L’omessa o insufficiente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo determina l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, in quanto impedisce di verificare la sua effettiva rilevanza.
Lo ha ribadito la Corte Costituzionale con l’ordinanza numero 64/19, depositata il 21 marzo. Il fatto. La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 4, d.lgs. numero 8/2016 Disposizioni in materia di depenalizzazione , nella parte in cui la previsione secondo la quale “non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda” non si applica ai reati di cui al d.lgs. numero 286/1998 Testo unico sull’immigrazione , così escludendo dalla depenalizzazione anche la contravvenzione di ingresso e soggiorno illegale dello straniero nel territorio dello Stato. Il giudice a quo riferisce che il processo principale ha ad oggetto il reato appena menzionato, sicché all’accoglimento della questione sollevata conseguirebbe l’assoluzione dell’imputato la rilevanza della questione deriverebbe, quindi, dalla necessità, “allo stato degli atti”, di applicare la norma censurata. Le censure del giudice a quo Ad avviso del rimettente, la disposizione denunciata, nell’escludere dalla depenalizzazione anche il reato previsto dall’articolo 10-bis del Testo unico sull’immigrazione, violerebbe l’articolo 76 Cost. tale esclusione, infatti, si porrebbe in contrasto con i principi e i criteri della delega dettati, in particolare, dalla norma di cui all’articolo 2, comma 3, lett. b , l. numero 67/2014, nella parte in cui prevede l’abrogazione e la trasformazione in illecito amministrativo del reato in questione. e la difesa dell’Avvocatura dello Stato. La difesa erariale ha contestato l’ammissibilità della questione di legittimità costituzionale per difetto di rilevanza e la sua fondatezza. Con riferimento a questo secondo aspetto, l’Avvocatura dello Stato ha osservato che, secondo la giurisprudenza costituzionale, la mancata o parziale attuazione della delega legislativa comporterebbe soltanto una responsabilità politica del Governo, ma non anche, di per sé sola, l’illegittimità del decreto legislativo per delega omissiva. La mancata depenalizzazione del c.d. reato di clandestinità viola la Costituzione? Decisione rinviata. A prescindere dalla fondatezza, o meno, dell’eccezione d’inammissibilità sollevata dalla difesa erariale, ad avviso della Consulta, l’ordinanza di rimessione presenta evidenti lacune in relazione alla descrizione della fattispecie concreta ed alla motivazione sulla rilevanza, tali da precludere lo scrutinio nel merito della questione sollevata. Il giudice a quo , infatti, si è limitato a riportare il capo di imputazione, peraltro formulato in modo alternativo, senza sciogliere il dubbio in ordine a quale delle due diverse ipotesi di reato, ingresso illegale o indebito trattenimento, sia stata posta in essere dall’imputato. L’ordinanza è priva, quindi, di adeguate indicazioni sulla concreta vicenda oggetto del giudizio principale e sulla sua effettiva riconducibilità al paradigma punitivo considerato. D’altro canto, il rimettente ha affermato in maniera apodittica che la pregiudizialità deriverebbe dalla necessità di applicare la norma censurata “allo stato degli atti”, omettendo di precisare in quale fase si trovi il processo di cui è investito. La questione, pertanto, risulta manifestamente inammissibile. Il rimettente deve descrivere la fattispecie concreta del giudizio principale. Per consolidata giurisprudenza costituzionale, l’omessa o insufficiente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo – non emendabile mediante la diretta lettura degli atti, preclusa dal principio di autosufficienza dell’ordinanza di rimessione cfr., ex plurimis , Corte Cost., numero 242/2018 e numero 185/2013 – determina l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, in quanto impedisce di verificare la sua effettiva rilevanza cfr. , ad esempio, Corte Cost., numero 191/2018, numero 64/2018 e numero 210/2017 . In particolare, il giudice delle leggi ha dichiarato manifestamente inammissibili questioni sollevate con ordinanze affette da carenze analoghe a quelle appena descritte ed aventi ad oggetto la medesima norma che prevede il reato per cui si procede nel processo principale cfr., per tutte, Corte Cost., numero 84/2012 .
Corte Costituzionale, ordinanza 21 febbraio – 21 marzo 2019, numero 64 Presidente Lattanzi – Redattore Antonini Fatto e diritto Ritenuto che, con ordinanza del 5 dicembre 2017, il Giudice di pace di Macerata ha sollevato, in riferimento agli «articolo 2, 3, 24, 32, 76, 117 della Costituzione» recte in riferimento all’articolo 76 Cost. , questione di legittimità costituzionale «dell’articolo 139, comm[i] 1, 3, 6» recte dell’articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 15 gennaio 2016, numero 8, recante «Disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell’articolo 2, comma 2, della legge 28 aprile 2014, numero 67» che la norma è censurata nella parte in cui dispone che l’articolo 1, comma 1, del d.lgs. numero 8 del 2016 – a mente del quale «[n]on costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda» – non si applica ai reati di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, numero 286 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero , così escludendo dalla depenalizzazione anche la contravvenzione, prevista dall’articolo 10-bis di quest’ultimo d.lgs., di «[i]ngresso e soggiorno illegale [dello straniero] nel territorio dello Stato» che il giudice a quo riferisce che nel processo principale «oggetto d’esame» è il reato appena menzionato, sicché all’accoglimento della questione sollevata conseguirebbe l’assoluzione dell’imputato e, quindi, «il tasso di concretezza del controllo di costituzionalità» sarebbe «utile in funzione della soluzione della controversia pendente» che, al riguardo, egli ritiene che la pregiudizialità deriverebbe dalla necessità, «allo stato degli atti», di applicare la norma censurata che, ad avviso del rimettente, la disposizione denunciata, nell’escludere dalla depenalizzazione, mediante il richiamo all’intero d.lgs. numero 286 del 1998, anche il reato previsto dall’articolo 10-bis del medesimo d.lgs., violerebbe l’articolo 76 Cost. che, difatti, tale esclusione si porrebbe in contrasto con i principi e i criteri della delega dettati, in particolare, dalla norma di cui all’articolo 2, comma 3, lettera b , della legge 28 aprile 2014, numero 67 Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili , nella parte in cui essa prevede l’abrogazione e la trasformazione in illecito amministrativo del reato introdotto dall’articolo 10-bis del d.lgs. numero 286 del 1998 che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza, dal momento che la eventuale declaratoria d’illegittimità costituzionale non avrebbe «alcuna incidenza sulla vigenza dell’articolo 10 bis del d.lgs. 286 del 1998», avendo il Governo ritenuto di non esercitare la delega conferitagli che, comunque, osserva l’Avvocatura, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «la mancata o parziale attuazione di delega legislativa comporta una responsabilità politica del Governo», ma non anche, di per sé sola, «l’illegittimità del decreto legislativo per delega omissiva». Considerato che il Giudice di pace di Macerata solleva – in riferimento agli «articolo 2, 3, 24, 32, 76, 117 della Costituzione» – questione di legittimità costituzionale «dell’articolo 139, comm[i] 1, 3, 6» che, in realtà, il giudice a quo dubita, in riferimento all’articolo 76 Cost., della legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 15 gennaio 2016, numero 8 Disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell’articolo 2, comma 2, della legge 28 aprile 2014, numero 67 , come si desume dal tenore complessivo della motivazione dell’ordinanza di rimessione, il cui dispositivo è affetto da evidenti errori materiali che, ad avviso del giudice rimettente, la disposizione censurata, escludendo dalla depenalizzazione disposta dall’articolo 1, comma 1, del d.lgs. numero 8 del 2016 anche la contravvenzione di cui all’articolo 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, numero 286 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero , contrasterebbe con l’articolo 2, comma 3, lettera b , della legge 28 aprile 2014, numero 67 Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili , nella parte in cui questa disposizione prevede, invece, l’abrogazione e la trasformazione in illecito amministrativo di tale fattispecie contravvenzionale che, in tal modo, sarebbe leso l’articolo 76 Cost. che l’ordinanza di rimessione, la cui motivazione in punto di non manifesta infondatezza si limita peraltro in massima parte a riprodurre uno specifico contributo della dottrina, reca, come dianzi evidenziato, un dispositivo del tutto non pertinente rispetto all’oggetto della censura e che evoca parametri costituzionali largamente inconferenti che, a prescindere dalla fondatezza, o meno, dell’eccezione d’inammissibilità sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato, la medesima ordinanza presenta, in ogni caso, evidenti lacune in punto di descrizione della fattispecie concreta e di motivazione sulla rilevanza, tali da precludere lo scrutinio nel merito della questione con essa sollevata che il giudice a quo si limita, infatti, a riportare il capo di imputazione, il quale è peraltro «formulato in modo alternativo, senza sciogliere il dubbio in ordine a quale delle due diverse ipotesi di reato, ingresso illegale o indebito trattenimento, sia stata posta in essere dall’imputato» ordinanza numero 32 del 2011 , e si risolve, nella sostanza, in una parafrasi del dettato della norma incriminatrice che mancano, per converso, adeguate indicazioni sulla concreta vicenda oggetto del giudizio a quo e sulla sua effettiva riconducibilità al paradigma punitivo considerato che, d’altro canto, il rimettente afferma in maniera apodittica che la pregiudizialità deriverebbe dalla necessità di applicare la norma censurata «allo stato degli atti», omettendo di precisare in quale fase si trovi il processo di cui è investito che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’omessa o insufficiente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo – non emendabile mediante la diretta lettura degli atti, preclusa dal principio di autosufficienza dell’ordinanza di rimessione ex plurimis, ordinanze numero 242 del 2018 e numero 185 del 2013 – determina l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, in quanto impedisce di verificare la sua effettiva rilevanza ex plurimis, ordinanze numero 191 e numero 64 del 2018, numero 210 del 2017 che, in particolare, questa Corte ha dichiarato manifestamente inammissibili questioni sollevate con ordinanze affette da carenze analoghe a quelle poc’anzi descritte e aventi a oggetto la medesima norma che prevede il reato per cui si procede nel processo principale ex plurimis, ordinanze numero 84 del 2012, numero 193, numero 161, numero 149, numero 135 e numero 32 del 2011 che la questione deve, pertanto, essere dichiarata manifestamente inammissibile. Visti gli articolo 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, numero 87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. Per questi motivi la Corte Costituzionale dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 15 gennaio 2016, numero 8 Disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell’articolo 2, comma 2, della legge 28 aprile 2014, numero 67 , sollevata, in riferimento all’articolo 76 della Costituzione, dal Giudice di pace di Macerata con l’ordinanza indicata in epigrafe