Falsa dichiarazione sostitutiva di certificazione e ammissione al gratuito patrocinio

L’art. 95 d.P.R. n. 115/2002 punisce la falsità o le omissioni nella dichiarazione sostitutiva di certificazione e sottolinea che la pena è aumentata se dal fatto consegue l'ottenimento o il mantenimento dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 11496/19, depositata il 15 marzo, chiamata a intervenire su una questione in cui all’imputato era addebitato di aver reso, nell’istanza presentata per l’ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato, una falsa dichiarazione sostitutiva di certificazione con l’aggravante, appunto, di aver ottenuto l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Ecco perché quest’ultimo ricorre in Cassazione. L’ammissione al gratuito patrocinio. Innanzitutto occorre sottolineare che la Corte distrettuale ha giustamente motivato in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115/2002 richiamando l’orientamento giurisprudenziale secondo cui sussiste la configurabilità di tale reato anche laddove il reddito realmente percepito e non dichiarato consenta lo stesso l’ammissione al gratuito patrocinio e quindi se le omissioni o alterazioni di fatti veri risultino a tal fine ininfluenti. Inoltre, per la Corte d’Appello tale circostanza è stata valorizzata ai fini dell’applicazione dell’art. 131- bis c.p. in quanto la condotta non aveva leso in modo significativo il bene giuridicamente tutelato dalla norma poiché il maggior reddito accertato rispetto a quello falsamente dichiarato non superava la soglia prevista per l’ammissione al gratuito patrocinio, al quale aveva diritto. La Suprema Corte, pertanto, con riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in esame, impone il rigetto del ricorso cui segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 14 dicembre 2018 – 15 marzo 2019, n. 11496 Presidente Izzo – Relatore Besso Tornesi Ritenuto in fatto 1. La Corte d’Appello di Messina, con sentenza del 1 dicembre 2017, in riforma della sentenza del Tribunale di Patti dell’11 gennaio 2016, dichiarava A.F. non punibile ai sensi dell’art. 131 bis c.p., in relazione al reato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95. 1.1. Al predetto imputato era addebitato di avere reso, nella istanza presentata per l’ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato, nel procedimento n. 517/07 r.g. pendente innanzi al Tribunale di Patti, una falsa dichiarazione sostitutiva di certificazione. In particolare dichiarava che il proprio reddito, per l’anno 2009, ammontava ad Euro 5.421 mentre in realtà risultava pari ad Euro 8.174. Con l’aggravante consistita nell’avere ottenuto l’ammissione al gratuito patrocinio. Accertato in omissis . 2. A.F. , a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione con il quale lamenta il vizio di violazione di legge e il vizio della motivazione in ordine all’affermata sussistenza dell’elemento soggettivo. 2.1. Conclude chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve pertanto essere rigettato. 2.Si evidenzia che la Corte distrettuale ha motivato in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato richiamando, tra l’altro, l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale sussiste la configurabilità del reato in questione anche laddove il reddito realmente percepito e non dichiarato consenta ugualmente l’ammissione al gratuito patrocinio e, quindi, se le omissioni o alterazioni di fatti veri risultino a tal fine ininfluenti Sez. 4, n. 40943 del 18/09/2015, Rv. 264711 . Tale circostanza fattuale è stata peraltro adeguatamente valorizzata ai fini della applicazione dell’art. 131 bis c.p., in quanto la Corte distrettuale ha ritenuto che la concreta condotta non aveva leso in modo significativo il bene giuridico tutelato dalla norma dal momento che il maggiore reddito accertato rispetto a quello falsamente dichiarato non superava la soglia prevista per l’ammissione al beneficio del gratuito patrocinio, al quale aveva comunque diritto. Va evidenziato che non risultano prospettati dalla difesa dell’A. spiegazioni alternative rispetto alla contestazione elevata nei suoi confronti ed anche l’odierno ricorso si limita a censurare la decisione dei giudici di merito sulla base dell’assunto della mera inutilità del falso, senza addurre alcun elemento probatorio concreto da cui inferire la mera colposità della condotta. 3. Si impone pertanto il rigetto del ricorso, cui segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.