“Ti riduco su una sedia a rotelle”: frase che può valere una condanna

Scontro verbale tra due uomini per il contestato pagamento di una fornitura di merce. Per i Giudici, le parole utilizzate sono chiaramente minatorie e sufficienti a provocare patema nel destinatario. L’uomo sotto processo viene salvato dalla prescrizione, ma dovrà comunque risarcire la parte offesa, versandole 500 euro.

Ti riduco su una sedia a rotelle!”. Parole inequivocabili che possono valere una condanna. Immaginabile, secondo i Giudici, il patema d’animo subito dal destinatario della frase Cassazione, sentenza n. 9853/19, sez. V Penale, depositata il 6 marzo . Frase. Teatro dello scontro – verbale – è la provincia di Bari. Lì una questione economica, ossia il pagamento per una fornitura di merce, scatena la rabbia di un uomo, che si rivolge con violenza verso un altro uomo, manifestando l’intenzione di ridurlo su una sedia a rotelle. Dalla strada si passa inevitabilmente a un’aula di un Tribunale, e così la persona che ha pronunciato quelle parole viene condannata, sia in primo che in secondo grado, per il reato di minaccia . Ultima tappa della vicenda giudiziaria è la Cassazione, dove l’uomo sotto accusa prova a difendersi, spiegando, innanzitutto, che egli non aveva alcuna intenzione di minacciare di un male ingiusto il destinatario della frase, bensì intendeva solo evidenziarne il comportamento illecito , consistito nell’ avviare nei suoi confronti un’azione civile, pretendendo di essere pagato nuovamente per una fornitura di merce già saldata . Sempre ragionando in questa ottica, l’uomo aggiunge di avere agito in stato di ira, a fronte del comportamento provocatorio della persona offesa che, come detto, aveva tentato di ottenere un pagamento non dovuto . Patema. Inutili si rivelano però le obiezioni proposte nel contesto del Palazzaccio. Per i magistrati, difatti, è indiscutibile il carattere minatorio delle espressioni rivolte alla persona offesa . Ciò alla luce di una semplice considerazione secondo ogni logica e per il comune sentire, la prospettiva di essere ridotto su una sedia a rotelle è causa di patema al massimo grado , quasi come la prospettiva di essere aggredito nel bene della vita , specificano i giudici. Assolutamente irrilevanti, invece, i motivi per cui è stata lanciata la minaccia . A salvare l’uomo sotto processo è però la prescrizione. Allo stesso tempo, però, viene confermato il suo obbligo di risarcire la parte offesa, versandole 500 euro.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 8 novembre 2018 – 6 marzo 2019, n. 9853 Presidente Vessichelli - Relatore Settembre Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Bari ha, con la sentenza impugnata, confermato la condanna di Dr. Gi. - pronunciata dal Giudice di pace - per il reato di minaccia in danno di Pa. An. ed ha assolto il medesimo Dr. dal reato di ingiuria, perché non più previsto come reato tuttavia ha confermato per intero le statuizioni penali Euro 300 di multa e quelle civili Euro 1.000 di risarcimento . 2. Ricorre per cassazione il difensore dell'imputato, lamentando a l'errata applicazione dell'art. 612 cod. pen., giacché l'imputato non aveva alcuna intenzione di minacciare di un male ingiusto Pa. An. , in quanto intendeva solo evidenziare il comportamento illegittimo di quest'ultimo, che aveva avviato nei suoi confronti un'azione civile, pretendendo di essere pagato nuovamente per una fornitura di merce già saldata b la violazione delle norme in tema di valutazione probatoria, essendo stata attribuita credibilità a soggetto portatore di interessi civili c la violazione dell'art. 62, comma 2, cod. pen., avendo Dr. reagito in stato d'ira a fronte del comportamento provocatorio della persona offesa , che aveva tentato di ottenere un pagamento non dovuto d la violazione dell'art. 81, cpv, cod. pen., per essere stata confermata, in appello, la condanna ad Euro 300 di multa, sebbene fosse intervenuta l'assoluzione per l'ingiuria e la violazione dell'art. 133 cod. pen., per essere stata applicata una pena eccessiva, tenuto conto della grossolanità e inverosimiglianza della condotta delittuosa . Infine, si duole della commisurazione del risarcimento, ritenuto sproporzionato ed eccessivo , nonché della liquidazione delle spese legali, che sarebbe stata effettuata in violazione dei limiti tariffari. Considerato in diritto Il ricorso merita parziale accoglimento. Seguendo l'ordine delle doglianze si rileva quanto segue a destituita di ogni fondamento è la contestazione del carattere minatorio delle espressioni rivolte alla persona offesa, giacché, secondo ogni logica e per il comune sentire, la prospettiva di essere ridotto su una sedia a rotelle è causa di patema al massimo grado, quasi come la prospettiva di essere aggredito nel bene della vita. A nulla rilevano i motivi per cui Dr. si sia indotto a lanciare la minaccia, dal momento che l'art. 612 cod. pen. contempla un reato a dolo generico b per costante giurisprudenza, le dichiarazioni della persona offesa possono porsi a base di un giudizio di condanna, ove attentamente valutate. Nella specie, nemmeno il ricorrente contesta di aver rivolto a Pa. le minacce che gli vengono contestate, sicché non è dato comprendere quale criticità presentino le dichiarazioni di quest'ultimo e quale vizio affligga la motivazione esibita dal giudicante escluso, in ogni caso, che costituisca violazione di legge l'utilizzo, in chiave accusatoria, delle dichiarazioni della parte civile c i rapporti di dare ed avere, intercorrenti tra le parti, costituiscono oggetto di un giudizio civile pendente. Del tutto assertiva è la deduzione che le pretese economiche di Pa. fossero infondate, atteso che pende controversia tra le parti e che non può essere il giudice penale a dirimere la controversia. Manifestamente infondata, quindi, è la censura rivolta al diniego dell'attenuante della provocazione d è fondata, invece, la censura relativa all'ammontare della sanzione, dal momento che, avendo assolto l'imputato per l'ingiuria, il giudice avrebbe dovuto ridurre adeguatamente la multa. La fondatezza di questo motivo di doglianza rende ammissibile il ricorso, sicché assume rilievo il tempo trascorso dalla commissione del reato. Al riguardo, si rileva che la minaccia, commessa il 25/10/2008, si è prescritta, tenuto conto delle sospensioni nel frattempo intervenute per giorni 246 , in data 27/12/2016. La sentenza va pertanto annullata agli effetti penali per intervenuta estinzione del reato il che consente di soprassedere all'esame del motivo concernente la misura della sanzione . E' fondata, infine, anche la doglianza relativa alle statuizioni civili, che erano state commisurate alla pronuncia di condanna per l'ingiuria e la minaccia. L'assoluzione per l'ingiuria avrebbe dovuto comportare, quindi, anche la riduzione del risarcimento. A tanto può provvedere direttamente questa Corte, in applicazione del criterio proporzionale adottato dal giudice di merito. Inammissibile, invece, perché generica, è la doglianza relativa alla misura delle spese legali. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali per essere il reato estinto per prescrizione. Annulla altresì la stessa sentenza agli effetti civili, senza rinvio, limitatamente all'entità del danno liquidato, che ridetermina in Euro cinquecento. Rigetta nel resto il ricorso agli effetti civili.