Lieve entità del fatto: non basta soffermarsi solo sulla quantità, seppur minima, di droga detenuta

In tema produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, la valutazione volta a rilevare la minima offensività penale della condotta , deve considerare complessivamente tutti i parametri richiamati dall’art. 73, comma 5, d.P.R n. 309/1990. Solo tramite una siffatta analisi, infatti, è possibile stabilire se un solo indice, come quello riferito al quantitativo di droga detenuto, possa prevalere sugli altri.

Così il Supremo Collegio con la sentenza n. 10095/19, depositata il 7 marzo. La vicenda. La Corte d’Appello di Bari riformava la sentenza del Tribunale di Foggia che condannava l’imputato per la detenzione di sostanze stupefacenti ex art. 73, comma 1 e 1 -bis , d.P.R. n. 309/1990. In particolare i Giudici del riesame, considerando esclusivamente la quantità di droga detenuta dall’imputato, ai sensi del comma 5 dell’art. 73 cit., riqualificavano il fatto come ipotesi di lieve entità e, conseguentemente riducevano la pena. Il Procuratore Generale della Repubblica ricorre in Cassazione dolendosi dell’insufficiente motivazione resa in appello relativa alla riqualificazione del fatto. La valutazione complessiva. Gli Ermellini precisano che l’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5 cit. può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività della penale condotta a fronte di una valutazione esperita sulla base degli indici previsti dalla medesima disposizione normativa tra cui, per esempio, i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione. Tuttavia, aggiungono gli Ermellini, tale valutazione deve essere necessariamente complessiva è possibile, infatti, che tra i vari indicatori normativi si instauri un rapporto di compensazione e di neutralizzazione. Dunque, solo all’esito di una globale e complessiva analisi sarà possibile osservare se uno di quegli indici assuma, in concreto, un valore assorbente , ossia che sia in grado di neutralizzare altri indici. Il principio. Alla luce di ciò, la Corte accoglie il ricorso con rinvio affinché la Corte d’Appello dia applicazione al seguente principio di diritto l’ipotesi prevista e punita dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, può essere riconosciuta solo nei casi di minima offensività penale della condotta in tale giudizio, devono comunque essere tenuti in considerazione tutti i parametri richiamati dalla disposizione, sebbene sia possibile all’esito di siffatta valutazione complessiva, assegnare anche ad uno solo di essi valenza prevalente su eventuali altri di segno contrario ma, di tale suo percorso valutativo, il giudice deve dare conto in motivazione .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 23 gennaio – 7 marzo 2019, n. 10095 Presidente Petruzzellis - Relatore Rosati Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del Tribunale di Foggia del 12 ottobre 2012, C.A. era stato condannato - anche - per il reato previsto e punito dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 ed 1-bis. In parziale riforma di quella, la Corte di appello di Bari, con sentenza del 21 marzo 2018, ha riqualificato il fatto come ipotesi di lieve entità, ai sensi del comma 5 del medesimo art. 73, ed ha conseguentemente ridotto la pena, con le statuizioni consequenziali in materia di pene accessorie e sospensione condizionale della relativa esecuzione. 2. Il Procuratore generale della Repubblica presso quella Corte territoriale chiede alla Corte di cassazione di annullare la sentenza di appello, nella parte relativa a detta riqualificazione del fatto, per un duplice motivo, ovvero 1 ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , per inosservanza ed erronea applicazione del citato art. 73, comma 5 il quale - si assume, con citazione di vari precedenti di giurisprudenza - può essere riconosciuto soltanto nelle ipotesi di minima offensività penale , invece da escludersi, nel caso specifico, già soltanto per tipo e quantitativo di sostanza detenuta, pari a 195 dosi medie singole di cocaina 2 ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , per aver la Corte territoriale omesso qualsiasi motivazione sul tale punto, venendo meno all’obbligo, gravante sul giudice di appello in caso di riforma della sentenza di primo grado, di dimostrare l’incompletezza o la non correttezza delle argomentazioni di questa, con rigorosa e penetrante analisi critica. Considerato in diritto 1. Il secondo motivo di ricorso è fondato ed assorbe anche il primo. 2. La sentenza di primo grado aveva escluso la configurabilità dell’ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, a causa del quantitativo detenuto, non modesto, e quindi in ragione del dato ponderale . La Corte di appello, invece, in accoglimento dell’impugnazione proposta dal difensore dell’imputato, ha riformato, sul punto, tale pronuncia, con la seguente motivazione testuale atteso il modesto quantitativo di principio attivo contenuto nella sostanza sequestrata ed il conseguente limitato numero di dosi ricavabili . Nulla di più. 3. È, quella della Corte, una motivazione soltanto apparente, e comunque del tutto insufficiente, considerando che il dato quantitativo della sostanza, sul quale il relativo giudizio si è fondato in via esclusiva, non si presenta oggettivamente minimo stando alla contestazione, infatti, da nessuno revocata in dubbio, da tale sostanza si sarebbero potute ricavare 195 dosi medie singole. S’intende, per motivazione apparente , quella affetta da vizi così radicali, da rendere l’apparato argomentativo, anche quando non del tutto mancante, comunque privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice per tutte, Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 . Peraltro, essendo stata la sentenza di primo grado riformata in un aspetto essenziale, qual è quello della qualificazione giuridica del fatto, sul giudice d’appello gravava l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio nonché di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato, e senza potersi limitare ad imporre la propria valutazione del compendio probatorio, sol perché preferibile a quella coltivata nel provvedimento impugnato. Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679 Sez. 3, n. 6880 del 26/10/2016, Rv. 269523 Sez. 6, n. 10130 del 20/01/2015, Rv. 262907 . 4. La Corte di appello, dunque, non ha adempiuto a siffatto onere motivazionale, essendosi limitata ad esprimere un giudizio di valore qual è, appunto, quello sulla modestia di un dato quantitativo opposto a quello formulato dal primo giudice, senza neppure un cenno ai motivi che l’hanno condotta a tale determinazione. 5. Sulla questione giuridica qui controversa, giova rammentare che la fattispecie prevista e punita dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione mezzi, modalità, circostanze dell’azione , con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio cfr. Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216668 Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911 . Tale principio - come ribadito e specificato di recente da Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076 - dev’essere inteso nel senso che la valutazione degli indici elencati dal comma 5 dell’art. 73 debba necessariamente essere complessiva essi, cioè, non possono essere utilizzati dal giudice alternativamente, riconoscendo od escludendo la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri ma, ad un tempo, non è necessario che gli stessi abbiano tutti, indistintamente, segno positivo o negativo. È ben possibile, allora, che, tra quegli indicatori normativi, s’instaurino rapporti di compensazione e neutralizzazione, nell’ottica di un giudizio unitario sulla concreta offensività del fatto, anche quando le circostanze che lo caratterizzano risultino prima facie contraddittorie in tal senso. E, soltanto all’esito di una siffatta valutazione complessiva, sarà poi possibile che uno di quegli indici assuma, in concreto, valore assorbente, e cioè che la sua intrinseca espressività sia tale da non poter essere compensata da quella di segno eventualmente opposto di uno o più degli altri. Di tale percorso valutativo, il giudice è tenuto a dar conto nella motivazione, dovendo dimostrare di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti, nonché spiegare le ragioni della prevalenza eventualmente accordata solo ad alcuni di essi, rispetto a quelli, se presenti, di segno differente. Tanto deve valere, ovviamente, anche per l’elemento ponderale, che secondo l’esperienza giudiziaria comune - è quello sovente decisivo ai fini della sussunzione nell’una o nell’altra ipotesi normativa, e la cui maggiore o minore espressività dev’essere anch’essa determinata in concreto, nel confronto con le altre circostanze del fatto rilevanti in base agli ulteriori parametri normativi di riferimento. 6. S’impone, pertanto, l’annullamento dell’impugnata sentenza, con rinvio al giudice emittente, per un nuovo esame della questione relativa alla qualificazione giuridica della condotta di detenzione di sostanza stupefacente a fini di cessione a terzi, sì come accertata all’esito del giudizio di merito. Ai fini della decisione rimessagli, il giudice del rinvio dovrà attenersi al seguente principio di diritto l’ipotesi prevista e punita dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, può essere riconosciuta solo nei casi di minima offensività penale della condotta in tale giudizio, debbono comunque essere tenuti in considerazione tutti i parametri richiamati dalla disposizione, sebbene sia possibile, all’esito di siffatta valutazione complessiva, assegnare anche ad uno solo di essi valenza prevalente su eventuali altri di segno contrario ma, di tale suo percorso valutativo, il giudice deve dare conto in motivazione . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Bari.