574 Sez. 6, n. 29797 del 20/06/2001, Leonasi, Rv. 219855 si è, però, anche precisato che È legittimo il sequestro preventivo delle quote di una società appartenenti a persona estranea al reato, qualora sussista un nesso di strumentalità tra detti beni ed il reato contestato Sez. 2, n. 31914 del 09/07/2015, Cosentino e altri, Rv. 264473 , posto che La società di comodo e la titolarità delle sue quote in quanto costituiscano lo strumento attraverso il quale il fallito continui a svolgere la propria attività imprenditoriale, non possono in sé e per sé costituire oggetto di sequestro preventivo atteso ché nulla vieta che il fallito prosegua fuori del fallimento una precedente attività o che ne intraprenda una nuova, fatte salve, ovviamente, le ragioni dei creditori concorsuali , con la conseguenza che Ai fini della adozione del sequestro preventivo occorre un collegamento strumentale tra reato fallimentare e cosa sequestrata e non tra il reato e la persona Sez. 5, n. 3563 del 26/06/2015, Garzia, Rv. 266047 . 2. Così delineata la cornice ermeneutica entro la quale deve essere esercitato il presente scrutinio, va evidenziato che la questione che viene in rilievo attiene esclusivamente alla sussistenza del nesso strumentale tra tutte le quote della Siderurgica P. Srl. - indicata come società di comodo, nel quale P.G. aveva fatto confluire beni drenati dalla fallita omissis Sas. -, nonché il relativo compendio aziendale nella sua interezza, e il reato di bancarotta fraudolenta contestato. Nesso che non è dato ricavare da quanto evidenziato nel provvedimento impugnato, che sul punto rende una motivazione apparente, perché del tutto apodittica e congetturale tale è, infatti, l’argomentazione spesa dal giudice censurato, nella parte in cui, a dispetto della stessa contestazione che aveva limitato l’operazione distrattiva intercorsa tra le due società alla sola cessione di beni del valore di Euro 109.000,00, ha ritenuto che tutti i beni aziendali della Siderurgica P. Srl. fossero provento delle distrazioni operate in danno della omissis Sas. sol perché l’amministratore di fatto della fallita si era disfatto, senza lasciare traccia documentale, di imponenti rimanenze di magazzino - per un valore di Euro 1.891.863,69 nell’annualità 2012 e di Euro 405.000,00 nell’annualità 2014, secondo quanto riferito dal curatore fallimentare. È evidente, allora, l’incedere meramente assertivo del discorso giustificativo del provvedimento impugnato che ha valorizzato un dato - quello delle cessioni non tracciate delle rimanenze di magazzino della omissis Sas - del tutto inconferente rispetto al fine della motivazione - la dimostrazioni che anche le rimanenze di magazzino erano state traferite in assenza di corrispettivo alla Siderurgica P. Srl. - posto che le dette operazioni avrebbero potuto essere interpretate esclusivamente in chiave di vendite in nero nei confronti di ignoti acquirenti ben altra, invero, sarebbe stata la logica dell’argomentazione utilizzata se si fosse dato atto che si era avuto riscontro oggettivo che i beni in precedenza nella disponibilità della omissis Sas. erano transitati in quella della Siderurgica P. Srl. per continuare l’attività imprenditoriale di famiglia. Ci si trova al cospetto, dunque, di un vizio della motivazione così radicale da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice, e suscettibile, come tale, in ossequio al ‘dictum’ delle Sezioni Unite n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692, di essere ricompreso tra gli errores in iudicando o in procedendo , che soli consentono il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio Conf. S.U., 29 maggio 2008 n. 25933, Malgioglio, non massimata sul punto . 3. Nondimeno, lo stesso argomentare si pone pure in contrasto con i principi espressi da questa Corte ed invocati dallo stesso ricorrente, che vanno senz’altro ribaditi in questa sede, secondo i quali, in materia di reati fallimentari, ai fini della adozione del sequestro preventivo occorre un collegamento strumentale tra il reato e la cosa sequestrata e non tra il reato e la persona. La società o le quote sociali, infatti, non presentano in sé pericolosità intrinseca , conseguendone che, in base a tale solo fatto, la strumentalità tra la società e il reato, non essendo nè specifica, nè strutturale, nè essenziale e nemmeno, a ben vedere, meramente occasionale, non è sufficiente a giustificare il sequestro preventivo. Da ciò deriva che il sequestro preventivo potrà avere per oggetto i singoli mezzi strumentali della società di comodo, qualora se ne paventi, in relazione all’addebito di bancarotta fraudolenta pre o post-fallimentare, l’avvenuto trapasso dal patrimonio del fallito Sez. 5, n. 5929 del 06/11/1998 - dep. 16/02/1999, P.M. in proc. Lettieri, Rv. 213071 . 4. S’impone, pertanto, l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro.