Omessa notifica al difensore di fiducia e richiesta di restituzione nel termine

L’imputato sostiene di aver diritto alla restituzione nel termine per proporre opposizione al decreto di condanna, dato che il suo difensore di fiducia non ha ricevuto la notifica dell’atto. Gli Ermellini rigettano la tesi del ricorrente poiché egli, conoscendo ugualmente l’incarto processuale, doveva presentare l’opposizione sanando in tal mondo l’omessa notifica.

Così il Supremo Collegio con la sentenza n. 9835/19, depositata il 6 marzo. Il rigetto. Il GIP in funzione di giudice dell’esecuzione rigettava la richiesta avanzata dall’imputato di restituzione nel termine per proporre opposizione avverso il decreto penale di condanna emesso dallo stesso GIP e divenuto esecutivo. A fondamento del rigetto il Giudice rilevava che l’istante non aveva rispettato il termine decadenzialegiacché, l’imputato stesso, nonostante l’omessa notifica al difensore di fiducia, aveva preso visione dell’incarto processuale e ritirato personalmente copia degli atti, per cui l’avvenuto decoroso del termine suddetto aveva comportato la perdita del diritto di proporre l’istanza in questione . Il ricorso. L’imputato propone ricorso in Cassazione lamentando l’illogicità della decisione impugnata dato che il Giudice non aveva considerato che il decreto penale di condanna non era mai stato notificato al suo difensore di fiducia. Secondo il ricorrente tale situazione integrava una nullità assoluta e rilevabile in ogni stato e grado del giudizio atteso che il termine per proporre opposizione ex art. 461 c.p.p. non decorre fino a quando l’atto non venga notificato al difensore già nominato . I termini. La S.C. in primo luogo ricorda che l’art. 460, comma 3, c.p.p. dispone che la notifica del decreto penale di condanna deve essere effettuata al difensore di fiducia. La medesima Corte ricorda, inoltre, che l’omissione della notifica suddetta, se è sanata dalla presentazione dell’opposizione, determina che la proposizione di quest’ultima non sia soggetta all’osservanza del termine previsto dall’art. 461 c.p.p. . Alla luce di ciò la S.C. ritiene priva di senso la tesi del ricorrente. Nel caso di specie, secondo la medesima Corte, l’istante avrebbe dovuto proporre direttamente l’opposizione e allegando al contempo l’omissione della notifica del decreto al difensore di fiducia nominato il decorso del termine essendo in thesi non ancora decorso, non poteva formare oggetto dell’istanza ex art. 175 c.p.p. . Per tali ragioni la Corte conclude con il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 30 ottobre 2018 – 6 marzo 2019, n. 9835 Presidente Carcano - Relatore Siani Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con il provvedimento in epigrafe, reso in data 12 aprile 2018, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Patti, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza proposta nell’interesse di A.N.M. , interpretata come richiesta di restituzione nel termine per proporre opposizione avverso il decreto penale di condanna emesso dallo stesso G.i.p. il 9 marzo 2016, dichiarato esecutivo il 22 novembre 2017. 1.1. A fondamento del provvedimento il giudice dell’esecuzione - premesso che sull’istanza di restituzione nel termine, non pendendo un procedimento principale, occorreva provvedere de plano - ha segnalato che, stante il termine decadenziale di trenta giorni da quello in cui l’imputato aveva avuto conoscenza del provvedimento stabilito dall’art. 175 c.p.p., comma 2-bis, nel caso di specie tale termine non era stato osservato dall’imputato poiché, al più tardi, in data 12 gennaio 2018 A. aveva, per la sua posizione, preso visione dell’incarto processuale e ritirato personalmente copia degli atti, per cui l’avvenuto decorso del termine suddetto aveva comportato la perdita del diritto di proporre l’istanza in questione. 1.2. Avverso il provvedimento è stato proposto ricorso nell’interesse di A. e ne è stato chiesto l’annullamento sulla scorta di tre motivi. 1.2.1. Con il primo motivo si lamenta violazione dell’art. 666 c.p.p. Il Tribunale aveva errato nell’adottare il rito de plano, anziché instaurare il contraddittorio prima della decisione si era infatti fuori dai casi previsti dall’art. 666 c.p.p., comma 2, istanza reiterata o manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge , sicché il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto convocare e sentire le parti prima di rendere la sua determinazione. 1.2.2. Con il secondo motivo è dedotta l’erronea applicazione degli artt. 157, 167, 178, 179 e 460 c.p.p Il giudice dell’esecuzione aveva omesso di rilevare che il decreto penale di condanna non era stato mai notificato al difensore di fiducia nominato da A. , ossia all’avvocato Andrea Pruiti Ciarello, essendo stato - l’atto - erroneamente notificato all’avvocato Alessandro Pruiti Ciarello e l’omessa notifica al difensore di fiducia del decreto penale di condanna integrava una nullità assoluta rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, sicché il termine per proporre opposizione non decorreva fino a quando l’atto non fosse stato notificato al difensore già nominato. Di conseguenza, ci si trovava di fronte a un decreto penale di condanna la cui esecutività era visibilmente vulnerata dal rilevato vizio e tale rilievo avrebbe dovuto determinare il giudice adito a disporre la chiesta restituzione nel termine. 1.2.3. Con il terzo motivo si deduce carenza assoluta di motivazione. Il giudice non aveva svolto alcuno specifico approfondimento sull’inesistenza della notifica al difensore limitandosi a dare atto che l’imputato aveva avuto conoscenza del processo per tabulas fatto mai contestato dall’istante, che, al di là del ritiro della copia degli atti, aveva già ricevuto regolarmente la notifica a mezzo posta del decreto penale. Ma tale rilievo non interferiva con la mancanza assoluta di notifica al difensore questione che avrebbe dovuto essere trattata in udienza ad hoc con le forme del rito camerale. 1.3. Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, in quanto, in ordine al primo motivo, era stato corretto adottare il procedimento de plano, non richiamando l’art. 175 c.p.p., comma 4, il rito di cui all’art. 127 c.p.p., mentre, con riguardo agli altri due motivi, essi apparivano estranei al thema decidendum, giacché il ricorrente con essi sosteneva che il decreto penale non era mai divenuto esecutivo, ma, qualora di questo si trattasse, l’interessato avrebbe dovuto proporre direttamente l’opposizione segnalando l’omessa notifica del decreto al difensore di fiducia, non chiedere la restituzione nel termine che, in thesi, non era ancora scaduto. 2. La Corte ritiene l’impugnazione non fondata e, quindi, da rigettarsi, con motivazione che peraltro inquadra la questione in termini sostanzialmente diversi da quelli esposti dal giudice dell’esecuzione. 2.1. In ordine al primo motivo, l’opzione procedimentale fatta dal giudice dell’esecuzione non si presta a censura, in quanto si conforma al principio di diritto secondo cui, nel procedimento per la restituzione in termini, sulla relativa istanza il giudice competente provvede de plano, rito che si giustifica per la mancanza di un espresso richiamo nell’art. 175 c.p.p., comma 4, alle forme di cui all’art. 127 c.p.p., a meno che non sia in corso un procedimento principale con rito camerale, nel qual caso sulla predetta istanza decide nelle medesime forme Sez. U, n. 14991 del 11/04/2006, De Pascalis, Rv. 233418 fra le successive v. Sez. 1, n. 26374 del 07/02/2017, Comis, n. m. Sez. 4, n. 4660 del 16/01/2015, De Musso, Rv. 262035 Sez. 1, n. 317 del 17/12/2014, dep. 2015, Bardhi, Rv. 261707 . È vero che l’art. 175 c.p.p. ha acquistato diversa fisionomia a seguito dell’introduzione della L. n. 67 del 2014, ma è del pari vero che la modificazione non ha riguardato il rito, disciplinato ancora dal non modificato comma 4 della norma. Pertanto, la prima doglianza deve ritenersi infondata. 2.2. In ordine alle deduzioni che alimentano gli altri due motivi, il Collegio considera persuasive le riflessioni svolte dall’Autorità requirente. A fronte della domanda di A. che lamentava la mancata notificazione del decreto penale al suo effettivo difensore e, tuttavia, ne traeva argomento per chiedere che allo stesso fosse consentita l’opposizione, il giudice dell’esecuzione ha interpretato la domanda come istanza di restituzione nel termine per proporre l’opposizione e l’ha delibata come tale. Il ricorrente ha preso atto di questa qualificazione e, in siffatta prospettiva, con l’impugnazione ha sostenuto che, avendo titolo il difensore effettivo alla notificazione del decreto, la relativa mancanza gli dava titolo ad ottenere la restituzione nel termine senza quindi obiettare alcunché circa l’esecutività del titolo costituito dal decreto . Qui, pertanto, non è coltivata - e dunque resta impregiudicata - la questione della carenza di esecutività del titolo, ex art. 670 c.p.p., comma 1. Orbene, assodato che al difensore di fiducia compete, ai sensi dell’art. 460 c.p.p., comma 3, la notificazione del decreto penale di condanna, va ribadito che l’omissione della notificazione del decreto al difensore, se è sanata dalla presentazione dell’opposizione, determina che la proposizione di quest’ultima non sia soggetta all’osservanza del termine previsto dall’art. 461 c.p.p. Sez. 3, n. 22768 del 11/04/2018, Monticciolo, Rv. 273722 Sez. 3, n. 9212 del 09/02/2012, Spadafora, Rv. 252363 . Essendo, quindi, la prospettazione protesa a sostenere che l’effettivo difensore di fiducia già nominato l’avv. Andrea Pruiti Ciarello non è stato destinatario della notificazione, la richiesta di essere restituito nel termine per proporre l’atto oppositivo coltivata con l’impugnazione non rinviene il riscontro del concreto interesse a proporre la relativa questione A. avrebbe dovuto proporre direttamente l’opposizione allegando l’omissione della notificazione del decreto all’effettivo difensore di fiducia, con la conseguente mancanza del decorso del termine, il quale - essendo in thesi non ancora decorso - non poteva formare oggetto dell’istanza ex art. 175 c.p.p In tal senso le seconda e terza doglianza non si rivelano ammissibili. 2.3. In definitiva, corollario di queste riflessioni è il rigetto - nel complesso del ricorso. Segue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.