Citazione in appello notificata all’indirizzo PEC di un altro difensore. Tutto da rifare

Il fatto che l’indirizzo di posta elettronica cui è stato inviato l’avviso di fissazione dell’udienza si differenzia, rispetto all’indirizzo di posta elettronica effettivo del difensore dell’imputato appellante, soltanto per la presenza nel primo di un segno di interpunzione , rende nulli tutti gli atti processuali successivi.

La vicenda. Così la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 10609/19 depositata l’11 marzo, ha accolto il ricorso di un’imputata avverso la sentenza di assoluzione dal reato di appropriazione di cosa smarrita, con rideterminazione della pena residua per utilizzo indebito di una carta di pagamento. A fondamento del ricorso, l’imputata sottolinea l’omessa notifica della citazione in appello. La notifica sarebbe infatti stata effettuata all’indirizzo PEC di un altro avvocato a causa di un errore di ortografia nell’indirizzo stesso nello specifico era stato inserito un punto tra il suffisso avv” ed il nome del legale . Errore nella PEC. La censura risulta fondata in quanto evidenzia una circostanza oggettivamente vera . Ed infatti, sottolinea la Corte, nonostante il fatto che l’indirizzo di posta elettronica cui è stata inviata la PEC si differenzi rispetto all’indirizzo di posta elettronica effettivo del difensore dell’imputato appellante soltanto per la presenza nel primo di un segno di interpunzione, risulta comunque che la notifica sia stata effettuata all’indirizzo di posta elettronica errato sì che l’effettivo difensore non risulta essere stato avvisato della fissazione dell’udienza in grado di appello . In conclusione, la Corte ravvisa la nullità di tutti gli atti processuali successivi e annulla dunque la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 novembre 2018 – 11 marzo 2019, n. 10609 Presidente Gallo – Relatore Tutinelli Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello di Catanzaro, in riforma della sentenza pronunciata dal GIP presso il Tribunale di Castrovillari il 25 novembre 2015, ha assolto l’imputata dal capo B dell’imputazione, previa riqualificazione della relativa condotta in termini di appropriazione di cosa smarrita, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e ha rideterminato la pena per la residua imputazione di utilizzo indebito di carta di pagamento nei termini ritenuti di giustizia. A fondamento della condanna, la Corte territoriale richiamava la presenza di videoregistrazioni del bancomat presso cui era stato effettuato il prelievo che riprendevano l’imputata e le dichiarazioni ammissive fatte da questa al commissariato di pubblica sicurezza ribadendo la sussistenza dell’elemento psicologico, escludendo la rilevanza in sede penale del mancato rispetto degli obblighi di conservazione del PIN da parte della parte offesa, la possibilità di ritenere sussistente uno stato di necessità, la possibilità di affermare la tenuità del fatto. 2. Propone ricorso per cassazione l’imputata articolando i seguenti motivi. 2.1. Violazione falsa applicazione degli artt. 178-179 in relazione alla omessa notifica della citazione in appello. Secondo il ricorrente, la notifica di tale atto sarebbe avvenuta all’indirizzo di posta elettronica avv.francesconicoletti.pec.giuffre.it di cui è titolare altro avvocato mentre l’indirizzo di posta elettronica di cui era titolare il difensore era avvfrancesconicoletti.pec.giuffre.it. 2.2. manifesta illogicità, contraddittorietà e comunque carenza della motivazione in punto dichiarazione di penale responsabilità. In particolare, la ricorrente contesta che non sarebbe stato adeguatamente valutata la condotta serbata dal titolare della carta di pagamento, negligente in ordine alla conservazione del codice PIN e in conseguenza della tardività della denuncia inoltre erroneamente sarebbe stata esclusa la tenuità del fatto non essendosi tenuto conto del principio di non colpevolezza e del diritto di difesa dell’imputato in considerazione dello stato di incensuratezza e della reale situazione economica posta a base dello stato di necessità e della perpetrazione dell’illecito penale contestato dovendo escludersi la possibilità di quelle condotte che siano in concreto inoffensive così letteralmente il ricorso . Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Il primo motivo di ricorso evidenzia una circostanza oggettivamente vera. Nonostante il fatto che l’indirizzo di posta elettronica cui è stata inviata la PEC si differenzi rispetto all’indirizzo di posta elettronica effettivo del difensore dell’imputato appellante soltanto per la presenza nel primo di un segno di interpunzione, risulta comunque che la notifica sia stata effettuata all’indirizzo di posta elettronica errato sì che l’effettivo difensore non risulta essere stato avvisato della fissazione dell’udienza in grado di appello con ciò determinandosi la nullità derivata di tutti gli atti successivi. 3. Ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro.